Luca 12,41 ss

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Cattolico_Romano
00domenica 16 novembre 2008 18:13

Luca  12,41 ss



Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". 42 Il Signore rispose: "Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Cattolico_Romano
00domenica 16 novembre 2008 18:14

Esaminiamo al riguardo il testo di Luca 12,42 ss: si parla di una figura di sicuro rilievo per la chiesa, che Gesù designa col nome di AMMINISTRATORE. Rileggiamo il testo evangelico:

"Chi è dunque l’amministratore fedele e prudente che il padrone costituirà a capo dei suoi domestici per dare a ciascuno la sua razione di cibo a suo tempo? Beato quel servo che il padrone al suo arrivo troverà intento a far così…"

Per il brano in questione vi è un testo esegetico edito dalle Paoline a cura di Pietro Rossano, di commento al Nuovo Testamento che, riguardo all'AMMINISTRATORE di Lc 12.42 dice: "con chiaro riferimento a Pietro" e la Bibbia di Gerusalemme nella nota relativa a Lc 12.42 dice dell'amministratore:" Si tratta dunque di un servo costituito in autorità sugli altri servi, ciò risponde bene alla domanda di Pietro, dove "noi" si riferisce agli Apostoli.

Leggendo attentamente la Scrittura e confrontando le mie osservazioni con commenti di altri e considerando anche le differenze peculiari tra il testo di Matteo (16,19) e quello di Luca, emergono alcuni dettagli, penso interessanti.

Oltre ai significati di vigilanza, fedeltà , fiducia, perseveranza attribuibili a tutti i credenti in generale, ho rilevato come dicono anche i commenti altrui, che l'intero brano si specifica meglio a partire dalla domanda di Pietro in Lc 12.41.

Nel brano di LC 12.35 ss risulta più evidente la figura del servo nella funzione di AMMINISTRATORE, cosa che non viene messo in rilievo nel brano parallelo di Matteo 24,45 in cui si parla della figura del servo in modo più generico e su cui altri gruppi religiosi preferiscono concentrare la loro attenzione.

Nel testo di Luca 12 al verso 39 il Signore dice:" Cercate di capire: se il padrone di casa conoscesse a che ora viene il ladro..."

L'espressione "padrone di casa" predispone evidentemente Pietro a rivolgere al Signore la più precisa domanda:

"Signore, questa parabola la dici per noi o per tutti?"

A questo punto la risposta di Gesù non può essere generica come nella parte precedente e introduce la figura dell'AMMINISTRATORE che secondo l’espressione di Gesù, il "padrone PORRÀ A CAPO dei suoi familiari per dare a tempo debito la razione di cibo a ciascuno" (Il cibo da dispensare significa certamente quello spirituale). Quando al verso 43 e al verso 45 dice " QUEL SERVO" è evidente che si riferisce ancora all'AMMINISTRATORE, che resta il soggetto dell’intero brano, il quale sarà beato se sarà trovato al suo lavoro, cioè a svolgere il suo specifico compito di amministratore AL RITORNO DEL SUO PADRONE. Quest’ultima espressione di Gesù mi pare fondamentale per il nostro problema perchè include l'intenzione del Padrone che vi sia un amministratore sopra i suoi domestici al momento del suo ritorno e cioè fino alla fine del mondo. Da notare ancora che questo amministratore è anch'egli un SERVO come pure lo sono gli altri SERVI e SERVE (verso 45) e che egli li potrebbe addirittura maltrattare gli altri conservi proprio in virtù della sua posizione e funzione di AMMINISTRATORE.

Un altro elemento non trascurabile per capire l’utilità della funzione di amministratore per tutto il tempo futuro è l’espressione "per dare a ciascuno a suo tempo la razione di cibo.

La storia ha dimostrato sufficientemente il bisogno della Chiesa di ricevere una guida costante e illuminata dall’alto.

Nel verso 42 il Signore pone la domanda "Chi è dunque l'amministratore?" La risposta a questa domanda la dà Egli stesso in quanto dice: "il PADRONE LO PORRÀ A CAPO", (cioè sarà il Signore stesso a designarlo).

Questo è avvenuto a Cesarea di Filippo quando Gesù (il Padrone) ha consegnato LE CHIAVI AL MAGGIORDOMO DELLA SUA CASA designando a svolgere tale funzione specificatamente Pietro senza possibilità di fraintendimento e realizzando quanto aveva anticipato sotto forma di parabola. Si tratta però di una parabola (che dal verso 42 appare più come un enunciato esplicito) che occupa buona parte del capitolo 12 e quindi necessariamente deve essere considerata attentamente per capire bene cosa vuole dire. Lo stesso amministratore potrà a sua volta disporre, in virtù della facoltà conferitagli di "sciogliere e legare" anche le modalità per la trasmissione della funzione conferitagli direttamente da Cristo.

Il brano di Lc 12.35-46 è importante soprattutto perchè include, l'idea della successione apostolica e in particolare, della successione dell'amministratore costituito a capo.

E’ evidente che la figura dell’amministratore è da prendere in senso largo e quindi ogni forma di autorità nell’ambito della chiesa può rientrare nell’ottica espressa nel contesto del brano, ma quello che importa è che Gesù indica espressamente che vi siano delle guide nella sua Chiesa, e queste guide vi siano fino al suo RITORNO.

La Chiesa cattolica non si è servita di questo brano per avallare il primato petrino perchè ha a disposizione gli altri brani diretti e chiari sul primato di Pietro a cui fare riferimento; inoltre perché la figura dell’amministratore viene usata già in epoca apostolica per designare i capi della chiesa in genere. Anche lo stesso Pietro e Paolo lo usano in tal modo (cf.1 Cor.4,1 / 1Pt. 4,10), S.Ignazio di Antiochia lo riferisce ai vescovi in generale scrivendo agli Efesini (6,1):

"Chiunque il padrone di casa abbia mandato per l’amministrazione della casa, bisogna che lo riceviamo come colui che lo ha mandato. Occorre dunque onorare il vescovo come il Cristo stesso".

Chi volesse obiettare dicendo che molti amministratori sono stati indegni ed incapaci legga quanto dice il Signore nello stesso brano di Luca 12, elencando tutte le specie di amministratori possibili e le promesse proferite al loro riguardo.

