Eretiche le dichiarazioni attribuite al Vescovo Emerito di Foggia: "va rivisto il divieto di comunione ai divorziati". Vogliamo rivedere anche il Mistero dell'Incarnazione di Cristo nella Santa Eucaristia?
Ci lasciano basite dichiarazioni attribuite dalla Gazzetta del Mezzogiorno al Vescovo Emerito di Foggia, in merito alla Dottrina sulla Santa Eucaristia e sul caso Berlusconi. Citiamo, a seguire, le presunte dichiarazioni attribuitegli ed in fine commenteremo le suddette rifacendoci alla Dottrina ed a quanto di immodificabile ci tramanda da circa 2000 anni la Santa Romana Chiesa. << ROMA - Va "rivista" la norma che vieta ai divorziati di ricevere la comunione. La proposta arriva nientedimeno che da un vescovo, monsignor Giuseppe Casale che, interpellato sulla polemica sorta dopo che il presidente del Consiglio ha ricevuto la particola ai funerali di Raimondo Vianello, afferma: "attualmente l’eucaristia è vietata a chi è divorziato ma si tratta di una norma che andrebbe rivista. E non tanto - afferma all’ADNKRONOS il vescovo emerito di Foggia - per un allargamento lassista ma perché, una volta che una persona anche divorziata abbia ...
... intrapreso un cammino penitenziale, non ha senso escluderlo dalla vita cristiana".
Il presule cita il caso della chiesa ortodossa orientale. "Qui già si prevede che un divorziato che si risposi e abbia capito gli errori, possa essere riammesso alla comunione. Il che - ripete mons. Casale - non significa che dobbiamo allargare le maniche ma non possiamo nemmeno inibire ai divorziati la vita cristiana. E così, al termine di un cammino penitenziale, si dovrebbe certamente essere riammessi".
Quanto al caso specifico del premier Berlusconi che ha ricevuto la comunione, mons. Casale è molto chiaro: "il parroco mica poteva cacciare il presidente o chiunque egli fosse. Ma non perché si trattava del premier - sente di dover precisare il presule - semplicemente parchè il prete non può fare un gesto discriminatorio che avrebbe creato scandalo. Piuttosto, Berlusconi si doveva astenere dal fare la comunione: con la sua azione non si è comportato da cristiano coerente".
Secondo mons. Casale, "tutt'al più il sacerdote avrebbe dovuto fare capire alla persona che era un gesto sbagliato, da non farsi". >>
Invitiamo, sempre se quanto dichiarato corrisponde al vero, il Vescovo Emerito a ricordare che vi sono norme puramente disciplinari o pastorali che possono essere riviste, riformate od abolite (sempre con il dovuto discernimento ed ovviamente solo dalla Santa Sede): come ad esempio se la chiesa volesse modificare l'età minima per l'ordinazione sacerdotale. Ci sono, invece, norme disciplinari che hanno base nel Depositum Fidei, cioè si basano sulla Fede immutabile ed irreformabile della Divina Rivelazione: come ad esempio il fatto che per celebrare in modo valido la Santissima Eucaristia bisogna utilizzare la stessa sostanza utilizzata da Gesù Cristo, ovvero il pane ed il vino ( ... e non come fanno i Neo Catecumenali che utilizzano, e lo dico ironicamente, pan di spagna e succo d'arancia ... ). Per cui se ad esempio un Sacerdote celebrasse usando altri alimenti non solo disobbedirebbe ad una norma del Diritto Canonico, ma peccherebbe anche contro la fede, per cui la norma non potrebbe mai essere rivista, neppure dalla Santa Sede stessa.
Citando il Catechismo della Chiesa Cattolica: 1650 Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”: Mc 10,11-12 ), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.
E' pur vero, come recita sempre il Catechismo della Chiesa Cattolica, che costoro non sono mai abbandonati dalla Chiesa: 1651 Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati:
"Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 84].
La Santa Comunione e le Leggi divinamente trasmesse, sono intoccabili. Concludiamo questo breve editoriale chiedendo giustificazioni da parte dell'Emerito Mons. Casale, per lo meno come segno di ravvedimento e di rispetto nei confronti dei Cattolici Credenti come noi. Grazie
Carlo Di Pietro
www.pontifex.roma.it