L’epoca dello scienziato santone

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S_Daniele
00mercoledì 23 dicembre 2009 10:50
L’epoca dello scienziato santone

Francesco Borgonovo

Non più tardi di ieri
abbiamo consigliato la lettura del libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Cattivi maestri, dedicato alle nuove incarnazioni del radical chic. E subito arriva una dimostrazione della sua validità. Sempre ieri, dalle pagine di Repubblica, è arrivato un attacco violentissimo a Roberto de Mattei, vicepresidente del Cnr colpevole di essere cattolico praticante e organizzatore, qualche tempo fa, di un convegno critico sull’evoluzionismo.
La vicenda è stata già ampiamente trattata dal nostro giornale, per questo vorremmo parlare piuttosto dei toni
dell’articolo, firmato dal matematico impenitente (e onnipresente) Piergiorgio Odifreddi. Nel pezzo, de Mattei viene dipinto alla stregua di un agente dormiente della controrivoluzione oscurantista, il quale «ha agito discretamente fino agli inizi di quest’anno», poi è uscito allo scoperto promuovendo l’incontro su Darwin.

Disinformazione e presunzione

Nonostante al meeting fossero presenti scienziati e non certo predicatori o fanatici religiosi, per Odifreddi le affermazioni del vicepresidente del Cnr sono «una vera e propria summa della disinformazione più grossolana e presuntuosa». Viene infatti «il sospetto che la nomina a vicepresidente di de Mattei nel 2004 e la sua riconferma nel 2008 non siano state altro che dei riusciti tentativi di infiltrazione fondamentalista e antiscientista dell’Ente». Chi sarebbe, secondo il matematico, la mente criminale dietro l’infiltrazione? Ovviamente Silvio Berlusconi, affiancato dall’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti.
Se de Mattei è un pericoloso estremista perché organizza una giornata di studi, il presidente del Cnr Luciano Maiani è invece una vittima: qualcuno nel centrodestra lo ha criticato per aver firmato l’appello dei 67 professori della Sapienza contro la presenza di Papa Ratzinger all’inaugurazione dell’anno accademico.
Il profilo del radical chic è perfettamente delineato. Liberale, ma solo con chi vuole lui. Pronto al dialogo, certo, ma solo con chi è d’accordo con le sue tesi. Deciso a criticare l’oscurantismo della Chiesa cattolica, ma solo per imporre le sue convinzioni ideologiche.
Odifreddi fa di più per entrare nella parte del rivoluzionario da salotto: invita gli scienziati d’Italia a unirsi e manifestare contro l’onorevole Gabriella Carlucci (fu lei a criticare Maiani) e lo stesso de Mattei: «Gli elettori in generale, e gli scienziati in particolare, dovrebbero invece avere molto da dire a proposito della permanenza di lei in Parlamento, e di lui al Cnr. Auguriamoci che lo dicano forte, chiaro e presto!». La carica è suonata. E ci sarebbe da ridere, se la situazione non fosse seria.

Mutazione nell’immaginario

Già, perché queste prese di posizione di Odifreddi mettono in luce la mutazione della figura dello scienziato che certi intellettuali vorrebbero introdurre nell’immaginario. Gnocchi&Palmaro lo spiegano molto bene nel capitolo intitolato «Non disturbare, il professore sta celebrando», nel quale viene descritto «lo scienziato in talare».
Quest’ultimo «non va confuso con il normale scienziato da laboratorio, che è un signore onesto e geniale che studia, fa ricerca e non si impalca a profeta del nuovo mondo. Lo scienziato da laboratorio non va mai in televisione, e se proprio ci capita parla dei suoi esperimenti (...). Lo scienziato in talare è diverso: è uno che assume su di sé un compito messianico. È uno che si sente salvatore dell’umanità, portatore del lume che scaccerà le tenebre che avvolgono il mondo. (...) Lo scienziato in talare è un ottimo cattivo maestro perché aspira irresistibilmente a un ruolo di guida sociale».
E può permettersi di ambire a tanto poiché lo scienziato «è ormai percepito dall’opinione pubblica come l’unica istituzione di cui ci si possa totalmente fidare. Lo scienziato non mente mai. Lo scienziato lavora venti ore al giorno per uno stipendio da fame. Lo scienziato si dedica alla ricerca al prezzo della propria salute». Davvero quindi è l’unica autorità di cui ci si può fidare: «Se Rita Levi Montalcini , o Edoardo Boncinelli apparissero sul video e dicessero che i bond argentini sono diventati sicuri, probabilmente ci sarebbe una corsa ad accaparrarseli. E se Margherita Hack ci dicesse di acquistare i famigerati “derivati” o dei titoli “tossici”, potremmo perfino ascoltarla.
Dopo questa santificazione, l’uomo di scienza radical chic può «esordire come “opinionista” sulle questioni più diverse, che pure nulla hanno a che fare con le competenze che costituivano il meritato vanto del nostro uomo. Così, indossando la corazza della scienza, lo scudo della ricerca (...) come un novello cavaliere senza macchia e sanza paura lo scienziato in talare è pronto a scendere in campo contro gli oscuri paladini della reazione».

