La riforma della riforma scelta o obbligo?

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enricorns
00sabato 16 gennaio 2010 13:30
Lo scopo primario del Motu Proprio Summorum Pontificum è noto: fare in modo che la messa tradizionale possa essere celebrata in tutte le parrocchie nelle quali se ne faccia domanda. Il MP non si potrà considerare veramente applicato fin quando, nella cattedrale di Milano o di Bari, in quella di Cagliari o di Trieste, non si potrà assistere alla messa domenicale delle 10 celebrata nella forma ordinaria e a quella delle 11 nella forma straordinaria (o viceversa).


Allora si parla di coesistenza delle forme.

Di, come si era gia detto, scelta, anzi di richiesta (domanda).

Quale delle due forme è considerata staordinarie e quale ordinaria?
S_Daniele
00sabato 16 gennaio 2010 14:32
Commento per prima il titolo del Trhend:


La riforma della riforma scelta o obbligo?



Certamente obbligo, è venuta l'ora che si applichi la COSTITUZIONE CONCILIARE SACROSANCTUM CONCILIUM SULLA SACRA LITURGIA, anche se è purtroppo un documento pur sempre ambiquo, fino ad oggi però non è stato applicato e dato che si dice sempre che il Vaticano II non è indiscussione (leggasi Lombardi) allora lo si applichi oppure lo si mette seriamente indiscussione.
Il N.O. non applica il decreto conciliare ma è andato ben oltre quel decreto.


Allora si parla di coesistenza delle forme.



Si, ma io preferirei che si applicasse il decreto conciliare che prevede il messale prevalentemente in latino con tanto di gregoriano e solo alcune parti in lingua volgare, in questo modo non c'è più bisogno di due messali, uno ne basta, d'altronde qualcuno dimentica che noi siamo la Chiesa Cattolica di rito Latino, ma se quest'ultimo non c'è qual'è la nostra vera identità?


Di, come si era gia detto, scelta, anzi di richiesta (domanda).



Si, ma non sufficiente, questo è un atteggiamento molto prudente, come sè il chiedere il rito latino sia un favore o un privilegio mentre invece dovrebbe essere normativo, si dimentica infatti che è la messa di sempre.


Quale delle due forme è considerata staordinarie e quale ordinaria?



Tutto dipende da cosa si intende per l'aggettivo "straordinario".
Straordinario nel senso di: "Tu sei straordinario" quindi indica una natura di bellezza, una natura migliore.
Oppure straordinario nel senso di evento raro: "quella vittoria è stato un caso straordinario".
Io sono propenso per la prima, anche perchè non si comprende come una liturgia che fino agli anni settanta era da sempre celebrata divenga dopo un evento straordinario, tu mi dirai che è ipso facto avvenuto, ma non per la natura del rito ma per mefasti gesti di taluni che hanno approfittato dello "spirito del Concilio" e di un Papa che non ha saputo fare il Papa, cioè Paolo VI, per non parlare del Concilio stesso che ha tradito la sua preparazione fatta da Giovanni XXIII nel Sinodo di Roma, ti consiglio di acquistare e leggere il libro di Romano Amerio; Iota Unum, almeno ti renderai conto di ciò che è avvenuto dal Concilio ad oggi.

"L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini" (Sacrosanctum Concilium, n. 36). Più avanti, i Padri raccomandano: "Si abbia ( ... ) cura che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'Ordinario della Messa che spettano ad essi" (n. 54). Più avanti ancora, nello stesso documento: "Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell'Ufficio divino la lingua latina " (n. 101).
E si potrebbe andare avanti...
Mi si dice quando è stato applicato tutto ciò?
Non è stato applicato, ergo è stato tradito il Concilio Vaticano II.
enricorns
00sabato 16 gennaio 2010 15:05
Tutto dipende da cosa si intende per l'aggettivo "straordinario".
Straordinario nel senso di: "Tu sei straordinario" quindi indica una natura di bellezza, una natura migliore.
Oppure straordinario nel senso di evento raro: "quella vittoria è stato un caso straordinario".


Dunque lo straordinario è opinabile, è sceglibile, è aproprio giudizio, visto che non se ne deduce dalla citazione-


In tal caso ritengo staordinario l'attuale ordinamento e finchè mi sarà data possibilità di scelta lo farò, qualora poi mi sarà imposto la forma ordinaria mi asterrò dal partecipare, dato che non ritengo opportuno partecipare a ciò che non comprendo.
iyvan
00sabato 16 gennaio 2010 16:32

Scusate, ma qualcuno ricorda il tempo in cui la S. Messa era rigorosamente in latino e la gente, oltre a storpiarlo in modo orrendo, non capiva un'acca di ciò che udiva o diceva?
Oggi non sarebbe affatto diverso.La ritualità è una cosa, la lingua un'altra, e non vedo quindi il motivo perchè il rito latino non possa continuare ad essere seguito nella lingua che si conosce, che oggi è alquanto anacronistico considerare "volgare".
La lingua latina può forse appagare una ristretta cerchia nostalgica, ma rimane sempre una lingua morta il cui uso potrebbe anche evidenziare un distacco tra il celebrante e chi non è in grado di capire.
Anche il solo mantenere le due possibilità dà l'inpressione di voler differenziare una certa èlite in grado di seguire la Messa in latino rispetto alla massa che non sarebbe in grado di seguirla. Non vi sembra di ravvisare una sorta di classismo che potrebbe anche risultare un po' mortificante per i secondi?
Non risulta che Gesù o Maria, manifestandosi a certi mistici, abbiano mai parlato in aramaico o in latino.
Per quanto mi riguarda personalmente, la S. Messa potrebbe anche essere celebrata in aramaico. Vorrà dire che io pregherò per conto mio nell'idioma che conosco.

