Massima chiarezza sugli abusi in Germania

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S_Daniele
00sabato 6 marzo 2010 22:06
Massima chiarezza sugli abusi in Germania

La diocesi di Ratisbona esaminerà le accuse di abusi sessuali che sarebbero avvenuti nel coro dei Regensburger Domspatzen «con la massima trasparenza». È quanto ha affermato il portavoce della stessa diocesi, Clemens Neck, che ha anche annunciato l'istituzione di una commissione di indagine ad hoc, a conferma che, con un rigore e un coraggio esemplari, non si ha nessun timore a fare chiarezza persino sulla base di accuse fino a questo momento non accompagnate da riscontri oggettivi. Lo riferisce l’edizione odierna dell’Osservatore Romano. Del resto, la notizia di un caso di abuso avvenuto negli anni Cinquanta nel convitto dove alloggiavano i coristi, era stata diffusa dallo stesso vescovo, Gerhard Ludwig Müller, in una lettera pubblicata sul suo sito in rete, destinata ai famigliari delle vittime. Il presule aveva appunto riferito di essere venuto a conoscenza di un caso per il quale fu condannato il direttore del convitto, nel frattempo deceduto. E aveva invitato chi è a conoscenza di fatti a fornire informazioni per individuare vittime e colpevoli di eventuali altri episodi dello stesso genere. Agli abusi compiuti in alcuni istituti cattolici tedeschi è stata dedicata anche parte della recente assemblea dei vescovi tedeschi. Le diverse diocesi nel cui territorio sono presenti tali istituti stanno operando con la massima trasparenza e serietà. Il direttivo del coro di Ratisbona si è detto costernato per i casi di pedofilia registratisi in ambito ecclesiastico, compresi quelli che sarebbero avvenuti nella celebre istituzione dei Regensburger Domsplatzen.
«Il direttivo del Coro — si legge in una lettera pubblicata sul sito in rete della diocesi di Ratisbona — ha seguito con grande attenzione le notizie sui casi di abusi sessuali in istituzioni religiose. Siamo costernati per il fatto che simili fatti vergognosi siano avvenuti in istituzioni ecclesiastiche». Si legge ancora nel sito: «Abbiamo saputo che anche un ex allievo del Coro (all'inizio degli anni Sessanta) ha riferito alla stampa abusi sessuali». «In base a quanto previsto dalla Conferenza episcopale tedesca — aggiunge la lettera — le ammissioni dell’ex allievo sono state inoltrate alla psicologa Birgit Boehm, responsabile diocesana per i casi di abusi. La signora Boehm ha cercato di mettersi in contatto con la presunta vittima degli abusi. Sulla base delle conoscenze che si hanno al momento, non è tuttavia ancora chiaro se gli abusi siano avvenuti nella nostra istituzione o nella scuola elementare di Etterzhausen (attuale Pielenhofen)». La lettera cita anche il caso già segnalato dal vescovo di Ratisbona: «Attraverso un articolo di stampa degli anni Cinquanta, che ci è pervenuto, siamo venuti a conoscenza di una informazione concreta relativa a un abuso sessuale. L’allora responsabile del collegio, a quanto ne sappiamo, era stato condannato per questo». A tutt’oggi comunque — continua la lettera — «non disponiamo di ulteriori elementi concreti su casi sospetti di abusi all’interno del Coro di Ratisbona».

In un comunicato il vescovo di Ratisbona precisa che i due casi di abusi risalenti al 1958, pubblicamente noti già all’epoca e da considerarsi giuridicamente chiusi, non coincidono con il periodo dell’incarico del maestro prof. George Ratzinger (1964-1994).

La Santa Sede – si legge ancora sull’Osservatore Romano - appoggia la Diocesi nella propria disponibilità ad analizzare la dolorosa questione con decisione e in modo aperto, ai sensi delle direttive della Conferenza Episcopale Tedesca. L'obiettivo principale del chiarimento da parte della Chiesa è di rendere giustizia alle eventuali vittime. Essa, inoltre, è grata per questo impegno di chiarezza all'interno della Chiesa e auspica che altrettanta chiarezza venga fatta anche all'interno di altre istituzioni, pubbliche e private, se veramente sta a cuore di tutti il bene dell'infanzia.

© Copyright Radio Vaticana
S_Daniele
00sabato 6 marzo 2010 22:07

Chi sta cercando di incastrare il Papa?
False insinuazioni sul fratello del Papa.
Qui l'articolo di Andrea Tornielli che fa luce sulla disinformazione dei giornali italiani!

S_Daniele
00sabato 6 marzo 2010 22:08
La Chiesa opera con rigore per fare luce su quanto accaduto in istituti religiosi

Massima chiarezza sugli abusi in Germania


Ratisbona, 6. La diocesi di Ratisbona esaminerà le accuse di abusi sessuali che sarebbero avvenuti nel coro dei Regensburger Domspatzen "con la massima trasparenza". È quanto ha affermato il portavoce della stessa diocesi, Clemens Neck, che ha anche annunciato l'istituzione di una commissione di indagine ad hoc, a conferma che, con un rigore e un coraggio esemplari, non si ha nessun timore a fare chiarezza persino sulla base di accuse fino a questo momento non accompagnate da riscontri oggettivi.
Del resto, la notizia di un caso di abuso avvenuto negli anni Cinquanta nel convitto dove alloggiavano i coristi, era stata diffusa dallo stesso vescovo, Gerhard Ludwig Müller, in una lettera pubblicata sul suo sito in rete, destinata ai famigliari delle vittime. Il presule aveva appunto riferito di essere venuto a conoscenza di un caso per il quale fu condannato il direttore del convitto, nel frattempo deceduto. E aveva invitato chi è a conoscenza di fatti a fornire informazioni per individuare vittime e colpevoli di eventuali altri episodi dello stesso genere. Ulteriori dettagli sui casi in questione sono specificati in un comunicato che pubblichiamo qui a fianco.
Agli abusi compiuti in alcuni istituti cattolici tedeschi è stata dedicata anche parte della recente assemblea dei vescovi tedeschi. Le diverse diocesi nel cui territorio sono presenti tali istituti stanno operando con la massima trasparenza e serietà. Il direttivo del coro di Ratisbona si è detto costernato per i casi di pedofilia registratisi in ambito ecclesiastico, compresi quelli che sarebbero avvenuti nella celebre istituzione dei Regensburger Domsplatzen. "Il direttivo del Coro - si legge in una lettera pubblicata sul sito in rete della diocesi di Ratisbona - ha seguito con grande attenzione le notizie sui casi di abusi sessuali in istituzioni religiose. Siamo costernati per il fatto che simili fatti vergognosi siano avvenuti in istituzioni ecclesiastiche". Si legge ancora nel sito:  "Abbiamo saputo che anche un ex allievo del Coro (all'inizio degli anni Sessanta) ha riferito alla stampa abusi sessuali". "In base a quanto previsto dalla Conferenza episcopale tedesca - aggiunge la lettera - le ammissioni dell'ex allievo sono state inoltrate alla psicologa Birgit Boehm, responsabile diocesana per i casi di abusi. La signora Boehm ha cercato di mettersi in contatto con la presunta vittima degli abusi. Sulla base delle conoscenze che si hanno al momento, non è tuttavia ancora chiaro se gli abusi siano avvenuti nella nostra istituzione o nella scuola elementare di Etterzhausen (attuale Pielenhofen)". La lettera cita anche il caso già segnalato dal vescovo di Ratisbona:  "Attraverso un articolo di stampa degli anni Cinquanta, che ci è pervenuto, siamo venuti a conoscenza di una informazione concreta relativa a un abuso sessuale. L'allora responsabile del collegio, a quanto ne sappiamo, era stato condannato per questo". A tutt'oggi comunque - continua la lettera - "non disponiamo di ulteriori elementi concreti su casi sospetti di abusi all'interno del Coro di Ratisbona".


(©L'Osservatore Romano - 7 marzo 2010)
S_Daniele
00sabato 6 marzo 2010 22:09

Comunicato del Vescovo di Ratisbona


Il vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller, ha diffuso il seguente comunicato sul Regensburger Domspatzen: 
"Le sezioni di cui si compone il Regensburger Domspatzen sono tre: 
- il Liceo (Gymnasium), gestito da un Direttore laico;
- il Convitto (Internat), gestito da un Sacerdote, assistito da educatori e pedagoghi;
- il Coro (Chor), diretto dal Maestro della Cappella del Duomo (Domkapellmeister).
La Scuola elementare in Etterzhausen, ora in Pielenhofen, è un'istituzione indipendente dai Domspatzen; c'è una collaborazione solo su alcuni punti specifici nel campo dell'educazione musicale (perciò viene anche denominata Vorschule, cioè scuola preliminare dei Domspatzen).
Negli ultimi giorni, due casi di abuso sessuale sono stati di nuovo riportati alla memoria: 
- nel primo caso, si tratta di un fatto accaduto nell'anno 1958, commesso da parte del Vice-Direttore della scuola preliminare. Appena conosciuto il delitto, costui fu rimosso dall'incarico e fu anche condannato penalmente;
- nel secondo caso, si tratta di una persona che lavorò nel 1958 per sette mesi presso i Domspatzen. Dopo 12 anni, fu condannata per un caso di abuso sessuale. Attualmente, si sta esaminando se ciò riguardi pure fatti accaduti durante quel periodo di sette mesi presso i Domspatzen.
Ambedue i casi erano pubblicamente noti già all'epoca e sono da considerarsi chiusi in senso giuridico. Non coincidono con il periodo dell'incarico del Maestro Prof. Georg Ratzinger (1964-1994).
È al Vescovo di Ratisbona che spetta, in senso canonico, la competenza per le istituzioni della Diocesi di Ratisbona".
 

***

La Santa Sede appoggia la Diocesi nella propria disponibilità ad analizzare la dolorosa questione con decisione e in modo aperto, ai sensi delle direttive della Conferenza Episcopale Tedesca. L'obiettivo principale del chiarimento da parte della Chiesa è di rendere giustizia alle eventuali vittime. Essa, inoltre, è grata per questo impegno di chiarezza all'interno della Chiesa e auspica che altrettanta chiarezza venga fatta anche all'interno di altre istituzioni,  pubbliche e private, se veramente sta a cuore di tutti il bene dell'infanzia.


(©L'Osservatore Romano - 7 marzo 2010)
S_Daniele
00lunedì 8 marzo 2010 06:54
Il fratello del Papa non c’entra, ma fa titolo

Andrea Tornielli

Cari amici, sul Giornale di oggi (il pezzo non è ancora disponibile online) pubblico un articolo dedicato alle notizie provenienti da Ratisbona: ieri sul Web e sulle agenzie di stampa (in Italia, non in Germania) il nome di Georg Ratzinger, fratello di Benedetto XVI è stato del tutto arbitrariamente associato allo scandalo della pedofilia che sta scuotendo la Germania, perché la diocesi di Ratisbona ha reso noti dei casi acclarati e delle denunce, riguardanti sacerdoti diocesani. Uno di questi casi acclarati (avvenuto nel 1958) e una delle recenti denunce (su un presunto abuso avvenuto all’inizio degli anni Sessanta) riguardavano il coro dei “Domspatzen”, i “passerotti del Duomo”, ma sono (nel secondo caso sarebbero) avvenuti nel convitto dove i bambini e i ragazzi erano allogiati e studiavano. Georg Ratzinger ha diretto quel coro dal 1964 al 1993. Nessuno dei casi acclarati o segnalati riguarda questo periodo. Va inoltre ricordato che oggi come nei decenni passati c’erano il direttore del coro (maestro di musica), il direttore del convitto (responsabile della struttura dove i bambini e i ragazzi alloggiano) e il direttore degli studi (che si occupa della parte didattica). Nel caso del 1958 fu coinvolto un prete che era in quel momento vice-direttore del convitto, poi condannato a due anni di carcere e morto nel 1984. Nel caso ora denunciato, non è ancora chiaro chi sia il presunto colpevole, ma comunque è o sarebbe avvenuto prima dell’arrivo di Georg Ratzinger alla direzione del coro. C’è un terzo caso - e qui si è ingenerata la confusione, non si sa quanto interessatamente alimentata - avvenuto nel 1969: il colpevole è un prete (anch’egli scomparso) che è stato condannato a 11 mesi di carcere nel 1971. Questo prete era stato per circa otto mesi, nel 1959, responsabile nel convitto dei “passerotti del Duomo”, ma poi aveva lasciato il convitto ed era diventato il responsabile diocesano per la musica sacra. L’abuso di cui si è reso colpevole è dunque avvenuto dieci anni dopo che lui aveva lasciato i “Domspatzen” e non c’entra con il coro. Dunque, non solo non c’è nessuna accusa o denuncia che citi in alcun modo il fratello del Papa, ma i due fatti fino ad oggi acclarati o anche soltanto denunciati che riguardano il coro si riferiscono a un periodo nel quale Georg Ratzinger non era neanche direttore.
Intanto però la notizia è stata rilanciata sul Web e dalla Tv, associando il nome del fratello del Papa ai casi di pedofilia, senza che vi fosse una parola chiarificatrice.
E’ noto che dopo il caso Williamson la Santa Sede segue con grandissima attenzione tutto ciò che viene scritto su Internet. In questo caso però nessuno ha ritenuto di chiarire alcunché. A mio modesto avviso si è trattato di un errore, perché è vero che sui quotidiani italiani in edicola oggi la vicenda è spiegata nei suoi giusti termini, ma l’opinione pubblica è stata informata ieri, dai giornali online, dai siti e dai servizi televisivi.
Ci sono molti modi di intervenire per stroncare sul nascere informazioni non corrette e penso che la Sala Stampa avrebbe potuto dire una parola al riguardo, essendo più volte intervenuta - in un passato non lontano - con comunicati tempestivi in difesa di uomini o istituzioni anche soltanto collegate con la Santa Sede, penso ad esempio alla nota con cui si espresse solidarietà al presidente dell’ospedale Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, oggetto di un’indagine della magistratura riferita ai suoi precedenti incarichi ricoperti in Liguria.