Ospitate, articoli e bestseller

Tra un’ospitata da Fabio Fazio, una da Gad Lerner, una presentazione, un articolo di polemica su Repubblica e la produzione del nuovo bestseller, c’è da chiedersi quanto tempo gli rimanga effettivamente a disposizione per la ricerca.
Ma non importa. Conta soltanto che lo scienziato sia divenuto il vero santone del Terzo millennio e possa propagandare ovunque la sua verità. In base alla quale è giusto impedire al Papa di parlare alla Sapienza o a de Mattei di organizzare un convegno fra studiosi per discutere di Darwin, a un’esponente del PdL di criticare chicchessia e a Berlusconi... Beh, Berlusconi non dovrebbe nemmeno esistere. Chissà, forse un giorno qualche scienziato elaborerà una formula la quale dimostri senza ombra di dubbio che Silvio è un’anomalia e, come tale, va eliminata.

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S_Daniele
00mercoledì 23 dicembre 2009 11:16
Zittite il Creazionista. La libertà d’opinione non è uguale per tutti

di Alessandro Gnocchi

Qui in Italia siamo pieni di paladini della libertà d’espressione, che organizzano sfilate, cortei e manifestazioni appellandosi al sacrosanto articolo 21 della Costituzione. Poi uno se ne esce con una idea, un’opinione, una teoria fuori dal coro di quelle comunemente accettate. E allora i paladini organizzano una bella campagna. Non in sua difesa, ma per chiederne la testa. Non se la prendono con l’idea, l’opinione e la teoria. Ma con la persona che ha osato aprire bocca. E la libertà d’espressione? Con quella di punto in bianco, si puliscono la suola delle scarpe (innevate).
Facciamo un esempio. Da fine novembre, a più riprese, è saltata fuori una dura polemica contro il vicepresidente del Consiglio Nazionale della Ricerca, il professor Roberto de Mattei. Ottima persona, con un neo enorme per i difensori del libero pensiero, talvolta coincidenti con quelli del laicismo senza se e senza ma (cioè quella versione grottesca del laicismo che ha assunto i tratti tipici dei fondamentalismi, togliendo i crocifissi dalle pareti e vietando, altrove, il velo islamico in classe).
Qual è il difetto di de Mattei è presto detto: non fa mistero delle sue posizioni di cattolico fedele alla Santa romana chiesa.
Il suo «reato», invece, è ricoprire la seconda carica del Cnr e di aver organizzato in tale ambito un convegno dal titolo Evoluzionismo, il tramonto di un’ipotesi, seguito dalla normale pubblicazione degli atti. Il titolo è forte. I saggi contenuti, scritti da paleontologi e antropologi, mettono in rilievo le lacune e le contraddizioni del Darwinismo. Avranno ragione? O torto marcio? Qui poco conta.
Qui conta notare la reazione spropositata a quello che in fin dei conti è un tentativo, magari destinato a fallire, di confutare una teoria scientifica, il Darwinismo. Operazione che pare in linea con il metodo così come lo insegnano nelle scuole: una teoria è scientifica solo se falsificabile. Non regrediremo certo al Medioevo, e l’Italia non diventerà l’Afghanistan talebano, se si lascia la facoltà di esporre il proprio punto di vista a chi non condivide la teoria dell’evoluzionismo, e propende per un’altra spiegazione della nascita della vita sulla Terra, quella Creazionista. Eppure è partita una campagna per infangare de Mattei, non tanto le sue tesi, evidentemente indegne di due righe di confutazione. L’obiettivo, dichiaratissimo, sono la rimozione o le dimissioni. Ieri le ha auspicate Piergiorgio Odifreddi su Repubblica con un pezzo che la butta sul personale, con un pizzico di complottismo clericale che non guasta mai. La nomina di de