La Chiesa cattolica vista dalla Russia

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Cattolico_Romano
00mercoledì 5 novembre 2008 18:21
La Chiesa cattolica vista dalla Russia

di Maksim Ševèenko

La Chiesa cattolica romana ha una lunga storia di relazioni con la Russia, storia a tre dimensioni: ecclesiastica, statale e civile.

In virtù del postulato cristiano della natura “ultraterrena” della Chiesa nei confronti di “questo mondo”, nel primo caso antagonista della Chiesa cattolica, in nome della quale opera la Santa sede, è la Chiesa ortodossa russa, in nome della quale opera il patriarcato di Mosca.

In virtù del fatto che il centro politico della Chiesa cattolica è sito sul territorio del Vaticano, soggetto di diritto internazionale, il suo antagonista politico è lo stato russo.

Esiste, infine, un fenomeno come il “cattolicesimo”, che racchiude in sé un complesso di miti civili e culturali collegati ai processi di autoidentificazione sia di coloro che agiscono in suo nome (e allora il concetto di “cattolicesimo” assume una sfumatura positiva), sia di coloro i quali agiscono come suoi avversari (e la sfumatura diventa negativa).

Antagonista del cattolicesimo in Russia è l'ortodossia, più precisamente l'ortodossia russa, intesa come complesso di tratti particolari, propri solo della Russia (e dunque autentici), della vita ortodossa.

Cercheremo di illustrare qui i fondamenti su cui si è formato l'atteggiamento che oggi si nutre in Russia nei confronti dei rapporti tra la Russia stessa e la Chiesa cattolica romana e il cattolicesimo in generale. Un atteggiamento determinato tanto dalla concezione del mondo dei vari gruppi sociali e politici, quanto dai processi politici avvenuti nel paese nel corso degli ultimi dieci anni. La religione gioca un ruolo sempre più importante nella vita sociale della Russia e le questioni religiose sono sempre più politicizzate. Perciò anche la concezione della Chiesa cattolica come organizzazione esclusivamente religiosa passa in secondo piano, e i rapporti con Roma sono analizzati nell'ambito di un complesso di problemi politici, tra i quali si annoverano:

- i rapporti con l'Occidente e l'Europa unita, in quanto una delle componenti di esso;

- la globalizzazione, l'universalizzazione dei flussi informativi e finanziari internazionali, compresi quelli che hanno attinenza con strutture religiose;

- il mutamento dell'assetto politico e sociale della Russia e l'edificazione di una società liberal-capitalistica al suo interno;

- le relazioni tra i principali popoli slavi che fanno parte dell'ex Urss (russi, ucraini, bielorussi).

Esistono inoltre altri aspetti non secondari dei rapporti russo-cattolici, molti dei quali connessi alle tradizioni storiche e culturali createsi nella percezione che l'Oriente ortodosso (soprattutto la sua parte slava) si è andato formando dell'Occidente cattolico (a cui si sovrappone l'aspro conflitto cattolico-ortodosso esistente all'interno del mondo slavo).

I miti sui rapporti reciproci

Sono questi un campionario di concezioni alla cui luce le parti, in veste di soggetti di dialogo o di conflitto, si scrutano reciprocamente.

Nei rapporti tra Russia e mondo cattolico queste concezioni si sono formate nel corso di un lunghissimo periodo. Sono il risultato di così tanti e drammatici eventi che per descriverli in dettaglio non basterebbero centinaia di ponderosi volumi. Ne elencheremo solo alcuni, che hanno esercitato un'influenza fondamentale sulla loro nascita:

- lo scisma della Chiesa cristiana universale nel 1054;

- l'inclusione dei principati russi nell'Orda d'oro;

- il ruolo particolare svolto dal clero ortodosso nell'affermazione di Mosca come centro politico di riunificazione delle terre russe;

- i tentativi di conciliazione politica delle Chiese intrapresi da Roma con l'Unione;

- il rifiuto di Mosca di accogliere il metropolita Isidor di ritorno dal Concilio di Firenze con l'annuncio dell'Unione, e la cacciata da parte dei suoi concittadini;

- le crociate (comprese quelle nelle terre slave);

- le guerre di religione dei secoli XVI - XVII;

l'occupazione di Mosca all'inizio del XVII secolo da parte delle truppe polacco-cosacche, il tentativo di elevare al trono russo un re cattolico e la guerra di liberazione nazionale del popolo russo all'insegna della difesa dell'ortodossia;