http://blog.ilgiornale.it/tornielli/2010/03/06/il-fratello-del-papa-non-centra-ma-fa-titolo/
S_Daniele
00lunedì 8 marzo 2010 22:26
In attesa che qualche portavoce del Vaticano si degni di rispondere alle tante illazioni e false informazioni sui presunti abusi in Germania, in attesa di tutto ciò, la stampa italiana ci sguazza alla grande, non gli è bastata la figuraccia dei giorni scorsi sulla cattiva informazione data agli italiani sul fratello del Papa (è evidente che si vuol colpire quest'ultimo), adesso si insinua sull'intera Chiesa, ecco un servizio che la dice lunga: Abusi, "Vaticano ostacola indagini" (Tgcom)

Sempre su questo servizio vi copio alcune considerazioni interamente prese dal Blog dell'amica Raffaella:

Su segnalazione di Alberto possiamo leggere qui (in tedesco) l'intervista al ministro tedesco della giustizia. Qui una traduzione. Vi riporto il commento del nostro preziosissimo Alberto:

3) Risalendo come sempre alla fonte, questa è l'intervista:
http://www.dradio.de/dlf/sendungen/interview_dlf/1138913/

La ministra non dice esattamente che "la Chiesa cattolica ha opposto un muro di silenzio" e che ciò sarebbe dovuto al documento del 2001 né nomina Ratzinger. Dice, sempre con tono accusatorio ma più sfumatamente, che gli abusi nelle scuole sono stati per anni coperti da muro di silenzio. Nomina come ultimo caso di abusi quello di Odenwald (scuola Unesco) e aggiunge che, a suo parere, per quanto riguarda le scuole cattoliche il silenzio loro (non dice silenzio della Chiesa) potrebbe anche essere legato alla direttiva del 2001 che prevede il segreto pontificio.
Anche così l'interpretazione della ministra è infondata. Ma quanto hanno riportato i soliti siti e agenzie italiane non mi pare corrisponda in pieno al contenuto complessivo dell'intervista. Infatti gli articoli dei siti tedeschi e dello stesso sito della radio non riportano commenti sul documento del 2001.
Conclusivamente, riflettiamo sul fatto che in Italia qualcuno si è preso la briga di ascoltare un'intervista alla radio tedesca di un ministro di primo mattino e di sottolineare soltanto il passo dell'intervista relativo al documento del 2001 che nessun commentatore tedesco ha invece sottolineato.
Alberto

Vi suggerisco di leggere l'intero commento del nostro amico Alberto a commento di questo post :-)

Si rende sempre piu' necessario un chiarimento della Santa Sede sulla falsariga del servizio in francese di Radio Vaticana.
R.

http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/03/lintervista-al-ministro-della-giustizia.html

Evviva l'Italia e la disinformazione!
S_Daniele
00lunedì 8 marzo 2010 22:28

Radio Vaticana spiega, per sommi capi, la ratio del documento "De delictis gravioribus" ma in francese...


Su segnalazione di Eufemia, che ringraziamo di cuore, leggiamo questa introduzione al servizio audio di Radio Vaticana.
Peccato che quest'ultima (la "voce" del Papa) contesti il ministro tedesco non nella sua lingua madre ne' in italiano (dove i danni prodotti dalle agenzie sono gia' enormi), ma in francese!
Scusatemi ma non capisco e non capiro' mai questo modo di agire.
Nel contributo audio (clicca
qui) il giornalista contesta le dichiarazioni del ministro della giustizia tedesco, ricordando che il "De delictis gravioribus" e' un documento in latino firmato dall'allora card. Ratzinger (nessun cenno ne' al card. Bertone ne' a Giovanni Paolo II dal cui motu proprio deriva la lettera della Congregazione per la dottrina della fede).
Vi riporto le parti piu' importanti.
Il testo prevede l'avocazione alla Congregazione per la dottrina della fede dei delitti di pedofilia, che vengono cosi' sottratti ai vescovi locali per evitarne l'occultamento. Sono previste misure piu' severe rispetto al passato. Inoltre vengono allungati i tempi di prescrizione per cui il minore puo' denunciare gli abusi fino a dieci anni dal raggiungimento della maggiore eta'.
Il giornalista cita (non espressamente) il Crimen Solletitationis del 1962 (regnante il Beato Giovanni XXIII, nota di Raffaella) che gia' prevedeva la scomunica per chi non denunciava eventuali abusi.
Radio Vaticana conferma, quindi, purtroppo solo in francese, quanto scritto nei seguenti post:


SPECIALE: Il documentario della BBC dice il falso: ecco le prove!

CHIESA E PEDOFILIA: LA TOLLERANZA ZERO DI PAPA BENEDETTO XVI: I VIAGGI NEGLI USA ED IN AUSTRALIA ED I SINGOLI PROVVEDIMENTI

Si prega chi di dovere di tradurre in italiano ed in tedesco il servizio disponibile solo in francese, Dio solo sa perche'...
R.

Les accusations de la ministre de la Justice allemande sont injustifiées

La ministre allemande de la Justice a reproché au Vatican d’avoir entravé les enquêtes sur les abus sexuels dans des établissements scolaires catholiques. La ministre réagissait, lors d’une interview radiophonique, à une série de révélations de cas d’abus, souvent anciens, commis sur des mineurs en Allemagne. Selon elle, en vertu d’une directive de 2001, les abus graves sont soumis à la confidentialité du Pape et ne doivent pas être divulgués à l’extérieur de l’Église. Visiblement la ministre allemande ne maîtrise pas le dossier. Olivier Bonnel.

Radio Vaticana

http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/03/radio-vaticana-spiega-per-sommi-capi-la.html
S_Daniele
00lunedì 8 marzo 2010 22:31
Sempre dal Blog di Raffaella:

Cari amici, per completezza di informazione, credo sia giusto riportare alcuni articoli del 2001 e del 2006 sul documento "De delictis gravioribus".
Cio' dimostra che quel testo venne da subito inteso come una rivoluzione positiva e che lo stesso non era affatto segreto (ne parlavano anche i giornali!).
Rileggiamo insieme
:

Lo ha chiesto il Pontefice in una lettera del 2001 pubblicata sul numero di novembre della "Gazzetta Ufficiale" vaticana

Il Papa contro i preti pedofili

"Indagini accurate e processi"
Anche una missiva ai vescovi del cardinale Ratzinger "Proteggiamo la santità del sacerdozio"


CITTA' DEL VATICANO

Esiste anche solo il sospetto che un prete cattolico sia pedofilo? Il Vaticano vuole saperlo e vuole che sul "caso" vengano svolte indagini approfondite. E' questa la sostanza di un lettera "Motu proprio" scritta da Giovanni Paolo II nel 2001 e che la Congregazione per la dottrina della fede, nel numero di novembre degli Acta apostolicae sedis, la "Gazzetta ufficiale" del Vaticano, ha pubblicato insieme a una lettera che il prefetto della Congregazione Joseph Ratzinger ha indirizzato ai vescovi per illustrare il documento pontificio.
Il Motu proprio autorizza la Congregazione a stabilire delle linee guida per affrontare il problema, mentre il cardinale Ratzinger chiede ai vescovi "non solo di contribuire a evitare un crimine così grave, ma anche di proteggere con le necessarie sanzioni la santità del sacerdozio e la cura pastorale offerta dai vescovi e dagli altri responsabili ecclesiastici".
I due documenti sembrano indicare la volontà della Santa Sede di controllare più direttamente il problema, dopo che alcuni episcopati, come quello statunitense, hanno dovuto affrontare il pagamento di grossi risarcimenti alle famiglie di bimbi molestati da sacerdoti, e dopo che lo scorso settembre il vescovo di Boyeux, in Normandia, monsignor Pierre Pican, è stato condannato a tre mesi di carcere con la condizionale per non aver denunciato alle autorità il suo sacerdote padre Renè Bissey, giudicato colpevole di pedofilia.
Secondo le disposizioni emanate dal cardinale Ratzinger, i vescovi, nei casi di verosimili reati di abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti, dovranno fare rapporto alla Congregazione, che a sua volta deciderà se lasciare la gestione del caso a un tribunale locale o se "girarla" a Roma.
Le nuove norme dovrebbero servire a evitare la sovrapposizione di giurisdizioni, visto che sono sei i dicasteri vaticani dotati di autorità in fatto di reati di abuso sessuale. Assegnando la competenza di coordinamento alla Congregazione per la dottrina della fede, si limiteranno le controversie. Le disposizioni riguardano non solo il reato di abuso sessuale di un prete su un minorenne, ma anche altri reati contro i sacramenti (tra cui la concelebrazione dell'eucarestia con ministri protestanti e l'abuso del sacramento della penitenza, come nel caso in cui il prete usi il pretesto della confessione per avere favori sessuali).
Circa i reati di pedofilia di sacerdoti, la normativa stabilisce che la prescrizione di dieci anni (propria dei reati di competenza della Congregazione) scatti a partire dal compimento della maggiore età di chi ha subito le violenze, presupponendo che questi al compimento della maggiore età sia libero dall'intimidazione e in grado di sporgere denuncia.

REPUBBLICA, 8 GENNAIO 2002

http://www.repubblica.it/online/cronaca/papapreti/papapreti/papapreti.html

IL RETROSCENA

La svolta di Wojtyla, la circolare di Ruini ai vescovi: quattro anni di sforzi per estirpare la piaga

Pubbliche ammende e lettere segrete così il Vaticano decise di dire basta

MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO

LA SVOLTA avvenne tra il 2001 e il 2002.
Protagonisti papa Wojtyla e l´allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, cardinale Ratzinger.
Scosso e disgustato dall´ondata di scandali che stava investendo la Chiesa cattolica degli Stati Uniti, Giovanni Paolo II ruppe con il secolare costume ecclesiastico dell´insabbiamento e si affrancò dai consigli di quanti in Curia propendevano per una «prudenza» molto simile all´omertà.
Di colpo il pontefice polacco tirò i freni e con un Motu proprio del 18 maggio 2001 sancì il ruolo centrale dell´ex Sant´Uffizio nell´affrontare il fenomeno.
Vennero poi le «Linee guida» elaborate da Ratzinger.
Ai vescovi del mondo il cardinale chiedeva «non solo di contribuire a evitare un crimine così grave, ma anche di proteggere con le necessarie sanzioni la santità del sacerdozio e la cura pastorale offerta dai vescovi e dagli altri responsabili ecclesiastici».
È questo il documento su cui oggi si basa la Santa Sede per contrastare e combattere la pedofilia del clero.
Al primo sospetto oggettivo il vescovo è tenuto a informare la Congregazione per la Dottrina della fede, che deciderà se far giudicare la questione a livello locale o avocare il procedimento in Vaticano. Lo stesso documento condanna ogni abuso della confessione per ottenere favori sessuali.
Per scongiurare frettolose archiviazioni Ratzinger - d´intesa con papa Wojtyla -prese anche la decisione di modificare i termini di prescrizione dei processi ecclesiastici. I dieci anni necessari per far decadere i procedimenti scattano (dopo la riforma del 2001) soltanto a partire dalla maggiore età della vittima, in modo da garantire a chi è stato abusato nel corso dell´adolescenza la piena facoltà di intervento in giudizio.
L´anno successivo il cardinale Ratzinger partecipò al vertice straordinario dell´episcopato americano, convocato a Roma, quando si stabilì «tolleranza zero» per i preti pedofili e l´immediato allontanamento di chiunque fosse coinvolto in indagini da incarichi ecclesiali a contatto con minori.
Le dure parole, usate ora da Benedetto XVI, trovano un precedente nell´escalation di interventi di Giovanni Paolo II dopo l´esplosione degli scandali. «L´abuso che ha causato questa crisi - disse ai vescovi americani nell´aprile del 2002 - viene giustamente considerato un crimine dalla società ed è anche un peccato sconvolgente agli occhi di Dio». Quando nel luglio del 2002 il pontefice polacco si recò a Toronto per la Giornata mondiale della gioventù confessò dinanzi a centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze che i preti pedofili provocavano in lui «un profondo senso di tristezza e di vergogna».
Molti ritengono che l´allusione di Ratzinger alla «sporcizia» nella Chiesa durante l´ormai famosa Via Crucis del 2005, poco prima della morte di Giovanni Paolo II, si riferisse anche ai casi di pedofilia diffusi in ogni parte del globo. Da pontefice Ratzinger ha costretto alle dimissioni - risparmiandogli l´onta di un processo ecclesiastico - il fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel, pressato da antiche accuse di pedofilia. Sulla situazione italiana il presidente della Cei Ruini mandò tempo fa una lettera a tutti i vescovi, che però non è mai stata pubblicata. Finora in Italia, tranne eccezioni, la tendenza nella gerarchia ecclesiastica è di aspettare le conclusioni della magistratura ordinaria, invece di punire per primi i colpevoli.