Mattei è un tentativo «di infiltrazione fondamentalista e antiscientista» (ma da parte di chi? Servizi deviati vaticani? Templari alla Codice da Vinci? Odifreddi se sa qualcosa lo dica) servendosi di un «candidato fuori luogo». «Fuori luogo» per questo motivo: insegna Storia del Cristianesimo in una Università privata, dirige il mensile Radici cristiane, è dirigente di Alleanza Cattolica ed era consigliere di Fini quando Fini era ancora compromesso con Berlusconi. Roba da pazzi... Quest’uomo, de Mattei, osa ammettere di essere cattolico! Via, fuori dalle scatole! Gli elettori (ma da quando si vota per il Cnr?) dovrebbero alzare la voce e sbatterlo fuori dal Consiglio. Parola di uno scienziato super partes, come dimostra questa sua dichiarazione: «Quando ho letto la Bibbia mi sono sbellicato dal ridere. Non riuscivo a credere che una religione si potesse reggere su cose del genere. Un Dio cattivissimo, popolazioni annientate, donne violentate. A volte sembra di leggere Mein Kampf di Hitler».
Prima di Odifreddi anche Telmo Pievani era andato giù pesante con un articolo su Micromega dai toni soft come quelli di un comizio di Antonio Di Pietro: «Tesi come queste (quelle del Convegno Cnr) getterebbero nel ridicolo chiunque fosse così temerario da affermarle in pubblico». Meglio sarebbe una «coltre di imbarazzato silenzio», quello riservato da Pievani ai partecipanti al Convegno, privati perfino della dignità del nome: fisico tedesco, sedimentologo francese, etc. Anche perché questi botanici bulgari et similia mancano «di rispetto per il lavoro di generazioni di scienziati». In quanto a de Mattei, non tollera la conoscenza perché incompatibile con la «fede integrale».
A questo punto è intervenuto il presidente del Cnr, professor Maiani, uno che si è opposto alla visita di Ratzinger alla Sapienza, quindi non un abate certosino, il quale ha detto questo: «Voglio precisare che il carattere aperto della ricerca intellettuale e la personale contrarietà a ogni forma di censura delle idee per me e per il Consiglio Nazionale delle Ricerche non sono un contentino, ma valori fondanti, coerenti con la civiltà del nostro Paese. Con l’occasione intendo ribadire con forza - al di là delle diverse posizioni culturali - i rapporti di stima, amicizia e proficua collaborazione che mi legano al Vice Presidente, professore Roberto de Mattei». Ma Pievani l’aveva previsto: «Ora suoneranno le sirene del vittimismo cosiddetto liberale». Pensa che pretesa assurda ’sti frignoni liberali, vorrebbero che anche de Mattei potesse pensare e studiare quello che gli pare, e, se ne ha titolo, perfino essere vicepresidente di un ente nazionale. Tutto «vittimismo liberale». Tanto più che, a detta di altri intervenuti, ad esempio il professore Ferdinando Boero, sul sito di Micromega, non bisogna confondere la «correttezza scientifica» con «la libertà d’espressione». Non si può dir parola che non sia conforme alla «correttezza scientifica». E chi decide cos’è corretto? Ovvio: ci pensa Boero il quale rivolge questo invito al presidente Maiani, in una moderna variante dell’immortale «lei non sa chi sono io»: «vada nel Web of Science e cerchi il mio nome e quello del suo vicepresidente e confronti le produzioni scientifiche, le citazioni».
Insomma: viva la libertà di parola, a patto che parlino sempre i soliti.

© Copyright Il Giornale, 23 dicembre 2009 consultabile anche
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Cattolico_Romano
00lunedì 28 dicembre 2009 12:19
EVOLUZIONISMO, IL TRAMONTO DI UN'IPOTESI: VIETATO CRITICARE DARWIN ORMAI DIVENTATO UN DOGMA (ANTISCIENTIFICO)