- la spartizione della Rzeczpospolita nella seconda metà del XVIII secolo e l'annessione all'Impero russo di ampi territori abitati da cattolici;

- le lotte di liberazione nazionali polacche, la loro repressione e la successiva politica di russificazione nei confronti di Polonia e Lituania;

- la politica dell'Impero russo volta a convertire all'ortodossia le popolazioni greco-cattoliche di Ucraina, Bielorussia e Polonia;

- le repressioni staliniane contro le popolazioni e il clero greco-cattolico e cattolico in Urss e nei paesi dell'Europa orientale;

- l'elezione del Papa polacco;

- il crollo del regime sovietico e l'adesione della classe dirigente politica dell'ex Unione Sovietica al nuovo corso di cooperazione politica con le classi dirigenti occidentali;

- la guerra nei Balcani alla fine del XX secolo.

I giudizi che di questi eventi storici dà l'opinione pubblica russa, l'utilizzo di questi giudizi per creare un'ideologia nazional-statale hanno dato origine a una serie di miti cruciali che determinano complessivamente l'atteggiamento della società russa nei riguardi della Chiesa cattolica e del cattolicesimo. Va precisato che al concetto di “mito” non si intende attribuire un significato negativo.

L'obiettivo in questa sede non è quello di fornire un'analisi critica di questi miti, ma di esporli nel modo più preciso possibile al fine di rendere chiara agli studiosi italiani la reale sostanza del problema.

L' “espansione cattolica” verso oriente

Uno dei miti più importanti è la convinzione che la Chiesa cattolica romana si ponga come compito storico principale la riunificazione delle Chiese ortodosse alla Santa sede.

Ai giorni nostri per realizzare questo obiettivo Roma non si ferma di fronte a nulla: dalla corruzione dei politici e dei mezzi di informazione di massa, alla infiltrazione nel sistema educativo russo e alla violenza dichiarata (si riporta l'esempio dell'Ucraina occidentale).

Forza d'urto dell'espansione cattolica sono i gesuiti: operando nelle terre ortodosse, essi creano comunità di cattolici costituite da elementi di popolazioni che non sono mai state cattoliche, svolgono propaganda contro l'ortodossia cercando di raffigurarla come una religione vecchia, inattuale.

Oggi Roma non ricorre più alla forza armata diretta per realizzare i propri piani espansionistici. L'espansione cattolica armata è una realtà del Medio Evo, quando veniva attuata con l'aiuto delle spedizioni militari degli eserciti cavallereschi, organizzate dai Papi contro le terre slave in maggior parte di religione ortodossa. Le terre ortodosse che in questa guerra venivano sconfitte sono poi diventate cattoliche.

Una reminiscenza storica cruciale per i russi è quella della quarta Crociata del 1204 e del saccheggio di Costantinopoli da parte dei cavalieri crociati. Nella mitologia ortodossa russa Costantinopoli è la capitale storica e per molti aspetti mistica del regno terreno ortodosso, l'origine da cui la Rus' ha visto la luce del cristianesimo. Le atrocità compiute dagli eserciti cattolici e l'assenso del papato a tali atrocità, la creazione dell'Impero latino s'impressero nell'immaginario ortodosso e per lunghi secoli sono stati il simbolo dell'aggressione della Chiesa cattolica contro gli ortodossi. E' proprio la devastazione di Costantinopoli ad impedire agli ortodossi di considerare una sorella la Chiesa di Roma.

Non minore importanza hanno le campagne militari dell'Ordine teutonico contro la repubblica di Novgorod, che si svolsero con la benedizione papale. Nella tradizione storica russa i cavalieri cattolici tedeschi sono definiti “cani”, e la vittoria che su di essi riportò il principe Aleksandr Jaroslav, poi denominato il Nevskij, è considerata uno dei momenti più importanti della storia russa.

L'importanza di questo evento consiste appunto nel fatto che il principe ortodosso Aleksandr, in seguito divenuto gran principe (rappresentante supremo delle terre russe di fronte al Gran Khan), sconfisse i cattolici che, secondo l'opinione generale, si proponevano di introdurre la fede cattolica nella Rus' e di sottometterla al Papa. I cattolici volevano sfruttare la debolezza dei principi ortodossi russi sopravvenuta in seguito alle incursioni dei mongoli.

