LA TURCHIA VUOLE INDIETRO LE OSSA DI SAN NICOLA? COSE TURCHE!

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S_Daniele
00lunedì 4 gennaio 2010 14:32

LA TURCHIA VUOLE INDIETRO LE OSSA DI SAN NICOLA? COSE TURCHE!


di Francesco Colafemmina
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Il Ministro della Cultura turco ha annunciato alla stampa locale che è sua intenzione procedere alla richiesta ufficiale della restituzione delle ossa di San Nicola, venerate nella Basilica Pontificia di Bari.
Lo ha fatto in occasione del
Meeting degli Albergatori del Mediterraneo, un incontro d’affari, tenutosi ad Antalya, nei pressi dell’antica Myra, città nella quale San Nicola esercitò il suo episcopato e morì intorno all’anno 343 d.C..
Il Ministro
Ertuðrul Günay ha spiegato ad Hurryet che chiederà all’Italia ed al Vaticano la restituzione delle ossa del Santo, in Turchia chiamato “Noel Baba” (Babbo Natale). Questa restituzione si inquadrerebbe nel tentativo di realizzare un “Museo della Civiltà Licia” a Myra (Demre): “abbiamo realizzato un museo in questa città, ora chiederemo le ossa di Babbo Natale per il museo”, ha affermato il Ministro. D’altra parte – ha proseguito – : “Babbo Natale o San Nicola ha nomi diversi per diverse religioni, pure questo nome appartiene ad un uomo nato a Patara e vissuto a Demre (Myra). Le sue ossa furono rapite intorno all’anno mille da alcuni corsari di una città italiana, Bari. Ora devono ritornare per essere esposte nel loro luogo d’origine.”
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Sono evidenti assurdità quelle pronunciate dal ministro turco che
ha accusato i 62 marinai baresi del 1087 di "rapimento corsaro", proprio lui che discende dai più sanguinari e volgari pirati e corsari della storia mondiale! Nell’anno 1087, quando le ossa di San Nicola furono trafugate da Myra, i Turchi infatti non avevano ancora esteso totalmente il proprio controllo sull’Anatolia, anzi, la costa di Licia e Pamfilia era formalmente in mano bizantina assieme a tutta la costa dell'Asia Minore che s'affaccia sull'Egeo. Ma ciò non vuol dir nulla se si pensa alla necessità di salvare il culto di quelle sante reliquie dalla furia irrazionale dei selgiuchidi. Così, a pochi anni dall’indizione della prima crociata, la città di Bari, ormai nelle mani di un manipolo di Normanni dal 1071, cercava di salvare il culto di un grande Santo, protettore dei navigatori dall’abbandono. Perciò le ossa di San Nicola non sono “patrimonio” di una nazione islamica come la Turchia, nella quale si è giunti a rimuovere una statua del Santo per sostituirla con quella di un pagano Babbo Natale raffigurato secondo la devastante iconografia della Coca Cola, solo qualche anno fa.
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Statua di Noel Baba a Demre (Myra) recentemente sostituita a quella di San Nicola dal sindaco della località nel tentativo di stimolare la crescita del turismo locale
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Identità nazionale e riscrittura della storia
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Fin qui la vicenda di questi giorni. Per comprendere meglio la questione è opportuno però un richiamo all’attitudine mentale turca in materia di manipolazione della storia. Partiamo da un esempio emblematico. Quest’estate un'imbarcazione ricostruita a mo’ di trireme antica è approdata nel porto di Marsiglia, in Francia. Si trattava di una nave partita dall’antica Focea, sulla costa dell’Asia Minore (attuale Turchia), e realizzata da alcuni studiosi turchi, con l’intento di propagandare il ricordo dell’antica fondazione di Massalia (Marsiglia) da parte dei coloni greci focesi.
Naturalmente i turchi camuffati da coloni focesi sono stati cacciati da Marsiglia da una folla di armeni e greci inferociti e inorriditi da tanto ardire antistorico. Se si pensa, infatti, allo splendido romanzo “Bonaccia” dello scrittore greco Elia Venezi col suo racconto della tremenda vita dei profughi greci di Focea in Asia Minore, costretti alla fuga dopo la sanguinosa invasione dell’Asia Minore nel vicino 1922 ad opera di Kemal Ataturk e alla loro triste vita in un brullo fazzoletto di terra attica, dalle parti di capo Sunio, non si può non rabbrividire dinanzi alla capacità turca di impossessarsi della storia altrui e di trasformarla, a meri fini turistici e nazionalistici, in storia propria.
Lo stesso fenomeno di revisionismo storico riguarda anche, ad esempio, il famoso dolce “baklavà”. Un dolce nato a Creta nell’antichità preclassica e noto come gastrìn, poi diffusosi in epoca bizantina in tutto l’Impero Romano d’Oriente sotto il nome di “fillon” (sfoglia). Questo dolce, mutato nome nel cacofonico “baklavà”, si è poi diffuso in tutta l’area mediorientale durante l’Impero Ottomano. Oggi se qualcuno tenta di affermarne la storica grecità, è accusato di manipolare la storia!
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Passando poi dalla cultura culinaria a quella tout court, che dire del tentativo di cancellare l’originalità greca della cultura micrasiatica? Si tratta di una costante, pervicace ed ostinata attività di “riscrittura” della storia.
Un fatto evidente anche dalla semplice lettura del sito del Ministero della Cultura. Quando si parla di “cultura turca” non si fa alcun riferimento alla cultura bizantina e greco-romana sulla quale il parassitismo ottomano ha costruito il proprio impero. Nessun riferimento agli innumerevoli apporti di greci, armeni, occidentali in genere che nei secoli hanno costituito l’establishment dell’Impero Ottomano. Nessun riferimento all’Ortodossia e alla cultura popolare dell’Asia Minore. Nulla di nulla. La "cultura" turca spunta come un fungo dopo la pioggia di sangue cristiano, in una terra che per millenni aveva avuto un'identità chiara e definita. Persino nei nomi dei luoghi l’originalità del conquistatore/oppressore non ha potuto occultare le loro radici culturali e nazionali: Pergamo è diventato Pergama, Alicarnasso è oggi Bodrum (dal greco Ippodromio), Costantinopoli è invece Istambul (dal greco Eis tin Polin – verso la Città), etc. etc.

