L'esito del voto nei ventisette Paesi dell'Ue

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Cattolico_Romano
00lunedì 8 giugno 2009 18:10
L'esito del voto nei ventisette Paesi dell'Ue

Vince l'Europa dell'astensionismo


Strasburgo, 8. Il partito dell'astensionismo è risultato il vincitore delle elezioni nei ventisette Paesi dell'Unione europea per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. L'affluenza alle urne è stata infatti del 43,09 per cento (circa due punti in meno rispetto al voto del giugno del 2004), il dato più basso da quando l'Europarlamento viene eletto a suffragio universale diretto. Nelle prime elezioni del 1979, la percentuale dei votanti era stata del 61,99 per cento.

Dal punto di vista politico, uno dei dati più significativi riguarda l'avanzata in molti Paesi dei partiti dichiaratamente di destra e ostili all'integrazione europea, che porteranno a Strasburgo una cinquantina di deputati. Alle prossime riunioni del Parlamento europeo si farà dunque sentire il peso delle formazioni euroscettiche, nazionaliste e di orientamento xenofobo, oltre che dei gruppi ecologisti che nel nuovo Parlamento conteranno undici deputati in più.

Le urne hanno comunque sancito la sconfitta delle forze progressiste - in alcuni casi si può parlare di disfatta - e hanno premiato le forze conservatrici. In taluni Paesi, secondo gli ossservatori, il voto è stato inevitabilmente condizionato dalla grave crisi economico finanziaria. Nel nuovo emiciclo europeo, che conterà settecentotrentasei deputati - quarantanove in meno rispetto alla precedente legislatuta - il Partito popolare, impostosi nei Paesi più grandi, dalla Francia alla Spagna, dalla Germania all'Italia, rimarrà di gran lunga il primo gruppo politico. Seguono poi, distaccati di molte lunghezze, i socialisti, che hanno subito un forte ridimensionamento. "È una serata triste per la socialdemocrazia", ha ammesso il presidente del Partito socialista europeo, Martin Schulz. In calo anche i liberaldemocratici.

Stando alle stime non ancora definitive diffuse oggi, il Partito popolare europeo-Democratici europei ottiene duecentosessantasette eurodeputati. Il Gruppo socialista si attesta a quota centocinquantanove, mentre l'Alleanza dei liberali e democratici per l'Europa ottantuno. I Verdi europei-Alleanza libera europea conquistano cinquantuno seggi, le destre dell'Unione per l'Europa delle Nazioni trentacinque, la Sinistra unitaria europea-Sinistra Verde nordica trentatre e gli euroscettici di Indipendenza e democrazia venti. I deputati non iscritti ad alcun gruppo sono dati ancora tra gli ottantasei e gli ottantotto seggi.

La sconfitta più pesante per i socialisti è arrivata dalla Gran Bretagna, dove i laburisti del premier Gordon Brown (al Governo initerrottamente dal 1997) sono crollati ai minimi storici, diventando, con solo il sedici per cento dei consensi, il terzo partito su scala nazionale. Per il Labour si tratta del peggior risultato dal dopoguerra. A vincere sono stati i Tories di David Cameron, con il ventisette per cento dei suffragi. Il secondo partito britannico è quello euroscettico, arrivato al diciassette per cento.

In Francia, nuova vittoria per i gollisti di Nicolas Sarkozy, che hanno ottenuto oltre il ventotto per cento dei voti, e ulteriore sconfitta per i socialisti, fermi al sedici per cento, praticamente alla pari con la sorprendente lista Europa ecologista. L'astensionismo è stato molto alto, con un'affluenza alle urne pari al 40,62 per cento.
In Spagna, rispettando tutti i pronostici della vigilia elettorale, i socialisti del presidente del Governo, José Luis Rodríguez Zapatero, sono stati superati dopo cinque anni dai popolari di Mariano Rajoy.

In Germania, punita la Grande coalizione governativa, passata dal 44,5 al 38,2 per cento. Il voto ha confermato anche la crisi dei socialdemocratici, che hanno perso un ulteriore 0,3 per cento rispetto al già catastrofico 21,5 per cento del 2004. È questo il risultato peggiore di tutta la storia della formazione politica. Se i Verdi con il dodici per cento sono rimasti praticamente fermi al risultato di cinque anni e Die Linke (la Sinistra) è avanzata di un solo punto, arrivando al 7,1 per cento, il risultato più significativo è stato conseguito dal Partito liberale, che ha fatto un balzo in avanti del 4,5 per cento, toccando quota 10,6.