Il principe Aleksandr Nevskij è uno dei maggiori santi collegati al culto dell'organizzazione statale imperiale russa. La sua venerazione come santo protettore delle armi ortodosse russe acquistò particolare diffusione all'epoca di Pietro I. Essa dimostra che la contrapposizione all'espansionismo cattolico è in Russia una questione che attiene non solo alla Chiesa, ma anche allo Stato. E per lo Stato, che storicamente risale proprio ad Aleksandr Nevskij, la tutela della fede ortodossa russa costituisce uno dei compiti primari.

continua.....

Cattolico_Romano
00mercoledì 5 novembre 2008 18:21

Il greco-cattolicesimo

Nella percezione dei russi il greco-cattolicesimo è un fenomeno unicamente negativo. I greco-cattolici non sono né ortodossi, né cattolici. Da una parte sono dei traditori dell'ortodossia. Dall'altra, dei cattolici non a tutti gli effetti. La situazione è complicata dal fatto che la maggior parte di essi, risiedente in paesi che rientrano nello spazio civile e politico della Russia, è slava. Dunque il greco-cattolicesimo è un doppio tradimento: dell'ortodossia e dell'essere slavi.

Secondo la profonda convinzione di molti russi, tutti gli slavi erano inizialmente ortodossi. Tale convinzione è suffragata dalla venerazione imposta dall'alto dei santi Cirillo e Metodio, definiti i precettori degli slavi: i due fratelli non potevano avere alcun rapporto con il cattolicesimo e predicavano l'ortodossia, dopo aver regalato agli slavi l'alfabeto. Il fatto che fossero in stretti rapporti con Roma, come quello che la loro predicazione sia avvenuta ancor prima dello scisma della Chiesa, non sono presi in considerazione.

Allo stesso modo si trascura di considerare che esistono slavi cattolici che usano l'alfabeto latino, conservano la propria natura slava e sono addirittura fautori del nazionalismo slavo (slovacchi, cechi, polacchi, sloveni, croati, ecc.).

La questione del greco-cattolicesimo è un'ingombrante reminiscenza storica, riflessa nella cultura e nella mitologia storico-statali.

Non si dimentichi che il rifiuto dell'Unione è stata una scelta di Mosca, allorché il metropolita Isidor, al rientro dal Concilio di Firenze venne cacciato dai suoi concittadini, appoggiati dal principe. Durante la messa Isidor aveva citato il Papa e i moscoviti avevano abbandonato la funzione, lasciandolo da solo in chiesa. Nella storia russa il metropolita Isidor è il simbolo del tradimento della giusta e santa causa.

Un esempio di quanto sia impossibile trovare una posizione comune sulla questione dell'Unione può essere rappresentato dall'atteggiamento verso la memoria di Iosafat Kunzevic. Secondo la tradizione cattolica, questo vescovo uniate è un santo martire, morto per l'unità della Chiesa universale, secondo quella ortodossa è un perfido persecutore degli ortodossi, giustamente ucciso dagli abitanti di Polozk.

Tipici sono in questo senso i tentativi odierni di giustificare l'operato di Stalin nei confronti dei greco-cattolici dell'Ucraina occidentale dopo la Seconda guerra mondiale. Il sacerdote Ioann Kobaljuk, ucciso dai partigiani dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini, è stato canonizzato dalla Chiesa ortodossa ucraina e in Russia i mass media di destra lo venerano come un santo caduto nella lotta contro la maledetta Unione.

Dunque, lo ripetiamo, il greco-cattolicesimo viene visto dalla tradizione ortodossa russa in modo decisamente negativo. Gli si conferisce senza dubbio una sfumatura politica e lo si considera non “un dialogo delle tradizioni per mantenere l'unità della Chiesa”, come si sforzano di definirlo alcuni teologi cattolici, ma uno strumento di sottomissione di tutte le Chiese ortodosse al potere del vescovo di Roma. Il che, s'intende, è incompatibile con l'ecclesiologia ortodossa.

I rapporti tra russi e polacchi

Le relazioni tra Russia e Polonia datano da lungo tempo e hanno un carattere molto intricato. Nella coscienza russa il cattolicesimo è praticamente associato al concetto di “polonismo”. Su cento russi cui si chieda di definire il cattolicesimo, novantanove risponderanno che i cattolici sono polacchi. Nella stessa Russia, quando si parla di cittadini cattolici, si sottolinea sempre che si tratta di polacchi o di loro discendenti. Ai russi torna difficile comprendere come si possa aderire al cattolicesimo se non si ha sangue polacco nelle vene.