Concludendo questo paragrafo dedicato al brano di Luca 12,41 ss mi pare molto interessante il parere espresso da O.Culmann nel suo lavoro dedicato al Primato, a proposito dell’affidamento delle "chiavi" a Pietro, riferisce testualmente: "In Mt.16,19 viene presupposto che Cristo è il padrone di casa, che ha le chiavi del Regno dei Cieli, per aprire a coloro che vi entrano. Come in Isaia 22,22 il Signore pone sulle spalle del suo servo Eliachim le chiavi della casa di Davide, così Gesù affida a Pietro le chiavi della sua casa, del Regno dei Cieli, e lo insedia come AMMINISTRATORE".

Questa citazione di Cullman dovrebbe far molto riflettere e trarre le debite conclusioni.

Troviamo ancora un brano parallelo, su questo tema, in Marco 13,33 ss :

"State attenti, vegliate, perchè‚ non sapete quando sarà il momento preciso. E` come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poichè‚ non sapete quando il padrone di casa ritornerà…"

In questo brano, Marco introduce un’altra figura, quella del PORTIERE della casa, che ha il preciso compito, ordinatogli espressamente dal padrone, di vigilare. Viene anche detto che il padrone della casa ha "dato il potere ai servi", il potere di svolgere un compito, ciascuno con il suo compito; e il compito del PORTIERE è quello specifico di "vigilare" fino a quando il padrone di casa ritornerà ;

ma ci si può chiedere se anche gli altri servi non abbiano questo stesso compito, quello cioè di vigilare: appare chiaro che il "vigilare" del "portiere" è diverso dal "vigilare" degli altri servi. Significa evidentemente che il PORTIERE deve vigilare sull’andamento dell’intera casa compreso anche i compiti svolti dagli altri servi che a loro volta vigilano su quelli a loro sottoposti.

Anche in questo brano si evince che tutta la vigilanza, sia del portiere che degli altri, deve svolgersi fino al ritorno del padrone, e perciò anche in questo caso Gesù manifesta l’intenzione che i compiti affidati debbano durare fino al suo ritorno.

Cattolico_Romano
00domenica 16 novembre 2008 18:15

Un fratello separato scrive:

il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se lo aspetta e nell'ora che non sa, e lo punirà severamente, e gli assegnerà la sorte degli infedeli. Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse; ma colui che non l'ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Le percosse, si riferiscono alla punzione più o meno grave che il reprobo dovrà scontare all'inferno: gli assegnerà la sorte degli infedeli

Così come i salvati (che hanno accettato Gesù) avranno dei premi più o meno grandi a seconda del loro comportamento, cosi' i non salvati (che non hanno accettato Gesù) avranno delle punizioni più o meno gravi a seconda del loro comportamento.



Rispondo

I servi , richiamati da Cristo in questa similitudine, sono di diversi  tipi:

Il servo molto fedele che fa esattamente secondo il volere del padrone e viene ricompensato con molti beni.

Il servo completamente infedele che si mette ad angariare gli altri servi e riceve una punizione severa tra gli infedeli.

Il servo che pur conoscendo la volontà del padrone non si da da fare per compierla, e riceve molte percosse.

il servo che non conosce la volontà del padrone e quindi opera di conseguenza, il quale riceve poche percosse.

Sulle caratteristiche di questi servi l’indagine di molti commentatori cattolici si è matenuto molto nel vago, ed entro limiti molto ristretti,  senza approfondire più di tanto il tipo di premio o di castigo ad essi comminato.

Tuttavia, siccome l’esegesi e l’approfondimento della Scrittura sono inesauribili, mi sono posto molte volte delle domande su questi servi senza trovare  risposte soddisfacenti nei commenti finora letti.

La risposta protestante,  cocnlcude subito dicendo che anche i servi non completamente cattivi,  andranno all’inferno.

Ma questa risposta urta fortemente contro alcuni  punti  della Scrittura .

Se prendiamo ad esempio il quarto tipo di servitore, il quale NON CONOSCEVA la volontà del Padrone e che quindi per tale motivo non ha operato secondo il suo volere, come possiamo liquidare così sbrigativamente che sia stato destinato alla DANNAZIONE ETERNA e quindi senza più nessuna opportunità di salvezza?

Questo servo agiva senza sapere quel che faceva!

Agiva senza la piena avvertenza e senza il deliberato consenso nel compiere azioni che egli riteneva forse perfino conformi alla volontà del padrone.

Eppure  i fratelli separati  ritengono che  il Signore consideri quel servo senza speranza di redenzione!

Ma nel fare questa interpretazione si dimentica al tempo stesso che è

Proprio lo stesso Signore che è venuto a morire per i peccatori!

Proprio lo stesso Signore che ha pregato: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!

Proprio lo stesso Signore che ha parlato continuamente di misericordia e di perdono!

Proprio Lui sarebbe così spietato da non tener conto che quel servo stava agendo in modo inconsapevole e quindi avrebbe dovuto trattarlo con compassione? Egli che aveva compassione delle folle che lo seguivano!

Come si concilia dunque la conclusione protestante, che considera degno dell’inferno questo tipo di servo, con il sacrificio redentivo di Cristo e con la Sua infinita Misericordia?.

Non solo, ma se consideriamo il principio della giustificazione per sola fede, professata proprio dai fratelli separati, non è una grossa contraddizione ritenere che quel servo, il quale conosce il Padrone, e quindi crede in Lui, sia stato destinato alla ETERNA PUNIZIONE,  con poca sofferenza, ma tuttavia ETERNA, per un comportamento dovuto a semplice ignoranza?

Il principio della sola fede prevede la salvezza per chiunque crede e professa con la propria bocca il Signore risorto!

Quel servo è certamente da considerare credente visto che si trova al servizio di un tal padrone. Come mai, il Signore lo manderebbe all’inferno, secondo la tua interpretazione?

Ebbene, pur rilevando che per la mia interpretazione non ho trovato riscontri sufficienti, ma neppure contrari,  in altri commenti cattolici, tuttavia mi sia consentito di fare le mie riflessioni personali su questo brano, visto che tutti i fratelli separati si sentono in diritto di farlo asserendo di essere in ciò illuminati dallo Spirito Santo. Se essi lo possono essere perché non potrei avere anch’io una tale pretesa? Forse che sono un credente con qualche minorazione rispetto agli altri credenti? O forse essi hanno l'infallibilità?