di Roberto de Mattei

 Non mi sembra che l’anno darwiniano si stia concludendo nel clima di trionfalismo che certi superevoluzionisti avevano auspicato. In questi giorni i principali quotidiani italiani danno atto, infatti, dell’esistenza, all’interno della comunità scientifica, di un forte dibattito che va ben al di là delle mura del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Tutto ha preso inizio da un Workshop internazionale sull’evoluzionismo da me promosso lo scorso 23 febbraio presso l’ente di cui sono attualmente vicepresidente. Mi sia permesso di ricordare i nomi dei partecipanti a quell’incontro, tutti studiosi di diverse nazioni e discipline: Guy Berthault, membro dell’associazione Internazionale dei sedimentologi; Jean de Pontcharra, ricercatore in nano-elettronica all’Università di Grenoble; Maciej Giertych, membro dell’Accademia polacca delle scienze; Josef Holzschuh, ricercatore di Geofisica alla University of Western Australia; Hugh Miller, chimico, dottore alla Ohio State University; Hugh Owen, presidente del Kolbe Center negli Stati Uniti; Pierre Rabischong, professore emerito dell’Università di Montpellier; Josef Seifert, rettore dell’International Academy for Philosophy del Liechtenstein; Thomas Seiler, dottore in fisico-chimica all’Università di Monaco; Dominique Tassot, Direttore del Centre d’Etudes et de Prospectives sur la Science; Alma von Stockhausen, presidente della Gustav-Siewerth-Akademie.

Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati a novembre dall’Editore Cantagalli, con il titolo “Evoluzionismo. Il tramonto di un’ipotesi” (pp. 192, euro 17,00). Quanto è bastato per suscitare le ire di Marco Cattaneo, direttore della rivista “Le Scienze”, di Marco Ferraguti, presidente della Società dei biologi evoluzionisti, e del filosofo della scienza Telmo Pievani.

Quest’ultimo, ha dedicato ben nove pagine sulla rivista “MicroMega”, per irridere e insolentire un libro che, per sua ammissione, non aveva letto. Nel suo articolo Pievani si è spinto a chiedere la mia rimozione dal CNR affermando che “chi nega una realtà comprovata non dovrebbe ricoprire cariche che implicano un’influenza sull’opinione pubblica o sulla gestione di enti pubblici” (p. 115). Ma qual è la “realtà comprovata”? Forse è quella che dà il titolo al più recente pamphlet dello stesso Pievani: “Creazione senza Dio”? Un libro in cui egli auspica che al reato di “vilipendio della religione” si sostituisca quello di “diffamazione della scienza” (p. 102)? Pievani accusa il “creazionismo” di spacciare per scienza un contenuto di fede. Ma cosa fa lui, se non spacciare per scienza, la sua negazione non della fede, ma dei principi evidenti della ragione. E’ più “evidente” per l’intelletto umano affermare che Dio esiste, piuttosto che ritenere che l’uomo discenda dalla scimmia, come si ripete acriticamente da Darwin in poi. Però la prima affermazione è declassata a opinione “fideistica”, la seconda elevata a verità assoluta. L’attacco di Pievani si inserisce non a caso in un virulento numero monografico contro Benedetto XVI, “Il Papa inquisitore”, come lo definisce il direttore della rivista Paolo Flores d’Arcais nel titolo del suo articolo di apertura (pp. 5-22). In quest’articolo si critica la “volontà di anatema” (p. 6) e l'intransigenza dogmatica di questo inquisitore postmoderno” (p. 18) che “vuole imporre al mondo la verità della sua Chiesa, cattolica apostolica romana, nell’intero orizzonte etico-politico” (p. 13).

Dal fascicolo di “MicroMega” emerge però l’esistenza di un’altra chiesa, quella evoluzionista, ben più censoria e inquisitoria di quella di cui oggi è capo Papa Ratzinger. Benedetto XVI dialoga infatti con gli evoluzionisti, tollerando perfino che ricoprano alte cariche nei dicasteri pontifici, mentre i fanatici dell’evoluzionismo, non riservano che sprezzo e irrisione a chi non condivide il loro “Verbo”. Non è questo l’atteggiamento tipico di chi ha paura di misurarsi sul terreno delle idee, perché è consapevole della inconsistenza delle proprie ragioni? Gli anni passano, le prove non arrivano e l’evoluzionismo appare sempre di più, non una teoria scientifica, ma una mera opzione filosofica anticreazionista.

La teoria dell’evoluzione rappresenta infatti la radicale negazione di ogni verità metafisica, a cominciare dall’esistenza di un Dio creatore dell’universo, in nome di una scienza che rinuncia ad esercitare il metodo scientifico per farsi filosofia. C’è la cristofobia di chi vuole svellere le radici cristiane d’Europa e cancellare ogni traccia di identità cristiana dei luoghi pubblici, ma c’è anche la teofobia di chi vuole sradicare, se mai fosse possibile, ogni traccia del divino dalla natura e dalla vita dell’uomo. Era una caratteristica dell’evoluzionismo marxista, lo è oggi dell’evoluzionismo “post moderno”.