La Chiesa cattolica è sacra per i polacchi, è il fattore più importante di autoidentificazione nazionale in quanto popolo slavo indipendente, appartenente per di più alla Chiesa cristiana mondiale. Per molti ucraini, bielorussi e russi (questi ultimi sono anzi, tra i suddetti popoli ortodossi, coloro che in minor misura hanno sperimentato il proselitismo cattolico), la Chiesa cattolica romana è simbolo di polonizzazione nella stessa misura in cui l'ortodossia dei Romanov era il simbolo della russificazione del “paese della Vistola”.

La repressione con cui San Pietroburgo soffocò la rivolta in Polonia è più recente della campagna condotta da Sapieha contro Mosca. Nella capitale russa i polacchi furono sconfitti, mentre la Russia imperiale occupò Varsavia. Nella storia del popolo polacco brucia ancora la ferita delle punizioni che Suvorov, Paskevic e Murav'ev inflissero alla Polonia. Ugualmente, nella memoria storica dei russi è vivo il ricordo di come le truppe polacco-cosacche misero a ferro e a fuoco la Russia centrale, si accanirono contro Smolensk (e dopo vi fondarono una diocesi cattolica), arsero Uglic e molte altre città.

Oggi la Russia dice addio al suo grande passato, in un processo doloroso. I polacchi, gli unici tra i popoli slavi che, oltre ai russi, vantino un trascorso imperiale, vi sono già passati. La Polonia non è più la Rzeczpospolita, né tornerà mai ad essere una grande potenza. La Russia non è più un impero, e dovrà rinunciare anche alle sue pretese di grandezza. Ripeto, solo i polacchi sono in grado di comprendere fino in fondo i sentimenti che animano i russi.

Nella coscienza di parte del popolo russo ortodosso la responsabilità per la decisione del Vaticano di creare diocesi cattoliche nel loro paese ricade sui polacchi: è una decisione percepita come un atto di aggressione, come il desiderio di sfruttare la debolezza della Chiesa locale. Il kostel (il termine polacco per chiesa) vuole diffondere la sua influenza sul mondo intero, e in particolare sulla Russia.

I polacchi considerano la Chiesa cattolica guidata dal Papa l'unica vera Chiesa sulla terra. Malgrado la political correctness oggi vigente, essi definiscono scismatici gli ortodossi, pregano e sognano la loro riunificazione alla Cattedra di Roma.

I polacchi credono fervidamente che l'espressione “chiese sorelle” sia valida soltanto in senso allegorico, ma che in effetti la Chiesa sia una sola, quella cattolica presieduta dal Papa. Le altre (quelle ortodosse in primo luogo) se ne sono solo temporaneamente distaccate, e i tempi della riunificazione non hanno importanza.

Dopo la decisione di creare delle diocesi cattoliche, molti credenti in Russia hanno pensato che il processo di riunificazione fosse iniziato. E la responsabilità di ciò, come sempre, l'hanno addossata ai polacchi.

Il fatto che la maggior parte dei rappresentanti del clero cattolico nella Russia attuale sia in un modo o nell'altro collegata alla Polonia (a cominciare dal metropolita Taddeusz Kondrusiewicz, capo dei cattolici russi), limita la concezione che i russi hanno della Chiesa cattolica a un ristretto ambito nazionale. E' tipico in questo senso che non si verifichino mai scandali sociali o politici connessi a vescovi tedeschi o a preti italiani. Se l'arcivescovo cattolico in Russia fosse un tedesco e non un polacco, l'asprezza del conflitto tra ortodossia e cattolicesimo sarebbe meno pungente.

La guerra jugoslava

La guerra in Jugoslavia dei primi anni Novanta, e soprattutto la sua fase iniziale (il conflitto tra serbi e croati) ha giocato un ruolo significativo nella creazione di un'immagine negativa della Chiesa cattolica romana in Russia. A pochi interessavano le autentiche ragioni del disfacimento della Federazione jugoslava, mentre la lotta sanguinosa per la Slavonia orientale e la guerra tra serbi e croati in venivano presentate dagli osservatori di destra russi come momenti di una guerra tra ortodossi e cattolici.