© Copyright Repubblica, 29 ottobre 2006


LA CHIESA DI RATZINGER

Il Papa contro i preti pedofili "Colpevoli di crimini enormi"

Ratzinger: scoprire la verità e aiutare le vittime di abusi

Duro intervento davanti ai vescovi irlandesi in udienza "Minata la fiducia nella Chiesa, occorre ricostruirla"

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO

Gli abusi sessuali sui bambini «sono crimini abominevoli» che vanno perseguiti «con forza, determinazione e tempestività» per «punire i colpevoli e aiutare le piccole vittime». Ma quando i colpevoli sono «religiosi, questo particolare crimine diventa ancora più grande e la Chiesa deve fare tutto il possibile per assicurare alla giustizia chi lo commette, e nello stesso tempo dare sostegno alle vittime ed evitare che altre violenze simili possano ripetersi». Benedetto XVI davanti ad uno dei più grandi scandali esplosi negli ultimi anni in alcune diocesi della Chiesa cattolica: le violenze sessuali sui minori da parte dei preti pedofili. Tema scomodo e scottante affrontato ieri dal Papa per la prima volta, pubblicamente, da quando è asceso al soglio di Pietro, il 19 aprile 2005, ricevendo in Vaticano i vescovi irlandesi.
Era stato, nel marzo scorso, l´arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin, a rivelare che, secondo una inchiesta svolta tra i 2800 preti della sua diocesi, dagli anni ‘40 i casi di pedofilia accertati erano stati 350 e che i sacerdoti sospettati di aver compiuto violenze sessuali sono circa il 3 per cento del clero irlandese. Ieri l´arcivescovo Sean Bredy, primate d´Irlanda, ne ha parlato al Papa, e il pontefice ne ha tratto lo spunto per esortare tutta la Chiesa ad essere più «vigile ed attenta» verso un problema - gli abusi sui bambini - che scuote le coscienze e lacera le vite di tanti innocenti. «Voi - ha ricordato tra l´altro il Papa - , avete dovuto fare fronte negli anni recenti a molti e terribili casi di abusi sessuali su minori. Questi sono ancora più tragici quando ad abusare è un uomo di Chiesa. Le ferite causate da tali atti agiscono in profondità ed è un´operazione urgente ricostruire la fiducia e la sicurezza là dove esse sono state compromesse».
Di fronte a simili violenze, avverte Ratzinger, occorre «stabilire la verità per adottare qualsiasi misura necessaria per prevenire la possibilità che i fatti si ripetano, garantire che i principi di giustizia siano pienamente rispettati e, soprattutto, portare sostegno alle vittime colpite da questi enormi crimini».
«Parole giuste e sacrosante», commenta il cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della Sanità della Santa Sede, nativo del Messico, uno dei paesi maggiormente colpiti da casi di abusi sessuali di preti. «Quando ero arcivescovo - ricorda il cardinale - di fronte a casi simili ero inflessibile e per niente tollerante. Occorre essere vigili, attenti, a partire dalla formazione nei seminari. Ma non va dimenticato che ci sono anche persone che denunziano la Chiesa solo per cercare di trarre vantaggi economici con l´inganno e la menzogna».

© Copyright Repubblica, 29 ottobre 2006

http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/03/nel-2001-il-documento-de-delictis.html

E' evidente che la memoria non è una virtù per i giornalisti!
S_Daniele
00martedì 9 marzo 2010 16:36
A proposito del dibattito sugli abusi sessuali: nota di padre Lombardi

Da alcuni mesi la gravissima questione degli abusi sessuali su minori in istituzioni gestite da enti ecclesiastici e da parte di persone con responsabilità nella Chiesa, in particolare sacerdoti,
ha investito la Chiesa e la società irlandese.
Di recente il Santo Padre ha dimostrato la sua partecipazione, in particolare con due incontri, prima con i più alti rappresentanti dell’episcopato e poi con tutti i vescovi ordinari, e prepara la pubblicazione di una lettera sull’argomento per la Chiesa in Irlanda.

Ma nelle ultime settimane il dibattito sugli abusi sessuali nei confronti di minori sta coinvolgendo la Chiesa anche in alcuni Paesi dell’Europa centrale (
Germania, Austria, Olanda). Su questo sviluppo ci siano permesse alcune semplici considerazioni.

Le principali istituzioni ecclesiastiche coinvolte (la Provincia dei gesuiti tedeschi – prima ad essere coinvolta per il caso del Collegio Canisius di Berlino -, la Conferenza episcopale tedesca, la Conferenza episcopale austriaca, la Conferenza episcopale olandese…) hanno affrontato il manifestarsi del problema con tempestività e con decisione.
Hanno dato prova di volontà di trasparenza, in certo senso hanno accelerato il manifestarsi del problema invitando le vittime a parlare anche quando si trattava di casi di molto tempo fa. Così facendo hanno affrontato le questioni “con il piede giusto”, perché il punto di partenza corretto è il riconoscimento di ciò che è avvenuto, e la preoccupazione per le vittime e le conseguenze degli atti compiuti contro di loro. Inoltre, hanno ripreso in considerazione le “Direttive” già esistenti o hanno previsto nuove indicazioni operative per mettere a fuoco anche la strategia di prevenzione, affinché sia fatto tutto il possibile perché in futuro simili gravissimi fatti non abbiano a ripetersi.

Questi fatti mobilitano la Chiesa ad elaborare le risposte appropriate e vanno inseriti in un contesto e in una problematica più ampia che riguarda la tutela dei bambini e dei giovani dagli abusi sessuali nella società. Certamente gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilità educativa e morale della Chiesa. Ma tutte le persone obiettive ed informate sanno che la questione è molto più ampia, e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva. Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorità competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. E’ bene preoccuparsi anche di questi.

Giustamente in Germania vengono ora ipotizzate iniziative, promosse dal Ministero della famiglia, per convocare una “tavola rotonda” delle diverse realtà educative e sociali per affrontare la questione in una prospettiva complessiva e adeguata. La Chiesa è naturalmente pronta a partecipare e impegnarsi. Probabilmente la sua dolorosa esperienza può essere un contributo utile anche per altri. Il Cancelliere, Signora Merkel, ha giustamente dato atto alla Chiesa in Germania della serietà e della costruttività del suo impegno.

Per completare queste considerazioni, è bene ricordare ancora che la Chiesa vive inserita nella società civile e in essa assume le sue responsabilità, ma ha anche un suo ordinamento specifico distinto, quello “canonico”, che risponde alla sua natura spirituale e sacramentale, in cui quindi anche le procedure giudiziali e penali sono di natura diversa (ad esempio non prevedono pene pecuniarie o di privazione della libertà, ma impedimento di esercizio di ministero, privazione di diritti nel campo ecclesiastico, ecc.).
Nell’ambito canonico il delitto di abuso sessuale di minori è sempre stato considerato uno dei più gravi fra tutti, e le norme canoniche lo hanno costantemente riaffermato, in particolare la Lettera “
De delictis gravioribus” del 2001, talvolta inopportunamente citata come causa di una “cultura del silenzio”.

Chi conosce e capisce di che cosa si tratta, sa che è stata un segnale determinante per richiamare l’episcopato sulla gravità del problema e un impulso concreto per l’elaborazione di direttive operative per affrontarlo.

In conclusione, se non si può negare la gravità del travaglio che la Chiesa sta attraversando, non bisogna rinunciare a fare tutto il possibile perché se ne ottengano alla fine anche risultati positivi, di migliore protezione dell’infanzia e della gioventù nella Chiesa e nella società, e di purificazione per la Chiesa stessa.

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S_Daniele
00mercoledì 10 marzo 2010 08:56
Il fratello del Papa: «Ho schiaffeggiato i miei alunni»

di Andrea Tornielli

Monsignor Georg Ratzinger, il fratello di Benedetto XVI, ribadisce di essere stato all’oscuro degli abusi sessuali, subiti dai ragazzi nella scuola preliminare dei Domspatzen, ammette di aver dato qualche schiaffo ai suoi cantori e chiede «perdono alle vittime». E sempre ieri è sceso in campo anche il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che con una nota alla Radio vaticana ha fatto il punto sulla situazione tedesca spiegando come sia sbagliato mettere sotto accusa soltanto la Chiesa cattolica e ricordando che le istituzioni ecclesiastiche «hanno dato prova di volontà di trasparenza» e hanno in certo senso accelerato «il manifestarsi del problema invitando le vittime a parlare».
L’ottantaseienne monsignore fratello del Pontefice, direttore del coro dei «passerotti del Duomo» di Ratisbona, dal 1964 al 1994, ha rilasciato un’intervista al quotidiano tedesco Passauer Neue Presse.
Va sottolineato che le violenze di cui Georg Ratzinger parla, anche in relazione alla scuola e al convitto dove i ragazzi vivevano, sono sempre e soltanto punizioni corporali, perché di abusi sessuali «non si è mai parlato» e il fratello del Papa non ne venne mai a conoscenza.
L’ex direttore ha spiegato di aver dato qualche schiaffo ai cantori indisciplinati, quando era depresso perché «non raggiungevamo i risultati» voluti, e di essersene sempre pentito. Per questo si è sentito «sollevato» quando nel 1980 le punizioni corporali sono state proibite per legge. Ratzinger però non ha mai sentito parlare di abusi sessuali, e ha detto di provare pena per le vittime, «la cui integrità fisica e spirituale è stata ferita». Ha ammesso invece di essere stato a conoscenza dei duri metodi punitivi di Johann M. direttore della scuola primaria di Ettarzhausen, dalla quale venivano reclutati i giovani cantori del suo coro, che distribuiva «violenti ceffoni» e che lo faceva «anche per motivi molto futili». A informare Georg Ratzinger di questi comportamenti erano stati suoi stessi allievi durante le tournée. «Ma i loro racconti - ha spiegato il fratello del Pontefice - non sono stati da me percepiti in modo tale da ritenere di dover fare qualcosa». In ogni caso, ha precisato, anche se fosse intervenuto, non avrebbe potuto fare molto, dato che la scuola di Ettarzhausen era «un’istituzione indipendente». Ma «se avessi saputo di quale tipo di eccessive violenze si trattava, avrei detto qualcosa. Chiedo perdono alle vittime».
Intanto ieri il direttore della Sala stampa vaticana, padre Lombardi,
ha detto che le istituzioni ecclesiastiche coinvolte nello scandalo «hanno affrontato il manifestarsi del problema con tempestività e con decisione», riconoscendo quanto è avvenuto e manifestando preoccupazione per le vittime. Hanno inoltre «previsto nuove indicazioni operative per mettere a fuoco anche la strategia di prevenzione, affinché sia fatto tutto il possibile perché in futuro simili gravissimi fatti non abbiano a ripetersi».
Lombardi ammette che «gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilità educativa e morale della Chiesa», ma spiega che «la questione è molto più ampia, e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva. Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorità competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. È bene preoccuparsi anche di questi».
Il portavoce vaticano ha annunciato che la Chiesa è pronta a sedersi alla «tavola rotonda» promossa dal ministero della Famiglia tedesco su questa questione - smentendo di fatto le perplessità annunciate a questo proposito dal presidente dei vescovi tedeschi - e ha infine spiegato «nell’ambito canonico il delitto di abuso sessuale di minori è sempre stato considerato uno dei più gravi fra tutti», citando la lettera «De delictis gravioribus» del 2001, voluta da Giovanni Paolo II e firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger e dal segretario Tarcisio Bertone, che ha richiamato i vescovi di tutto il mondo sulla gravità del problema invitandoli ad affrontarlo.

