L'incarico di continuare a nutrire il santo popolo di Dio con la Parola e i Sacramenti, dopo l'ascensione di Gesù, dal Signore stesso è stato affidato agli uomini da lui scelti e mandati nel mondo a perpetuare l'opera da lui iniziata e voluta dal Padre.
Per questo motivo dopo la sua risurrezione il primo dono che egli fa ai suoi, è il dono dello Spirito Santo per la remissione dei peccati, ossia per la salvezza del mondo.
Tutti i sacramenti hanno in vista la salvezza e la salvezza è data dall’abbattimento del muro di inimicizia che ci separava da Dio. Abbattuto il muro che ci separava da Dio, Gesù ha voluto che i benefici della sua morte e risurrezione continuassero ad essere perpetuati fino al suo ritorno.
Perpetuare la salvezza, distribuirla, è compito degli uomini che Dio sceglie e mette da parte affinché l’unico Sacerdote agisca nei sacerdoti a favore del popolo santo di Dio.
La riscoperta del carattere cristiano e apostolico del sacerdozio universale dei fedeli non costituisce un ostacolo al sacerdozio ministeriale ma piuttosto un impulso a favore dei fratelli consacrati a servizio totale della Chiesa.
Il sacerdozio ministeriale è un dono di Dio alla Chiesa e per la Chiesa in vista della salvezza come afferma anche il Concilio (cf. OT 2, 6, 12; PO 11; AG 23, 29 ).
La concezione bizantina del ministero sacerdotale nei suoi tre gradi superiori (episcopato, presbiterato e diaconato), s'inserisce nel contesto della riflessione patristica che ci ha offerto un'ampia e documentata letteratura.
Basti citare, tra i più significativi, il Sermo de sacerdotio di S. Efrem, l'Oratio secunda di S. Gregorio di Nazianzo, il De Sacerdotio di S. Giovanni Crisostomo.
Inoltre i testi delle preghiere esprimono tutta la realtà a cui l'essere umano è chiamato: la testimonianza che deve dare, la fatica che comporta una vocazione abbracciata con amore e portata a compimento con serietà, incarnata nella realtà del Cristo Offerente e Offerto, e soprattutto il premio riservato in cielo a coloro che hanno ben amministrato.
La definizione bizantina del "Sacerdote", così come si evince dai riti dell'ordinazione, attualissima nel richiamo alla Parola di Dio, teologicamente fondata e pastoralmente feconda, chiarifica la realtà e il ruolo specifico di chi è scelto e ordinato, incaricato e mandato (Eb 5,1).
L'uomo di Dio(1Tm 6,11) che coopera alla missione salvifica (1Cor 3,9), dispensando i divini misteri (1Cor 4,1) e annunciando la riconciliazione in Cristo di cui è ambasciatore (2 Cor 5,18-20) è stato conquistato da Cristo (Fil 3,12) e segregato per il Vangelo (Rm 1,1), in vista di un compito santo (At 13,2).
L'ordine sacro, infatti, più che un mezzo di santificazione personale, necessario alla salvezza, (come il santo battesimo che introduce alla nuova vita in Cristo), è una funzione a carattere sociale, a vantaggio degli altri.
Si tratta di un servizio (di una diaconia), prestato con umile fedeltà a Cristo e ai fratelli (Christus totus - Cristo totale), con i quali condivide la gioia cristiana dei redenti: scelto dal Signore e inviato dalla Chiesa, di cui è figlio insieme ai fratelli, è l'uomo per gli altri.
Sua missione fondamentale e specifica, al di là di ogni pur nobile impegno o di preoccupazioni giuridico-amministrative, è donare Dio agli uomini, mediante la parola annunciata e vissuta, e portare gli uomini a Dio, mediante i sacramenti, che concretizzano e rendono visibile, nella celebrazione e nei gesti, la Parola stessa di Dio; ed è Dio che opera sempre la salvezza a prescindere dalla santità o dalla cattiveria del ministro.
Le preghiere d'ordinazione non cessano di richiamare l’attenzione sull’adeguamento del ministro col proprio ministero, tuttavia se per nostra disgrazia questo non avviene, la divina grazia supplisce a tutte le nostre deficienze.
A proposito, S. Agostino afferma che: la vita nuova sgorga dalla fecondità della Verità e non dalla sterilità del ministro, e che nel ministro di Dio, non di se stesso o di qualche umana autorità, santo o peccatore, stimato o biasimato, accolto o respinto, non bisogna fermarsi o attaccarsi eccessivamente, nel bene o nel male, alla persona, ma si deve guardare piuttosto all'incarico ricoperto, alla funzione rappresentata, al servizio svolto a favore del popolo di Dio, in nome di Cristo, sotto il quale i molti pastori che si succedono nel tempo si riducono a uno solo, a Cristo unico pastore.
Il servizio della Parola, nella sua accezione più ampia, quale annuncio ed evangelizzazione per generare la fede (catechesi), l’istruzione e l’omelia liturgica (mistagogia) per consolidarla, la celebrazione dei Misteri, l’educazione alla preghiera, la formazione e la direzione spirituale, per intensificare la vita dei credenti, sono i primi e più importanti doveri pastorali.
Vedremo con quanta attenzione le preghiere di ordinazione si soffermino su questi delicatissimi obblighi. Ma il distintivo del servizio pastorale e la suprema norma di condotta dei ministri di Dio rimane la carità.
Tutti i doveri, per svariati che possano essere, si riducono all'amore: un amore senza limiti e senza risparmio, ricco di umana tenerezza e traboccante di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, particolarmente delicato verso i più deboli: i piccoli e i semplici del Vangelo, gli erranti e i peccatori, cui rivela l’infinita misericordia di Dio con parole rassicuranti di speranza (cfr. la seconda preghiera d’ordinazione del Vescovo).
Secondo l'ammonizione di S. Paolo (Rm 13,8) è l’unico debito mai pienamente saldato: interpella continuamente e reclama sempre nuove ed esigenti risposte, ispirando tutti i gesti del ministro.
"Pietro, mi ami tu più di costoro?", "Si, o Signore, tu lo sai che ti amo!", "Pasci il mio gregge!" (cf. Gv 21, 15-17 ).
Quando il Risorto affida a Pietro il compito pesante di pascolare il suo gregge, vuole il suo amore perché lo sa che dove maggiore è l’amore, minore è la fatica.