La vera storia di Fr. Dolcino

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Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:34
Fra Dolcino, un'eresia mandata al rogo ma non ancora spenta


Di Di Maurizio Schoepflin


Posto da Dante nella nona bolgia dell'Inferno, quella dei seminatori di discordie, fra Dolcino è stato uno dei protagonisti di quella profonda inquietudine che caratterizzò molti momenti della religiosità medievale. Dopo la morte sul rogo di Gherardo Segarelli nel 1300, Dolcino ne eredita la guida degli apostolici, l'ordine religioso misto la cui nascita viene fatta risalire alla conversione del Segarelli, avvenuta nel 1260.

Dolcino arricchisce di significati escatologici il semplice evangelismo che era stato all'origine del movimento e vagheggia l'avvento di un'età di pace e di una Chiesa perfettamente spirituale. Fra il 1304 e il 1307, insieme a un gruppo di fedeli compagni, egli si ritira nelle vallate del Piemonte settentrionale in «attesa della fine», pronto a fronteggiare le truppe inviate contro di lui da Clemente V. Sconfitti nel marzo del 1307, Dolcino e i suoi compagni più fidati vengono uccisi fra atroci tormenti: da allora la sua figura è entrata nel mito.

La vicenda di Dolcino è emblematica di un periodo di transizione, nel quale numerose e diverse sono le tensioni e le aspirazioni: il pauperismo si intreccia con il millenarismo e il rigorismo, dando luogo a fenomeni ereticali, che tuttavia non mancano di affinità con il movimento mendicante ossia con lo stesso francescanesimo. Alla suggestiva figura di questo cristiano medievale è dedicato il libro curato da Raniero Orioli, «Fra Dolcino», recentemente riedito con una prefazione di Daniele Solvi. Il libro è una ricca antologia di testi che fanno luce sulla vicenda dolciniana, i suoi antefatti, le sue implicazioni dottrinali e le sue conseguenze storiche. Orioli mette in luce l'anomalia e l'unicità dell'episodio ereticale che vide Dolcino protagonista, a partire dalla stessa identità dell'eresiarca, del quale si ignorano data e luogo di nascita precisi. Quando poi ci si soffermi sulle dottrine dolciniane, in esse - afferma Orioli - non troveremo novità significative.

Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:35
In ultima analisi sono tre le idee che stanno alla base dell'eresia dolciniana e che verranno condannate:

1) la libertà sessuale in tutte le sue espressioni ed anche fuori dal matrimonio;

2) la distinzione in periodi della storia del mondo e di quella della Chiesa (cioè: periodi positivi della Chiesa in cui avrebbe regnato con lo Spirito Santo, dai periodi negativi nei quali la Chiesa sarebbe stata guidata da Satana. Questa è una eresia gravissima perchè identificherebbe lo stesso Gesù Cristo in uno stato di ADULTERIO che si alternerebbe a periodi d'amore con la Sposa che è la Chiesa) e,

3) collegata a questa, la predizione dell'avvento di un papa santo, perfett e immacolato, eletto direttamente da Dio e non dal clero corrotto (predizione impossibile dal momento che non esiste una elezione di un Papa senza l'ausilio di una formazione di persone umanamente limitati e che tale elezione già nella norma è guidata dallo Spirito Santo proprio perchè, secondo la promessa del Fondatore Gesù Cristo pur nella fallibilità degli uomini, le porte degli inferi non prevarranno mai sulla Chiesa).

Per comprendere quale straordinaria eco abbia lasciato dietro di sé fra Dolcino, è sufficiente ricordare, come fa l'Orioli, che il 6 aprile 1907 il Corriere Biellese (anticlericale) lanciò un proclama ai socialisti, definendo l'eretico medievale «anima eroica, che in tempi di pieno, barbarico dominio della chiesa, ebbe il coraggio d'insorgere contro la superstizione, il dispotismo e le nefandezze cattoliche».

Raniero Orioli
Fra Dolcino
Nascita, vita e morte di un'eresia medievale

Jaca Book. Pagine 250. Euro 18,00

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Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:35
Ora....probabilmente molti non conoscono questa storia......taluni oggi sostengono che fra Dolcino fosse stato a suo tempo il fondatore di un attuale EVANGELICALESIMO.....o evangelicalismo, fate voi... dando origine dunque all'altra ala del Protestantesimo storico i così detti PENTECOSTALI i quali, tuttavia si dissociano dall'essere accostati però alle eresie di fra Dolcino....

Altri lo identificano come un eroe incompreso, come del resto è accaduto per quei nomi eccellenti che una certa manovra storica MASSONICA dell'Ottocento e Protestanti prima, imposero per screditare la Chiesa....