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S_Daniele
00mercoledì 10 marzo 2010 08:57
PEDOFILIA: P. LOMBARDI, CHIESE SI SONO ATTIVATE CON DECISIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 9 mar.

Riguardo ai casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi in Germania, Austria e Olanda, "le principali istituzioni ecclesiastiche coinvolte hanno affrontato il manifestarsi del problema con tempestivita' e con decisione. Hanno dato prova di volonta' di trasparenza, in certo senso hanno accelerato il manifestarsi del problema invitando le vittime a parlare anche quando si trattava di casi di molto tempo fa".
Lo afferma il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. "Cosi' facendo - spiega - hanno affrontato le questioni "con il piede giusto", perche' il punto di partenza corretto e' il riconoscimento di cio' che e' avvenuto, e la preoccupazione per le vittime e le conseguenze degli atti compiuti contro di loro". Inoltre, rileva il portavoce vaticano, "hanno ripreso in considerazione le "Direttive" gia' esistenti o hanno previsto nuove indicazioni operative per mettere a fuoco anche la strategia di prevenzione, affinche' sia fatto tutto il possibile perche' in futuro simili gravissimi fatti non abbiano a ripetersi".

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PEDOFILIA: LOMBARDI, CHIESA HA SUE LEGGI MA SONO SEVERE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 9 mar.

La Chiesa Cattolica ha "un suo ordinamento specifico distinto, quello canonico, che risponde alla sua natura spirituale e sacramentale" ed in esso "il delitto di abuso sessuale di minori e' sempre stato considerato uno dei piu' gravi fra tutti". Lo afferma il portavoce vaticano, padre Fedrico Lombardi, che in una nota sgombra il campo dal sospetto che le autorita' ecclesiastiche abbiano anche recentemente sottovalutato il fenomeno della pedofilia. Secondo padre Lombardi, che sembra voler rispondere in particolare alle parole del ministro tedesco, la Lettera "De delictis
gravioribus" del 2001 non puo' essere citata come causa di una "cultura del silenzio".
"Chi conosce e capisce di che cosa si tratta, sa - afferma il portavoce del Papa - che e' stata un segnale determinante per richiamare l'episcopato sulla gravita' del problema e un impulso concreto per l'elaborazione di direttive operative per affrontarlo".
E dunque, "se non si puo' negare la gravita' del travaglio che la Chiesa sta attraversando, non bisogna rinunciare - afferma padre Lombardi - a fare tutto il possibile perche' se ne ottengano alla fine anche risultati positivi, di migliore protezione dell'infanzia e della gioventu' nella Chiesa e nella societa', e di purificazione per la Chiesa stessa".

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PEDOFILIA: P. LOMBARDI, CHIESA VUOLE COLLABORARE CON I GOVERNI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 9 mar.

I fatti denunciati "mobilitano la Chiesa ad elaborare le risposte appropriate e vanno inseriti in un contesto e in una problematica piu' ampia che riguarda la tutela dei bambini e dei giovani dagli abusi sessuali nella societa'". "Giustamente in Germania - afferma il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi - vengono ora ipotizzate iniziative, promosse dal Ministero della famiglia, per convocare una 'tavola rotonda' delle diverse realta' educative e sociali per affrontare la questione in una prospettiva complessiva e adeguata". "La Chiesa - assicura il portavoce del Papa - e' naturalmente pronta a partecipare e impegnarsi. Probabilmente la sua dolorosa esperienza puo' essere un contributo utile anche per altri. Il Cancelliere, Signora Merkel, ha giustamente dato atto alla Chiesa in Germania della serieta' e della costruttivita' del suo impegno".
Da parte sua padre Lombardi ritiene opportuno pero' anche rilevare che se "certamente gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilita' educativa e morale della Chiesa", ovviamente "la questione e' molto piu' ampia, e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva. Solo per fare un esempio, i dati recentemente forniti dalle autorita' competenti in Austria dicono che in uno stesso periodo di tempo i casi accertati in istituzioni riconducibili alla Chiesa sono stati 17, mentre ve ne sono stati altri 510 in altri ambienti. E' bene - sottolinea il portavoce vaticano - preoccuparsi anche di questi".

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S_Daniele
00mercoledì 10 marzo 2010 14:51
«Pedofilia, la Chiesa se ne occupa con tempestività e con rigore»

Irlanda, Germania, ora l'Olanda: la Santa Sede ammette «la gravità del travaglio»
«Tolleranza zero». Padre Lombardi: ma la questione coinvolge anche altri ambienti


Alberto Bobbio

Città del Vaticano

«Non si può negare la gravità del travaglio che la Chiesta sta affrontando». Il padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede e della Radio Vaticana, affida queste parole all'emittente pontificia e in una lunga
nota è intervenuto ieri per spiegare che la Chiesa si sta occupando del problema della pedofilia con «tempestività e rigore».
Nel giorno in cui anche il fratello del Papa, monsignor Georg Ratzinger, ammette che almeno delle percosse ci sono state in passato nei confronti dei ragazzi del Coro di Ratisbona e che anche lui qualche volta ha mollato qualche schiaffo – «Anche se poi mi rimordeva la coscienza per averlo fatto» –, la Santa Sede interviene direttamente sulla questione degli abusi sessuali.
E la settimana si annuncia rovente su questo fronte. Ieri la Conferenza episcopale olandese ha annunciato il via ad un'inchiesta indipendente dopo i presunti casi di abusi in istituti dei salesiani e quelli segnalati dopo un appello dei vescovi lanciato alla fine di febbraio, che sarebbero quasi 200.
In Germania i vescovi hanno accettato di partecipare ad una «tavola rotonda» del governo sui casi di pedofilia nella Chiesa. Altre notizie di abusi intanto arrivano dall'Austria, mentre per venerdì è annunciato in Vaticano il vertice tra il Papa e il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitisch. Padre Lombardi ribadisce la linea della «tolleranza zero» di Benedetto XVI e si chiede se altrettanto rigore vi è anche in altri ambienti: «Certamente gli errori compiuti nelle istituzioni e da responsabili ecclesiali sono particolarmente riprovevoli, data la responsabilità educativa e morale della Chiesa, ma le persone obiettive ed informate sanno che la questione è molto più ampia e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa porta a falsare la prospettiva».
Fa l'esempio della Austria dove i casi in cui sono coinvolti ecclesiastici sono 17, mentre ve ne sono 510 in altri settori, e commenta: «È bene preoccuparsi anche per questi». Padre Lombardi aggiunge che in tutti i Paesi coinvolti le autorità della Chiesa hanno dato prova di «volontà di trasparenza», hanno invitato le «vittime a parlare», insomma sono partite con il «piede giusto», secondo una «strategia di prevenzione» per evitare che i «fatti non abbiano a ripetersi». Poi precisa che nel diritto canonico l'abuso sessuale verso i minori è stato «sempre» considerato il delitto «più grave di tutti».
Cita la Lettera «
De delictis gravioribus» firmata nel 2001 dall'allora cardinale Ratzinger e dal vescovo Tarcisio Bertone, all'epoca prefetto e segretario della Congregazione per la dottrina della fede, negando che essa abbia contribuito alla «causa del silenzio», come è stato a volte «inopportunamente» scritto e detto.
La Lettera, una sorta di «linee guida» che si affiancavano ad un
Motu proprio di Giovanni Paolo II che dava all'ex-Sant'Uffizio ogni potere in materia, indicava come procedere per ogni accertamento e cambiava la regola della prescrizione per i delitti di pedofilia, facendo decorrere i dieci anni soltanto a partire dalla maggiore età della vittima, in modo che la denuncia fosse più consapevole.

Benedetto XVI non ha mai cambiato la sua linea di assoluta intransigenza. Appena diventato Papa ha costretto alle dimissioni il fondatore dei Legionari di Cristo, padre Maciel, coinvolto in scandali non solo di carattere pedofilo, ha incontrato le vittime degli atti di pedofilia negli Stati Uniti e in Australia, ha convocato l'episcopato irlandese e ora la linea della fermezza viene confermata anche per la sua Germania.

Padre Lombardi nella nota loda l'iniziativa del governo tedesco, annunciata ieri, di un «tavola rotonda» per affrontare la questione in una «prospettiva complessiva e adeguata»: «La Chiesa è naturalmente pronta a partecipare e ad impegnarsi».
La stessa cosa è stata ribadita del vertice della Conferenza episcopale tedesca sgomberando così il campo della polemiche dentro il governo della signora Merkel, su un atteggiamento non trasparente della Chiesa. La «tavola rotonda» si svolgerà il 23 aprile con il ministro della Famiglia di Berlino, quello dell'Istruzione e di monsignor Ackermann, vescovo di Treviri, nominato la scorsa settimana responsabile centrale della Conferenza episcopale per accertare gli abusi sessuali sui minori.
Il fratello del Papa invece ieri ha precisato al quotidiano cattolico bavarese «Passuer Neu Presse» che violenze negli ambienti del Coro di Ratisbona vi sono stati, ma ha detto che si è trattato solo di «ceffoni» e ha ribadito che di «casi di abusi sessuali», che invece emergono da alcune testimonianze, «non si è mai discusso».

© Copyright Eco di Bergamo, 10 marzo 2010
S_Daniele
00mercoledì 10 marzo 2010 18:37

Mons. Ludwig Muller (Ratisbona): il ministro della giustizia tedesco ha detto delle falsità

Clicca qui per leggere la dichiarazione segnalataci dal nostro Alberto. Qui una traduzione.
Ottimo, davvero, il vescovo di Ratisbona. Sorprende che le agenzie italiane, di solito cosi' rapide nel riprendere le notizie che arrivano dalla Germania di primo mattino, non si siano accorte di una cosi' forte presa di posizione
.

Clicca qui (traduzione automatica qui) per un'altra reazione da leone del vescovo :-)
Complimenti, Eccellenza :-)

Dal Blog di Raffaella
 
S_Daniele
00giovedì 11 marzo 2010 14:42
AUSTRIA: PRECISAZIONE PORTAVOCE ARCIDIOCESI VIENNA, “MAI MESSO IN DUBBIO IL CELIBATO”

Il card. Schönborn “non ha messo in dubbio in alcun modo il celibato nella Chiesa cattolica di rito latino”.
Lo ha dichiarato ieri Erich Leitenberger, portavoce dell’arcidiocesi di Vienna, smentendo alcune interpretazioni dei media su alcune dichiarazioni dell’arcivescovo. Secondo l’agenzia di stampa cattolica Kathpress, nell’ultima edizione di “thema kirche”, periodico dei collaboratori dell’arcidiocesi, Schönborn aveva affermato che sugli abusi “deve esserci solo la via della verità ed è assolutamente necessario mettere al primo posto le vittime".
Riprendendo le parole esatte dell'arcivescovo, l'agenzia di stampa precisa che il cardinale aveva auspicato un esame delle cause di abuso, tra cui: “La questione della formazione dei sacerdoti, così come la questione di quanto è accaduto con la 'rivoluzione sessuale' della generazione del '68. Ne fanno parte il tema del celibato, così come il tema dello sviluppo della personalità. E ci vuole anche una buona porzione di sincerità, nella Chiesa, ma anche nella società”.
Schönborn chiedeva inoltre un “cambiamento”: “Per ogni nuovo caso di abuso, avvenuto nella Chiesa o altrove, mi chiedo: 'E tu, hai davvero fatto qualcosa per il cambiamento?”. Riallacciandosi alle parole di Schönborn, Leitenberger ha concluso: “La sincerità è auspicabile anche nei resoconti sulle dichiarazioni di personalità della Chiesa".