Gli evoluzionisti credono di essere “anticreazionisti”, ma di fatto, essi trasferiscono l’azione creatrice da Dio alle creature, senza uscire dal vituperato “creazionismo”. Cos’è infatti la cosiddetta trasformazione delle specie se non un’“auto trasformazione” che implica la capacità della materia di “auto-crearsi”? Il materialismo evoluzionista attribuisce di fatto un potere creatore alle creature, espropriate del loro primo principio e del loro ultimo fine.

Chi ha la capacità di auto-trasformarsi ha una capacità creatrice: le proprietà che vengono negate a Dio vengono attribuite alla materia, eterna, infinita, “pensante” e assolutamente “libera”, perché non determinata da altri che da se stessa: in una parola divina. In realtà nessun esperimento né argomento razionale è in grado di provare che una creatura possa autodeterminare la propria natura. Né una molecola di materia inerte, né una cellula vivente è in grado di “pensarsi”, di “crearsi” e di “superarsi”. La creazione, che è produzione di una realtà secondo tutta la sua sostanza, senza alcun presupposto, creato da altri, o increato che sia, si impone a chi voglia esercitare la ragione, come una “realtà scientifica”, o, se si preferisce, come una verità razionale radicalmente incompatibile con la fantasia evoluzionista.

Un’ultima considerazione. L’articolista del Corriere della Sera tenta di isolarmi all’interno del CNR.

Ma il presidente dell’Ente, prof. Luciano Maiani, che è uno scienziato serio, che crede nella libertà della ricerca, lo ha ripreso in questi termini: “Il carattere aperto della ricerca intellettuale” e la “personale contrarietà a ogni forma di censura delle idee” per me e per il Consiglio nazionale delle ricerche non sono un “contentino”, come afferma l’articolo (del Corriere della Sera), ma valori fondanti, coerenti con la civiltà del nostro Paese. Con l’occasione intendo ribadire con forza – al di là delle diverse posizioni culturali – i rapporti di stima, amicizia e proficua collaborazione che mi legano al Vice Presidente, Prof. Roberto de Mattei” (Dichiarazione del 1 dicembre 2009).
 Roberto de Mattei

Fonte: Il Foglio del 2/12/2009

EVOLUZIONISMO, IL TRAMONTO DI UN'IPOTESI

E' un bellissimo libro che consiglio a tutti di leggere, personalmente l'ho già letto ed apprezzato.
Cattolico_Romano
00lunedì 28 dicembre 2009 12:23
IL TRAMONTO DEL DARWINISMO: QUANDO VOGLIONO ZITTIRE I VERI SCIENZIATI

di  Fausto Carioti

 Fosse una ipotesi scientifica come le altre, l’evoluzionismo sarebbe finito già da tempo, se non nell’obitorio della scienza, quantomeno nel reparto dei malati gravi, viste le tante discordanze che le conseguenze di questa teoria hanno con l’osservazione empirica. Ma l’evoluzionismo non è più una teoria qualunque, da sottoporre a rischio di falsificazione, come richiesto dall’epistemologo Karl Popper per distinguere ciò che è scienza da ciò che non lo è. Esso è un dogma al quale si può aderire solo mediante atto di fede. Una metafisica, insomma. Proprio come quel “creazionismo” che degli evoluzionisti è il grande nemico. Con la differenza che chi difende l’ipotesi della creazione di solito lo fa con la Bibbia in mano, e non pretende di parlare in nome della scienza.

La stessa comunità scientifica è tutt’altro che concorde con le ipotesi sviluppate da Charles Darwin nell’Origine delle specie. La novità è che molti di questi scienziati adesso iniziano a rendere pubbliche le loro critiche. Un libro importante uscirà nei prossimi giorni per le Edizioni Cantagalli. Si intitola (e il titolo già dice tutto) Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi, ed è stato curato da Roberto de Mattei, Vice Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il volume, che “Libero” ha potuto leggere in anteprima, raccoglie gli interventi tenuti in un convegno a porte chiuse che si è svolto a Roma lo scorso febbraio nella sede del Cnr. Un’occasione che ha visto a confronto biologi, paleontologi, fisici, genetisti, chimici, biologi e filosofi della scienza di livello internazionale.