Consideriamo ora la conclusione del Signore nel brano in questione :

A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Egli richiederà dai suoi servi in proporzione di quanto essi hanno ricevuto.

Se non hanno ricevuto la luce necessaria per poter operare secondo la volontà del Padrone, come possiamo pensare che Egli possa esigere dal suo servo qualcosa che non gli ha messo a disposizione?

Se pensassi che il Signore un giorno potrebbe mandarci all'inferno per delle colpe di cui non siamo neppure coscienti, allora è meglio che perdiamo tutti ogni speranza di salvezza. Chi potrebbe salvarsi se bastano delle omissioni a condannarci eternamente?

Lo stesso salmista chiede: assolvimi dalle colpe che non vedo! Dobbiamo pensare che il Signore invece lo manderà dritto all'inferno? Ma vogliamo proprio essere così ottusi, da non riconoscere che cosa il Signore sta veramente dicendo?

E allora, considerato che Cristo è morto per i nostri peccati, per riconciliarci con Dio, per salvare coloro che si accostano a Lui pur con le loro debolezze umane, considerato ancora che Egli è la Misericordia per antonomasia, mi sento di concludere che quelle POCHE PERCOSSE, comminate al servo che ha mal operato per non aver conosciuto la volontà del Padrone, sono delle punizioni leggere e temporanee in vista della salvezza eterna, promessa ai credenti in Lui.

L’espressione POCHE PERCOSSE, è simile all’espressione di Paolo: "Egli si salverà ma come attraverso il fuoco".

Così pure il suo cattivo operato, che ignora la volontà del Signore può essere paragonato ai materiali scadenti con cui egli ha costruito, in quanto servo, sul fondamento.

In entrambe le espressioni lo sfondo finale è la salvezza, pur attraverso una temporanea sofferenza.

E allora se proprio non piace il termine "purgatorio" chiamalo pure evangelicamente "la condizione delle poche percosse" così avrai un riferimento attendibile e fondato sul Vangelo.

Con affetto

Cattolico_Romano
00domenica 16 novembre 2008 18:16
Caro XY
il testo in blu è tuo, il neretto è mio:


 
> > Stando al contesto generale della similitudine si
> > comprende che i servi presi in considerazione sono
> > al servizio del padrone; essi conoscono il padrone
> > ma possono non conoscere la sua volontà. In tal caso
> > appunto riceveranno poche percosse.
>
> Anche ponendo le cose in questi termini, si tratta di
> un servo che sbaglia consapevolmente, e di un altro
> servo che fa cose degne di castigo, quindi che Dio
> dato che lui stesso è giusto deve punire.
> Se quel servo non conosce la volontà del padrone, non
> la conosce per negligenza.
> Giacomo al cap.1 della sua epistola dice che se
> qualcuno manchi di sapienza la chieda a Dio che la
> dona a chi la desidera.
> Un parallelo con questo caso può essere il servo che
> ricevette un solo talento e non lo fece fruttificare
> per timore.
Quel "deve punire" è corretto e infatti Gesù precisa che sarà punito, ma CON POCHE PERCOSSE.
Il che significa che non sarà eternamente, e quindi, secondo me, non può  trattarsi dell'inferno.
Nè può trattarsi del paradiso immediato, perchè in paradiso non si ricevono percosse.
Questi servi che conoscono il Padrone, e quindi credono, non si salvano automaticamente e immediatamente per la SOLA  FEDE .
Il testo non autorizza a pensare necessariamente che si tratti  di negligenza del servo.

>  
> > I servi dei versetti 47-48 sono da considerare tutti
> > i cristiani in generale invitati alla vigilanza di
> > cui parla tutto il capitolo 12, e in particolare i
> > servi amministratori secondo il v.41 di cui Pietro
> > gli aveva espresso esplicita domanda. Non si
> > riferisce ai pagani.
>
> Può essere.
> prendiamo in esame i vv.paralleli in Mt e notiamo che
> le percosse riguardano sempre persone che hanno perso
> la approvazione di Dio.

>  Si può perdere l'approvazione per qualcosa ma non per tutto. E anche di quel qualcosa il SIgnore tiene in conto: anche del bicchiere d'acqua dato con amore.
Il testo di Matteo prende in considerazione solo due categorie di servi e non quattro.
Non è affatto detto che la terza e la quarta categoria di servi menzionata da Luca sia una sottocategoria della seconda categoria: per me è evidente che si tratta di categorie a parte rispetto alle prime due.


> > Pensiamo ad esempio a quanti devono fare certe
> > scelte difficili nella loro vita di fede cristiana e
> > si trovano ad imboccare strade sbagliate, non avendo
> > ben conosciuto la chiara volontà di Dio a proprio
> > riguardo.
> > Pensiamo ancora a quanti, dovendo decidere se
> > intraprendere il proprio impegno cristiano nella
> > Chiesa Cattolica oppure in un'altra denominazione
> > alla fine imboccano una strada fuori dalla vera
> > Chiesa, secondo il proprio intendimento ma non
> > secondo quello che Dio vorrebbe effettivamente.
>
> Qui si tratta di cose differenti.
> Non trovo che per un cristano che in buona fede vuole
> servire di Dio e si sbaglia, si possa dire che fa
> "cose degne di castigo".
> la parabola si riferisce decisamente a chi apostata
> dalla fede e si dà al peccato in varie forme.
Vi può essere chi pur senza essere apostata, pur facendo tante cose degne, può incappare in cose riprorevoli.  Rileggiamo le parole rivolte da Cristo a vari  servi in  Apoc 2

2 Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi. 3 Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. 4 Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. 5 Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. 6 Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.....

...18 All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. 19 Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. 20 Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.... 23 Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. ....

