L'Uomo vitruviano in mostra alle Gallerie dell'Accademia di Venezia

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S_Daniele
00sabato 17 ottobre 2009 19:42


L'Uomo vitruviano in mostra alle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Leonardo alla Nasa


Le Gallerie dell'Accademia di Venezia ospitano, fino al 10 gennaio, la mostra "Leonardo. L'uomo vitruviano fra arte e scienza". Dal catalogo (Venezia, Marsilio, 2009, pagine 175, euro 25) pubblichiamo la presentazione del Sovrintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia.

di Caterina Bon Valsassina

L'esposizione dell'Uomo vitruviano alle Gallerie dell'Accademia vuole programmaticamente mettere in evidenza come si possano conciliare le ragioni della tutela e quelle della valorizzazione nel loro reciproco, delicatissimo equilibrio.

Le ragioni della tutela impongono infatti di conservare uno dei più noti disegni di Leonardo in un ambiente protetto dalla luce e con un costante controllo dei valori microclimatici; il che significa, in sostanza, precluderne la fruizione al pubblico per la maggior parte del tempo. 

Le ragioni della valorizzazione, al contrario, spingono a incentivare la conoscenza del patrimonio artistico di un museo incrementandone l'accessibilità. Ma come fare quando i due valori sono in conflitto? È possibile trovare una mediazione accettabile?

Nel caso del foglio dell'Uomo vitruviano, l'esposizione in mostra a cadenza periodica (l'ultima risale a sette anni fa) è la soluzione che, conciliando gli opposti, permette di far conoscere a tutti (e senza rischi) il celebre disegno di Leonardo, simbolo della civiltà occidentale.

Il celebre disegno fu acquistato dal governo austriaco nel 1822 per le Gallerie dell'Accademia, insieme ad altri venticinque fogli di Leonardo - la più numerosa raccolta di disegni del maestro di Vinci conservata in musei pubblici italiani - tutti provenienti dalla collezione privata del pittore milanese Giuseppe Bossi, il fondatore della Pinacoteca di Brera nel 1809:  il nucleo originario della raccolta di disegni e stampe della neo-nata istituzione museale veneziana.

L'idea della mostra è nata, come si è già accennato, dalla volontà di offrire al pubblico l'opportunità di ammirare per tre mesi (limite temporale massimo, fissato dai protocolli nazionali e internazionali, per l'esposizione in sicurezza delle opere su supporto cartaceo) il disegno più noto e riprodotto del maestro di Vinci.

Il destino dell'opera è singolare da diversi punti di vista, primo fra tutti quello storico, perché rappresenta un apice cui né il suo autore né altri artisti di epoche successive si sono avvicinati. È stata questa enigmatica unicità, anche all'interno del corpus leonardesco, a condizionarne la fama nel tempo. Dai primi anni dell'Ottocento fino a tutto il Novecento il disegno, considerato dagli storici dell'arte più un'illustrazione scientifica che un capolavoro artistico e dagli storici della scienza privo di vero contenuto innovativo sul versante scientifico, ha ricevuto solo sporadici commenti.

Anche il significato, la datazione e il suo stesso nome sollevano molti interrogativi cui non sempre è facile dare una risposta. Eseguito a Milano forse intorno al 1490, cioè negli anni in cui si preparava la scoperta del Nuovo Mondo, il foglio rappresenta uno studio di proporzioni del corpo umano, inserito nel cerchio e nel quadrato, secondo i canoni dell'architetto romano Vitruvio, ricordato da Leonardo all'inizio della scritta sul foglio e da cui il disegno prende il nome.

Nelle due figure geometriche del cerchio e del quadrato - ritenute perfette da Platone - non concentriche ma costruite in relazione tra loro secondo i criteri della sezione aurea, il centro del cerchio coincide con l'ombelico, mentre quello del quadrato  cade all'altezza dei genitali:  come questi indicano l'origine fisica dell'uomo,  così  l'ombelico rimanda a  quella  spirituale. Ed  è  proprio con l'idea geniale di raffigurare simultaneamente entrambe le potenzialità dell'uomo, fisica e spirituale, attraverso figure geometriche "perfette", che l'artista realizza una rappresentazione armonica in una sintesi ancora insuperata. La duplice postura della figura umana accentua inoltre l'andamento cinetico dell'immagine, in un gioco di mutazione continua  che,  unito  al  concetto umanistico dell'uomo come specchio dell'universo, ne fa un simbolo di perfezione classica del corpo e della mente, umana  e  divina, quindi del microcosmo  riflesso  del  cosmo:   un  valore universale con un'incancellabile aspirazione al futuro che sempre lo renderà attuale. Non a caso è stato scelto dalla Nasa come emblema, raffigurato sul dorso della divisa degli astronauti, per il suo programma di esplorazioni spaziali.


(©L'Osservatore Romano - 18 ottobre 2009)
S_Daniele
00sabato 17 ottobre 2009 19:44



Unica rivale la Gioconda


di Carlo Pedretti

Nell'edizione nazionale dei Disegni di Leonardo da Vinci a cura di Adolfo Venturi, un imponente corpus di facsimili in 322 tavole pubblicati in sette fascicoli dal 1928 al 1952, l'Uomo vitruviano rimase escluso si direbbe di proposito piuttosto che per una imperdonabile dimenticanza. Sembra infatti che per il Venturi il disegno non poteva considerarsi opera d'arte, ma questo sarebbe interessante accertare anche attraverso le carte inedite dell'insigne storico dell'arte alle quali solo di recente si è cominciato a prestare la dovuta attenzione. D'altra parte lo stesso Berenson non lo riproduce nel suo monumentale catalogo The Drawings of the Florentine Painters, sia nella prima edizione del 1906 sia nelle successive, rivedute e ampliate del 1938 e del 1961, ma almeno lo cataloga in modo succinto al numero 1099 con una descrizione curiosamente incompleta ("Uomo iscritto entro un circolo") e con mezzo rigo di commento ("È uno studio per le proporzioni umane").

