L'Aids ha ucciso venticinque milioni di persone

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
S_Daniele
00giovedì 26 novembre 2009 06:50

L'Aids ha ucciso venticinque milioni di persone


New York, 25. Dallo scoppio dell'epidemia di Aids nel 1981, quasi 60 milioni di persone sono state infettate e 25 milioni sono decedute per cause legate al virus Hiv. Lo afferma il rapporto congiunto annuale presentato ieri dal programma delle Nazioni Unite per la lotta all'Aids (Unaids) e dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), specificando peraltro che le nuove infezioni sono diminuite del 17 per cento in questi ultimi otto anni. Inoltre, quasi tre milioni di vite sono state salvate da quando una terapia efficace è diventata disponibile.
Tuttavia, l'Aids continua a uccidere. Secondo le stime dell'Unaids e dell'Oms, nel 2008 sono stati registrati due milioni di decessi dovuti all'Aids, per il 70 per cento nell'Africa subsahariana. Sempre nel 2008, i nuovi contagi sono stati 2,7 milioni al ritmo di 7.400 al giorno, portando a 33,4 milioni il numero di persone che convivono con il virus Hiv. Si tratta del numero più alto mai registrato, ma l'Unaids e l'Oms ricordano che al dato contribuisce il fatto che le persone contagiate vivono più a lungo grazie alle terapie antiretrovirali. I decessi dovuti all'Aids sono infatti scesi del 10 per cento negli ultimi cinque anni e 2,9 milioni di vite sono state salvate da quando un trattamento efficace è diventato disponibile nel 1996. "Gli investimenti a livello internazionale e nazionale consacrati alla estensione del trattamento contro l'Hiv hanno dato risultati concreti e misurabili. È giunto il momento di moltiplicare gli sforzi e salvare altre numerose vite umane", ha affermato Margaret Chan, direttore generale dell'Oms.
Nel 2008, il 42 per cento delle persone che ne avevano bisogno hanno avuto effettivamente accesso alla terapia antiretrovirale, rispetto al 33 per cento nel 2007. Anche sotto questo aspetto, comunque, la situazione più tragica è quella dell'Africa subsahariana, con 22,4 milioni di persone affette dal contagio, e con un'aspettativa di vita degli ammalati più breve rispetto a quella delle altre zone del mondo, soprattutto di quelle del nord ricco.


(©L'Osservatore Romano - 26 novembre 2009)
S_Daniele
00venerdì 27 novembre 2009 06:58


Messaggio della Conferenza dei superiori maggiori gesuiti dell'Africa e Madagascar