La tesi illustrata 150 anni fa da Darwin e portata avanti dai suoi epigoni è riassumibile in tre assiomi. Primo: «Tutti gli esseri organici che hanno vissuto su questa terra sono derivati da una singola forma primordiale, nella quale la vita è stata per la prima volta infusa» (come scritto dallo stesso Darwin nell’Origine delle specie). Secondo: la selezione naturale è stata «il più importante, anche se non esclusivo, strumento di modificazione» attraverso il quale le forme di vita più complesse si sono evolute da quelle più semplici. Terzo, non esiste alcun “progetto”: le mutazioni sono casuali e alcune rendono certi individui più adatti alla sopravvivenza; trasmettendole ai loro eredi, rendono possibile l’evoluzione.

Un corpus teorico che, secondo i documenti che il Cnr sta per rendere pubblici, fa acqua da tutte le parti. Il fisico tedesco Thomas Seiler mette il darwinismo alla prova della seconda legge della termodinamica, secondo la quale l’entropia, che può essere definita come il caos in natura, non può mai diminuire. E «l’ipotetico emergere della vita da processi materiali indiretti, come suggerito dalla teoria evoluzionistica, non è conforme» a questa legge. Ma anche «la successione di piccole variazioni genetiche che portano alla costruzione di un organo completamente nuovo tramite selezione naturale», prevista dal darwinismo, «è una processo da escludere di entropia decrescente». Non a caso, nota Seiler, malgrado siano stati descritti più di 1,3 milioni di tipi di animali, «nessun organismo mostra segni di essere in evoluzione verso una complessità maggiore. Come previsto, l’entropia biologica non sta diminuendo».

Insomma, la fisica stessa si ribella all’ipotesi darwiniana.

L’evoluzionismo presuppone inoltre lunghissimi tempi geologici, nei quali – come affermano i suoi sostenitori, «l’impossibile diviene possibile, il possibile probabile e il probabile virtualmente certo». La sequenza degli strati dei fossili marini, ad esempio, secondo i darwinisti confermerebbe processi durati milioni di anni. Ma il paleontologo francese Guy Berthault sostiene che, calcolato con nuovi metodi più attendibili, il periodo di sedimentazione dei fossili si rivela assai più breve di quanto creduto sinora e il tempo degli sconvolgimenti geologici si accorcia drasticamente. Tanto da essere «insufficiente per l’evoluzione delle specie, come risulta concepita dai sostenitori dell’ipotesi evoluzionista».

Dominique Tassot, che in Francia dirige il Centre d’Etudes et de prospectives sur la Science, invita a non confondere tra «micro-evoluzione» e «macro-evoluzione». Nel primo caso rientrano le mutazioni adattative accertate, che riguardano caratteri secondari come il colore, lo spessore della pelliccia di un animale, l’altezza, la forma del becco e così via. Ma «è paradossale», sostiene, «estendere il significato della parola “adattamento” per indicare l’evoluzione di nuovi organi del corpo», come «il passaggio dalle squame alle piume o dalle pinne alle zampe», esempi di macro-evoluzione: fenomeno «che manca di qualsiasi verifica empirica o di base teorica».

Il genetista polacco Maciej Giertych sottolinea che «siamo a conoscenza di molte mutazioni che sono deleterie» e anche «di mutazioni biologicamente neutrali», ma le cosiddette «mutazioni positive», che consentirebbero l’evoluzione delle specie, «sono più un postulato che una osservazione». L’esempio che più di frequente viene fatto, l’adattamento di certe erbacce al diserbante atrazina, «in nessun modo aiuta a sostenere la teoria dell’evoluzione», perché si tratta di un adattamento «positivo soltanto nel senso che protegge funzioni esistenti», ma «non fornisce nuova informazione, per nuove funzioni o organi». A conti fatti, secondo Giertych, «l’evoluzione dovrebbe essere presentata nelle scuole come un’ipotesi scientifica in attesa di conferma, come una teoria che ha sia sostenitori che oppositori. Per di più, sia gli argomenti a favore della teoria che quelli contrari dovrebbero essere presentati in modo imparziale».

La verità, banale e meravigliosa allo stesso tempo, è che, come scrive de Mattei, «dal punto di vista della scienza sperimentale, entrambe le ipotesi sulle origini, sia l’evoluzionista che la creazionista, sono inverificabili. Su questi temi ultimi non è la scienza, ma la filosofia, a doversi pronunciare». Fausto Carioti

Fonte: Libero, 3 novembre 2009
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