Questi servi si sono distinti per opere, fatica, costanza, carità, fede, servizio....eppure il Signore ha qualcosa CONTRO di loro, ha qualcosa che non li fa essere perfetti.  In mezzo al bene vi è qualcosa di male oppure in mezzo al male vi è qualcosa di buono.
Il SIgnore darà a ciascuno SECONDO LE SUE OPERE. Cioè premio o castigo proporzionato a quanto si sarà fatto sia in bene che in male come dice Paolo:

2Co 5,10 Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

Ciò che si fa di male ovviamente non è una ricompensa favorevole ma sfavorevole, un castigo, delle percosse, che possono essere poche qualora vi fossero nel contempo altre opere di bene per le quali il Signore dara una ricompensa.
Il casi dei comportamenti espressi da Gesù possono  dunque essere compresenti nello stesso servo.
Capita a volte di essere caritatevoli con tante persone e  a volte di far cose degne di castigo.
Quale dei due comportamenti il Signore dovrà considerare secondo te?
Dovrà eternamente premiare o eternamente punire?
Secondo me, nè l'una nè l'altra cosa. Ma proporzionalmente al grado di conoscenza, di responsabilità e di gravità, assegnare le conseguenti "percosse" o le conseguenti ricompense.
Pensieri, parole, opere ed omissioni sono continui nei servi del SIgnore: a volte sono più o meno coerenti a volte incerenti, a volte consapevoli a volte inconsapevoli.
Non tutti i servi presentano sempre e solo una stessa costante caratteristica  per tutta la vita.
Pensa se per una cosa fatta e degna di castigo, insieme a tante altre cose fatte degne del Signore, Egli decidesse di mandarci all'inferno! Chi si salverebbe?
Anche dei ricchi il SIgnore dice che è più facile che un cammello entri per la cruna di una ago che un ricco nel regno dei cieli. Eppure Egli stesso, rispondendo ai discepoli inculca la fiducia che a Dio niente è impossibile: perfino far passare quel cammello ATTRAVERSO LA CRUNA DELL'AGO!  E noi siamo come tanti cammelli, più o meno appesantiti da difetti,  che devono passare ATTRAVERSO LA FINISSIMA  CRUNA DELLA PERFEZIONE CHE  LA SANTITA'  e la GIUSTIZIA DI DIO ESIGE E CHE INCENDIERA'  COME FUOCO TUTTE NOSTRE IMPERFEZIONI.


>  
> > Pur avendo il dono della fede queste persone fanno
> > qualcosa che essi pensano sia giusto e meglio fare
> > ma in realtà non è proprio secondo la volontà del
> > loro padrone.
> >
> Queste persone avranno al massimo un premio inferiore
> da Dio al giorno del giudizio.
> Non regneranno magari su 10 città nel regno di Dio (Lc
> 19,17-19) ma regneranno solo su 5 o solo su 1.
> Condivideranno comunque come re il regno di Cristo
> sulla terra nei 1000 anni successivi al suo ritorno
> (Ap 20,5-6)
Sulla questione millenarista abbiamo un altro forum in corso.
Luca non parla di diminuzione di premio ma di poche percosse.
Paolo non parla di diminuzione di ricompensa ma che invece EGLI STESSO SI SALVERA' , MA COME ATTRAVERSO IL FUOCO (1Co3,15)
Queste non sono mie parole o supposizioni ma espressioni precise della Scrittura.


>
> > Ecco dunque quali possono essere i casi, o altri
> > analoghi, in cui i servi, pur non avendo piena
> > colpa, non hanno neppure piena perfezione nel loro
> > agire.
> > Per questo tipo di servo Cristo parla di poche
> > percosse.
>
> Poche indica un numero limitato, sono d'accordo.
> sotto ti approfondisco la cosa.


>
> > La sorte di questo servo non viene accostato alla
> > sorte degli infedeli, né degli ipocriti, né dello
> > stridor dei denti.
>
> Dici?
> leggi le 2 parabole parallele che trovi nel vangelo di
> Matteo.in quelle 2 è netta la linea:
> salvati e non salvati.

> Matteo riporta solo le prime due specie di servi: o totalmente fedeli o totalmente infedeli.
Luca integra rispetto a queste due categorie, altre due per le quali non si parla nè di premio nè di punizione rigorosa con stridor di denti.


> > Sottolineo che se queste percosse sono POCHE, vuol
> > dire che non sono ETERNE, perché se fossero eterne
> > allora sarebbero in numero infinito, illimitato:
> > mentre Cristo specifica che saranno POCHE e le poche
> > battiture sono segno di pena temporanea non di
> > eterna separazione.
>
> Se poche sono un numero limitato, anche le MOLTE
> percosse rimangono comunque un numero limitato.
> MOLTE vuol dire tante, ma comunque non INFINITE.
> In Mt che è un vangelo sinottico con Luca, vediamo che
> si parla anche lì di un servo che viene fato
> flagellare e che dopo viene gettato in un luogo di
> sofferenza.
> Se prima viene fatto flagellare, e poi messo nella sua
> dimora eterna di separazione da Dio, vuol dire che i
> colpi di flagello/percosse che ha ricevuto sono
> LIMITATI, non INFINITI.
> Ciò non fa di lui un salvato.
Ho preferito analizzare le Poche percosse perchè più evidente la leggerezza della colpa e il conseguente leggero castigo.
Nel caso delle MOLTE percosse, sono pure del parere che si tratta anche in questo caso di punizione pur sempre limitata e  non eterna in vista della salvezza. 
Mentre secondo il tuo ragionamento dovremmo pensare che vi saranno prima delle percosse, tante o poche che siano,  e poi l'inferno.
Quindi tanti cristiani, i quali hanno fatto tante cose degne del Signore, basterà che abbiano  fatto come i servi di Tiatira, qualcosa CONTRO la Sua volontà, che saranno prima battuti e poi  spediti all'inferno eterno. Tutta la loro fede, la loro costanza, le loro fatiche, le loro opere non serviranno a consentir loro la salvezza. Davvero tremendo.
Questo ragionamento
contraddice alla grandezza del dono della fede e alla salvezza ad essa connessa, se accompagnata dalla carità,  sia pure imperfetta.
Contraddice alla Misericordia infinita di Dio che ci ha creati per la salvezza, non per la perdizione con tanta facilità .
Contraddice al sacrificio di Cristo che è venuto per salvare e non per condannare.