© Copyright Sir
S_Daniele
00venerdì 12 marzo 2010 07:04
Vogliono colpire il Papa

Vogliono colpire il Papa: questo papa, in qualità di cardinale, resse la diocesi di Monaco, e lì stanno cercando tracce di scandali, tipo quelli che vengono fuori da altre diocesi tedesche, austriache e olandesi.
Il ministro della Giustizia tedesco accusa il Vaticano di non collaborare. E fa il nome di Ratzinger. Quando presiedeva la Congregazione della Fede, aveva emanato una direttiva che imporrebbe a tutti i fedeli, a conoscenza di abusi dentro la Chiesa, di far restare la denuncia dentro la Chiesa, pena la scomunica.
Un’accusa infondata.
Gli scandali sessuali sono una macchia sgradevole nella Chiesa, ma non diamole anche le colpe che non ha.
L’accusa di sabotare la giustizia è stata mossa anche qui in Italia, perfino in tv: se n’è fatto portavoce Michele Santoro ad Annozero sugli scandali sessuali di preti in Inghilterra.
Tutti coloro che lanciano queste accuse citano due norme della Chiesa, la “
Crimen sollicitationis” (1962) e la “De delictis gravioribus” (2001). La prima contiene, e la seconda ribadisce, l’obbligo di denuncia. Ma di denuncia a chi? Alla Chiesa o alla magistratura? Il testo dice che i processi sui “delitti più gravi” (scandali sessuali dei preti) “sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede”. Che vuol dire “esclusiva” ?
Il termine fu inteso nel senso che escludeva i tribunali laici, quindi la magistratura.
Ma il testo del Vaticano non intende questo. Intende un’altra cosa.
Con “competenza esclusiva della Congregazione” vuol escludere la competenza di altri tribunali ecclesiastici minori: il Vaticano giudica così gravi quegli scandali, che vuole occuparsene direttamente a Roma.
Lo ha chiarito “Avvenire”,
con un articolo di Massimo Introvigne, il 30 maggio 2007.
Che in tutti i reati punibili secondo il codice penale e civile ogni cittadino, laico o religioso, debba collaborare “ lealmente” con lo Stato, sta scritto nel Catechismo compilato da Ratzinger prima di essere Papa (artt. 1916 e 2238).
Il punto che riguarda la scomunica dice che il fedele che conosce quei delitti incorre nella scomunica non se denuncia quei crimini fuori dalla Chiesa, bensì se “non” li denuncia.
Dunque, tutto il contrario di quel che pensa la ministra tedesca. Si sente spesso ripetere che gli scandali sessuali dentro le istituzioni cattoliche si impediscono con l’abolizione del celibato.
Recentemente lo ha ribadito il teologo svizzero Hans Kung, capofila dei critici verso il pontificato “spettacolare” di Giovanni Paolo II (”un disastro”) e il pontificato “restauratore” di Benedetto XVI (”un passo indietro”).
Ma guardiamo bene gli scandali sessuali dei preti pedofili nel mondo, USA, Irlanda, Germania e ora Austria e Olanda: sono sempre preti con bambini o ragazzi (maschi). Preti omosessuali.
Il peccato dei seminari e dei monasteri non è la sessualità, è l’omosessualità.
L’abolizione del celibato non lo elimina. A monte c’è un’incauta selezione dei seminaristi: il problema comincia lì.
Quanto poi alle mancate, parziali, reticenti denunce degli scandali sessuali dei preti da parte dei cattolici, la risposta migliore la dà una lettrice a un giornale: “Prima di dire una cosa io mi domando: a chi giova, a Cristo o a Satana?”. Per lei, la denuncia di uno scandalo di preti giova a Satana. Centinaia di milioni di cattolici nel mondo la pensano così. La Chiesa deve fare una ristrutturazione antropologica: far capire a questi cattolici che il bene sta dove sta la verità, e il male (o, se la Chiesa preferisce, il Maligno) dall’altra parte.

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S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 07:01
Comunicato del presidente della Conferenza episcopale tedesca

Rigore nella ricerca della verità e misure di prevenzione


Sul sito della Conferenza episcopale tedesca è disponibile un comunicato del presidente, monsignor Robert Zollitsch, arcivescovo di Freiburg im Breisgau, di cui pubblichiamo una nostra traduzione.

Come ogni anno, dopo l'assemblea plenaria di primavera della Conferenza episcopale tedesca, ho avuto oggi un colloquio con Papa Benedetto XVI per informarlo sui temi più importanti. Perciò ho informato il Santo Padre dei casi, divenuti noti nelle settimane scorse, di trattamento pedagogicamente violento e di abuso sessuale verso minorenni nella Chiesa cattolica in Germania. Con grande tristezza e profonda emozione il Santo Padre ha preso conoscenza del mio resoconto.
Per me è stato importante rendere chiaro che i vescovi tedeschi sono profondamente sconvolti per i soprusi che sono stati possibili nell'ambiente ecclesiale. Proprio alcune settimane fa ho chiesto scusa alle vittime, cosa che oggi ripeto ancora una volta a Roma. Ho informato il Santo Padre delle misure che abbiamo adottato. Gli sono grato per avermi incoraggiato a proseguire la messa in opera di questo piano di misure con tenacia e coraggio.
Vogliamo scoprire la verità e arrivare a una spiegazione leale, priva di false interpretazioni, anche quando ci vengono presentati casi che risalgono a molto tempo fa. Le vittime ne hanno diritto.
Seguiamo le "Direttive della Conferenza episcopale tedesca sulla procedura in casi di abusi sessuali su minori perpetrati da ecclesiastici". Nessun Paese ha queste direttive. Esse assicurano alle vittime e ai loro parenti un aiuto umano, terapeutico e pastorale, che viene adattato individualmente. In ogni diocesi esiste una persona a cui rivolgersi. Attualmente stiamo studiando come migliorare la scelta di queste persone.
Inoltre, rafforziamo la prevenzione. Chiediamo alle parrocchie e, in particolare, ai responsabili delle nostre scuole e del lavoro giovanile, di promuovere una cultura di attenta osservazione. Sono lieto del fatto che il ministro per la Famiglia e quello per la Cultura abbiano organizzato una grande tavola rotonda con i più rilevanti gruppi sociali, il 23 aprile 2010, a Berlino, per affrontare il problema dell'abuso sessuale, non da ultimo anche in vista di possibili misure di prevenzione. Naturalmente la Conferenza episcopale sarà presente. Due settimane fa ho espresso apprezzamento, nel corso di un'intervista a un giornale, per questa grande tavola rotonda.
Un quarto punto delle misure da noi adottate riguarda la responsabilità che noi percepiamo. Per questo abbiamo nominato il vescovo di Trier, Stephan Ackermann, incaricato speciale della Conferenza episcopale tedesca per tutte le questioni collegate agli abusi sessuali. Anche il Santo Padre ha accolto favorevolmente questa decisione.
Permettetemi di ribadire ancora una volta chiaramente:  non sfuggiamo alle nostre responsabilità e non possiamo scusare nessuno dei casi accaduti. Tuttavia, attualmente in Germania stiamo venendo a conoscenza di un numero notevole di azioni di sopruso, in ambito pedagogico, e di casi di abusi del passato, che vanno ben oltre l'ambito della Chiesa cattolica. Ciò rafforza noi vescovi nel nostro intento di cercare un dialogo per il chiarimento e la prevenzione con il maggior numero possibile di attori della scena sociale.
In questo rientra anche il sostegno della Chiesa alle autorità giudiziarie statali nel perseguire gli abusi sessuali contro i minori. Invitiamo i sacerdoti e gli impiegati laici delle nostre strutture ecclesiastiche, come anche i volontari, ad autodenunciarsi quando vi possano essere fatti significativi. Informeremo noi le autorità giudiziarie. Rinunceremo a farlo solo in circostanze straordinarie, per esempio quando ciò corrisponde all'espresso desiderio della vittima. Poiché le competenze riguardanti il procedimento penale statale e il procedimento ecclesiastico vengono continuamente rappresentate in modo errato, desidero ancora una volta precisare:  in caso di sospetto di abusi sessuali esiste una procedura penale statale e una ecclesiastica. Riguardano diversi ambiti giuridici e sono del tutto separate e indipendenti l'una dall'altra. Evidentemente il procedimento ecclesiastico non è superiore a quello statale. L'esito della procedura ecclesiastica non ha alcuna influenza sul procedimento statale, né sul sostegno della Chiesa alle autorità giudiziarie statali.
Sono grato a Papa Benedetto XVI per il suo espresso sostegno all'azione decisa della Conferenza episcopale tedesca. Egli ci incoraggia a proseguire con coerenza la via intrapresa per un chiarimento completo e rapido. In particolare ci chiede di seguire in modo continuo gli orientamenti adottati e - laddove è necessario - di migliorarli. Papa Benedetto XVI ha anche espressamente apprezzato il nostro piano di misure. Esco rafforzato dal colloquio odierno e sono fiducioso che stiamo procedendo sul cammino per guarire le ferite del passato.


(©L'Osservatore Romano - 13 marzo 2010)
S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 07:02
A proposito dei presunti silenzi della Chiesa

Dichiarazione del vescovo di Ratisbona


Il  vescovo  di  Ratisbona,  monsignor Gerhard Ludwig Müller, ha diffuso la seguente dichiarazione a proposito dei presunti silenzi della Chiesa.

Il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarreberger, accusa la Chiesa cattolica in Germania di ostacolare le sanzioni penali previste nei casi di abuso sessuale. Secondo il ministro, in particolare nelle scuole cattoliche esisterebbe un muro di silenzio che renderebbe difficile od ostacolerebbe le indagini sui reati.
L'affermazione del ministro è falsa e diffamatoria. Per la diocesi di Ratisbona la rifiuto nella maniera più assoluta. Chiedo al ministero di presentare la prova dell'accusa secondo la quale la Chiesa ostacolerebbe le indagini. Se non può portare questa prova, le chiedo di non strumentalizzare la sua autorità per soprusi del genere.
Nella diocesi di Ratisbona così come nelle altre diocesi della Germania, secondo le direttive della Conferenza episcopale tedesca, qualsiasi segnalazione di un reato di abuso viene esaminata immediatamente e con accuratezza.
Se si rafforza il sospetto, chiediamo al reo presunto di autodenunciarsi. Se il presunto colpevole non lo fa, la diocesi informa il pubblico ministero.
La Chiesa cattolica si prefigge lo scopo di rendere giustizia alla vittima. Se, contro la nostra raccomandazione, una vittima decide di non denunciare, agiamo secondo la volontà della vittima. Un obbligo di denuncia non esiste.


(©L'Osservatore Romano - 13 marzo 2010)
S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 09:09

Pedofilia, dalla Germania nuovi veleni contro il Papa

Andrea Tornielli

Dopo Georg si è arrivati a Joseph, cercando di coinvolgere il Papa negli scandali sulla pedofilia: nel 1980, durante l’episcopato di Ratzinger a Monaco di Baviera, è infatti avvenuto il trasferimento di un prete che poi sarà riconosciuto colpevole di abusi su minori.
La storia, raccontata dal giornale tedesco Sueddeutsche Zeitung, è stata meticolosamente ricostruita dalla Curia di Monaco che ha costituito un gruppo di studio sulle carte d’archivio: Benedetto XVI risulta estraneo alla vicenda, perché l’impiego in attività pastorali del sacerdote in questione avvenne contravvenendo alla sua decisione. Inoltre, dal gennaio 1980 all’agosto 1982, cioè nel periodo in cui il religioso rimase in quella parrocchia, non sono stati segnalati casi di molestia né denunciati casi di abusi. E vale la pena di ricordare che il cardinale Joseph Ratzinger, nominato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede da Papa Wojtyla nel novembre 1981, si era dimesso dalla diocesi per trasferirsi a Roma nel febbraio successivo.
Dunque durante i primi tre anni di permanenza del prete pedofilo a Monaco, quelli che coincidono con l’episcopato del Papa, non si sono segnalati abusi o sospetti di abuso. Inoltre, l’allora vicario generale, Gehrad Gruber, ieri si è assunto la piena responsabilità di aver autorizzato quel sacerdote a prestare servizio in parrocchia, mentre l’arcivescovo aveva soltanto acconsentito ad accoglierlo e a ospitarlo a Monaco perché potesse sottoporsi a psicoterapia.
L’abate «H» - il nome non è stato rivelato - venne a Monaco dalla diocesi di Essen. La Curia ammette che «doveva essere noto che si sottoponeva a terapia per aver avuto rapporti sessuali con dei ragazzi». L’arcivescovo Ratzinger decise di offrirgli ospitalità in una casa parrocchiale. «Ma, diversamente da questa decisione - si legge nella ricostruzione pubblicata sul sito della diocesi di Monaco - don “H” fu incaricato dal vicario generale di aiutare anche l’attività pastorale della parrocchia senza alcuna limitazione.
Dal gennaio 1980 al 31 agosto 1982 non vi sono state lamentale o accuse contro di lui». Dunque, anche se per iniziativa del vicario Gruber e contrariamente a quanto stabilito da Ratzinger, al sacerdote vengono assegnati incarichi pastorali, durante quei primi tre anni nulla contro di lui viene segnalato.
Nel settembre 1982, quando l’attuale Papa ha già da mesi lasciato la Germania, don «H» viene trasferito nella parrocchia di Grafing, dove rimane fino all’inizio del 1985.
Accusato di molestie sessuali su un minore, mentre viene aperta su di lui un’indagine di polizia, l’abate è esonerato dai suoi compiti. Il Tribunale di Ebersberg nel giugno 1986 lo condanna a 18 mesi di carcere e alla pena pecuniaria di 4000 marchi, nonché a sottoporsi a psicoterapia e controlli nei successivi cinque anni.
Dal novembre 1986 all’ottobre 1987 la Curia di Monaco lo destina a fare il cappellano di una casa per anziani, quindi successivamente, fino al maggio 2008 lo nomina viceparroco di Garching-Alz. «Questo nuovo incarico pastorale - si legge ancora nel comunicato della diocesi - era dovuto al fatto che la pena inflittagli dall’autorità giudiziaria era stata mite e lui si era sottoposto a terapia». Dal momento della sentenza dell’86 non si segnalano altri episodi che lo riguardino. Don «H» in questi ultimi due anni, fino ad oggi, è stato impiegato nella pastorale del turismo.
«I ripetuti incarichi pastorali di don “H” nelle parrocchie - ha dichiarato ieri monsignor Gruber, il vicario della diocesi in quegli anni - sono stati un mio grave errore. Me ne assumo la piena responsabilità, sono profondamente dispiaciuto che a causa di questa decisione siano derivati abusi contro i giovani. Mi scuso con tutti coloro ai quali ho recato danno».
Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, è intervenuto ieri pomeriggio per ribadire l’estraneità di Benedetto XVI: «Rimando a quello che dice il sito della diocesi di Monaco, che è competente ed ha tutti gli elementi per ricostruire la vicenda e spiegare quali sono le responsabilità del caso», spiega il gesuita. «La nota - ha sottolineato Lombardi - si conclude con il vicario generale dell’epoca che si assume ogni responsabilità, perché era lui che aveva mandato il sacerdote sospettato di pedofilia nella cura pastorale».