enricorns
00sabato 16 gennaio 2010 16:46
Accordo con quanto afferma Iyvan.
Gabbianella1.
00sabato 16 gennaio 2010 20:44
Anch'io la penso come Iyvan.
Anche se credo che rispolverare il latino nn sarebbe male.
enricorns
00sabato 16 gennaio 2010 21:32
Brava Cri. Salvato capra e cavoli
Gabbianella1.
00sabato 16 gennaio 2010 21:37
A me piaceva....
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 06:51
E' interessante notare come la cattolicità di alcuni, e non pochi, vien meno.
Oramai il soggettivismo è diventato padrone dei nostri pensieri sopraffacendo il fondamento stesso della fede cattolica che si fonda sulla communio e questa sulla autorità che governa la communio, questo è il fondamento della fides et ecclesiam, non di certo il soggettivismo che è fondamento del protestantesimo che con Lutero trasferì l'autorità dall'autorità al singolo.
Se ritorna il latino io non vado più a Messa, perchè Io, è sempre l'Io, vado dove mi piace e capisco, perchè Io devo capire, come se sareste nell'impossibilità intellettiva nel poter comprendere, evidentemente gli Ortodossi che da sempre celebrano il rito bizantino, cioè in greco, fino ad oggi celebrano senza capire un h, o forse sono più intelligenti di noi.
Mi si parla di anacronismo, come se la fede e la Chiesa fosse un prodotto del tempo e deve mutare nel tempo, questa è per l'appunto la svolta antropologica dei modernisti, peccato che la Chiesa è per sua essenza anacronistica essendo metastorica.
La Chiesa nella quale noi diciamo di appartenere è per l'appunto di rito Latino, e non sarà un caso che è la lingua della Chiesa, tale lingua sarà morta per il mondo che muta in continuazione, per il mondo è morto pure Dio, se è per questo!
Ma la Chiesa non fa parte del mondo, la Chiesa è fuori dal mondo e non segue le mode e i costumi di quest'ultimo.
Gli ortodossi, anch'essi sparsi in tutto il mondo, pur parlando le lingue volgari dei loro paesi di appartenenza, la Messa la celebrano nella lingua madre, la lingua greca.
Gli Ebrei per duemila anni pur essendo sparsi per tutto il globo e parlando le lingue delle nazioni in cui erano sparsi, il sabato in sinagoga celebravano in ebraico, questo modus operandi, a differenza di quello che potete pensare ha fatto sì che mantenessero la propria identità culturale e religiosa oltre che nazionale.
Per certi cattolici questo non deve succedere, dobbiamo conformarci al mondo, perchè l'Io non comprende ciò che dice o ascolta, ma questo sarebbe un problema superficiale dato che basterebbero dei libretti con a destra l'italiano e a sinistra il latino.
La Chiesa Cattolica insieme a quella Ortodossa, si è sempre contraddistinta dall'universalità della sua fede e della sua liturgia, che poi è l'espressione della sua fede (lex orandi lex credendi), il popolo cattolico, prima del Vaticano II, parlava una sola lingua enunciando una sola fede.
Oggi invece, grazie ad alcuni massoni che operarono per tale riforma, il popolo cattolico parla più lingue e purtroppo più fedi (vedasi episcopato Francese, Olandese, Belga e parti dell'Italia), ed è strano come tutti questi, compresi Enrico, si rifacciano al Vaticano II quando questo non dice nulla su queste riforme.
Cosa poi c'entrano le manifestazioni private di Gesù con la liturgia della Chiesa (al singolare e non al plurale, ergo non liturgie ma liturgia) è del tutto fuori luogo e ci sta come i cavoli a merenda, dato che la Liturgia è fonte di vita perpetua non mutabile nella sostanza e anche in molte parti accidentali, ed è per l'appunto non solo espressione visiva della fides ma è dogma della fides, mentre le cosidette rivelazioni private di per sè non obbligano ne vincolano nessun credente ne tanto meno la Chiesa.
Con tutto il rispetto che ho verso Iyvan, da lui mi posso pure aspettare risposte del genere dato che non ha mai nascosto le sue idee eterodosse che non collimano con la fede cattolica, ma da Enrico che si rifà all'autorità della Chiesa e alla sua ortodossia certi discorsi non li accetto dato che sono palesementi protestanteggiati; o la Chiesa fa come la vedo io oppure non ci vado più.
Il dire poi; Scusate, ma qualcuno ricorda il tempo in cui la S. Messa era rigorosamente in latino e la gente, oltre a storpiarlo in modo orrendo, non capiva un'acca di ciò che udiva o diceva?