>
> In conclusione caro Teofilo se leggiamo il vangelo con
> attenzione ed onestà ci rendiamo conto che l'inferno è
> una tragica realtà in cui MOLTI andranno.
> La salvezza rimane per POCHI, una strada stretta....se
> davvero questo rischio di dannazione non fosse così
> grande, perchè Gesù ne parla così spesso?
> Francamente preferirei molto di più che il purgatorio
> davvero esistesse, anzi preferirei che esistesse solo
> il purgatorio e l'inferno non ci fosse e che tutti
> sarebbero salvati dopo un periodo di tempo di
> espiazione...ma la Scrittura non ci autorizza a
> credere questo.
> Saranno più numerosi i dannati dei salvati,
> leggi alcuni padri e dottori della Chiesa Cattolica e
> vi troverai proprio questa amara e tragica realtà.
Qui nessuno di noi intende negare l'inferno e la sua orrenda realtà.
Ma da questo a dire che con tanta facilità il SIgnore permetterà che vi si caschi dentro ce ne corre.
Per questo noi ribadiamo il concetto che perchè questo avvenga vi deve essere un rifiuto di Dio consapevole, reiterato, grave, senza pentimento. Una offesa imperdonabile, nè nel tempo presente nè in quello futuro, come può essere ad esempio la bestemmia contro lo Spirito Santo come può essere ad esempio la negazione consapevole della verità conosciuta, disperazione di potersi salvare nonostante l'infinita Misericordia di Dio,  oppure di potersi salvare senza alcun merito facendo peccati senza ritegno e affronto alla Misericordia.
> Con Affetto

Cattolico_Romano
00domenica 16 novembre 2008 18:20

Caro XY,   Scrivevi:

> Caro XW, la tua analisi è interessante.
> A me tuttavia sembra evidente che in Luca non si parli
> di 4 servi, ma di 2 servi, di cui le poche o molte
> percosse sono una sottocategoria.
> Mi sembra accettabile dunque vedere le molte o poche
> percosse come una punizione più o meno grave.

Dovrebbe destare domanda come mai Gesù parlerebbe di un solo tipo di servo assolutamente fedele destinato al Paradiso e poi di tre tipi di servi destinati all'inferno, sia che abbiano fatto molto male sia che abbiano sbagliato anche una sola volta, e magari anche inconsapevolmente, ritrovandosi il giorno del giudizio di fronte ad un ineluttabile, inappellabile e terrificante giudizio. Non è evidente la tua conclusione.

Si salverebbe solo chi è stato sempre e solo fedele.

Ti ricordo di quanti altri tipi di servi sono menzionati in Apoc cap. 2 in cui il molto ben operare si trova mescolato a opere riprorevoli, consapevoli o inconsapevoli, e a loro non viene fatta minaccia di eterna punizione.

Tutti coloro che hanno fatto qualsiasi errore non avrebbero speranza.

Esaminiamo queste minacce fatte in Apoc per vari tipi di servi:

Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto...

Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca...

3 Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te.

Non risultano in questi versi esaminati minacce di eterni castighi come nel caso di quei servi totalmente infedeli menzionati in Luca 12,45: Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.

Quelli che sono parzialmente infedeli vuol dire che sono al contempo parzialmente fedeli. Cioè hanno qualcosa di buono, in primo luogo la FEDE, visto che sono al servizio del Padrone. Ora, proprio quelli che hanno la FEDE, pur avendo poche opere, non si salveranno? DI essi Paolo dice che chi crede e professa con la bocca che Cristo è risorto saranno salvati. Quindi le "battiture" sono previste per chi pur avendo la fede , non avrà operato in piena conformità al volere del Padrone, ma si salverà ugualmente, attraverso, tribolazioni di questa vita o di quella futura, se necessario.



Riprendo un concetto che esprimevi in altra occasione per offrirti un'altro motivo di riflessione:

Una persona che pecca consapevolmente e deliberatamente è punita di più di chi fa le stesse cose senza comprendere appieno la loro gravità, rimane il fatto che essere battuti e flagellati e segno di separazione eterna di Dio

Il quarto tipo di servi non comprende per nulla la gravità di ciò che sta facendo, perchè Gesù dice che non conosce il volere del Padrone. Perciò la sua colpa è comprensibilmente leggera.

Le battiture o percosse, sia forti che leggere, non sono necessariamente indice di separazione eterna da Dio, come tu dici, ma anzi devono essere visti come correttivi e come esigenza di giustizia, nonchè della bontà infinita di Dio, che offre una possibilità di affrancamento, in Cristo, che ha aperto per tutti la strada verso la salvezza.

Vediamo qualche esempio dalla Scrittura:

Eb 12,6 perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio.

Nota il termine SFERZA: flagello che non è finalizzato alla separazione eterna.

Addirittura Paolo abbandona alla crudele e devastante opera di Satana alcuni credenti infedeli, al fine di ritrovarli salvi nel giorno del giudizio:

1Co 5,5 questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.

2Co 12,7 Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.

1Ti 1,20 tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare.

Questi correttivi cominciano già nella vita presente, e sono necessari perchè la persona IMPARI.

Ometto di riportare tutti i versetti dove si parla della necessità delle tribolazioni per raggiungere la vita eterna: tutte finalizzate non alla perdizione ma alla salvezza. Se la carne muore prima che satana possa torturarlo nel corpo? A chi sarà dato in balia affinchè impari e possa ottenere la salvezza nel giorno di Cristo Gesù?




> Consulta alcuni commentari CATTOLICI e vi troverai
> facilmente proprio questo.
> Ritengo comunque possibile anche un'altra spiegazione
> che ti pongo più sotto.

I commentari che ho consultato, come ti dicevo come premessa iniziale di questo nostro esame sui servi di Luca 12,47, non si addentrano mai sul tipo di castigo ad essi comminato, e credo che non vi sia da parte cattolica un adeguato approfondimento di questo testo che per molte ragioni è accostabile a 1 Cor 3,15.

Se tu hai qualche commento esegetico serio ed attendibile, che affronti il problema in modo vasto e articolato, ti prego di farmi una scannerizzazione, se puoi.

Resta comunque il fatto che si tratterebbe comunque di un punto di vista, per quanto rispettabile.

Le mie osservazioni non contraddicono minimamente a quanto la Chiesa professa, anzi trovo che questo testo di Luca dia ancor più ragione ad essa, nonostante non se ne serva per avvalorare la propria posizione.

Ma potrebbe farlo a ragion veduta, stando a tutto quello che stiamo scandagliando e facendo emergere dalla profondità della Scrittura che è un forziere inesauribile a cui noi non dobbiamo mai smettere di attingere.




> Quando in 1Cor 3,15 si parla di salvezza attraverso il
> fuoco si tratta delle opere non valide che nel giorno
> del giudizio verranno bruciate.
> "Egli ne avrà il danno"
> Si tratta del dissolvimento nel fuoco del giorno del
> giudizio di quelle opere non fatte secondo il volere
> di Dio.