Ma fra Dolcino non era un santo come una certa storiografia lo vuole dipingere..... sicuramente aveva in sè una buona volontà di migliorare quel certo abusivismo che non di rado si manifestava in una certa ala conservatrice della Chiesa.....
La nascita stessa dei Francescani e Domenicani, se si leggessero meglio alla radice.... nacquero proprio per frenare quel malcostume che aveva infettato quelle persone poste alla guida delle Chiesa.....
Fra Dolcino tenta di farsi francescano, ma le sue idee non piacciono e viene allontanato dal convento, neppure i "suoi" lo accettano.... inizia così la sua storia.....

La sua forma eretica più grave, oltre alle tre accennate al messaggio precedente....è stata quella di definirsi....un.....mandato da Dio per dissigillare le profezie e capire le scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento, tentando di adattare nuove dottrine alle nuove necessità .... Venne ascoltato anche da vescovi che in definitiva lo sostenevano agli inizi.....raccomandandogli però PRUDENZA, una dote di cui però fu carente...giacchè insegnava quanto segue:

II contenuto delle "profezie" veniva spiegato nella lettera che Dolcino scrisse nel 1300, contemporanea alla morte sul rogo del fondatore degli Apostolici, Gerardo Segarelli.
In essa egli distingueva quattro età della vita del popolo di Dio.
La prima, era quella dell'antico testamento, dei patriarchi e dei profeti, prima della venuta di Cristo, in cui il matrimonio era buono perché la gente si doveva moltiplicare.
La seconda, l'età di Cristo e degli Apostoli, era stata l'epoca della santità e della castità.
Poi era venuta la terza, in cui i pontefici avevano dovuto accettare le ricchezze terrene per poter governare il popolo, ma quando gli uomini avevano cominciato ad allontanarsi dall'amore di Dio era giunto San Benedetto, che aveva parlato contro ogni possesso temporale.

Quando poi anche i monaci di Benedetto erano tornati ad accumulare ricchezze, erano arrivati i frati di San Francesco e di San Domenico, ancora più severi di Benedetto nel predicare contro il dominio e la ricchezza terrena.
Giunti alla fine della terza età occorreva convertirsi agli insegnamenti degli Apostoli, la quarta. Dolcino asseriva che per porre fine a questa terza età della corruzione, occorreva che tutti i chierici, i monaci e i frati morissero di morte crudelissima. Che tutti coloro che facevano parte degli ordini dei Predicatori e dei Minori e gli eremiti, avrebbero dovuto essere sterminati, compreso papa Bonifacio VIII.

Dolcino annunciava che il tempo della schiavitù sotto la Chiesa infedele a Dio e fedele ai poteri terreni, stava per finire; colui che avrebbe portato a termine la distruzione del vecchio mondo sarebbe stato Federico III d'Aragona, è chiaro dunque quanto fosse folle il suo progetto giacchè se da una parte egli condanna l'esercito opposto, dall'altra parte si arma anche lui e combatte uccidendo al fianco delle truppe di un altro esercito.


Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:36
Dopo ciò, sarebbe cominciato un tempo di pace universale, con l'elezione di un papa santo, vera guida per tutti gli uomini che volevano seguire lo Spirito di Dio. Nel frattempo, a causa della persecuzione della falsa Chiesa, era necessario che gli Apostolici vivessero in clandestinità e all'occorrenza si difendessero con l'uso delle armi.
La lettera di Dolcino era destinata ad ottenere immediatamente una popolarità straordinaria, ancor più incredibile se fu veramente il primo atto pubblico del predicatore.
Probabilmente, Dolcino aveva costruito già in passato la propria fama, proprio in quella clandestinità cui ora invitava a vivere i suoi seguaci: egli percepì il momento di crisi del movimento fondato dal Segarelli e decise di uscire allo scoperto, proponendosi come nuovo capo dottrinale ed organizzativo della setta.

Nel 1303, scrisse una seconda lettera. Se il primo documento aveva un tono profetico (si trattava di ridare linfa ad un movimento che aveva da poco perso il proprio fondatore), in questa seconda lettera gli intenti erano chiaramente mutati.
Occorreva ribadire le profezie e soprattutto spiegare perché non si erano ancora avverate; ma occorreva anche dare un'organizzazione al movimento.
Dolcino configurò l'Ordine degli Apostolici come una vera e propria gerarchia, fondata su un'obbedienza interiore e spirituale, diversamente, secondo lui, da quella della Chiesa ufficiale, che era soprattutto un'obbedienza esteriore (e quindi falsa). Nominò, inoltre, come suoi luogotenenti, Margherita, Longino da Bergamo, Federico da Novara, Alberto Carentino e Valderico da Brescia.

Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:36
Non occorre aggiungere come questa premessa conducesse facilmente alla dichiarazione di assoluta libertà dai precetti esteriori che venivano dal papa e dalla sottomissione al Santo Uffizio dell'Inquisizione.
L'obbedienza interiore era, naturalmente, obbedienza a Dolcino stesso: questo culto personale spiega anche l'incredibile fedeltà degli Apostolici alla persona del loro profeta; una fedeltà, che si spinse sino alla morte (morivano in nome di fra Dolcino).

Nella lettera Dolcino vaneggiava su una sequenza di papi venturi, due buoni, il primo e l'ultimo, due cattivi, il secondo e il terzo. Il primo era Celestino, il secondo Bonifacio VIII. Il terzo papa non era nominato. Il quarto papa era ancora sconosciuto, e avrebbe dovuto essere il papa santo, il papa angelico di cui parlava l'abate Gioacchino.
Avrebbe dovuto essere eletto da Dio direttamente e allora Dolcino e tutti i suoi (che a quel punto erano già quattromila) avrebbero ricevuto insieme la grazia dello Spirito Santo e la chiesa ne sarebbe stata rinnovata sino alla fine del mondo. Ma nei tre anni che precedevano la sua venuta avrebbe dovuto essere consumato tutto il male. E Dolcino cercò di attuare questo disegno portando la guerra ovunque, cercando di sterminare ogni "corrotto"....

Dolcino dovette scrutare le proprie truppe in quei giorni: uomini e donne giunti da tanto lontano, armati solo della forza della propria fede e della speranza nella sua parola, ed anche con piccole armi e bastoni.... Guardandoli comprese che la verità {quella che lui pensava verità) non poteva più bastare a sopravvivere: il povero credente doveva ormai prendere le armi, difendere gli ultimi luoghi della propria esistenza, doveva sopravvivere per non essere dimenticato. Monte Parete Calva divenne il "forte della speranza".
L'Inquisizione era stata giocata. Gli Apostolici erano irraggiungibili. Ma non avevano fatto i conti con altri due potenti nemici: l'inverno alpino e l'indifferenza della gente.

Dolcino armò i suoi. Si diresse verso le valli. Saccheggiò le città. Rubò cibo e denaro. Rapì ostaggi. Uccise a tradimento. La guerra era cominciata. Gli avversari non poterono fare altro che tendere, a loro volta, agguati agli eretici che scendevano dal monte ed a quelli che, dalla valle, tentavano di raggiungerli.
Fu una vera e propria guerriglia, quella che prese corpo in quei giorni e che portò il nome sacro di crociata.
I crociati colpirono, da parte loro, tutti quelli che, a valle, erano sospettati di nutrire ed aiutare gli eretici.

La primavera del 1306 vide muoversi le fila dei sopravvissuti, che avevano abbandonato alla morte i più deboli: di notte, nel silenzio che accompagna ogni esilio, gli eretici partirono alla volta delle prealpi biellesi. Era il 9 di marzo.
Percorsero vie che il cronista definì "inexcogitabiles", vennero superati "grandi monti", attraversati "luoghi impervi e ghiacciai altissimi".
Alle spalle essi potevano quasi percepire la maledizione della gente, di quella stessa gente che, pochi mesi prima, ne ammirava il coraggio, la predicazione e la povertà. La carità di un tempo si era trasformata in odio.
Dolcino, come un cane rabbioso, piombò nella regione del monte Rubello. Il 10 marzo vi si insediò. Vi costruì un forte. Dal monte ruggiva nella valle la sua presenza, scagliandosi subito su Trivero, colpendo la regione con saccheggi e devastazioni, ma, soprattutto, lanciando la sua sfida definitiva: era sfuggito ancora una volta, nonostante tutto, agli eserciti crociati. Ora la fuga di fronte al persecutore si era trasformata in sfida a viso aperto.
I documenti di parte cattolica descrissero compiutamente questa sfida, affermando:
"Dolcino, assediato da tutti i Lombardi per comandamento della Chiesa".


Famosa è per tutti la sua storia descritta anche nel IL NOME DELLA ROSA....film dai contorni leggendari e precursore di una storia che descrisse minuziosamente e leggendariamente le torture dell'inquisizione su fra Dolcino, descrivendole come un eroe messo a tacere da chi non voleva perdere il potere.

Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:36
 
Ma la realtà è ben altra.