Nella mitologia neomonarchica (che costituisce un elemento importante dell'attuale autoidentificazione sociale e statale russa) i serbi sono raffigurati come fratelli slavi, autentici conservatori della fede ortodossa. Per essi la Russia ha combattuto contro l'Impero ottomano che odiava l'intero mondo ortodosso e opprimeva gli slavi balcanici. Per essi ha preso parte alla Prima guerra mondiale, che l'ha portata alla rovina e alla morte del “santo zar martire” Nicola II. Nel dopoguerra solo l'ortodossa Serbia (tra tutti i paesi dell'Antanta) ha offerto asilo ai reparti della Guardia bianca, sul suo territorio è stata creata la Chiesa ortodossa d'oltreconfine, distintasi per l'intransigente monarchismo e le dichiarazioni politiche di estrema destra.

L'Europa (soprattutto le cattoliche Italia e Austria) hanno sempre detestato la Serbia ortodossa. Sebbene la Federazione jugoslava fosse un paese governato dall'ideologia comunista, i serbi erano e sono tuttora i fratelli ortodossi dei russi.

Durante la Seconda guerra mondiale i croati cattolici collaborarono con i nazisti e sterminarono centinaia di migliaia di serbi ortodossi. In generale, l'unica differenza tra serbi e croati è la religione. Per il resto, è un unico popolo, con un'unica lingua. Ma i croati hanno tradito gli slavi accogliendo una fede non slava. Nella guerra per la Slavonia orientale, Dubrovnik o la Bosnia, la Chiesa cattolica ha usato i croati per escludere dall'Europa i serbi, per porli sotto assedio. Che questo sia il riflesso di processi reali lo dimostra la canonizzazione del cardinale Stepinac, responsabile del genocidio della popolazione ortodossa.

La storia della guerra serbo-croata dimostra, dal punto di vista dei russi patriottici, che lì dove è possibile la Chiesa cattolica passa dalle conferenze ecumeniche alle azioni belliche e che lo sterminio fisico degli ortodossi è il vero fine ultimo di Roma.

continua.......

Cattolico_Romano
00mercoledì 5 novembre 2008 18:22

Il problema del Papa

A un primo sguardo, il problema del Papa consiste nel fatto che è un polacco. In precedenza abbiamo preso in esame i rapporti con la Chiesa cattolica alla luce della storia russo-polacca. E il fatto che in Occidente, e soprattutto da parte dei mass media e della lobby polacca si sottolinei sempre appunto l'origine del Papa, non aggiunge simpatia all'immagine che della Chiesa cattolica hanno i russi.

L'attivismo del Pontefice, il suo costante desiderio di recarsi in Russia viene interpretato come un tentativo di forzare la situazione. Il Papa non può presentarsi a Dio senza aver reso conto alla Chiesa di essere stato il primo “vicario di Cristo” ad aver visitato Mosca.

Questa visita viene avvertita dalla maggior parte degli ortodossi solo come un tentativo di compiere un passo sulla strada della riunificazione della Chiesa ortodossa russa a quella cattolica. In che veste il Pontefice può visitare la capitale russa? Come capo della Chiesa universale? Secondo la credenza degli ortodossi, la Chiesa universale non ha un capo terreno. Come vescovo di Roma? Non l'accetterebbe neppure lo stesso Papa.

E' possibile che vi si rechi come capo dello Stato Vaticano. Ma è chiaro che sarebbe solo un espediente politico per nascondere il vero fine della Santa Sede: la cattolicizzazione della Russia.

La stampa ortodossa scrive cose tremende sul Papa. Lo definisce Anticristo, ateo, lo schernisce, lo detesta apertamente. L'isteria patriottica ha raggiunto il culmine nei giorni della visita di Giovanni Paolo II in Ucraina. E' interessante notare che in quell'occasione anche i mass media ufficiali hanno dato un'immagine negativa del capo della Chiesa cattolica, sebbene non per ostilità nei suoi confronti da parte dei politici russi, ma per il desiderio di premere politicamente sull'Ucraina.

Il disquisire sulle probabilità del “viaggio del Papa” è solo un pretesto per mettere tutti gli accenti al posto giusto nel campo ideologico russo.