L'aids in Africa è emergenza educativa


Roma, 26. "Non si può affrontare il problema dell'aids senza considerare che la nostra famiglia africana è una comunità unica che unisce i vivi con coloro che non sono ancora nati e coloro che non ci sono più, e senza inserirlo in un contesto globale":  è quanto si sottolinea in un messaggio di Fratern Masawe, moderatore del Jesuit Superiors of Africa and Madagascar (Jesam), la Conferenza dei superiori maggiori gesuiti dell'Africa e del Madagascar, indirizzato a tutti i confratelli del continente, in occasione del World Aids Day, che sarà celebrato il prossimo 1° dicembre.
Nel messaggio si ricorda che, nell'ultimo Sinodo dei vescovi sull'Africa, è stato confermato che l'aids, assieme alla malaria e alla tubercolosi, sta decimando la popolazione e danneggiando in maniera grave la vita economica e sociale. Questa emergenza, si aggiunge, non è la sola, ma "prende posto tra le grandi sfide e i problemi" che presenta il continente.
Secondo padre Masawe è quindi giunto il momento di lanciare un messaggio di speranza e di incoraggiamento rivolto a coloro che sono stati colpiti dalla malattia e per sollecitare tutte le istituzioni civili coinvolte nell'affrontare l'emergenza ad adottare una visione più di ordine morale che prettamente sanitaria.
Nelle premesse, il gesuita afferma che "quando l'aids ha iniziato ad affliggere l'Africa, circa venticinque anni fa, poche persone hanno saputo reagire bene. Coloro che sono risultati contagiati dal virus dell'hiv o che erano già malati, si sono visti rifiutare e condannati, quasi come se fossero praticamente dei morti viventi" "Oggi le cose sono e devono essere differenti. Appartenere alla famiglia di Dio - aggiunge il sacerdote - significa reagire come Gesù ci ha insegnato:  "Molti ragni che lavorano insieme possono immobilizzare un leone"".
È proprio sulla base del concetto di famiglia-comunità che il gesuita sviluppa la sua analisi, a iniziare dallo stesso titolo dato al messaggio "Imparare ad affrontare l'aids come famiglia". Il gesuita si riallaccia, fra l'altro, al primo Sinodo sull'Africa, che ha adottato l'espressione, ispirata dal concilio Vaticano II, "Chiesa-Famiglia di Dio in Africa". "La Chiesa - evidenzia padre Masawe - ha insegnato ai suoi figli e alle sue figlie a re-immaginare che cosa significhi essere cristiani come famiglia-comunità". Il gesuita, peraltro, pone in luce il fatto che la Compagnia di Gesù, tramite l'African Jesuit Aids Network (Ajan), ha negli ultimi anni avviato numerosi programmi di assistenza per sviluppare vie di approccio al problema, nell'ambito della rete delle comunità che fanno capo alla famiglia ignaziana e a quelle collegate.
Per padre Masawe non si può affrontare il problema, tuttavia, "senza comprendere anche il contesto, il ricco grappolo di complessi fattori che circondano ogni situazione umana". Riferendosi ancora a quanto emerso in occasione dell'ultimo Sinodo sull'Africa, il gesuita ricorda, a tale proposito, che la malattia non deve essere trattata soltanto dal punto di vista medico e farmaceutico o semplicemente come una questione legata al cambiamento del comportamento umano, ma come un tema che va affrontato tenendo in conto gli aspetti dello sviluppo e della giustizia, e che richiede un approccio e una risposta olistici da parte della Chiesa.
Padre Masawe rileva quindi che uno dei punti principali da prendere in considerazione è quello dell'educazione alla sessualità. Il gesuita spiega che "la sessualità in Africa è stata sempre vista come moralmente neutrale, né buona né cattiva, e come parte di ciò che significa essere umani". Per rendere più efficace l'affermazione, il sacerdote offre un paragone:  " Il fuoco, se controllato e domato, è utile a preparare un pasto; se, invece, non lo si controlla, può bruciare il tetto e consumare l'intera casa". " Così, allo stesso modo, la sessualità - aggiunge - deve essere incanalata e disciplinata perché il suo potenziale di donare la vita sia realizzato e la sua distruttività venga limitata. Sia la nostra cultura africana che il nostro essere cristiani, ci forniscono delle norme per vivere la sessualità con il fine del bene duraturo di ognuno".
Padre Masawe nota altresì che la visione ecclesiale della sessualità "è spesso ritenuta rigida, irrealistica e moralistica e alcuni pensano che il fuoco dovrebbe essere lasciato bruciare, anche non tenendo in considerazione l'aids". "Questo - puntualizza - può essere un messaggio seducente per i membri più giovani della nostra famiglia, che stanno scoprendo la propria sessualità, come anche per gli adulti; ma molti altri, in realtà, cercano una guida su come vivere la sessualità in modo sano". "L'astinenza e la fedeltà - afferma il gesuita - sono non solo i modi migliori per evitare il contagio da hiv, ma anche la via per un'autentica realizzazione personale". Su questo terreno, ha specificato, diventa fondamentale il ruolo della Chiesa nella formazione personale e nel sostegno pubblici di coloro che vogliono promuovere e seguire questi valori. "L'educazione morale - spiega il sacerdote - incoraggia un approccio salutare nei confronti delle relazioni e della sessualità, basato sul rispetto e sull'amore per gli altri".
Nell'ambito della "famiglia africana", particolare cura, secondo il gesuita, dovrebbe essere posta anche nel sostegno alle coppie nelle quali entrambe le persone risultano afflitte dalla malattia.
Ma oltre alla sessualità, anche altri fattori, è ribadito nella parte finale del messaggio, favoriscono la pandemia:  "Povertà, fame, guerra e sfruttamento forzato, violenza domestica e tratta degli esseri umani". "Chiunque voglia comprendere l'impatto dell'hiv/aids - si rileva - sulla vita umana, deve considerare l'economia, la politica, la società e la cultura, così come le questioni personali e familiari più immediate".
Il gesuita esorta però a non aver paura e a non scoraggiarsi "di fronte all'enormità dei problemi" che investono la popolazione africana. "L'aids - conclude padre Masawe - è parte della vita e lo sarà per molto tempo. Come una grande famiglia, affrontiamo la sfida con fiducia. Imploriamo il sostegno per fare fronte alle necessità di assistenza di molti. Sappiamo che nostro Padre è al nostro fianco. Come Gesù, Maria e Giuseppe nella Sacra Famiglia, così la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa conosce i suoi figli e le sue figlie, i loro bisogni, i loro punti di forza e le loro debolezze, le paure e le speranze". "La Chiesa - aggiunge - manifesta questa conoscenza d'amore nei suoi modi di prevenire l'hiv e di prendersi cura dei malati e di quanti sono affetti dall'aids, lavorando per la riconciliazione, la giustizia e la pace".


