L'Università Cattolica del Sacro Cuore a cinquant'anni dalla morte del fondatore Agostino Gemelli

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Cattolico_Romano
00sabato 6 giugno 2009 08:31
L'Università Cattolica del Sacro Cuore a cinquant'anni dalla morte del fondatore

Dietro il volto di Agostino Gemelli


di Ombretta Fumagalli Carulli

Università Cattolica del Sacro Cuore
Pontificia Accademia per le Scienze Sociali



 

Per descrivere il legame tra passato e presente un maestro dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Orio Giacchi, era solito ricordare una novella di Cechov (Lo studente):  quel sobbalzo, diceva, che, toccato un capo della catena della storia, s'imprime all'altro capo. In questo periodo celebrativo del cinquantesimo anniversario di padre Agostino Gemelli - di cui Giacchi fu collaboratore dapprima presso "Vita e Pensiero" e poi quale autorevole maestro di Diritto canonico ed ecclesiastico nella facoltà di giurisprudenza - la catena della storia sobbalza sino a noi.


Un'efficace mostra itinerante, che dopo Milano toccherà altre sedi, ci accompagna nelle riflessioni sulla "grande missione da compiere" di "Edoardo, il ricercatore, che vivrà sempre in Agostino, il frate", secondo l'efficace espressione del curatore, Paolo Biscottini. Fotografie, video, videointerviste, brevi parole consentono di incontrare e scrutare il volto di quel protagonista della cultura e della scienza del Novecento, che fu Gemelli, fondatore della Università Cattolica del Sacro Cuore.

Dietro quel volto, sono molti i volti dei cattolici che si mobilitano per avere una loro università contro il monopolio educativo dello Stato, non rassegnandosi alla cultura dominante e anzi sfidandola:  dai più famosi, Ludovico Necchi, Ernesto Lombardo, monsignor Francesco Olgiati, a quelli che la storia ufficiale non conosce, uomini e donne generose nel destinare risorse morali e materiali all'"ateneo dei cattolici italiani". La storia della giornata universitaria, che si celebra ogni anno nelle parrocchie, ne è ricca.

Nella mia memoria affiorano volti di famiglia:  del nonno paterno, rappresentante a Meda - in Brianza, profondamente cattolica - dei popolari di Sturzo e in grande amicizia con Tommaso Zerbi, costituente cattolico e maestro della Ragioneria italiana; della nonna, donna di Azione cattolica, a fianco di Armida Barelli nella faticosa raccolta dei primi fondi.

Lo straordinario movimento di popolo, dal quale origina l'ateneo, trova in padre Agostino Gemelli colui che pensa in grande:  l'università dei cattolici italiani deve essere "libera", di dimensione nazionale e apertura internazionale. Al suo interno l'eccellenza dei docenti e l'ispirazione cristiana della loro scienza e vita sono le migliori garanzie per la destinazione dei saperi alla costruzione di una società ispirata ai principi cristiani. Il Gemelli rettore è anche il Gemelli presidente della Pontificia  Accademia delle Scienze, che Pio xi costituisce, i vecchi Lincei - nati sulle ginocchia della Chiesa - essendo ormai passati allo Stato.

Sin dall'inizio il progetto è grandioso:  un'istituzione universitaria all'avanguardia con l'obiettivo, perseguito con grande determinazione, di collaborare alla formazione di leve di cattolici destinati a diventare la nuova classe dirigente, fortemente motivata nell'interpretare i bisogni della società. È imponente la schiera di politici (sin dall'assemblea costituente con Lazzati, Dossetti, Scalfaro), docenti, uomini del grande e piccolo mondo economico, banchieri, magistrati, professionisti, medici, scienziati, dirigenti della pubblica amministrazione, usciti dalla Cattolica.

Sin dall'inizio è privilegiata la correlazione con la Sede Apostolica e con l'Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, costituito già in età liberale nel 1919 con la collaborazione dell'onorevole Filippo Meda ed eretto in ente morale l'anno successivo con decreto di Benedetto Croce. Il "Toniolo" è l'ente fondatore dell'università, riconosciuta dalla Santa Sede con breve di approvazione di Benedetto xv nel 1921 e dallo Stato italiano con decreto del 1924. Con esso non si tratta solo di sottrarre i beni da insidiose manovre politiche; si tratta anzitutto di garantire gli orientamenti dell'università, in stretto collegamento con la Segreteria di Stato, e insieme amministrare il patrimonio, così da consentire all'università di adempiere i compiti educativi e formativi, senza le preoccupazioni legate alla gestione finanziaria.

I motivi fondativi non sono venuti meno. Anzi, la presenza di altri atenei di ispirazione cristiana sul territorio nazionale dimostra che la domanda studentesca verso università di tendenza rimane forte.
Le cinque sedi, le quattordici facoltà, moltiplicano i volti di chi partecipa a un'avventura tuttora entusiasmante, rispondendo alla domanda di cultura di ispirazione cristiana oggi formulata da ben quarantamila iscritti. A differenza di atenei nati più di recente dall'iniziativa di movimenti ecclesiali e che pertanto ne assecondano gli obiettivi, la Cattolica è chiamata a dialogare con ognuno di loro, senza identificarsi con nessuno, rimanendo da loro indipendente; le famiglie che vediamo presenziare alle discussioni di laurea, spesso di provenienza meridionale, lo reclamano.