La questione del proselitismo

Il tema del proselitismo cattolico, cioè del sottrarre credenti ortodossi in territorio russo per indirizzarli alla fede cattolica, non smette di risuonare nelle dichiarazioni del Patriarca Aleksij II e degli altri gerarchi della Chiesa ortodossa russa. Ciononostante non si registra alcun evidente aumento non dico del numero dei fedeli, ma neppure delle parrocchie cattoliche.

Secondo i dati statistici, la confessione non ortodossa che in Russia rivela la crescita più dinamica è il protestantesimo, e più di tutti negli ultimi dieci anni è aumentato il numero delle parrocchie pentecostali. Tuttavia, malgrado la generale mancanza di simpatia degli ortodossi per i protestanti, questi non sono avvertiti dalla coscienza mitizzata come parte della civiltà occidentale “antirussa”, ma sono catalogati sotto la definizione familiare e comprensibile di “settari”.

Tra l'altro negli ultimi anni le chiese protestanti, prevalentemente quelle americane e quelle coreane ad esse collegate, hanno rovesciato sulla Russia centinaia di milioni di dollari a fini predicatori e missionari.

Forse il problema è che i protestanti, non avendo un episcopato distinto, canonico, non sono percepiti dagli ortodossi come concorrenti pericolosi nel proprio spazio politico. I fedeli ortodossi sono abituati a fare sempre riferimento ai vescovi e i vescovi, a loro volta, si sono convinti che la Chiesa sia lì solo dove esiste un episcopato canonico. Tutti sanno che i cattolici possiedono la “grazia episcopale”, a differenza dei protestanti, per cui anche la responsabilità di quest'ultimi è minore. Il clero cattolico agisce sullo stesso “terreno” di quello ortodosso - perciò “risalta” di più - mentre i predicatori protestanti con i loro vescovi si disperdono nella massa dei semplici cittadini, che i gerarchi non sono avvezzi a osservare con attenzione.

Quando il Patriarca parla di proselitismo, si riferisce non all'aumento del numero dei fedeli, ma alla presenza di vescovi e preti cattolici in Russia. A causa della politicizzazione e dell'alto grado di clericalizzazione delle due Chiese (ortodossa e cattolica), le loro gerarchie non considerano i fedeli un fattore essenziale di influenza interna. Per il patriarcato l'esistenza di parrocchie (cioè di particolari centri clericali) conta più di un grande numero di fedeli. Proviamo a immaginare che in Russia, con un colpo di bacchetta magica, domani non ci sia più neppure un vescovo o un prete cattolico, e il numero dei fedeli aumenti improvvisamente fino a venti milioni. Allora, anche le accuse rivolte dal Patriarca alla Chiesa cattolica cesserebbero di colpo, come per incanto.

Egli smetterebbe semplicemente di notarla.

La questione dell'Ucraina

Qui l'opinione è univoca: in Ucraina si assiste a un chiaro esempio di espansione cattolica ai danni dell'ortodossia. Come prova vengono sempre riportati i fatti delle cosiddette violenze contro i seguaci del patriarcato di Mosca nell'Ucraina occidentale. Il Patriarca sostiene che nella provincia di Lvov e in altre regioni di questa parte del paese i greco-cattolici hanno annientato l'ortodossia ricorrendo ad aperte azioni semi-militari.

Ma non si parla mai della presenza in queste stesse regioni e diocesi delle migliaia di parrocchie ortodosse non sottomesse a Mosca e che fanno parte della Chiesa ortodossa autocefala di Ucraina soggetta al Patriarca universale, e della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev con a capo il Patriarca Filaret (Denisenko), ex influentissimo gerarca di Mosca, uno dei principali pretendenti alla cattedra patriarcale alle elezioni del 1990.

Se si sommano tutte le parrocchie ortodosse nell'ovest dell'Ucraina, si può vedere che il loro numero continua ad essere significativo, malgrado il passaggio di molte di esse al greco-cattolicesimo all'inizio degli anni Novanta. Talmente significativo che parlare della scomparsa dell'ortodossia in questa regione è proprio impossibile.

Il viaggio di Giovanni Paolo II in Ucraina nell'estate del 2001 ha suscitato una raffica di proteste da parte del patriarcato di Mosca. La principale accusa rivolta al Papa sosteneva che egli si fosse recato in Ucraina senza il consenso della Chiesa canonica del patriarcato di Mosca, spacciato il consenso degli “ortodossi ucraini”. Poiché le altre due Chiese ortodosse di Ucraina non sono riconosciute da Mosca, la loro opinione (essendo positiva) è trascurabile. Così come è trascurabile il fatto che i cattolici e i greco-cattolici, figli della Chiesa cattolica romana, oggi sono una percentuale notevole sul totale degli ucraini cristiani.