(©L'Osservatore Romano - 27 novembre 2009)
S_Daniele
00venerdì 27 novembre 2009 06:59

Lanciata in Kenya una campagna per il test hiv


Nairobi, 26. Lanciata in Kenya una campagna contro l'hiv-aids. Secondo il ministero della Sanità pubblica e dell'Igiene oltre un milione di persone potranno sottoporsi ai test volontari nei presidi sanitari dislocati nelle grandi città, nei territori del Paese. La campagna - riferisce l'agenzia Catholic information Service for Africa - lanciata lunedì 16 novembre si concluderà il 12 dicembre. In un'analoga campagna, lo scorso anno, sono state testate 700.000 persone. Entro il giugno del 2010 il ministero conta di raggiungere l'obiettivo di 10 milioni di persone sottoposte al test. Uno dei maggiori ostacoli nella lotta contro l'aids e altre nuove infezioni è il rifiuto da parte dei giovani, le persone più a rischio, di sottoporsi a qualsiasi tipologia di analisi. Il problema, quindi, attiene alla sfera educativa in ampio senso. A questo proposito le comunità cattoliche del Kenya stanno svolgendo un lavoro di sensibilizzazione culturale sulla grave patologia.


(©L'Osservatore Romano - 27 novembre 2009)
S_Daniele
00mercoledì 2 dicembre 2009 08:28


Oltre mille gli ospedali e cinquemila le cliniche cattoliche presenti nel Continente