> Paolo per esprimere bene questo concetto fa un esempio
> a mio avviso molto efficace:
> Oro, argento, pietre preziose
> rappresentano le opere fatte secondo Dio
> legno, paglia, fieno
> rappresentano le opere fatte secondo la volontà
> dell'uomo
> Ora immagina questa scena:
> Un masso di roccia su cui sono poste sopra lingotti di
> oro, di argento e di pietre preziose.
> Immagina che il tutto venga incendiato, il fuoco non
> danneggerà sostanzialmente tutto questo.
>
> Immagina ora lo stesso masso di roccia e ponici sopra
> del legno del fieno e della paglia.
> Dai fuoco al tutto, vedrai davanti ai tuoi occhi che
> questi materiali inadeguati bruciarsi ed alla fine
> rimarrà solo la roccia di fondamento.

Rileggiamo ancora una volta il testo di Paolo:

1Co3,13 l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.

1Co 3,14 Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; 15 ma se l'opera finirà bruciata, egli sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.

Nel versetto 13 si parla della prova del fuoco SULL'OPERA. Ma nel verso 14, si dice che attraverso il fuoco ci passa l'OPERATORE.

Ti prego di notare quell' Egli.

Oltre all'opera, anche l'operatore passerà ATTRAVERSO IL FUOCO, prima di salvarsi

E' proprio EGLI, l'operatore che sarà punito o subirà il danno, ovvero le percosse, in vista della salvezza.




> le "percosse" possono quindi essere viste dunque come
> questo consumarsi nel fuoco delle opere non fatte
> secondo la volontà di Dio.

Le percosse vengono date ai servi come dice chiaramente la similitudine di Luca 12,47

Non è assolutamente possibile neppure immaginare che vengano date alle opere.

Le opere non hanno sensibilità alcuna e non possono percepire il castigo di cui è invece responsabile il credente.

Non per nulla Paolo dice: egli sarà punito: tuttavia egli si salverà,




> Ricordo che proprio in Apocalisse in una delle lettere
> alle chiese Gesù dice: "ti consiglio di comprare da me
> dell'ORO AFFINATO COL FUOCO" parlando di opere da
> compiere secondo il Suo Volere.
> Mi sembra evidente la analogia con l'oro e la prova
> del fuoco di 1Cor 3.

Traggo dal commento evangelico di laparola.net uno spunto di risposta anche per farti capire qualche contraddizione in cui si viene a cadere:

Ap 3,18 Io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco affinché tu arricchisca;

Solo Cristo può dare a Laodicea i veri beni di cui ha necessità. Cristo l'esorta a comprare da lui questi beni, non perchè l'uomo ch'è bisognoso abbia di che pagare dei beni spirituali di valore infinito, ma perchè l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate. Contraria del tutto alla dottrina evangelica è l'idea romana che i beni della grazia si comprano a prezzo di buone opere.

Ancora una volta la posizione evangelica esprime la convinzione che le opere non servono assolutamente a nulla. Quindi l'oro che il Signore invita ad acquistare, secondo i fratelli separati non sono le opere come tu pensi.

Da notare comunque la frase evidenziata in grassetto dove vien detto, dal commento evangelico, che l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate.

Allora NON BASTA LA FEDE!!! ci vogliono anche le opere, ci vuole dirittura morale perfetta.

E se le opere sono buone solo in parte? Se ci sono dei difetti?

Cosa farà il Signore?



>> Infine nonostante le nostre inadempienze Dio ci
> salverà se confidiamo in Lui, cercando di servirlo con
> i nostri limiti e difetti ma con cuore sincero.

E' proprio quello che sostengo anch'io. Il fine per cui siamo stati creati è la salvezza.

I difetti e i limiti sono insiti nella nostra natura.

Pensa a Pietro che, nonostante conoscesse la volontà del Padrone, nonostante gli avesse chiaramente profetizzato il suo rinnegamento, egli ugualmente lo rinnega.

Ma egli si pente e Cristo lo perdona e anzi gli da l'incarico di confermare i fratelli nella fede e gli affida tutto il gregge. Ma quante tribolazioni Pietro avrebbe poi dovuto sopportare oltre alla contrizione del suo cuore pentito, quante mortificazioni, fatiche, pericoli fino alla morte per martirio, prima di ricevere la corona della vita.

Ma che ne sarà di chi rinnega il Padrone consapevolmente come Pietro e poi si pente all'ultimo istante senza avere il tempo nè di una contrizione e dolore perfetto come il ladrone che subì anche la crocifissione?

Non dovrà avere anch'egli l'occasione di poter imparare dalla giustizia divina la gravità del suo errore?

Ecco dunque le molte percosse, e il SUO passaggio come attraverso il fuoco, ma in vista della salvezza.

::::::::::::::::::::.

> Caro XW, riporto alla tua attenzione questo brano
> su cui ci stiamo confrontando, voglio concludere
> questo discorso con 2 possibili esplicazioni:
>
> 1-ecco la prima:
>
> 41 Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per
> noi, o anche per tutti?"
>
> Per tutti può indicare anche per i pagani.
>

Secondo il contesto del capitolo, Pietro domanda a Gesù se egli si riferisce a tutti i CREDENTI oppure solo agli APOSTOLI, visto che Gesù aveva parlato della vigilanza che i suoi avrebbero dovuto avere. Gesù non aveva parlato della vigilanza dei popoli del passato e neanche poteva aspettarsi la vigilanza di coloro che non erano suoi discepoli.

Infatti Gesù parlerà subito dopo di Amministratore e i vari tipi di servitori sono sempre da riferirsi all'amministratore posto in funzione di responsabilità . Solo per estensione può essere riferibile anche ad altri credenti.

I pagani in questa similitudine non c'entrano come già ti ho spiegato in precedenza

Ma vedremo che anche se volessimo farceli entrare per "estendere l'estensione", ugualmente non si potrebbe immaginare in loro una colpa passibile di eterna punizione.