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S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 15:53
"Strumentalizzazioni contro Benedetto XVI"

La reazione del Vaticano: «Non c'entra»

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

La bufera in arrivo dalla sua Baviera era stata preannunciata a Benedetto XVI giovedì mattina dall’arcidiocesi di Monaco.
La commissione diocesana che indaga sugli abusi sessuali del clero, informata dalla «Süddeutsche Zeitung», aveva trovato riscontri al caso segnalato che chiamava in causa il quadriennio ratzingeriano.
L’arcivescovo Reinhard Marx, quindi, lo ha comunicato all’appartamento papale alla vigilia del «faccia a faccia» in Vaticano tra il Pontefice e il capo della Chiesa tedesca Zollitsch.
Considerato il preavviso dello scandalo, l’asettica, imbarazzata reazione della Santa Sede fotografa il momento di confusione e difficoltà della Curia, macchinosa e impacciata nella difesa del pontificato.
Di fronte al clamore mondiale per il coinvolgimento nello scandalo-pedofilia degli anni da arcivescovo di Monaco di Joseph Ratzinger, la Sala Stampa vaticana si è limitata ieri sera ad una nota «circa un sacerdote della diocesi di Essen, con precedenti di abuso sessuale, trasferito nella diocesi di Monaco e immesso, dopo un periodo di cura, nell’attività pastorale ai tempi in cui Ratzinger era arcivescovo», rimandando al comunicato dell’arcidiocesi di Monaco «sui fatti di cui si assume piena responsabilità il Vicario Generale della diocesi di allora, Gerhard Gruber».
Poche ore prima, il presidente dei vescovi tedeschi aveva trovato ieri mattina di fronte a sé un Pontefice che ha ascoltato «con grande sgomento, attento interesse e profonda commozione» le ultime rivelazioni sui preti pedofili. «Il Papa ha approvato il giro di vite voluto in Germania dalla Chiesa - spiega Zollitsch -.
L’ex Sant’Uffizio sta raccogliendo le esperienze nei vari Paesi per poi fare una valutazione complessiva e adeguare le proprie norme». In particolare, la Santa Sede intende rafforzare il meccanismo di collaborazione tra giustizia ecclesiastica e magistratura civile. Su tutto gravava, però, il «non detto» dei fulmini in arrivo da Monaco.
La strategia difensiva del Vaticano dimostra debolezza anche nel gridare al complotto, come dimostra la decisione dell’Osservatore romano di pubblicare una «dichiarazione del vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Müller a proposito dei presunti silenzi della Chiesa».
Invece di rispondere nel merito alle contestazioni del ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarreberger (secondo la quale «la Chiesa ostacola le sanzioni penali previste per gli abusi sessuali, mentre il muro di silenzio rende difficili nelle scuole cattoliche le indagini sui reati»), il quotidiano della Santa Sede definisce le accuse «false e diffamatorie.
E sfida il ministero a «presentare le prove» e, «se non è in grado di farlo», a smettere di «strumentalizzare la sua autorità per soprusi del genere».
Dietro tutto questo c’è l’amarezza di un Pontefice che sulla «tolleranza zero» contro le violenze sui minori ha incentrato la propria missione e che adesso vede la Curia lenta e poco convincente nel far valere le ragioni del suo operato da arcivescovo di Monaco.
L’estraneità di Joseph Ratzinger allo scandalo viene sostenuta in maniera inadeguata sia in Baviera che in Vaticano. La solitudine del Pontefice emerge ancora una volta nei Sacri Palazzi come già dopo la revoca della scomunica al vescovo negazionista Williamson, al no al condom, alla beatificazione di Pio XII.
Insomma, un Papa in trincea, senza Curia o malgrado essa.

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S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 19:03
Lo scandalo degli abusi sessuali sui minori

Il rigore di Benedetto XVI contro la sporcizia nella Chiesa


di Giuseppe Versaldi

Vescovo di Alessandria
Ordinario emerito di diritto canonico
e psicologia alla Pontificia Università Gregoriana


Qualche precisazione è opportuna a proposito degli abusi sessuali sui minori che in passato sono stati compiuti da appartenenti al clero cattolico e che ora, specialmente in alcuni Paesi, stanno venendo alla luce con grande evidenza su molti media. Innanzitutto, va ribadita la condanna senza riserve di questi gravissimi delitti che ripugnano alla coscienza di chiunque. Se poi questi crimini vengono compiuti da persone che rivestono un ruolo nella Chiesa - persone nelle quali viene riposta una speciale fiducia da parte dei fedeli e particolarmente dei bambini - allora lo scandalo diventa ancora più grave ed esecrabile. Giustamente la Chiesa non intende tollerare alcuna incertezza circa la condanna del delitto e l'allontanamento dal ministero di chi risulta essersi macchiato di tanta infamia, insieme alla giusta riparazione verso le vittime.
Ribadita questa posizione, va però sottolineato un accanimento nei confronti della Chiesa cattolica, quasi fosse l'istituzione dove con più frequenza si compiono tali abusi. Per amore della verità bisogna dire che il numero dei preti colpevoli di questi abusi è in America del nord, dove si è registrato il maggior numero di casi, molto ridotto ed è ancora minore in Europa. Se questo ridimensiona quantitativamente il fenomeno, non attenua in alcun modo la sua condanna né la lotta per estirparlo, in quanto il sacerdozio esige che vi accedano soltanto persone umanamente e spiritualmente mature. Anche un solo caso di abuso da parte di un prete sarebbe inaccettabile.
Tuttavia, non si può non rilevare che l'immagine negativa attribuita alla Chiesa cattolica a causa di questi delitti appare esagerata. C'è poi chi imputa al celibato dei sacerdoti cattolici la causa dei comportamenti devianti, mentre è accertato che non esiste alcun nesso di causalità:  innanzitutto, perché è noto che gli abusi sessuali su minori sono più diffusi tra i laici e gli sposati che non tra il clero celibatario; in secondo luogo, i dati delle ricerche evidenziano che i preti colpevoli di abusi già non osservavano il celibato.
Ma è ancora più rilevante sottolineare che la Chiesa cattolica - a dispetto dell'immagine deformata con cui la si vuole rappresentare - è l'istituzione che ha deciso di condurre la battaglia più chiara contro gli abusi sessuali a danno dei minori partendo dal suo interno. E qui bisogna dare atto a Benedetto XVI di avere impresso un impulso decisivo a questa lotta, grazie anche alla sua ultraventennale esperienza come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Non va infatti dimenticato che proprio da quell'osservatorio il cardinale Ratzinger ha avuto la possibilità di seguire i casi di abusi sessuali che venivano denunciati e ha favorito una riforma anche legislativa più rigorosa in materia.
Ora, come supremo pastore della Chiesa, il Papa mantiene anche in questo campo - ma non solo - uno stile di governo che mira alla purificazione della Chiesa, eliminando la "sporcizia" che vi si annida. Benedetto XVI si dimostra, dunque, un pastore vigilante sul suo gregge, a dispetto dell'immagine falsata di uno studioso dedito soltanto a scrivere libri il quale delegherebbe ad altri il governo della Chiesa, secondo uno stereotipo che qualcuno, purtroppo anche all'interno della gerarchia cattolica, vorrebbe accreditare. È grazie al maggiore rigore del Papa che diverse conferenze episcopali stanno facendo luce sui casi di abusi sessuali, collaborando anche con le autorità civili per rendere giustizia alle vittime.
Appare dunque paradossale rappresentare la Chiesa quasi fosse la responsabile degli abusi sui minori ed è ingeneroso non riconoscere a essa, e specialmente a Benedetto XVI, il merito di una battaglia aperta e decisa ai delitti commessi da suoi preti. Con l'aggiunta di un altro paradosso:  quando la Chiesa saggiamente stabilisce norme più severe per prevenire l'accesso al sacerdozio di persone immature in campo sessuale, in genere viene attaccata e criticata da quella stessa parte che la vorrebbe principale responsabile degli abusi sui minori. La linea rigorosa e chiara assunta dalla Santa Sede deve invece essere recepita nella Chiesa - e non solo - per garantire la verità, la giustizia e la carità verso tutti.



(©L'Osservatore Romano - 14 marzo 2010)
S_Daniele
00sabato 13 marzo 2010 19:58
“Essere preti in modo alto e difendere il celibato”

Gli errori di pochi non compromettano il servizio di molti. Bisogna difendere il celibato, ridefinire che cosa significhi oggi essere rappresentanti di Cristo e interpretare correttamente il sacerdozio alla luce del Concilio». Secondo quanto si apprende in Curia, oggi Benedetto XVI accoglierà con questo vibrante
appello i vescovi e cardinali chiamati a Roma per discutere della difficile situazione del clero.
Nella stessa mattinata sarà a rapporto dal Papa il presidente dell’episcopato tedesco, monsignor Zollitsch. «Nessuna attenuante per i sacerdoti che commettono abusi sessuali», assicura il vescovo Silvano Tomasi, osservatore vaticano all’Onu.
Mentre il vescovo Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria apostolica (il dicastero vaticano delle confessioni), sostiene che un penitente che si è macchiato del peccato di pedofilia, «se è pentito sinceramente» lo si assolve, mentre l’aborto viene considerato dalla Chiesa «un peccato speciale», monsignor Tomasi chiarisce che «non ci possono essere scuse o giustificazioni per i preti che commettono l’odioso crimine della pedofilia». Quindi, «la protezione dei minori dalle aggressioni deve essere in cima alle priorità della Chiesa. Gli studiosi hanno dimostrato che i minori abusati reagiscono in modi differenti alla violenza sessuale e tra di loro si registrano maggiori probabilità di gravidanze adolescenziali, vagabondaggio, tossicodipendenza e alcolismo». Dunque, «tutte le istituzioni ecclesiastiche» hanno l’obbligo di «lottare per porre fine a questo serio problema».
Nei Sacri Palazzi è forte la spinta verso una soluzione drastica: accertamenti rapidi, riduzione allo stato laicale, denuncia alla magistratura ordinaria. Ma c’è chi frena rispetto alle procedure sommarie.
«Lo scandalo degli abusi va affrontato seguendo rigorosamente il diritto canonico - mette le mani avanti l’arcivescovo Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica -. La ferita gravissima dello scandalo pedofilia potrà essere affrontata nel modo giusto dalla Chiesa non prescindendo dall’applicazione delle pene ecclesiastiche. E’ questa l’unica strada in grado di salvaguardare la Chiesa stessa».
Il forte coinvolgimento dei mass media e degli avvocati, prosegue monsignor Burke, «ha aumentato il livello dello scandalo e reso molto difficile il giudizio oggettivo sulla situazione in sè e sui singoli casi». Per questo «il giusto rimedio che proteggerà e salvaguarderà la Chiesa va cercato nella prassi canonica». Insomma, il capo della Cassazione vaticana non ritiene giusto «prescindere da un’accurata e completa considerazione delle pene ecclesiastiche nei casi di sacerdoti accusati dei delitti».
La posizione di Benedetto XVI, però, è di totale intransigenza. Negli episcopati nazionali e in settori di Curia si annidano resistenze al «via libera» ai magistrati in quelle che vengono considerate «questioni interne» della Chiesa. Con la «tolleranza zero» di Ratzinger, invece, nulla legittimerà l’omertà davanti alla «vergogna» e le diocesi avranno l’obbligo di farsi carico delle «sofferenza delle vittime». I preti pedofili verranno subito denunciati alle autorità civili e rimossi dall’incarico.
«Chi compie simili nefandezze si esclude da solo dal sacerdozio: con la Chiesa ha chiuso per sempre e dovrà risponderne alla giustizia terrena oltreché a quella divina», spiega uno stretto collaboratore del Pontefice. Insomma, tempestiva rimozione e divieto assoluto di riassegnare ad altro incarico. «Il delitto di pedofilia è un grave peccato che offende Dio e la dignità umana», ribadirà il Papa nella lettera ai fedeli sugli abusi. E ieri il suo allievo Schönborn ha aperto l’assemblea diocesana di Vienna reclamando un «mea culpa» generale: «Da questa crisi devastante la Chiesa può uscire solo purificandosi con un pentimento vero, altrimenti sarà tutto inutile». Sulla stessa linea il Pontefice chiede ai sacerdoti «scelte controcorrente per evitare compromessi». Nelle condizioni di libertà «in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale», evidenzia Benedetto XVI, è necessario che i preti vivano in «modo alto» la loro vocazione per «suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio».