L'impegno della Chiesa in Africa nella lotta all'Aids


Karen, 1. "La Chiesa è all'avanguardia nella lotta contro l'Aids in Africa, sia per quanto riguarda la cura sia per la prevenzione". È quanto ha dichiarato all'agenzia Fides un portavoce dell'African jesuit aids network (Ajan), in merito all'impegno della Chiesa in Africa nella lotta contro il virus, in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids.
Le vasti reti di ospedali, scuole, parrocchie e altri istituti - si legge in un documento dell'African jesuit aids network - si trovano in punti strategici per raggiungere le persone e le comunità maggiormente afflitte dalla pandemia.
La Chiesa in Africa - precisano i vescovi del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) - non è seconda a nessuno nella lotta all'Hiv e nella cura alle persone infettate e colpite. Il problema, però, non può essere risolto facendo esclusivamente affidamento sulla distribuzione dei profilattici.
Per quanto riguarda il campo medico, il contributo delle istituzioni ecclesiali in Africa è notevole. In questo continente, le istituzioni cattoliche impegnate con le persone sieropositive operano in oltre mille ospedali e in cinquemila cliniche. Ci sono inoltre ottocento orfanotrofi per bambini malati di Aids. Secondo le stime, le istituzioni cattoliche provvedono al venticinque per cento di tutti i trattamenti delle parrocchie nell'alleviare l'impatto di Hiv e Aids sugli individui, le famiglie e le comunità.
Oltre al ministero pastorale, che va dall'accompagnamento individuale al sostegno e al conforto dei malati, un enorme lavoro viene svolto dalle piccole comunità cristiane, un servizio riconosciuto della Chiesa in Africa. Ogni settimana da dieci a venti persone si incontrano per la lettura delle Scritture, condividono la loro fede, pregano ognuno per le necessità dell'altro. Si recano in gruppo presso le case degli ammalati per pregare o assisterli. In molte parrocchie sono in atto numerosi progetti a favore dei sieropositivi, degli orfani e dei bambini indifesi. Oltre a prendersi cura dei malati di Aids, la Chiesa investe molte energie per contenere la diffusione della pandemia, incoraggiare i test, puntando a un'accurata informazione sulla propagazione dell'Hiv e dell'Aids, sostenendo le persone a vivere in modo responsabile.
La prevenzione, quindi, è una priorità assoluta. In Kenya, per esempio, si contano circa seicento programmi diffusi attraverso le reti ecclesiali di scuole e parrocchie. Circa il quarantacinque per cento dell'istruzione ufficiale in Kenya è fornita dalla Chiesa. Una strategia di prevenzione tra i giovani, un processo di cambiamento comportamentale conosciuto come Education for life (Efl) è tipico dell'approccio della Chiesa in Africa che enfatizza l'astinenza e la fedeltà, come pietre miliari, ed è attuato in tutta l'Africa subsahariana.
"L'Efl - ha sottolineato suor Felice Matola, delle suore missionarie francescane africane (Fmsa) - invitando tutti i partecipanti a discussioni libere, rafforza le persone a prendere decisioni importanti. Abbiamo notato che l'"Education for life" ha cambiato la gente e gli ha insegnato a vivere meglio".


(©L'Osservatore Romano - 2 dicembre 2009 )
S_Daniele
00mercoledì 2 dicembre 2009 08:29

Le suore dorotee a fianco dei sieropositivi in Costa d'Avorio


Alépé, 1. Sono tante le attività e le iniziative della Chiesa cattolica di tutto il mondo a favore dei malati di Aids. Tra queste, grande è l'impegno delle suore Dorotee di Vicenza, in Costa d'Avorio da oltre venticinque anni. La missione si occupa di educazione dei giovani, di prevenzione delle malattie e di cura degli infermi. In particolare, l'ospedale di Alépé accoglie centinaia di sieropositivi. Il nosocomio, fortemente voluto da suor Tiziana Maule delle suore Dorotee di Vicenza, nel 2003, è indispensabile per una popolazione esposta a flagelli come l'Aids.
"Il ministero della salute del Paese ha sollecitato tutte le strutture pubbliche a organizzare incontri, nei villaggi e nei quartieri, di sensibilizzazione, di informazione, di attualizzazione del test di "depistage" volontario. A livello del Centro di educazione sanitaria polivalente delle suore Dorotee di Alépé - ha spiegato suor Tiziana - stiamo elaborando il piano di attività educative e formative 2009/2010 per combattere diversamente l'Hiv/Aids nella regione di Alépé".


(©L'Osservatore Romano - 2 dicembre 2009 )
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:30.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com