> 42 Il Signore rispose: "Chi è dunque l'amministratore
> fedele e prudente
che il padrone costituirà sui suoi
> domestici per dar loro a suo tempo la loro porzione di
> viveri? 43 Beato quel servo che il padrone, al suo
> arrivo, troverà intento a far così. 44 In verità vi
> dico che lo costituirà su tutti i suoi beni. 45 Ma
se
> quel
servo dice in cuor suo: "Il mio padrone tarda a
> venire"; e comincia a battere i servi e le serve, a
> mangiare, bere e ubriacarsi,
46 il padrone di quel
> servo
verrà nel giorno che non se lo aspetta e
> nell'ora che non sa, e lo punirà severamente, e gli
> assegnerà la sorte degli infedeli. 47 Quel servo che
> ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha
> preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà,
> riceverà molte percosse; 48 ma colui che non l'ha
> conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne
> riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà
> richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più
> si richiederà
>
> Da questo possiamo intendere che al v.48 coloro che
> non hanno conosciuto la volontà del padrone, ma hanno
> fatto "cose degne di castigo" saranno puniti comunque
> nell'inferno, perchè saranno andati contro la legge
> divina scritta nel loro cuore.
>
> Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed
> egli mi sarà figlio. 8 Ma per i codardi, gl'increduli,
> gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli
> stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro
> parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo,
> che è la morte seconda.
>
> Chi avrà commesso colpe gravi come l'omicidio, anche
> se non ha conosciuto la volontà del padrona rivelata
> in Cristo sarà comunque punito con la separazione
> eterna da Dio.
> Inoltre nei primi 3 casi abbiamo un termine, nel
> quarto un altro:
> servo
> servo
> servo
> colui
>
> il che può indicare un ignaro del vangelo.
> Il "colui" si riferisce con assoluta chiarezza a "servo" di cui sta facendo l'elenco casistico, così come l'espressione che non l'ha conosciuta si riferisce alla volontà del Padrone.

Il quale servo non è altro che una specificazione del tipo di servo Amministratore che apre la similitudine, come si può ben rilevare dal testo. La volta scorsa dicevi addirittura che il quarto tipo di servo è una sottocategoria della seconda. E la seconda categoria è un servo. Ora cambi parere e pensi come cercavo di farti capire che si tratti di una categoria a parte: ma continui a pensare che si tratti della categoria dei pagani.

Or questa categoria, sia che si tratti di cristiano com'è evidente, sia che si tratti di pagano, significa che egli, PROPRIO NON SAPEVA CIO' CHE IL PADRONE CHIEDESSE e quindi non siamo autorizzati a ritenere che il padrone possa ETERNAMENTE PUNIRLO per una cosa di cui non era a conoscenza. Tanto più che le percosse sono POCHE.

Se un pagano non sa quello che il padrone vuole, significa che la legge scritta nel suo cuore non gli ha evidenziato il contrasto del suo operare con la volontà del suo Dio. Perchè dunque Dio dovrebbe punirlo con una condanna irreversibile ed eterna , senza dargli la possibilità di un affrancamento?

Se la legge del cuore non ha mostrato la gravità del suo operare, quale grave colpa può essere imputato al pagano, tanto da doverlo punire eternamente?

2-Un'altra possibile visione è la seguente, leggendo
il termine del versetto alla luce della sua
conclusione, possiamo mettere questa parentesi nel
tetso che ne rivela il significato:

48 ma colui che non l'ha conosciuta (altrettanto bene
come il servo di cui si è parlato prima) e ha fatto
cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto
è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è
stato affidato, tanto più si richiederà

Gli è stato affidato di meno, perchè ha avuto meno
rivelazione da parte di Dio, ma è pur sempre stato un
credente in Cristo che non si è dimostrato fedele.

> Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed
> egli mi sarà figlio. 8 Ma per i codardi, gl'increduli,
> gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli
> stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro
> parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo,
> che è la morte seconda.


Ti faccio notare che l'aggiunta inserita da te tra parentesi
(altrettanto bene come il servo di cui si è parlato prima) è del tutto arbitraria e non esiste nel testo. Rivela il significato che gli vorresti far avere tu partendo dalla tua interpretazione. L'interpretazione deve partire dal testo e non viceversa.

Il testo dice chiaramente che quel servo NON HA CONOSCIUTO IL VOLERE DEL PADRONE al cui servizio si trova. Non posso assolutamente condividere questa aggiunta che la Scrittura non riporta.

Il verso 48 conclude : A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Ma cosa si potrà richiedere a chi non è venuto a conoscenza della volonta del padrone su un certo tipo di comportamento o opera fatta nel corso della vita? Come poteva trafficare quel tale in modo corretto, un talento che non aveva?

Quindi, anche volendo accostare questa similitudine alla parabola dei talenti troveremo che questo servo di Lc 12,48, non ha ricevuto quel talento.

I credenti sanno che facendo le cose abominevoli, omicidi, furti, fornicazioni, andranno all'inferno, ma quel servo di cui stiamo facendo l'analisi, NON SAPEVA, dal che si deduce che non si trattasse di colpe di tale gravità, altrimenti la legge evangelica o la legge del cuore (nel caso di pagani), avrebbe testimoniato contro.

Pensiamo invece ai sedicenti pastori di chiese scismatiche, i quali sono convinti di conoscere la volontà del Padrone e invece si adoperano per gettare fango e veleno sulla vera Chiesa e a proseguire nell'opera di divisione apportando ulteriori ferite ad essa. Anche se al contempo hanno operato qualche cosa di buono alla fine dovranno rispondere di tutto. (cf.Giac.3,1-2)

Infine anche se fosse vera la tua interpretazione sui 4 servi, che contraddice i 2 soli servi presenti nel
vangelo sinottico di Matteo! Si tratterebbe comunque di una dose più o meno grande
di PERCOSSE DATE AL RITORNO DI CRISTO, non SUBITO DOPO LA MORTE, come insegna la dottrina cattolica sul purgatorio!!!

Luca aggiunge i due servi. Altrimenti dovresti dire che Luca contraddice Matteo, non che io lo contraddico.

Nei versi precedenti di Luca 12, Gesù faceva qualche precisazione riguardo al suo arrivo:

38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate".