Sicuramente molti non capivano anche a causa di un numero maggiore di analfabetismo, ma questo problema era risolvibile sia con la lotta all'analfabetismo sia con una catechesi maggiore per chi doveva e voleva conoscere la liturgia.
Oggi invece si parla la lingua della maggioranza e lo stesso non solo non comprende ma nemmeno in Chiesa si và, cioè si è peggiorato, e come disse Gesù; l'albero si vede dai suoi frutti, e i frutti di queste riforme sono palesi a tutti, chi non vuol vedere è perchè è accecato dal proprio io.
Infine il Vaticano II aveva previsto l'inserimento della lingua volgare in determinati spazi liturgici e l'omelia era da sempre detta nella lingua volgare, quindi comprensibile a tutti.
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 07:03
Vi lascio con questa riflessione di Patrizia Stella:

LETTERA APERTA SUL “MOTU PROPRIO” DEL PAPA
di Patrizia Stella
Il Centro Cultura Cristiana di Verona, a nome di molti cittadini veronesi, vuole ringraziare S. Ecc. Mons. Marco Agostini, della Segreteria di Stato Vaticano che ha difeso con estrema chiarezza, in una lettera aperta ai vari giornali la perenne validità della Liturgia latina, come da invito di Papa Benedetto nel “Motu Proprio Summorum Pontificum”.
È vero che dai nostri pulpiti ha fatto eco un rigoroso silenzio, purtroppo, se non addirittura una palese ostilità, come se stesse per avanzare un grave pericolo per tutta la cristianità, a tal punto che lo stesso Monsignore si chiede, esterrefatto, il perché di questo accanimento contro il messale antico che alimentò la santità di milioni di credenti per interi secoli, ed Egli stesso offre la sua stupenda esperienza vissuta in alcuni monasteri benedettini le cui meravigliose liturgie antiche sembrano aprire anzitempo la strada del Paradiso.

Ebbene, al di là della reazione indifferente se non ostile di buona parte del Clero, come detto, è pur vero che la gente comune non si spiega il perché della necessità di un ritorno alla lingua latina quando è più facile capire la nostra! Ma la questione non è propriamente o solamente nella lingua, è ben più di questo, a maggior ragione perché il rito riformato nel 1962 dal Beato Giovanni XXIII (quello che Papa Benedetto vuole ripristinare) prevede le letture in lingua vernacola, cioè della propria Nazione, suddivise in anni per facilitare la lettura di quasi tutto il Vecchio Testamento in un triennio circa. Non si tratta solo di un ritorno al latino, che già sarebbe auspicabile, essendo lingua ufficiale della Chiesa, che accomuna le preghiere di tutti i popoli del mondo in un’unica invocazione a Dio, come accade ad esempio nei grandi pellegrinaggi quando si recita con emozione il “Pater Noster” accanto ai nostri fratelli dell’Asia o dell’Africa. È di più!
Premettiamo che noi abbiamo sempre seguito ed accolto tutte le riforme della Chiesa nelle sue direttive e nei suoi Concili perché non facciamo parte dei cosiddetti “tradizionalisti”, ed è con la stessa disponibilità e apertura d’animo che adesso vogliamo accettare di buon grado l’invito di Sua Santità Benedetto XVI teso a rivalutare il rito antico, per recuperare la memoria e la ricchezza spirituale delle antiche preghiere liturgiche che hanno nutrito la vita spirituale di milioni di Santi per interi secoli. Non ci può essere frattura, ma continuità. Cerchiamo di evidenziare alcuni punti:

IMPORTANZA DEL RITO, DELL’ARREDO E DELLA POSIZIONE DEL CORPO.

Nel rito latino sia il celebrante che il popolo si rivolgono innanzitutto a Dio, e non all’assemblea, in ginocchio, in un gesto di profonda adorazione, dove tutti sono invitati a guardare al Tabernacolo e non al celebrante. Tanto meno danno le spalle a Cristo come accade in molte chiese dove le sedi dei celebranti sono poste addirittura sull’altare maggiore, davanti allo stesso Tabernacolo, come se le Specie Eucaristiche fossero uno dei tanti arredi della Chiesa e non lo stesso Cristo presente vivo e vero, davanti al quale è doveroso assumere un atteggiamento di profondo rispetto e adorazione (vedi Sacramentum Caritatis n. 69). Senza dire di quelle chiese dove sono stati sostituiti i banchi, solitamente di ottima fattura artigianale, con delle orribili sedie di plastica da cinema di periferia, costringendo i fedeli a non inginocchiarsi mai, e a comportarsi come se fossero a teatro, con battimani, interventi personali e animazioni varie. Ben vengano i giovani con le loro chitarre e canti gioiosi ma in qualunque altro momento e circostanza, magari prima e dopo la Messa.

PREGHIERE DI RIPARAZIONE, SUPPLICA E RINGRAZIAMENTO.

Le preghiere latine sono speciali, penetranti, intraducibili in altre lingue, ed hanno un particolare potere anche di esorcismo contro le insidie del diavolo, oggi così scatenato in questa società violenta e trasgressiva. I nostri vecchi, anche se non colti, le sapevano tutte a memoria, e ne penetravano anche il significato più profondo, perché il Signore elargisce ai semplici i Doni dello Spirito Santo, “la Scienza, la Sapienza, l’Intelletto… ecc.” che hanno il potere di illuminare la mente e far gioire il cuore nel comprendere la maestà e la bontà di Dio nostro Padre e nel discernere il bene dal male.

RECUPERO DEL SENSO DEL MISTERO.