In generale si può constatare che la questione religiosa viene troppo scopertamente sfruttata dallo stato russo per intromettersi negli affari interni dell'Ucraina. Sulla “situazione degli ortodossi” nell'Ucraina occidentale addirittura il Ministero degli esteri russo ha tentato di avanzare delle interpellanze. Su richiesta del patriarcato di Mosca, naturalmente.

La chiesa cattolica come “organo della globalizzazione”

Uno dei miti più tenaci negli ultimi tempi è quello della Chiesa cattolica come organo della globalizzazione mondiale. In genere la globalizzazione (o il globalismo), descrivere la quale in Russia sono in pochi a poterlo fare, ha assunto i tratti di uno spauracchio politico universale. Tutte le sue forme sono cattive, dietro di essa si nasconde niente di meno che l'Anticristo.

La Chiesa cattolica nella tradizione popolare russa è sempre stata associata al nome dell'Anticristo, con il Papa considerato suo rappresentante, vice. Nella moderna mitologia politica dei patrioti ortodossi le favole popolari si sono bizzarramente intrecciate alla Leggenda del Grande Inquisitore di Fëdor Dostoevskij.

Globalizzazione significa unificazione della ritualità ecclesiastica, sottomissione a un unico governo mondiale, nel senso della chiesa ad un unico sommo Sacerdote romano. Quando la Chiesa sarà riunita in modo visibile, terreno, contrariamente alla tradizione ortodossa della autonomia di ciascuna parrocchia di distretto, allora giungerà il “nemico dell'umana stirpe”.

Ma gli ortodossi non si accorgono che lo stesso Patriarca da tempo si è trasformato ai loro occhi in una figura simile al Papa. Si oppongono alla autocefalia dell'ortodossia ucraina, al principio del “uno stato, una chiesa”, alla tesi universale ortodossa dell'unità dei cristiani non nell'“apparato amministrativo clericale”, ma nella professione di fede.

Il potere russo e la Chiesa cattolica

Il rapporto che il presidente russo ha con Dio è sempre al centro dell'attenzione dei mass media. I giornalisti si chiedono ansiosamente quanto sia sincera la religiosità dimostrata da Vladimir Putin, se ci sia un prete confessore a cui la prima carica dello stato russo affida i suoi pensieri reconditi e racconta i propri peccati.

I mezzi di informazione di massa dei paesi cattolici, e soprattutto della Polonia che già ha visto Putin ospite del proprio presidente, si interessano in modo particolare alle relazioni che intercorrono tra il presidente russo e il sommo Pontefice che, secondo la credenza dei cattolici, è il vicario di Dio sulla terra.

Cominciamo da questo secondo punto.

Tra le informazioni affidabili riguardanti i rapporti tra Putin e il Papa, possiamo basarci solo sui comunicati riguardanti la visita in Vaticano compiuta dal leader russo nell'estate del 2000.

Allora ai giornalisti è stato riferito che nel corso dell'incontro “erano stati discussi i problemi della corsa agli armamenti e del terrorismo internazionale”. E' stato loro detto che “Giovanni Paolo II aveva espresso la sua preoccupazione per la situazione nel Caucaso settentrionale, condannando il ricorso alla violenza e esprimendo il suo auspicio per una rapida e pacifica soluzione del conflitto ceceno ”. Egli aveva cioè toccato apertamente i temi più spinosi per il Cremlino dimostrando, dall'alto della propria autorità spirituale, di avere diritto di condurre il discorso non come dettato dal protocollo diplomatico, ma come da egli stesso ritenuto necessario.

Malgrado ciò, il colloquio si era svolto “in un'atmosfera cordiale e amichevole”. Alla fine il Papa aveva “concesso la sua benedizione a Putin ”.

Questa benedizione ha avuto grande importanza per il mondo cattolico, dimostrando chiaramente le simpatie del Pontefice per il giovane presidente della Russia.

E il capo dello stato russo come si è comportato?