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S_Daniele
00domenica 14 marzo 2010 15:03
“Oportet ut scandala eveniant”. La strana euforia dei cattolici progressisti

Nella tempesta che ha investito la Chiesa a motivo delle colpe di alcuni suoi sacerdoti soffiano anche venti intracattolici.
Sul “Corriere della Sera” dell’11 marzo Alberto Melloni
ha addirittura invocato – come risposta allo scandalo della pedofilia tra il clero – un Concilio Vaticano III. E ha rinverdito, per tale Concilio, l’agenda proposta nel 1999 dal cardinale Carlo Maria Martini, che aveva tra i suoi capisaldi il clero sposato e un accresciuto ruolo della donna nella Chiesa.
Ecco come il professor Pietro De Marco analizza e critica questi venti cattolici d’opposizione al pontificato di Joseph Ratzinger, in una nota per il quotidiano “Il Tempo“.

*

Sembra che una ventata di micidiale ottimismo stia attraversando la “Chiesa critica”, gli oppositori del pontificato, di fronte alla “strenua lotta del papa contro la pedofilia nel clero” (come si esprimono e documentano i blog).
Una lotta, quella di papa Ratzinger, non solo pastoralmente ammirevole ma, com’è consueto in lui, di alta razionalità politica; eppure questo “ottimismo” non si allinea al pontefice ma si fonda sulla speranza che la congiuntura della crisi pedofilia, una crisi mondiale, restituisca forza nella Chiesa ai “sempiterni riformatori”.
La crisi offrirebbe la possibilità di colpire il celibato dei preti, di bloccare le linee ratzingeriane di ricostruzione degli episcopati mondiali, di ottenere dal disordine interno e pubblico un precipitato che favorisca l’indizione di un nuovo Concilio.
Dal disastro finalmente la “svolta” nella Chiesa, sia pure sotto “la pioggia lurida e gelida che la sta inzuppando”, come immaginifico scrive Alberto Melloni sul “Corriere della Sera” dell’11 marzo. Tanto i “riformatori” hanno sempre buoni ombrelli.
Perché una tale speranza micidiale? Vediamo il quadro. La crisi pedofilia segue ormai regole ferree di internazionalizzazione. Quale che sia la percentuale di denunce, e non si dica di casi rigorosamente accertati, in ogni paese ove la Chiesa cattolica è diramata e forte si può aprire, e già si apre, una vertenza affidata ad attori pubblici, alla stampa, alla cosiddetta democrazia digitale. L’effetto di pressione, diciamo di ritorsione, politica di questa pistola puntata è, nelle relazioni tra Stato e Chiesa, fortissimo. Non va dimenticata la diagnosi, messa a fuoco già nei primi anni Novanta da autori diversissimi, che la Chiesa cattolica “aveva vinto”, sostanzialmente, la battaglia della secolarizzazione, e tornava ad essere (o diveniva) un attore spirituale ed etico-politico preminente nella sfera mondiale.
Una lotta politica internazionalizzata che cammina, peraltro, sulle solerti gambe della società civile, ove si mescolano valide istanze di giustizia e avide ragioni di capitalizzazione dal riconoscimento in sede giudiziaria di torti veri o immaginari. E la società civile è, oggi, un social network capace di azione concertata e globale.
In tale doppio livello, politico (relazioni mondiali tra Stato e Chiesa) e civile, fitto di avversari storici o contingenti della Chiesa cattolica, operano le “opposizioni” cristiane, e propriamente cattoliche, a Roma.
Per ragioni ideali, s’intende: influire sui governi, perché siano intransigenti verso le Chiese nazionali sui casi di pedofilia nel clero, è vissuto come disegno di purificazione della Chiesa ad opera del Principe; mobilitare i laicati interni contro i vescovi e contro Roma esalta come lotta per la giustizia contro l’istituzione.
Internazionalizzata, socializzata in rete e radicata in interessi, e dotata quanto basta di copertura teologica, questa pressione contro l’ordine cattolico e la sua riconquistata autorità, è oggettivamente dura e rischiosa. Poiché non mi sento sporcato dai peccati degli altri uomini (solo dai miei), neppure da quelli dei miei preti, tendo ad osservare lo scenario con calma, all’aperto, senza timore di inzupparmi di piogge apocalittiche.
Temo di più i tipi di risposta che intravedo nella comunità cattolica, a corredo della rigorosa risposta di Roma.
È da temere, infatti, nelle Chiese la geremiade autocolpevolizzante, e la deprecazione invece della circoscritta indagine e del retto giudizio; nessun complesso di colpa cattolico (tanto più se equivoco nei suoi obiettivi) può indurre tribunali civili ed ecclesiastici ad indebolire le tutele giuridiche degli accusati. È da temere la ridda di risposte illogiche come quelle che, ignorando la complessità dei tipi e delle eziologie di “pedofilia”, investono per curarla i cardini del sacerdozio cattolico. O azzardano terapie di femminilizzazione della Chiesa (in un
intervento de “L’Osservatore Romano”, blando, ma inopportuno in quella sede non meno che poco pertinente). O aprono internet alle denunce dei singoli (come sembra intenda fare una diocesi), senza sapere, credo, cosa significhi affidare la civiltà giuridica della Chiesa alla “democrazia dei media”.
Al contrario, il rigore e il giusto risarcimento del danno dovranno essere esercitati con sguardo fermo entro la Chiesa e oltre, nel paesaggio civile e politico mondiale, ove molti attori intendono lucrare, con lucida ipocrisia, oggi come ieri, dai peccati e dai reati di alcuni preti.

(Di Pietro De Marco, Firenze, 14 marzo 2010).

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/03/14/oportet-ut-scandala-eveniant-la-strana-euforia-dei-cattolici-progressisti/
S_Daniele
00lunedì 15 marzo 2010 10:33
«Bene la linea della fermezza, ora punire chi copre le violenze»

di Andrea Tornielli

Roma
Le parole usate due giorni fa dal «pubblico ministero» dell’ex Sant’Uffizio per definire la situazione italiana non sono passate inosservate: Charles J. Scicluna, riferendosi al nostro Paese,
al quotidiano Avvenire aveva detto che «finora il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola». Scicluna aveva quindi osservato che la Cei «offre un ottimo servizio di consulenza tecnico-giuridica per i vescovi che devono trattare questi casi», notando «un impegno sempre maggiore da parte dei vescovi italiani di fare chiarezza» su questi casi. Dunque, per il promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, che guida la task force vaticana contro la pedofilia, in Italia ci sarebbe una «cultura del silenzio» ancora diffusa.
Proprio a questa fa riferimento un appello rivolto a Benedetto XVI da Roberto Mirabile, presidente dell’associazione contro la pedofilia «La Caramella Buona Onlus» (
www.caramellabuona.org), che scrive al Pontefice manifestando apprezzamento per la linea della fermezza intrapresa da Ratzinger e chiedendogli di verificare le responsabilità di chi nella Chiesa ha coperto gli abusi dei sacerdoti e non li ha fermati. «Mi permetta – scrive Mirabile – di essere diretto e sintetico: il problema non è dato dai preti pedofili – lo dico come forzatura – ma da chi, da sempre, li copre e alimenta l’abuso, spostando di sede il sacerdote permettendogli così di seminare violenze in giro per le parrocchie». «Sono loro i diretti responsabili del singolo prete sottoposto alla giurisdizione territoriale, sono loro che devono curare l’anima tormentata del sacerdote. Sono loro che devono accogliere le denunce dei fedeli e – da buoni padri e custodi della fede – portare alla luce la verità di crimini orrendi».
Il presidente dell’associazione quindi afferma: «Sappiamo che ogni istituzione, per sua natura, tende a lavare i panni sporchi in casa. Questo non è più possibile, non è assolutamente accettabile quando soprattutto si tratta di un reato penale orribile e gravissimo quale la violenza sessuale su minore». Mirabile chiarisce che all’origine del suo appello non c’è alcun accanimento nei confronti della Chiesa cattolica.
Ma chiede a Benedetto XVI di fare chiarezza «sulle responsabilità di sacerdoti e vescovi in Italia, senza aspettare qualche causa per risarcimento danni milionario prima di accorgersi del fenomeno nel nostro Paese».
Il presidente ha infine offerto «la massima collaborazione alla Santa Sede per debellare questo problema, certo non esclusivo dell’istituzione cattolica, basti pensare a come l’Islam accetti i matrimoni combinati fra bambine e adulti».
Ieri pomeriggio il Papa ha visitato la Christuskirche luterana di Roma e ha predicato a braccio, in tedesco, dal pulpito: «La vita non è ricevere ma darsi, l'unità della Chiesa è un dono, mentre la divisione è frutto del peccato». In precedenza, pur senza fare riferimenti diretti agli scandali di questi giorni, il pastore Jens-Martin Kruse, nel suo discorso, aveva detto che le Chiese cristiane devono essere vicine le une alle altre specie nei momenti di sofferenza e di dolore.

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S_Daniele
00lunedì 15 marzo 2010 10:35

I moralisti dalla vita bassa che mettono la chiesa sotto assedio (Giuliano Ferrara)

Clicca qui per leggere l'editoriale di Giuliano Ferrara


Attesa la lettera del Papa agli irlandesi

L'arcivescovo Fisichella: «Misure anti pedofili: più selezione nei seminari»


Il presidente della pontificia Accademia per la vita: «Diffusa una cultura che ritiene tutto ammissibile»

Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO

Eccellenza, in piena tempesta pedofilia c’è chi descrive il Papa come perso tra i suoi libri, ignaro, in preda a un’angoscia paralizzante...

«Ma figuriamoci! Papa Benedetto XVI è una persona chiara, netta, determinata ed estremamente lucida nella sua analisi. Una lucidità che lo porta, primo, a saper distinguere le cose e, secondo, a prendere i provvedimenti necessari...».

L’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita nonché consultore della Congregazione per la dottrina della fede, non è tipo da sopire o eludere. Tre anni fa, quando la Rai trasmise il documentario della Bbc «Sex, crimes and the Vatican», fu lui a metterci la faccia e andare in studio a rappresentare la Chiesa. L’anno scorso intervenne sulla vicenda d’una bimba brasiliana di 9 anni stuprata dal patrigno e rimasta incinta di due gemelli: pesava 30 chili, i medici la fecero abortire, e mentre il vescovo locale annunciava scomuniche lui ricordò che la piccola andava anzitutto «difesa e abbracciata con dolcezza», attirandosi strali integralisti.

Ora premette: «A costo d’essere frainteso, come nel caso di quella bimba, sui casi di pedofilia voglio essere molto chiaro: io starò sempre dalla parte delle vittime. Sempre, e in ogni caso. Perché una simile violenza grida vendetta al cospetto di Dio».