In realtà la Santa Messa è Mistero, cioè mai si capirà pienamente come il pane diviene Corpo di Cristo, e il vino diviene il Suo Sangue, Sacrificio offerto sulla Croce per la nostra salvezza. “Nella liturgia della Chiesa, Cristo significa e realizza principalmente il proprio Mistero pasquale. Donando lo Spirito Santo agli Apostoli ha concesso loro e ai loro successori il potere di attuare l’opera della salvezza per mezzo del Sacrificio eucaristico e dei Sacramenti, nei quali egli stesso agisce per comunicare la sua grazia ai fedeli di tutti i tempi e in tutto il mondo”.(Compendio Cat. Ch. Catt. N. 222). Per questo bisogna anche accettare quel Mistero profondo che aleggia in tutta la celebrazione senza la pretesa di capire tutto, quel Mistero che si manifesta con gesti di supplica e con invocazioni a bassa voce da parte del celebrante, con momenti di silenzio per la preghiera personale e per l’ascolto di Dio che parla al cuore di ciascuno, cose impossibili da realizzare con canti e chitarre da boy-scouts!   Adesso si vuole a tutti i costi far passare la Messa come festa! Ci si deve sempre e comunque divertire, dicono, altrimenti nessuno va più a Messa, e invece è proprio questo intento che ha allontanato molti fedeli dalla Liturgia della Chiesa perché la gente si è sentita ingannata dagli stessi preti che hanno proposto una preghiera-show, una preghiera-spettacolo dove l’unico, vero protagonista non è più Gesù Cristo, ma l’assemblea, con le sue iniziative personali all’insegna della perenne novità.

RECUPERO DEL SACRAMENTO E DELLA MAESTÀ DI DIO. 

Con l’attuale liturgia si sta gradualmente perdendo di vista anche il significato di “Sacramento” cioè l’Azione di Cristo che agisce in noi con la sua Grazia. Si cerca di dare più spazio alla “Parola”, che ci accomunerebbe ai Protestanti ai quali è rimasto, dei 7 Sacramenti, solo il Battesimo e la “Parola” cioè la Sacra Scrittura. Prova ne sia che nel rito antico ciò che primeggia in mezzo all’altare è il “Calice” per il vino, e la Patena (il piattino) per l’Ostia, con a sinistra il leggio e a destra le ampolline. Adesso al centro dell’altare troviamo spesso un grande leggio col Messale mentre il povero Calice lo si lascia, per tutto il tempo della celebrazione, in un angolo dell’altare, seminascosto, magari vicino al microfono o dietro ai fiori, come se fosse un elemento di disturbo e non uno degli elementi principali della Messa dove lo stesso Dio fatto Uomo nella Persona di Cristo si rende presente al momento della Consacrazione! Quel Dio Immenso, Creatore e Signore al quale è doveroso tributare Onore e Gloria anche attraverso segni esterni, quali paramenti preziosi, riti sontuosi e chiese meravigliose, non come quelle dell’ultimo secolo all’insegna della più assoluta povertà artistica e spirituale visibile anche nell’attuale Liturgia! Chi di noi ricorda l’intensa emozione che si provava nel vedere il Santo Padre apparire sulla maestosa sedia gestatoria, preceduto da file composte di Cardinali e Vescovi, piuttosto che intravederlo malamente in mezzo alla folla che lo schiaccia come uno fra i tanti? Il Papa è lo stesso Cristo in terra, diceva S. Caterina, e non un Prelato qualunque.
Queste sono solo alcune considerazioni per non dilungarci troppo. Da parte nostra è importante non lasciar solo il Santo Padre in questo invito che, pur non essendo vincolante, tuttavia è assai importante e certamente decisivo delle sorti dell’Umanità nel prossimo Millennio. Che ognuno usi la propria fantasia per cercare di viverlo nella sua diocesi, iniziando magari da un piccolo gruppo. Solo recuperando il valore della Santa Messa nel suo vero significato di Sacramento e di Mistero, solo con la Croce di Cristo e col Rosario della Vergine Maria usciremo vittoriosi da una grossa calamità che sta ormai mostrando il suo terribile profilo sull’orizzonte del mondo.  


Fonte

Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 12:39
un problema superficiale dato che basterebbero dei libretti con a destra l'italiano e a sinistra il latino.

.....qdo io andavo alle medie ,mi ricordo che al pomeriggio andavo alle lezioni di latino e mi piaceva tantissimo....Ora che ci va mio figlio (fa la prima media)del latino neppure l'ombra.....e qto mi dispiace enormemente...Il latino lo si studia ora alle superiori e nn credo in tutti gli indirizzi scolastici...Qdi ben vengano,se ci sono,qti libretti.Cosi' tutti possono seguire la Messa...l'importante e' che la predica nn venga detta in latino!!!!!Altrimentiiiiiiiiiiiiiii io sicuramente avro' bisogno di un traduttore simultaneo di latino....woww.....come qdo alle superiori si facevano le versioni di latino..... [SM=g8806] [SM=g8806]
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 12:49
Re:
Gabbianella1., 17/01/2010 12.39:

un problema superficiale dato che basterebbero dei libretti con a destra l'italiano e a sinistra il latino.