La sua forza è di essere l'"ateneo dei cattolici italiani", di tutti. Il che non significa affatto ripiegarsi in un confessionismo chiuso e sterile - che padre Gemelli avrebbe aborrito - ma al contrario aprirsi al dialogo ad intra Ecclesiae e al confronto ad extra con culture altre, sia scientifiche che religiose.

Né è venuta meno l'opportunità del collegamento con la Segreteria di Stato e l'Istituto Toniolo. "È provvidenziale - ha detto Benedetto XVI il 25 novembre 2005 nella sede romana in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico - che l'Università Cattolica del Sacro Cuore sia strutturalmente legata alla Santa Sede attraverso l'Istituto Toniolo di studi superiori, il cui compito era ed è di garantire il perseguimento dei fini istituzionali dell'ateneo dei cattolici italiani". E ha soggiunto:  "Questa impostazione originaria, sempre confermata dai miei predecessori, assicura in modo collegiale un saldo ancoraggio dell'università alla Cattedra  di  Pietro  e  al  patrimonio di valori lasciato in eredità dai fondatori".

Anche la Corte costituzionale italiana, nel ritenere conforme alla costituzione la previsione di un nulla osta della Santa Sede relativamente ai docenti, in una famosa decisione - sentenza numero 195 del 1972 - afferma che, ove l'ordinamento imponesse all'Università Cattolica di avvalersi di docenti non ispirati alla dottrina cristiana, violerebbe "la fondamentale libertà di religione di quanti hanno dato vita o concorrano alla vita della scuola confessionale". Ancora una volta, dunque, dietro il volto di Gemelli, i volti del variegato popolo cattolico che continua a confidare nel suo progetto culturale.

Oggi l'ampio processo di internazionalizzazione perseguito dalla Sede Apostolica rimane lo scenario migliore entro il quale collocare un ateneo, che stringa rapporti privilegiati con atenei stranieri d'eccellenza sotto il profilo della ricerca e dello scambio reciproco di docenti e studenti, e insieme si ponga a servizio di popoli in via di sviluppo. Iniziative, in sintonia con la volontà dei fondatori e i messaggi dei Pontefici, non sono certo difficili da elaborare e realizzare:  oltre a valorizzare strutture e attività già esistenti a supporto di progetti aventi rilievo diretto nella società in difesa di principi e valori cristiani, sarebbe opportuno promuovere un raccordo interdisciplinare per lo studio dell'antropologia cristiana.

Un dialogo con le regioni episcopali (italiane e straniere), la costituzione di borse di studio locali o di collegi regionali in singole città potrebbero inoltre convogliare gli studenti più promettenti presso le nostre sedi, da rendere tutte egualmente efficienti, così che tutte si sentano motivate.

Il rafforzamento della funzione della nostra università è tanto più opportuno e necessario in un momento di afasia di altre realtà culturali. Il futuro è legato al rilancio dell'ateneo all'interno dei circuiti internazionali, anche utilizzando tutte le potenzialità del collegamento con la Santa Sede:  ancora, come ai tempi di Gemelli, pensando in grande, al servizio delle nuove generazioni e dello sviluppo umano e cristiano della società.




(©L'Osservatore Romano - 6 giugno 2009)
Cattolico_Romano
00giovedì 11 giugno 2009 08:27
La Facoltà romana di medicina dell'Università Cattolica fu fortemente voluta dal fondatore

L'ultimo sogno realizzato di padre Gemelli


L'11 giugno a Roma, presso la Facoltà di medicina e chirurgia "Agostino Gemelli", si svolge il convegno internazionale "Sfidare il futuro guardando il passato" organizzato nel cinquantenario della morte di padre Gemelli e in occasione della presentazione del libro Il "Gemelli".  Dal  sogno  di un francescano all'ospedale del futuro (Milano, Vita e Pensiero, 2009, pagine 176, euro 15) intervista di Cristina Stillitano al direttore amministrativo della Cattolica, Antonio Cicchetti. Dal volume pubblichiamo stralci della prefazione del rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.



di Lorenzo Ornaghi

"L'inaugurazione della Facoltà di medicina dell'Università cattolica del sacro Cuore conclude e corona la vita e l'opera di padre Agostino Gemelli. La sua anima, finalmente placata e felice, gioisce ora ammirando dal Cielo la sagoma architettonica dell'imponente complesso edilizio, che, splendente di marmi, ricco di modernissime attrezzature tecniche e scientifiche, dalle pendici di Monte Mario s'innalza nella gloria solare di Roma. Egli volle che la Facoltà di medicina sorgesse in Roma come modello di una vitale ed operante comunità cattolica scientifica. Gli amici a Lui più cari e devoti, sotto la guida illuminata del professor Vito, Suo degno successore e continuatore, hanno portato a compimento, con fervore ed amore, il sogno che padre Gemelli ebbe nel cuore per lunghi anni, trepidando nell'attesa della realizzazione. Oggi quel sogno è una luminosa realtà fra lo stupore degli scettici e l'entusiasmo di coloro che con lui operarono".