Dolcino si presenta agli storici attenti come una persona da due aspetti contrastanti:
- la prima era una persona spirituale e attenta alle riforme di una Chiesa corrotta,
- la seconda, quella che poi ebbe il predominio asoluto, fu quello di una persona spietata, pronta a servirsi di tutto pur di mettere in atto il suo odio contro la Chiesa, che rappresentava quel veto imposto alle sue predicazioni. Dolcino scatenò guerriglie terribili, sfruttò i suoi seguaci armandoli e lasciandoli liberi di violentare, saccheggiare in nome di una giusta guerra contro le gerarchie della Chiesa.

Dolcino è conosciuto fra gli storici del suo tempo il " CAPUT ET MAGISTER", cioè: il maestro e il condottiero....

Come maestro Dolcino ebbe due periodi, il primo fu un saggio predicatore tanto da meritare la fiducia di alcuni vescovi, ma subentrò il secondo periodo nel quale Dolcino prese il sopravvento e non di rado irrompeva in una chiesa in piena funzione, AGGREDENDO FISICAMENTE il predicatore sbattendolo fuori quando non gli girava di ucciderlo, per mettersi a predicare le sue profezie e la sua interpretazione delle Scritture.

E tuttavia egli Dolcino è forse l'unico a comprendere con pienezza il bisogno dei propri contemporanei, diceva: se la Chiesa ufficiale non è più "maestra" della fede, essa non è più neppure capace di "determinare la storia".

Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:37
L'eretico, nonostante la persecuzione, continuava a fare adepti, poiché da "caput et magister", e "uomo buono", si stava ormai trasformando in "martire". La tradizione del mito dolciniano avrebbe prodotto anche un passaggio ulteriore: da martire a santo e taumaturgo.
Il processo estremamente veloce, altrettanto veloce quanto la scomparsa della sentenza che lo riguarda, chiariscono comunque sia le leggende che si raccontarono sulle torture subite, in verità Dolcino fu condannato praticamente subito. Ciò che è certo è l'avvenuto interrogatorio inquisitoriale, ma non in segreto. Sul resto delle sue risposte invece, rimane il mistero.
Dolcino ha ceduto? ha resistito fino alla morte? Ha rinnegato tutto di fronte ai compagni? il guerriero si è rivelato un vile?

Cattolico_Romano
00giovedì 6 novembre 2008 11:37
Nelle testimonianze riguardanti la fine di Dolcino si scontrano la persistenza dell'uomo e la sua trasformazione in mito. La sentenza, che non possediamo, è comunque e naturalmente di condanna, se non altro per le altrettanti stragi da lui e compagni commesse.

Il 1° giugno 1307, dopo l'arrivo del nulla osta papale, Dolcino è giustiziato a Vercelli.
Ma prima dell'atto definitivo, viene inscenata un'orrenda "via crucis": l'eretico, incatenato mani e piedi, viene fatto salire su un carro. La meta è il rogo, ma le tappe sono ben più terribili.
Passando in mezzo ad una folla di uomini e donne che non gli hanno certo perdonato le scorrerie e la violenza, il carro si ferma varie volte: ad ogni sosta la folla può godere di uno spettacolo che normalmente si svolge nelle segrete delle prigioni del braccio secolare, la tortura del condannato.

Come in ogni processo che si fa in goni epoca...così... la Chiesa naturalmente viene messa oggi sul banco degli imputati..... ne siamo consapevoli, e il "Mea Culpa" rimarca le strade di queste vicende dove ci fanno comprendere che NESSUNA FORMA DI VENDETTA puo' recare giustizia...La Chiesa non aveva alcun obbligo a sottostare e sostenere le regole del braccio secolare il quale applicava le torure ai condannati.
La Chiesa era libera da ogni regola dello Stato se queste regole (Leggi) applicavano appunto la vendetta con forme di tortura.
La violenza dei supplizi pubblici fece di Dolcino un martire, lo riconsegnò alla storia come esempio non dell'eretico giustamente punito, ma del precursore ingiustamente devastato. A dimostrazione che quando le sentenze vengano date non per giustizia ma per vendetta, rischiano di tornare indietro contorcendo la verità dei fatti e facendo apparire il giusto (la Chiesa) come colpevole......

Colpendo il suo corpo si colpiva un'idea, si riduceva al silenzio una prospettiva, in qualche modo si martirizzava una speranza (e quand'anche questa speranza non ci fosse, essa nasceva proprio dalla visione del martirizzato che risvegliava una certa pietà popolare). Se la condanna del razziatore e del ribelle significava la riaffermazione della pace nelle regioni del Rubello, la tortura pubblica dell'eretico manifestava l'accanimento contro chi aveva cercato, giustamente o ingiustamente a torto o ragione, non contava più, di rinnovare l'anima del suo tempo.
....



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