.....qdo io andavo alle medie ,mi ricordo che al pomeriggio andavo alle lezioni di latino e mi piaceva tantissimo....Ora che ci va mio figlio (fa la prima media)del latino neppure l'ombra.....e qto mi dispiace enormemente...Il latino lo si studia ora alle superiori e nn credo in tutti gli indirizzi scolastici...Qdi ben vengano,se ci sono,qti libretti.Cosi' tutti possono seguire la Messa...l'importante e' che la predica nn venga detta in latino!!!!!Altrimentiiiiiiiiiiiiiii io sicuramente avro' bisogno di un traduttore simultaneo di latino....woww.....come qdo alle superiori si facevano le versioni di latino..... [SM=g8806] [SM=g8806]




L'omelia è sempre stata fatta nella lingua del popolo, questo avveniva anche prima del Vaticano II, che ripeto; Non dice affatto che la liturgia debba essere nell'idioma nazionale, ma prevalentemente in latino con alcuni spazi in lingua volgare.
Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 12:52
Certo era una battuta la mia.
Caterina63
00domenica 17 gennaio 2010 13:04
Re:
iyvan, 16/01/2010 16.32:

La lingua latina può forse appagare una ristretta cerchia nostalgica, ma rimane sempre una lingua morta






Questo modo di pensare è una bestemmia perchè è una menzogna, è una falsità, è una opinione personale innalzata a verità....

Tutti i Documenti del Papa compreso il Summorum Pontificum e tutte le Lettere scritte dal Papa sono rigorosamente in latino.... il Canone della Messa (Canone si intende la parte che va dal Santo al Pater Noster) E' RIGOROSAMENTE IN LATINO in tutte le Messe Pontificie anche quelle di Giovanni Paolo II e tranne in alcune situazioni particolari dove la lingua è del posto o in italiano, LA NORMA E' IN LATINO....L'Angelus della Domenica seguito da migliaia di persone in piazza ogni domenica e da svariati di milioni di persone attraverso la radio e la televisione E' IN LATINO....il Rosario delle ore 21,00 a Radio Vaticana trasmesso in tutto il mondo in tutti i Paesi, con la voce del Papa, è rigorosamente in latino....

Così spiega Ratzinger la questione del latino:
" Ogni RITO che si rispetti in ogni forma di religione, CONSERVA UNA LINGUA PROPRIA PER LA CURA DEL RITO, il latino è per la Chiesa Cattolica UN LINGUAGGIO UNIVERSALE difeso perfino dai Padri della Chiesa che solitamente usavano il greco per le dispute ma il latino per PREGARE proprio perchè i fedeli comprendevano il sensum fidei del Culto. Non era importante comprendere ogni singola parola, bastava sapeva, e si riconosceva subito, che con il latino si entrava, nella Preghiera, in una dimensione universale e davvero sacra...."

Basti pensare che per la Chiesa ortodossa infatti per il CULTO si è mantenuto IL GRECO ANTICO....che raramente i fedeli comprendono e che il Canone della Consacrazione, si svolge  DENTRO AL TABERNACOLO NEL PRESBITERIO CHIUSO AI FEDELI.... nelle Chiese cattoliche di rito greco, ma appunto in comunione con Roma, al momento della Consacrazione si tira una TENDA che divita, liturgicamente, l'attività del SACERDOTE dall'attività dei fedeli CHE DEVONO SEMPLICEMENTE ASCOLTARE E PREGARE....il rito avviene in greco antico...

Ai funerali di Giovanni Paolo II, quando hanno operato anche i cattolici ortodossi, hanno fatto il tutto in greco antico cantato che nessuno ha capito, ma E' PER QUESTO CHE ESISTONO I LIBRETTI..... E CON QUESTI SEGUIRE LE PARTI CHE NON SI COMPRENDONO....

Dall'800 in poi abbiamo una ricchissima FIOPRITURA DI LIBRETTI per la Messa, in italiano e latino....se ne contano a migliaia....per tutte le tasche....il problema, denunciò Ratzinger, fu che dopo il Concilio NON FURONO PIU' PUBBLICATI IN ENTRAMBE LE LINGUE così da far dimenticare a due intere generazioni fino ad oggi L'IMPORTANZA DEL LATINO che non è più considerata la lingua MADRE DELLA CHIESA CON UNA GRAVE CONSEGUENZA DELLA PERDITA DEL SENSO SACRO DEL CULTO A DIO....

parola di Ratzinger eh!

Giovanni Paolo II durante il sinodo dei Vescovi del '90 RIMPROVERO' AI VESCOVI LA TRASCURATEZZA DEL LATINO NEL CANONE DELLA MESSA, INVITANDOLI A PUBBLICARE LA MESSA IN TUTTE E DUE LE LINGUE....

ebbè!!



Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 13:06
Cmq potrebbe essere che impegnandoci tutti a conoscere la lingua latina si riducano ulteriormente le differenze di classe ...qdi la lingua latina nn diventa piu' priorita' dei ricchi o cmq di chi e' andato oltre le superiori ...eppoi siamo sicuri che chi ha una laurea sappia anche il latino?
Insomma anche se condivido il pensiero di Iyvan ,nn mi fisserei su qta posizione...puo' darsi che il Papa abbia fiducia in tutti noi ,ricchi e poveri....e che voglia che tutti siamo allo stesso livello ....di comprensione....e' vero l'Ave Maria detto in latino ha un sapore di universalita'.....insomma nn fissiamoci sulle nostre posizioni....puo' darsi che il latino sia stato tolto per il livello di alfabetizzazione che c'era a quei tempi ,oggi le cose son cambiate ,no?
Insomma per me va bene sempre,ho fiducia nel nostro Papa....
Siccome nn ho tempo di andare a cercare....
e siccome sono una ignorante che vuole uscire dalla sua ignoranza ,nn e' che gentilmente potete riportare i motivi per cui il Beato Giovanni XXIII aveva nel 1962 fatto la riforma del rito?
iyvan
00domenica 17 gennaio 2010 13:11
Scusami, caro Daniele, ma la fede ed i sacramenti non hanno nulla a che vedere con l'idioma usato.
Non è da quest'ultimo che emerge la forza esorcizzante della preghiera, ma dalla fede, dall'intenzionalità e dall'intensità con cui questa si attua.
Il linguaggio con cui parlare a Dio è solo quello del cuore, il resto è consuetudine umana.
Lo Spirito Santo ci parla attraverso la lingua che ciascuno conosce e non è certo un suo compito farcene comprendere un'altra.
Preoccupiamoci di più di come si prega e non tanto della forma idiomatica.
Preoccupiamoci perchè la S.Messa non si riduca ad un'abitudine ma sia vera partecipazione, e quest'ultima non sarebbe completa se non si capisse la lingua con cui ci si esprime.
Preoccupiamoci di più di come il celebrante possa coinvolgere l'assemblea dei fedeli usando parole che entrino nel cuore della gente.
Inoltre, nessuno ha affermato che eviterebbe di assistere alla S. Messa se questa fosse solo in latino, ma solo che opterebbe per quella in italiano.
Che il latino abbia un suo fascino non lo metto in dubbio, ma questo vale solo per chi lo conosce bene  e non per altri ai quali suonerebbe più o meno incomprensibile.
L'incomprensione porrebbe costoro in uno stato di spettatori più che di veri partecipanti.
L'analfabetismo di un tempo non riguardava solo il latino, oggi riguarderebbe invece solo questo, per cui il risultato non cambierebbe, o dovremmo forse rendere obbligatorio un linguaggio con il quale parlare con Dio?
Questa obbligatorietà non esiste e, di conseguenza, le due alternative, per quanto lasciate alla discrezione di ciascuno, creerebbero comunque una sorta di divisione che, a mio parere, sarebbe invece opportuno evitare.
La tradizione della Chiesa può essere benissimo conservata nella sua integrità anche parlando in italiano.
L'anacronismo di cui ho fatto cenno non si riferiva all'ortodossia della ritualità, ma solo ad un linguaggio che deve essere alla portata di tutti.
 
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 13:15
Condivido appieno l'intervento di Caterina e aggiungo una frase di Romano Amerio tratta dal suo libro "Iota unum" che caldamente consiglio nuovamente di acquistare e leggere per comprendere la crisi attuale dentro la Chiesa, cito:

Concludendo si può dire, con l'esattezza soltanto relativa di tutte le analogie storiche, che la situazione della Chiesa nel nostro secolo è l'inverso di quella in cui essa si trovò nel Concilio di Costanza: allora si avevano più Papi e una sola Chiesa, oggi al contrario un solo Papa e più Chiese, quella del Concilio, e le altre del passato, da epocare ed esautorare.

Ho trovato questa frase davvero pertinente e profetica, e la discussione che stiamo avendo è la dimostrazione palese della non unità dell'unità della Chiesa, questo una volta era il vanto dell'apologetica cattolica nei confronti dei protestanti, oggi di fatto non lo è più, ma Dio nella suo grande amore verso la sua Chiesa ci ha dato Benedetto XVI che sta lavorando come nessun altro Papa per rimettere a posto questa divisione, alla faccia dei Martini e company!
Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 13:16
Ma anche il Vangelo verrebbe letto in latino?
Ok andro' a prendere in Biblioteca il libro da te segnalato ,Daniele.
iyvan
00domenica 17 gennaio 2010 13:32
Ho visto solo ora il commento di Caterina.
La risposta che ho dato vale a anche per questo.
Vorrei solo far presente che il latino non è una lingua morta solo per la ristretta cerchia sacerdotale, ma lo è per tutti gli altri mortali.
Quindi, evitiamo forme linguistiche estreme come "bestemmia", "menzogna" o similari che, in pratica, attribuiscono all'altro il ruolo di bestemmiatore e di menzognero.
Mi fa piacere che si dica ciò che si pensa, ma sarebbe forse anche opportuno pensare a volte anche a ciò che si dice.
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 13:40
Re:
iyvan, 17/01/2010 13.11:

Scusami, caro Daniele, ma la fede ed i sacramenti non hanno nulla a che vedere con l'idioma usato.
Non è da quest'ultimo che emerge la forza esorcizzante della preghiera, ma dalla fede, dall'intenzionalità e dall'intensità con cui questa si attua.
Il linguaggio con cui parlare a Dio è solo quello del cuore, il resto è consuetudine umana.
Lo Spirito Santo ci parla attraverso la lingua che ciascuno conosce e non è certo un suo compito farcene comprendere un'altra.
Preoccupiamoci di più di come si prega e non tanto della forma idiomatica.
Preoccupiamoci perchè la S.Messa non si riduca ad un'abitudine ma sia vera partecipazione, e quest'ultima non sarebbe completa se non si capisse la lingua con cui ci si esprime.
Preoccupiamoci di più di come il celebrante possa coinvolgere l'assemblea dei fedeli usando parole che entrino nel cuore della gente.
Inoltre, nessuno ha affermato che eviterebbe di assistere alla S. Messa se questa fosse solo in latino, ma solo che opterebbe per quella in italiano.
Che il latino abbia un suo fascino non lo metto in dubbio, ma questo vale solo per chi lo conosce bene  e non per altri ai quali suonerebbe più o meno incomprensibile.
L'incomprensione porrebbe costoro in uno stato di spettatori più che di veri partecipanti.
L'analfabetismo di un tempo non riguardava solo il latino, oggi riguarderebbe invece solo questo, per cui il risultato non cambierebbe, o dovremmo forse rendere obbligatorio un linguaggio con il quale parlare con Dio?
Questa obbligatorietà non esiste e, di conseguenza, le due alternative, per quanto lasciate alla discrezione di ciascuno, creerebbero comunque una sorta di divisione che, a mio parere, sarebbe invece opportuno evitare.
La tradizione della Chiesa può essere benissimo conservata nella sua integrità anche parlando in italiano.
L'anacronismo di cui ho fatto cenno non si riferiva all'ortodossia della ritualità, ma solo ad un linguaggio che deve essere alla portata di tutti.
 