Così anche per San Nicola il revisionismo turco è in piena attività, come testimonia un recente articolo del quotidiano turco Zaman dal titolo "Le radici turche di Santa Claus": come a dire che tutto ciò che è stato su quella terra prima dell'invasione ottomana è da considerarsi senza ombra di dubbio "turco"!

Retroterra storico
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E’ un dato di fatto che con la nascita del governo laico promosso dai Giovani Turchi e con la trasformazione dell’Impero Ottomano nello Stato voluto da Mustafa Kemal, si è trasformata anche l’attitudine “nazionalistica” del popolo turco. Così se ancora nell’ottocento greci ed armeni, insieme a Curdi e Circassi maggioranza numerica in Anatolia, avevano diritto a esercitare liberamente i propri culti e a scuole nazionali, grazie al sistema del Millet; dopo la creazione dello Stato turco l’identità “nazionale” non riguardava più i singoli popoli che abitavano quella terra storicamente o per avvenuta invasione, bensì comprendeva tutti i popoli suddetti, fusi in una nuova identità fortemente contraddittoria. Questa costrizione identitaria dei popoli che da millenni abitavano quei luoghi fu agevolata dalle violenze e dalle epurazioni fino a giungere al genocidio armeno e a quello dei greci dell’Asia Minore, culminati nella fuga di milioni di greci e in quella dei superstiti del genocidio armeno. Nel 1922, ad esempio, dopo il dramma di Smirne (città a maggioranza assoluta greca che fu data alle fiamme da Mustafa Kemal provocando decine di migliaia di vittime), la popolazione greca nell’attuale Grecia finì per raddoppiare passando da circa 3 milioni di abitanti a quasi 6 milioni. A Smirne tra l’altro trovò la morte in quel settembre del 1922 il Vescovo Crisostomo, Martire della Chiesa Ortodossa, ucciso a tradimento da membri dell’esercito kemalista, denudato, fatto a pezzi e gettato in mezzo alla folla di esaltati fanatici che ormai andavano impossessandosi di quella città fantasma.
Quindi il conflitto evidente tra un popolo di invasori e le popolazioni che avevano preceduto il suo stanziamento in Anatolia ha trovato il suo culmine nell’adozione di modelli nazionalistici tipicamente europei e fondati sull’autoctonia. Non essendo i turchi autoctoni hanno dovuto crearsi un passato dal nulla. Come fare? Semplice: basta appropriarsi del passato storicamente bizantino, greco, romano, armeno e trasformarlo in passato “turco”.

La questione San Nicola
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Il recente richiamo del Ministro della Cultura turco affinché vengano “restituite” alla Turchia le ossa di San Nicola è da inquadrarsi quindi all’interno di questa opera di riscrittura della storia incessantemente operante in Turchia. Non è un caso se questa richiesta è stata preceduta qualche anno fa dalla trasformazione in Museo della chiesa di San Nicola a Myra (Demre). Una trasformazione che ha impedito la possibilità di celebrare messe in quel luogo, come auspicato da una potente lobby pseudo pacifista denominata Santa Claus Peace Council.