Solo in Danimarca, Svezia e soprattutto in Grecia la sinistra ha retto all'onda d'urto dei conservatori. In Grecia il partito socialista, all'opposizione, ha vinto le europee con un ampio margine del 4,3 per cento nei confronti di Nuova democrazia.


(©L'Osservatore Romano - 8-9 giugno 2009)
Cattolico_Romano
00mercoledì 10 giugno 2009 08:55
  La Chiesa riflette sui risultati della consultazione elettorale

Giustizia e difesa della vita priorità del Parlamento europeo


Roma, 9. "Ai neoeuroparlamentari è affidato il compito di rendere l'Unione una società più giusta, fondata sul rispetto dei diritti umani, sulla dignità della persona, la cooperazione vicendevole, la solidarietà e la sussidiarietà, la giustizia e la difesa della vita". In una nota, il Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee), riunito a Zagabria per discutere sulle questioni sociali, interviene per rivolgere i suoi auguri ai politici eletti alla guida del Parlamento europeo. "Se l'Unione saprà fornire risposte politiche adeguate alle preoccupazioni e alle speranze dei cittadini europei potrà rispondere alla sua vocazione originaria", si legge nel comunicato, a firma del cardinale Péter Erdo, presidente del Ccee. La nota si conclude con l'auspicio "che tra poco anche la Croazia possa far parte dell'Unione europea".

Sull'astensionismo record che ha caratterizzato le ultime elezioni europee si sofferma monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, che in un'intervista alla Radio Vaticana sottolinea "la mancata coscienza del ruolo che l'Europa ha per la vita concreta delle singole persone" nonché "la lontananza di fatto tra cittadini europei e istituzioni". Solo un'Europa più unita e più stabile può affrontare le grandi domande del mondo, spiega Giordano, ma "esiste una mancanza di informazione e di fiducia per ciò che avviene a livello globale. Questo è un dato che deve far riflettere l'Europa".

D'accordo con monsignor Giordano è il vescovo Adrianus Herman van Luyn, presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), per il quale il basso tasso di partecipazione - del 42,85 per cento - "è il segno che manca ancora una società civile europea". Secondo van Luyn, "non è stato posto a sufficienza l'accento su questa emergenza così come era stato fatto sulla nascita del mercato comune". Le istituzioni europee, i Governi nazionali, i partiti politici, "ma anche le Chiese devono porsi la domanda:  abbiamo contribuito sufficientemente alla nascita di una coscienza europea tra i nostri concittadini?".

Il presidente della Comece ricorda che davanti alla crisi economica, ai cambiamenti climatici, all'emergenza alimentare a livello globale, non vi è alcuna alternativa a un'Europa unita, che parla una sola voce e che si impegna per la giustizia e la pace sul continente europeo e nel resto del mondo. E "la bassa affluenza alle urne appare ancora più incomprensibile - aggiunge il vescovo olandese - se si considera che il Parlamento europeo aumenterà in modo considerevole influenza e competenza quando il trattato di Lisbona entrerà in vigore".

Da una parte la sconfitta del centro-sinistra, dall'altra l'avanzata del centro-destra e dei cosiddetti "euroscettici". Per monsignor Giordano ciò è spiegabile soprattutto con il problema della sicurezza e con la necessità di avere dei punti di riferimento e delle proposte concrete. "Probabilmente - afferma l'osservatore permanente al Consiglio d'Europa - i cittadini europei hanno visto un centro-destra con delle proposte che salvano maggiormente le tradizioni, i volti dei Paesi, messi di fronte al fenomeno migratorio, all'incontro fra popoli e fra culture, o alla crisi finanziaria. Forse c'è troppa ideologia - spiega Giordano - e questo porta a votare per l'Europa pensando alle situazioni attuali. E c'è poca idealità, mentre occorrerebbe rilanciare l'Europa delle origini, capace di affrontare le questioni mondiali con una visione e con una prospettiva". È soprattutto questo che monsignor Giordano rimprovera agli europei, in particolare agli europei cattolici, cioè di "aver scommesso su altre cose, di aver dimenticato la grande tradizione storica, culturale, politica, cristiana, dalla quale veniamo", e di non aver sufficientemente valorizzato una visione dell'uomo, della società, del rapporto fra i popoli, "che viene dalla luce del cristianesimo".

Restano vecchi e nuovi interrogativi. Uno riguarda la relazione tra Occidente e Oriente:  "Qualcosa non funziona ancora, occorre un ulteriore sforzo di reciproca comprensione - conclude Giordano - e ripensare che tipo di Europa vogliamo. Un'Europa dove le tradizioni delle nazioni siano valorizzate e queste identità possano unirsi in una costruzione comune".


(©L'Osservatore Romano - 10 giugno 2009)
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