Evidentemente abbiamo due idee ben diverse su cosa sia la Messa e cosa siano i sacramenti.
La validità dei sacramenti non è dalla fede, dall'intenzionalità e dall'intensità con cui questa si attua, questo si chiama palegianesimo, la validità dei sacramenti non dipende dal singolo che li amministra; ex opere operato  "per il fatto stesso di aver fatto la cosa".
La Messa in un certo senso è molto analoga.
Tu cerchi di trasferire il problema dell'oggettività della liturgia nella soggettività del singolo, quest'ultimo indipendentemente che la liturgia sia in latino o in italiano o persino mista, deve obbligatoriamente predisporre il suo animo a Dio.
La questione della partecipazione è molto ambiqua, come se la Messa sia opera umana e quindi ci vuole una buona partecipazione affinchè sia una buona Messa, la Messa è la concelebrazione con Dio stesso, anche se il N.O. ha trascurato questo argomento trasformando di fatto una Messa in cui siamo noi, compreso il sacerdote, i protagonisti, non più Dio ma noi.
I sacerdoti si devono preoccupare a fare buon omelie e non a rendere la Messa più appetitevole per la nostra mente mondana in modo che essa sia più piacevole.
Sulla lingua lo ripeto a dire, bisogna applicare il Concilio Vaticano II che parla chiaro, chi non è daccordo non può dirsi cattolico, e chi non si dice cattolico non vedo per quale ragione si straccia le vesti.

E' strano come fino al Sinodo di Roma, Sinodo preparatore del Concilio dove obbligava il latino, il Concilio lo seguirà solo in parte, la liturgia latina (ricordiamo che era già da secoli che la lingua nazionale non era il latino) era fonte di vita e di santità per milioni di uomini, ora ad un tratto è divenuta pietra d'inciampo, impossibilità che il popolo possa avere linfa nella sua fede.
Caro Iyvan la Tradizione della Chiesa al quale dici di appartenere è proprio la Tradizione latina, la sua lingua Madre non una delle sue lingue, se no saremmo stati Ortodossi o se preferisci protestanti.

Infine nessuno parla di obbligatorietà, siete voi a scandalizzarvi per il latino, siete voi che andate contro la bimillenaria storia della Chiesa, mica noi, qui si parla di attuare quel Concilio tanto reclamizzato e innalzato proprio dai cattolici progressisti, il Vaticano II, oppure lo avete di già classificato come frutto del passato?
enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 16:06
Re:
Gabbianella1., 16/01/2010 21.37:

A me piaceva....




Cosa piaceva?
enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 16:31
ma da Enrico che si rifà all'autorità della Chiesa e alla sua ortodossia certi discorsi non li accetto dato che sono palesementi protestanteggiati; o la Chiesa fa come la vedo io oppure non ci vado più

La mia fede è nata e si è sviluppata in questa Chiesa degli orrori e degli errori, come chiaramente molti ormai la definiscono.
Io riconosco la Chiesa col suo presente o col suo passato, ricco, non lo nego, ma anche non sempre e non da tutti comprensibile. C'è stato un periodo dove prevaleva il culto eucaristico e a parola quasi proibita, ma era quel tempo e va rispettato compreso ma non certamente evocato o riproposto.
Comprendo anche che il latino rimane la lingua ufficiale della Chiesa e il suo esprimersi in tale idioma in occasioni particolari sia opportuno, e persino dare l'opportunità, anche per un problema di unità, che non è unificazione, a chi lo chieda o a chi già lo usava.

Ma obbligare è per me come togliere la libertà della fede e se mi è tolta questa libertà decade la ragione.
enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 16:59

Latino e lingue nazionali nella liturgia

36.

  1. L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.
  2. Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti.
  3. In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22- 2 (consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua) decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede apostolica.
  4. La traduzione del testo latino in lingua nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.

D) Norme per un adattamento all'indole e alle tradizioni dei vari Popoli

37. La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; rispetta anzi e favorisce le qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ciò poi che nel costume dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purché possa armonizzarsi con il vero e autentico spirito liturgico.

enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 17:16

PAOLO VI

ANGELUS 

I Domenica di Quaresima, 7 marzo 1965 

 

Questa domenica segna una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico, come avete già visto questa mattina. 

La Chiesa ha ritenuto doveroso questo provvedimento - il Concilio lo ha suggerito e deliberato - e questo per rendere intelligibile e far capire la sua preghiera. Il bene del popolo esige questa premura, sì da rendere possibile la partecipazione attiva dei fedeli al culto pubblico della Chiesa. È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino; lingua sacra, grave, bella, estremamente espressiva ed elegante. Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l'unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti. 