La stessa cosa è accaduta in un altro grande santuario ortodosso presente in Turchia: il Santuario di Sumelà nei pressi di Trebisonda. Qui si riuniscono ogni anno in occasione della Koimisis (Assunzione/Dormizione) di Maria alcune migliaia di greci figli di profughi o vittime dei massacri che in quell’area colpirono la fiorente civilità greca dei Pontii (dal Ponto Eusino: il Mar Nero). Quest’anno gli è stato persino impedito di cantare inni alla Vergine da una zelante direttrice del museo locale: museo che ha la semplice funzione di sottrarre al culto un luogo di grande richiamo religioso cristiano. Le immagini di questo squallido episodio sono riportate nel video qui sotto.
Ora, è chiaro che le ossa di San Nicola difficilmente potranno esser "restituite" a questi folli revisionisti della peggior specie. Tuttavia non c’è da stupirsi se in futuro appariranno nel museo di Antalya delle presunte ossa del Santo, al mero fine di alimentare il turismo crescente nella zona (già in quel museo sono custoditi presunti frammenti ossei del santo).
In una intervista apparsa sul quotidiano greco TO VIMA il 25 dicembre 2009 il Metropolita di Myra, Chrisostomos, ha spiegato in tal senso che San Nicola avrebbe dovuto essere un gigante, se ci si fermasse al gran numero di ossa e reliquie che gli sono attribuite nel mondo.
Il quotidiano greco fa notare tra l’altro che: “in molte occasioni le autorità turche hanno provocato problemi ed hanno vietato il compimento della liturgia nel giorno della sua memoria, il 6 dicembre, mentre contemporaneamente hanno cercato di creare dei propri riti per incrementare il turismo, fatto che ha fatto credere a qualcuno in Europa che il San Nicola che nacque a Patara nell’Asia Minore fosse un turco!”.
Simpatico paradosso che testimonia l’antistoricità favorita ed incrementata dalla Turchia (e in parte anche da qualche idiota barese che volle dipingere di marrone il volto della statua del Santo conservata a Bari, a voler significare la sua provenienza dalla “turca” Licia).
Chrisostomos non si è sbilanciato nell’intervista, ma ha voluto rimarcare la sua amicizia personale con il vice ministro della cultura turco, Ibrahim Saritas. Forse sarebbe contento anche il Metropolita di Myra se le ossa ritornassero lì? Chissà!

I rappoorti tra la Basilica di San Nicola e il Patriarcato Ecumenico

Certo che gli zelanti frati domenicani che custodiscono le ossa di San Nicola a Bari farebbero bene a ricucire i rapporti con i Greco Ortodossi ed il Patriarcato di Costantinopoli, invece di correr dietro soltanto ai Russi…

In nome, infatti, di un malinteso ecumenismo affaristico e politico è ormai da anni che i domenicani si dedicano all’organizzazione di ambasciate a Mosca, senza aver mai ospitato il Patriarca Bartolomeo (che pure visita spesso l’Italia ed è personale amico di Papa Benedetto XVI). Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo è infatti un'ulteriore vittima del nazionalismo turco, giacchè non è possibile per il Patriarcato ottenere il riconoscimento giuridico da parte del governo turco, non è possibile ottenere la riapertura della Scuola teologica di Chalki (chiusa nel 1974 a seguito dell'invasione turca di Cipro) e va, infine, ricordato che il Patriarca Ecumenico deve essere - secondo la legge turca del 1967 - cittadino turco! E deve essere eletto con il parere positivo del Ministero della Religione turco... Ciò in una città, Costantinopoli, nella quale la florida comunità greca è stata decimata, cacciata, espropriata, angariata negli ultimi 50 anni, riducendosi a poche migliaia di unità (ricordiamo il pogrom dell'8 settembre 1955, la legge sull'espatrio del 1967 e gli espropri del 1974, assieme ad altre norme restrittive e discriminatorie nei riguardi dei greci).
Inoltre come non constatare l’assurdità di una Basilica Pontificia nella quale non è possibile celebrare la Messa nella forma straordinaria per espressa volontà del Priore, Padre Damiano Bova (il quale a chi gli ha richiesto questa messa ha risposto di "andare a farsela dire dal Papa a Roma" aggiungendo di volere "il Vaticano III") mentre in cripta i russi ortodossi possono celebrare quotidianamente secondo la loro antica e solenne liturgia?
L’evidente arretramento cultuale e culturale dei Domenicani potrebbe forse agevolare l'azione di pressione del Ministro turco, magari coadiuvato da amici italiani della Turchia come il Premier, il Presidente della Camera e persino il parlamentare e imprenditore "con le mani in pasta" Francesco Divella, console della Turchia a Bari...

Ad ogni modo, ancora una volta non si smentisce l'adagio antico che bolla certe inaudite assurdità con l'epiteto: "cose turche"!

 
S_Daniele
00lunedì 4 gennaio 2010 14:34
Video che mostra l'intolleranza religiosa turca nel santuario ortodosso della Madonna di Soumelà - 15 Agosto 2009: la direttrice del Museo impedisce la celebrazione in nome della "musealità" del luogo di culto



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