Durante il colloquio, Putin ha parlato con Giovanni Paolo II come con un anziano genitore. Gli ha mostrato un elegante album di immagini del Cremlino e gli ha presentato i politici russi che lo accompagnavano con un leggero velo di ironia: “E questo è il sindaco di Mosca, che Lei conoscerà…”.

Ma cosa ne pensa veramente Putin del cattolicesimo e del Papa?

Torniamo al tema della religiosità del presidente russo.

Un anno e mezzo fa, in un'intervista rilasciata al giornalista della Cnn Larry King, Putin ha eluso la domanda sulla propria religiosità affermando di “credere nell'uomo”. Però Vladimir Putin non manca di compiere pellegrinaggi in diversi monasteri, di attendere alle lunghe funzioni religiose ortodosse e, come riportano alcuni quotidiani, di “osservare il digiuno”. Si può combinare la rigida osservanza della fede ortodossa e del suo totale rimettersi a Dio, con la fede umanistica nelle risorse dell'uomo?

Prima di rispondere a questa domanda, si ricordi che Putin proviene dalle strutture elitarie dell'ex Kgb. Questa organizzazione che un tempo ha fatto inorridire il mondo aveva una peculiarità: i suoi collaboratori (soprattutto in epoca brezneviana) credevano poco nel socialismo e nel comunismo, sostituendo a questa fede la devozione all'organizzazione (o, come essi dicevano, all' “ufficio”) e ai principi imperiali della “grande Russia”.

Insomma, nel loro ambiente si è creato un tipo di autocoscienza che può essere paragonato a quello dei membri degli ordini cavallereschi dei monaci medievali. Lo spirito di casta, la riservatezza, la divisione tra “interni e esterni”, la fedeltà all'organizzazione, il sistema gerarchico di comando e così via. Ci mancava solo un riempimento ideologico che rendesse l'esistenza di una simile struttura essenziale non solo nel contesto del progetto comunista (nella cui forza nessuno credeva più già alla metà degli anni Settanta), ma anche in quello della storia mondiale e lo traesse fuori dal vicolo cieco postsovietico.

L'ideologia formatasi sulla base del cristianesimo (sia pure orientale, ortodosso) ha consentito agli ex adepti dell' “ordine nero del Kgb” di sentirsi non semplici ingranaggi della macchina punitiva imbrattatasi in passato del sangue di innocenti, ma dei riformatori che hanno posto la struttura universale del Kgb al servizio della civiltà europea, dei valori europei.

E in questa visione del mondo si combinano alla perfezione l'umanesimo europeo tradizionale e il principio civilizzatore cristiano.

I fuoriusciti cristianizzati del Kgb (e Putin tra loro) vorrebbero essere in Russia una sorta di “cristiani cattolici al di fuori della Chiesa”, una specie di “nuovi templari”. Essi conoscono troppo bene l'importanza del patriarcato di Mosca. Sanno che oltre al Patriarca e a due-tre dirigenti del grado più alto, nessuno può impersonare “la potenza della Chiesa”. E questo è troppo poco per le ambizioni delle nuove classi dirigenti russe.

Ancor meno significativi per personaggi come Putin o Sergej Ivanov sono i semplici preti, che nella maggior parte dimostrano di non essere pronti a lanciarsi nell'arena della civilizzazione cristiana, e di nutrire invece un desiderio xenofobo di rinchiudersi nel proprio angoletto. Per questo i discorsi sui “confessori” che influenzerebbero il presidente possono essere senz'altro considerati niente più che un goffo tentativo di pierre della compagnia. L'unico interlocutore del clero ortodosso agli occhi di Putin è il Patriarca. Ma costui non è per il presidente un capo spirituale, bensì solo una persona di grande rispetto.

Invece il grandioso edificio internazionale del cattolicesimo romano con la “luminosa” figura del Papa al suo vertice è molto più conforme allo spirito dell'ordine. Agli occhi di Putin, il Papa è associato ai maggiori poteri mondiali.

Lo scisma delle Chiese, la contrapposizione delle dottrine sono temi lasciati alla discussione interna di elementi marginali, con cui le nuove élites russe non intendono avere a che fare.

Anche noi possiamo audacemente supporre che le simpatie del presidente russo e del suo entourage nei confronti dell'ordinamento mondiale cattolico, impersonificato dalla figura del Pontefice, possano in futuro avere uno sviluppo politico di grandi dimensioni.

(Traduzione di Flavia Sigona)

Giugno 2002

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