E questo per voi, fedeli, perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti ed attivi e se saprete davvero corrispondere a questa premura della Chiesa, avrete la grande gioia, il merito e la fortuna di un vero rinnovamento spirituale. 

E noi pregheremo ancora la Madonna, la pregheremo ancora in latino per ora, perché ci dia questo desiderio della vita spirituale attiva e autentica e ci dia questo risvegliato senso della comunità, della fraternità, della collettività che prega insieme, del popolo di Dio, perché allora avremo certamente assicurati a noi i vantaggi di questa grande riforma liturgica. 


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Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 17:36
Il latino ,Enrico.

Cmq adesso ho le idee davvero confuse....
Perche' prima nella Chiesa si dice una cosa e poi se ne dice un'altra?
La Riforma del Beato Giovanni XXIII in un modo,ora un'altra riforma...
iyvan
00domenica 17 gennaio 2010 17:39

Evidentemente abbiamo due idee ben diverse su cosa sia la Messa e cosa siano i sacramenti

La diversità di idee a questo riguardo sta solo nel fatto che io considero ininfluente il linguaggio usato, mentre tu e qualcun altro lo ritenete fondamentale.
Non credo proprio che da questa diversità di vedute dipenda l'essere cattolico o meno, perchè allora di cattolici ne rimarrebbero ben pochi. 
Le vesti non me le straccio di certo, se eventualmente dovessi farlo sarebbe per ragioni ben più importanti e che riguardassero soprattutto la sostanza.
Non ho mai inteso dire che la validità della messa dipenda dall'officiante, ma ho solo auspicato che questi sappia trasferire nel cuore della gente la sua sacralità, possibilmente attraverso un linguaggio alla portata di tutti e non solo di una èlite.
 

 

enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 18:02
Una piccola e a questo punto stupida domanda.

Quanti di voi leggono i testi delle lettere apostoliche, delle costituzioni conciliari, dei documenti della Chiesa e perfino recita le preghiere in latino
Gabbianella1.
00domenica 17 gennaio 2010 18:18
IO ...mai!!!!!
Solo Ave Maria,Pater Nostro...che son anche belle,ma ai miei figli le insegno in italiano....
S_Daniele
00domenica 17 gennaio 2010 18:37
Re:
Gabbianella1., 17/01/2010 17.36:

Il latino ,Enrico.

Cmq adesso ho le idee davvero confuse....
Perche' prima nella Chiesa si dice una cosa e poi se ne dice un'altra?
La Riforma del Beato Giovanni XXIII in un modo,ora un'altra riforma...




In verità Giovanni XXIII non fece alcuna riforma dato che morì con il Concilio in corso.
Giovanni XXIII semmai prima del Concilio costitui la Commissione centrale preparatoria che nel Sinodo di Roma sempre costituito dal Papa come preparatore del Vaticano II diede le indicazioni di cosa trattare nel Concilio, era un anticipazione del Concilio stesso.
In pochi però sanno che nel Concilio Vaticano II ci fu un colpo di mano detta rottura della legalità, fu letteralmente abortito tutto ciò che fu preparato prima del Concilio e si è elaborato un Concilio diverso del primo.
Tutto questo grazie al cardinale Liénart.
Ma tralasciando tutto ciò che richiede molto tempo che non ho, in verità ciò che fece Paolo VI come riportato da Enrico non è la riforma che volevano i Padri Conciliari ne tanto meno lo si può leggere nei decreti Conciliari, sono andati ben oltre, e qui non si parla solo dell'idioma da utilizzare ma del pregare verso oriente, il Vaticano II non dice di mutare nulla al riguardo, dell'officiare versum Deo, dell'eucarestia in bocca, dell'intercessione di san Michele Arcangelo e di tante altre cose mutate senza che il Concilio lo richiedesse.
Purtroppo per la Chiesa del dopo Vaticano II abbiamo avuto un Papa che non ha saputo fare il Papa, basta guardare il caso della conferenza episcopale dl Belgio che con un sinodo nazionale votò quasi all'unanimità per la fine del celibato, il sacerdozio alle donne per l'aborto e che il Papa non ha alcun primato, Paolo VI di canto invece di riprenderli si disse disponibile a migliorare la loro posizione di autorità, quando invece era la sua autorità ad essere messa i duscussione.
Ciò che dice Paolo VI nell'omelia copiata da Enrico non risultà a verità secondo i canoni conciliari.

La si chiama riforma della riforma perchè purtroppo bisogna riformare non ciò che disse il Concilio ma ciò che dissero alcuni uomini nel dopo Concilio che non attuarono il Concilio stesso, se si fosse attuato il Concilio non ci sarebbe stato nessuna riforma della riforma.
Infine il Concilio prevede la lingua nazionale ma non prevede tutto il rito in lingua nazionale, andare contro un Concilio Ecumenico, vi ricordo è andare contro la dottrina della Chiesa.
enricorns
00domenica 17 gennaio 2010 18:38
Enrico che si rifà all'autorità della Chiesa e alla sua ortodossia certi discorsi non li accetto

ortodòsso    [orto'dɔsso]
agg., s.m.

agg
che aderisce a una religione seguendone integralmente le dottrine

agg
che accetta integralmente una qualsiasi dottrina; che è conforme ad essa

La dottrina della Chiesa cattolica è l'insieme degli insegnamenti professati dalla Chiesa Cattolica


L'uso della lungua latina è una tradizione non una dottrina


 

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