Con queste parole Antonio Gasbarrini, emerito di clinica medica e uno dei protagonisti della nascente Facoltà di medicina e chirurgia in qualità di componente del comitato ordinatore, apriva il suo articolo La Facoltà di medicina dell'Università del sacro Cuore e la formazione del medico cattolico, pubblicato sul fascicolo III-IV di "Medicina e morale" del 1961, l'anno stesso dell'avvio dei corsi della nuova Facoltà. Di lì a pochissimo tempo, il sogno coltivato per quasi tutta la vita dal fondatore dell'Università si sarebbe compiutamente trasformato - per ripetere la felice espressione, appassionata e precisa, di Gasbarrini - in "luminosa realtà":  nel 1964 il Policlinico, terminata la prima parte degli imponenti lavori a cui si era posto mano soltanto due anni prima, poteva accogliere i primi malati.

Lo stretto legame che, sin dalla nascita, unisce il Policlinico alla Facoltà di medicina e chirurgia, quasi componendo l'una e l'altra in una sola identità, è della stessa natura di quello che Agostino Gemelli immaginò e volle che esistesse tra il compimento terreno del "sogno dell' anima mia" e l'intera Università del Sacro Cuore. Come il nostro Studium generale non sarebbe diventato quella grande Università che esso oggi è senza la sua sede di Roma e, a sua volta, la sede di Roma non sarebbe rapidamente assurta al rango oggi riconosciutole nel campo della formazione medica, dell'assistenza e della ricerca scientifica, se non perché generata dall'Ateneo dei cattolici italiani e cresciuta sempre al suo interno con convinta appartenenza, così il rapporto che intreccia il quasi mezzo secolo di vicende del Policlinico - e la sua realtà attuale - con la Facoltà di medicina e chirurgia è stato ed è un vincolo altrettanto speciale, fecondo, indissolubile.



Nella bella e significativa intervista a cui si è sottoposto, Antonio Cicchetti ricostruisce le scansioni fondamentali nello svolgimento delle vicende della prima, fiorente età del Policlinico. E - come si avvedranno i lettori già dalle risposte alle domande iniziali - egli riesce in tal modo a offrire elementi molteplici e importanti per uno dei capitoli tra i più essenziali della storia della nostra Università.

(...) La vita del Policlinico dell'Ateneo dei cattolici italiani ha attraversato i cambiamenti del sistema sanitario dell'Italia dell'ultimo mezzo secolo; si è intrecciata con essi; talvolta, nonostante la riconosciuta efficienza nella gestione economica, ha rischiato di esserne più gravemente colpita, proprio in quell'erogazione di risorse indispensabili affinché una struttura come la nostra possa mantenere e migliorare il pieno assolvimento delle sue funzioni genuinamente e incontestabilmente pubbliche, il suo inconfondibile canone di assistenza, le sue pratiche originarie di cura e prossimità a qualunque persona ne abbia bisogno. Possiamo dirlo con legittimo orgoglio, e - a Roma, nel Lazio e in gran parte del Sud dell'Italia, in molti altri luoghi dentro e fuori il nostro Paese, particolarmente fra quei popoli che lungo la strada del loro difficilissimo sviluppo ci chiedono collaborazione e sostegno con sempre maggiore frequenza - possono confermarlo innumerevoli amici:  il Policlinico universitario "A. Gemelli" è un modello da salvaguardare, far crescere e diffondere, amare.

Lo è storicamente stato negli anni della sua nascita e rapida affermazione, assurgendo quasi a paradigma dell'Italia che ricostruiva se stessa e guardava con fiducia al proprio domani. Lo resta (e forse lo è ancor di più) in questa stagione di accelerate e spesso disorientanti trasformazioni economiche e sociali, in questa età che, quando è costretta a dover allungare lo sguardo sul proprio domani, avverte che le forme antiche di welfare non solo non sono interamente sostenibili mediante le risorse cosiddette "pubbliche", ma anche e soprattutto si rivelano progressivamente inadeguate o addirittura inefficaci nei riguardi dei bisogni, delle diffuse aspettative e delle crescenti richieste di forme nuove ed efficienti di solidarietà.

(...) Se le pagine di questo libro-intervista possono anche considerarsi l'ideale testimone da passare a chi, nell'inevitabile procedere delle istituzioni, domani ricoprirà analoghe posizioni di vertice, esse soprattutto lo sono proprio perché dedicate alle migliaia di persone che nel Policlinico hanno lavorato e vissuto, e che con orgoglio hanno sentito il Policlinico "A. Gemelli" come la loro comunità di appartenenza, come una vera e ineguagliabile famiglia. Volti e nomi nient'affatto sbiaditi dal tempo trascorso, e anzi sempre limpidamente riaffioranti, mescolandosi a quelli più noti o ricordati, quando memoria e gratitudine sincera si ricompongono.


(©L'Osservatore Romano - 11 giugno 2009)
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