Cristo parla di arrivo improvviso, in due possibili momenti diversi: nel cuore della notte o prima dell'alba, o come traducono altri alla seconda o terza vigilia. Niente è casuale nel Vangelo. Anche queste parole hanno un senso e può essere riferibile all'arrivo del Signore per ciascuna anima al momento della morte, e poi al momento del giudizio finale. Non per nulla già dopo la morte l'anima incontra il SIgnore e per lei arriva col Suo primo giudizio e si ha una prima destinazione per le anime, secondo le parole di Paolo:

2Co 5,10 Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

Tu stesso dici più sotto:

> Il giudizio sulla persona avviene subito dopo la morte, non nel giorno del ritorno di Cristo

In realtà nel giorno del giudizio finale Cristo giudice renderà definitivo e manifesto a tutti, quello che le anime avranno già maturato nel primo giudizio.

Non è detto dunque che l'arrivo di Cristo debba essere necessariamente inteso come l'arrivo alla vigilia finale che prelude all'alba della resurrezione. Può essere che si tratti dell'arrivo nel cuore della notte che coglie ogni uomo al momento della morte.

La stessa cosa lo avevamo rilevato con altre parole in 1 Cor 3,15 che presenta anche questo punto di contatto con Luca 12,47-48

> Inoltre quando citi 1Cor 3,15 parlando di una
> punizione, usi la traduzione CEI, che fa una
> interpretazione faziosa del versetto, vediamo come
> traducono altre versioni:
>
> (NR) se l'opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno;
>
ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il
> fuoco
>
> (Nuova Diodati) ma se la sua opera è arsa, egli ne
> subirà la perdita,
nondimeno sarà salvato, ma come
> attraverso il fuoco
>
> (Riveduta) se l'opera sua sarà arsa, ei ne avrà il
> danno;
ma egli stesso sarà salvo, però come attraverso
> il fuoco
>
> (Diodati) Se l'opera d'alcuno è arsa, egli farà
> perdita;
ma egli sarà salvato, per modo però, che sarà
> come per fuoco
>

Nella tua analisi devo innanzitutto rilevare che ai cattivi operai di Cristo menzionati da 1 Co 3,10-15 attribuisci il paradiso senza alcuna pena da parte di loro stessi. Ai cattivi operatori di Luca 12,47-48 attribuisci prima le percosse e poi l'inferno eterno senza possibilità di remissione. Pena e danno senza appello da parte di un giudice implacabile.

Una strana contraddizione. Da una parte un giudice che concede facilmente la salvezza, nonostante il cattivo operato dei suoi servi, dall'altra un giudice impietoso che castiga ed esclude per sempre dal suo regno, nonostante l'inconsapevole cattivo operato.

Nel caso di Luca troviamo che il giudice premierebbe secondo te solo chi ha operato SEMPRE FEDELMENTE.

Premia solo se vi sono OPERE eccellenti. Ogni forma di errore è punito inesorabilmente.

Salvezza per sole opere se osservi bene le tue conclusioni, tanto per i cristiani che per i pagani.

Poi ti faccio notare che le traduzioni protestanti di 1 Cor 3,15 che hai riportato sopra traducono alcuni "avrà danno", altri "avrà una perdita". Tra le due traduzioni intercorre una differenza se la si vuole scorgere.

Il DANNO che l'operatore subisce può essere un danno a lui stesso, alla sua persona, e quindi può essere considerato come una pena che gli viene inflitta; è questo lo stesso senso che gli attribuisce la CEI che tu ritieni con tanta disinvoltura "faziosa".

Nota la parte evidenziata in grassetto del testo di 1 Cor 3,15 b e noterai meglio che è il servitore a passare in mezzo al fuoco, non solo la sua opera.

Ciò che non hai menzionato, ancora una volta, è che l'operatore, EGLI, si salverà passando attraverso qualcosa che somiglia al fuoco.

Non l'opera ma l'operatore, continuo ad insistere su questo particolare di enorme importanza per il nostro argomento.

E' questo il versetto che tu e altri fratelli separati non volete vedere.

Il giudizio è sull'operato dell'operatore. E' l'operatore che subisce il danno o la pena del giudizio.



> Si tratta di una perdita del PREMIO.
> Non si tratta di una punizione.
> In tutto il contesto di 1Cor 3 si parla di giudizio
> sulle opere compiute, non di giudizio sulle persone.
> Il giudizio sulla persona avviene subito dopo la
> morte, non nel giorno del ritorno di Cristo.

Ai morti nel Signore, fino alla resurrezione non viene concesso il premio finale della ricostituzione completa del loro essere in anima e corpo, ma la loro anima è già presso il Signore e può godere già della visione beatifica come anticipo della gloria futura e definitiva col loro corpo risorto.

Le anime che si trovano presso l'altare, visti da Giovanni in apoc. non sono all'inferno ma in paradiso.

Il ladrone, Paolo, Pietro, sono in cielo e hanno già ricevuto la caparra del premio che sarà definitivo alla venuta di Cristo.

A differenza di chi è stato avviato all'inferno essi hanno una condizione ben diversa e questo non si può dire che non sia già una prima forma di premio. Così pure quelli che sono andati all'inferno hanno già un anticipo del castigo che riceveranno col proprio corpo.

Ti sei chiesto come mai, se il giudizio avviene subito dopo la morte, come in effetti avviene, troviamo che quel servo debba passare attraverso il fuoco nel giorno del giudizio, prima di potersi salvare?

"egli ne avrà il danno" che cosa è se non una punizione, una pena, una sofferenza?

La vita eterna, la salvezza, non è il risultato più desiderabile che si possa conseguire?

Il danno, la punizione assimilabile alle percosse descritte in Luca, che gli operatori parzialmente fedeli hanno meritato col loro operare non del tutto conforme alla volontà del Padrone, ma neppure così malvagio da meritare l’inferno, rende ragione sia del testo di 1 Cor 3,15, il quale afferma che si salveranno passando per una specie di fuoco, sia del testo di Luca in cui si parla di poche percosse.

Né nel primo caso diciamo che il padrone è così bonario da passar sopra a tutto il cattivo operato, né nel secondo caso diciamo che è così spietato da non poter perdonare colui che non sapeva cosa faceva.

Ecco cosa significa riconoscere nel padrone la giustizia e la misericordia congiunte insieme, come ci mostra tutto il Vangelo. Soprattutto nel momento cruciale, in cui gli uomini crocifiggevano il Sommo e Giusto Giudice ed Egli implorava: Padre perdona loro perché NON SANNO quello CHE FANNO (come i servi di Luca 12,47 che NON SAPEVANO).

Con affetto


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