Contemporaneo del Berenson e come lui pioniere degli studi vinciani, fu Jean Paul Richter, l'autore della prima e ampia antologia degli scritti di Leonardo pubblicata la prima volta a Londra nel 1883 e illustrata da splendide tavole in facsimile, compreso quella dell'Uomo vitruviano alla tavola XVIII. 

Richter fu infatti il primo a riprodurre l'Uomo vitruviano a colori e a pubblicarne il testo con traduzione in inglese e commento nell'ambito di un'ampia scelta di testi e illustrazioni sul tema delle proporzioni e degli studi sulla figura umana. Per oltre quarant'anni Richter continuò a rivedere e ampliare la sua raccolta per una seconda, definitiva edizione che apparve postuma a Oxford nel 1939. Le numerose e sistematiche revisioni, specialmente nella traduzione inglese, vennero poi integrate con ulteriori materiali, come quelli del Codice Huygens pubblicato dal Panofsky nel 1940, nel mio Commentary (Oxford 1977) che si affiancava alla ristampa londinese del 1970 di quella classica antologia.

Fino a ridosso degli anni Quaranta, l'Uomo vitruviano non aveva ancora trovato una adeguata considerazione da parte della critica d'arte internazionale, dominata soprattutto da quella anglosassone.

Nel Leonardo da Vinci Zeichnungen di Anny E. Popp del 1928 e nel catalogo dei disegni di Windsor di Kenneth Clark del 1935 (ma ancora nella seconda edizione del 1968-1969 riveduta e ampliata con la mia assistenza), entrambi preziosissimi contributi allo studio dell'opera grafica di Leonardo soprattutto dal punto di vista della cronologia, l'oggi celebre disegno di Venezia non è nemmeno menzionato, ma nel 1949, data del fascicolo vi dell'edizione nazionale italiana, l'ultimo curato personalmente da Adolfo Venturi (morto nel 1941), si pubblicava a Firenze il corpus dei facsimili de I disegni di Leonardo da Vinci e della sua scuola conservati nella Galleria dell'Accademia di Venezia a cura di Ludwig H. Heydenreich. Si tratta di splendidi facsimili con tutta probabilità già stampati a fine Ottocento, forse proprio quelli relativi al progetto di Gustavo Uzielli di cui si parla nel secondo volume delle sue Ricerche del 1884, che dà pure un primo catalogo, minuzioso fino al puntiglio, di tutto il fondo leonardesco a Venezia e dove al numero 28 è registrato il disegno non ancora vitruviano ma descritto come "Figura intera virile con doppie gambe e doppie braccia". È solo con l'edizione dell'Heydenreich del 1949 che il disegno numero 228 viene introdotto, si può dire "ufficialmente", con la scheda alla tavola XVIII, come "Le proporzioni del corpo umano secondo la regola di Vitruvio". La breve scheda, aggiornata coi riferimenti bibliografici ai contributi del Saxl (1931) e del Panofsky (1940), cui seguirono quelli del Goldscheider (1952), del Wittkower (1964) e altri, via via fino a "L'Uomo vitruviano, anche donna" nel mio Leonardo & io del 2008, si conclude con una affermazione lapidaria:  "Esempio tipico di un disegno "illustrativo", cioè di un disegno che non fu eseguito spontaneamente, ma con una cosciente maniera calligrafica" con rimando ad altri casi del "problema della illustrazione scientifica di Leonardo" che l'Heydenreich aveva già ampiamente trattato in sue precedenti pubblicazioni, in particolare nel Leonardo del 1940 e soprattutto nella seconda edizione del 1952.

La maggior parte dell'ampia ed esaustiva scheda di catalogo che Giovanna Nepi Sciré ebbe a offrire nella recente edizione in facsimile del fondo leonardesco a Venezia da me curata nel 2003, si riferisce al rapido succedersi di pubblicazioni che hanno contribuito a riconoscere a questo singolare documento grafico il posto che gli compete nella storia dell'arte e della scienza, mentre si avranno pur sempre occasioni di aggiornamenti per quanto riguarda la storia per così dire del costume, quella cioè che si occupa del modo come un'immagine del passato viene posta in rapporto con aspetti e situazioni del tempo presente. Di qui l'Uomo vitruviano all'ingresso di Disneyland che con l'apposito alternare dei contorni luminosi nel passaggio da una posizione all'altra dà l'impressione del moto come in una animazione cinematografica.
 
Si può dire che a cominciare dal 1952, l'anno delle celebrazioni in tutto il mondo del quinto centenario della nascita di Leonardo, l'Uomo vitruviano è ormai in continua ascesa verso una forma di celebrità globale che ha l'unico termine di confronto nella Gioconda.

E ora l'ultima scoperta è che nell'Uomo vitruviano può esserci anche la musica, quella di Boezio, quella di Josquin des Prez, quella di Giacinto Scelsi o anche solo quella dei rumori di Luigi Russolo, rombanti e strepitosi nella Milano di Marinetti.


(©L'Osservatore Romano - 18 ottobre 2009)
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