Le Gallerie dell'Accademia di Venezia ospitano, fino al 10 gennaio, la mostra "Leonardo. L'uomo vitruviano fra arte e scienza". Dal catalogo (Venezia, Marsilio, 2009, pagine 175, euro 25) pubblichiamo la presentazione del Sovrintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia.
di Caterina Bon Valsassina
L'esposizione dell'Uomo vitruviano alle Gallerie dell'Accademia vuole programmaticamente mettere in evidenza come si possano conciliare le ragioni della tutela e quelle della valorizzazione nel loro reciproco, delicatissimo equilibrio.
Le ragioni della tutela impongono infatti di conservare uno dei più noti disegni di Leonardo in un ambiente protetto dalla luce e con un costante controllo dei valori microclimatici; il che significa, in sostanza, precluderne la fruizione al pubblico per la maggior parte del tempo.
Le ragioni della valorizzazione, al contrario, spingono a incentivare la conoscenza del patrimonio artistico di un museo incrementandone l'accessibilità. Ma come fare quando i due valori sono in conflitto? È possibile trovare una mediazione accettabile?
Nel caso del foglio dell'Uomo vitruviano, l'esposizione in mostra a cadenza periodica (l'ultima risale a sette anni fa) è la soluzione che, conciliando gli opposti, permette di far conoscere a tutti (e senza rischi) il celebre disegno di Leonardo, simbolo della civiltà occidentale.
Il celebre disegno fu acquistato dal governo austriaco nel 1822 per le Gallerie dell'Accademia, insieme ad altri venticinque fogli di Leonardo - la più numerosa raccolta di disegni del maestro di Vinci conservata in musei pubblici italiani - tutti provenienti dalla collezione privata del pittore milanese Giuseppe Bossi, il fondatore della Pinacoteca di Brera nel 1809: il nucleo originario della raccolta di disegni e stampe della neo-nata istituzione museale veneziana.
L'idea della mostra è nata, come si è già accennato, dalla volontà di offrire al pubblico l'opportunità di ammirare per tre mesi (limite temporale massimo, fissato dai protocolli nazionali e internazionali, per l'esposizione in sicurezza delle opere su supporto cartaceo) il disegno più noto e riprodotto del maestro di Vinci.
Il destino dell'opera è singolare da diversi punti di vista, primo fra tutti quello storico, perché rappresenta un apice cui né il suo autore né altri artisti di epoche successive si sono avvicinati. È stata questa enigmatica unicità, anche all'interno del corpus leonardesco, a condizionarne la fama nel tempo. Dai primi anni dell'Ottocento fino a tutto il Novecento il disegno, considerato dagli storici dell'arte più un'illustrazione scientifica che un capolavoro artistico e dagli storici della scienza privo di vero contenuto innovativo sul versante scientifico, ha ricevuto solo sporadici commenti.
Anche il significato, la datazione e il suo stesso nome sollevano molti interrogativi cui non sempre è facile dare una risposta. Eseguito a Milano forse intorno al 1490, cioè negli anni in cui si preparava la scoperta del Nuovo Mondo, il foglio rappresenta uno studio di proporzioni del corpo umano, inserito nel cerchio e nel quadrato, secondo i canoni dell'architetto romano Vitruvio, ricordato da Leonardo all'inizio della scritta sul foglio e da cui il disegno prende il nome.
Nelle due figure geometriche del cerchio e del quadrato - ritenute perfette da Platone - non concentriche ma costruite in relazione tra loro secondo i criteri della sezione aurea, il centro del cerchio coincide con l'ombelico, mentre quello del quadrato cade all'altezza dei genitali: come questi indicano l'origine fisica dell'uomo, così l'ombelico rimanda a quella spirituale. Ed è proprio con l'idea geniale di raffigurare simultaneamente entrambe le potenzialità dell'uomo, fisica e spirituale, attraverso figure geometriche "perfette", che l'artista realizza una rappresentazione armonica in una sintesi ancora insuperata. La duplice postura della figura umana accentua inoltre l'andamento cinetico dell'immagine, in un gioco di mutazione continua che, unito al concetto umanistico dell'uomo come specchio dell'universo, ne fa un simbolo di perfezione classica del corpo e della mente, umana e divina, quindi del microcosmo riflesso del cosmo: un valore universale con un'incancellabile aspirazione al futuro che sempre lo renderà attuale. Non a caso è stato scelto dalla Nasa come emblema, raffigurato sul dorso della divisa degli astronauti, per il suo programma di esplorazioni spaziali.