Contro i pedofili, il Papa ha evocato le parole di Gesù, «sarebbe meglio per lui che gli mettessero al collo una mola e lo buttassero in mare»...

«Certo. Tra poco uscirà la lettera del Papa agli irlandesi e credo sarà un ulteriore esempio della sua voce chiara e decisa, senza alcuna dissimulazione. Ci fosse anche un solo caso in Europa, e ahimè non è così, sarebbe troppo. Questi fatti gettano ombre su tutta la Chiesa, soprattutto noi vescovi dobbiamo considerarli con la massima serietà: la tolleranza zero voluta da Benedetto XVI non è un optional, è un obbligo morale».

Parlava dei provvedimenti necessari. Ad esempio?

«Ora mi trovo negli Usa, per tre giorni sono stato in uno dei seminari più importanti del Paese e posso dire che dieci anni dalle vicende di abusi su minori non sono passati invano: considerato ciò che accade ora in Europa, l’esperienza americana può insegnare parecchio».

E cioè?

«Ho visto discernimento molto più attento nella selezione dei candidati, e un impegno nella formazione accademica e spirituale senza precedenti, 130 seminaristi che fanno pensare a una generazione nuova di sacerdoti seriamente impegnati».

Cos’è accaduto, prima?

«Paghiamo anni nei quali per diversi preti e religiosi è venuta meno l’identità sacerdotale: si è persa per strada la spiritualità. Almeno dagli Anni Sessanta si è diffusa una cultura che ritiene tutto sia ammissibile e ha compreso tutti, non solo la Chiesa».

E il celibato?

«Noi non siamo dei repressi: siamo persone che hanno fatto una scelta libera di dedizione e amore per la Chiesa e coloro che ci vengono affidati. I pochi che vi attentano creano un danno enorme alla stragrande maggioranza di preti che vive questa dimensione con gioia e serietà».

Non solo la Chiesa?

«Basta vedere le cronache, purtroppo. Se pensiamo che in Olanda c’è un partito che sostiene la pedofilia... Ognuno deve fare i conti in casa propria, ma qui c’è un fenomeno generalizzato e la società nel suo complesso è chiamata a risolverlo. L’essenziale è saper distinguere. Ed essere onesti».

In che senso?

«Coinvolgere il Papa e l’intera Chiesa è una violenza ulteriore e un segno di inciviltà. L’accanimento contro il pontefice, in particolare, è insensato: parlano per lui tutta la sua storia, la sua vita, i suoi scritti. Ciò che disse negli Usa, due anni fa, è stato di una chiarezza cristallina come ciò che dirà all’Irlanda».

E l’abolizione della prescrizione per i pedofili?

«Da mesi si stanno studiando queste cose: la Chiesa non agisce sotto pressione degli eventi ma per il bene di tutti».

C’è una «cultura del silenzio» in Italia?

«I rari casi che si sono verificati sono diventati pubblici. La nostra cultura mi sembra ci allontani da tutto ciò. E non penso né vedo che i vescovi in Italia vogliano usare il silenzio come nascondimento: piuttosto, bisogna avere il tempo di valutare per non rischiare di rovinare un innocente».

L’«accanimento» contro il Papa che effetto ha?

«Il Santo Padre non si fa intimorire. Proprio perché ha una visione profonda della vita e del servizio che deve rendere a tutta la Chiesa e al mondo, saprà ancora una volta farci compiere un balzo in avanti. Attentare all’autorità morale del pontefice e della Chiesa è una strategia tendenziosa che può creare un danno permanente alla società. Ma non ci riusciranno».

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S_Daniele
00lunedì 15 marzo 2010 10:38
Il "pm" della Santa Sede: "Chiesa rigorosa sulla pedofilia"
Intervista a monsignor Charles J. Scicluna

di Gianni Cardinale

CITTÀ DEL VATICANO, domenica, 14 marzo 2010 (ZENIT.org).-

Pubblichiamo l'intervista a monsignor Charles J. Scicluna, "promotore di giustizia" della Congregazione per la Dottrina della fede, apparsa questo sabato sul quotidiano dei Vescovi italiani, "Avvenire".

Si tratta, in pratica, del pubblico ministero del tribunale dell'ex sant'Uffizio, che ha il compito di indagare sui cosiddetti delicta graviora, i delitti che la Chiesa cattolica considera i più gravi in assoluto: quelli contro l'Eucaristia, contro la santità del sacramento della penitenza e il delitto contro il sesto comandamento ("non commettere atti impuri") di un chierico con un minore di diciotto anni.

Un motu proprio del 2001, il Sacramentorum sanctitatis tutela, ha riservato questi delitti, come competenza, alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Di fatto è il "promotore di giustizia" ad avere a che fare, tra l'altro, con la gravissima questione dei sacerdoti accusati di pedofilia periodicamente alla ribalta sui mass media. Monsignor Scicluna, originario di Malta, ha la fama di adempiere al compito che gli è stato affidato con il massimo scrupolo.

Monsignore, lei ha la fama di essere un "duro", eppure la Chiesa cattolica viene sistematicamente accusata di essere accomodante nei confronti dei cosiddetti "preti pedofili".

Monsignor Scicluna: Può essere che in passato, forse anche per un malinteso senso di difesa del buon nome dell'istituzione, alcuni vescovi, nella prassi, siano stati troppo indulgenti verso questi tristissimi fenomeni. Nella prassi dico, perché sul piano dei principi la condanna per questa tipologia di delitti è stata sempre ferma e inequivocabile. Per rimanere al secolo scorso basta ricordare l'ormai celebre istruzione Crimen Sollicitationis del 1922...

Ma non era del 1962?

Monsignor Scicluna: No, la prima edizione risale al pontificato di Pio XI. Poi con il beato Giovanni XXIII il Sant'Uffizio ne curò una nuova edizione per i Padri conciliari, ma ne vennero fatte solo duemila copie e non bastarono per la distribuzione che fu rinviata sine die. Si trattava comunque di norme procedurali da seguire nei casi di sollecitazione in confessione e di altri delitti più gravi a sfondo sessuale come l'abuso sessuale di minori ...

Norme che raccomandavano però il segreto...

Monsignor Scicluna: Una cattiva traduzione in inglese di questo testo ha fatto pensare che la Santa Sede imponesse il segreto per occultare i fatti. Ma non era così. Il segreto istruttorio serviva per proteggere la buona fama di tutte le persone coinvolte, prima di tutto le stesse vittime, e poi i chierici accusati, che hanno diritto - come chiunque - alla presunzione di innocenza fino a prova contraria. Alla Chiesa non piace la giustizia spettacolo. La normativa sugli abusi sessuali non è stata mai intesa come divieto di denuncia alle autorità civili.

Quel documento però viene periodicamente rievocato per accusare l'attuale Pontefice di essere stato - in qualità di prefetto dell'ex Sant'Uffizio - il responsabile oggettivo di una politica di occultamento dei fatti da parte della Santa Sede...

Monsignor Scicluna: Si tratta di un'accusa falsa e calunniosa. A questo proposito mi permetto di segnalare alcuni fatti. Tra il 1975 e il 1985 mi risulta che nessuna segnalazione di casi di pedofilia da parte di chierici sia arrivata all'attenzione della nostra Congregazione. Comunque dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1983 c'è stato un periodo di incertezza sull'elenco dei delicta graviora riservati alla competenza di questo dicastero. Solo col motu proprio del 2001 il delitto di pedofilia è ritornato alla nostra competenza esclusiva. E da quel momento il cardinale Ratzinger ha mostrato saggezza e fermezza nel gestire questi casi. Di più. Ha mostrato anche grande coraggio nell'affrontare alcuni casi molto difficili e spinosi, sine acceptione personarum (cioé senza riguardi per nessuno ndr). Quindi accusare l'attuale Pontefice di occultamento è, ripeto, falso e calunnioso.

Nel caso che un sacerdote sia accusato di un delictum graviu
s, cosa succede?

Monsignor Scicluna: Se l'accusa è verosimile il vescovo ha l'obbligo di investigare sia l'attendibilità della denuncia che l'oggetto stesso della medesima. E se l'esito di questa indagine previa è attendibile non ha più potere di disporre della materia e deve riferire il caso alla nostra Congregazione, dove viene trattato dall'ufficio disciplinare.

Da chi è composto questo ufficio?

Monsignor Scicluna: Oltre al sottoscritto, che essendo uno dei superiori del dicastero, si occupa anche di altre questioni, c'è un capo ufficio, padre Pedro Miguel Funes Diaz, sette ecclesiastici ed un penalista laico che seguono queste pratiche. Altri officiali della Congregazione prestano il loro prezioso contributo secondo le esigenze di lingua e di competenza.

Questo ufficio è stato accusato di lavorare poco e con lentezza...

Monsignor Scicluna: Si tratta di rilievi ingiusti. Nel 2003 e 2004 c'è stata una valanga di casi che ha investito le nostre scrivanie. Molti dei quali venivano dagli Stati Uniti e riguardavano il passato. Negli ultimi anni, grazie a Dio, il fenomeno si è di gran lunga ridotto. E quindi adesso cerchiamo di trattare i casi nuovi in tempo reale.

Quanti ne avete trattati finora?

Monsignor Scicluna: Complessivamente in questi ultimi nove anni (2001-2010) abbiamo valutato le accuse riguardanti circa tremila casi di sacerdoti diocesani e religiosi che si riferiscono a delitti commessi negli ultimi cinquanta anni.

Quindi di tremila casi di preti pedofili?

Monsignor Scicluna: Non è corretto dire così. Possiamo dire che grosso modo nel 60% di questi casi si tratta più che altro di atti di efebofilia, cioè dovuti ad attrazione sessuale per adolescenti dello stesso sesso, in un altro 30% di rapporti eterosessuali e nel 10% di atti di vera e propria pedofilia, cioè determinati da una attrazione sessuale per bambini impuberi. I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni. Si tratta sempre di troppi casi - per carità! - ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere.

Tremila quindi gli accusati. Quanti i processati e condannati?

Monsignor Scicluna: Intanto si può dire che un processo vero e proprio, penale o amministrativo, si è svolto nel 20% dei casi e normalmente è stato celebrato nelle diocesi di provenienza - sempre sotto la nostra supervisione - e solo rarissimamente qui a Roma. Facciamo così anche per una maggiore speditezza dell'iter. Nel 60% dei casi poi, soprattutto a motivo dell'età avanzata degli accusati, non c'è stato processo, ma, nei loro confronti, sono stati emanati dei provvedimenti amministrativi e disciplinari, come l'obbligo a non celebrare Messa coi fedeli, a non confessare, a condurre una vita ritirata e di preghiera. È bene ribadire che in questi casi, tra i quali ce ne sono alcuni particolarmente eclatanti di cui si sono occupati i media, non si tratta di assoluzioni. Certo non c'è stata una condanna formale, ma se si è obbligati al silenzio e alla preghiera qualche motivo ci sarà...

All'appello manca ancora il 20% dei casi...

Monsignor Scicluna: Diciamo che in un 10% di casi, quelli particolarmente gravi e con prove schiaccianti, il Santo Padre si è assunto la dolorosa responsabilità di autorizzare un decreto di dimissione dallo stato clericale. Un provvedimento gravissimo, preso per via amministrativa, ma inevitabile. Nell'altro 10% dei casi poi, sono stati gli stessi chierici accusati a chiedere la dispensa dagli obblighi derivati dal sacerdozio. Che è stata prontamente accettata. Coinvolti in questi ultimi casi ci sono stati sacerdoti trovati in possesso di materiale pedopornografico e che per questo sono stati condannati dall'autorità civile.

Da dove vengono questi tremila casi?

Monsignor Scicluna: Soprattutto dagli Stati Uniti, che per gli anni 2003-2004 rappresentavano circa l'80% del totale di casi. Per il 2009 la percentuale statunitense è scesa a circa il 25% dei 223 nuovi casi segnalati da tutto il mondo. Negli ultimi anni (2007-2009), infatti, la media annuale dei casi segnalati alla Congregazione dal mondo è stata proprio di 250 casi. Molti paesi segnalano solo uno o due casi. Cresce quindi la diversità ed il numero dei paesi di provenienza dei casi ma il fenomeno è assai ridotto. Bisogna ricordare infatti che il numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi nel mondo è di 400mila. Questo dato statistico non corrisponde alla percezione che si crea quando questi casi così tristi occupano le prime pagine dei giornali.

E dall'Italia?

Monsignor Scicluna: Finora il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola. La Conferenza episcopale italiana (Cei) offre un ottimo servizio di consulenza tecnico-giuridica per i vescovi che devono trattare questi casi. Noto con grande soddisfazione un impegno sempre maggiore da parte dei vescovi italiani di fare chiarezza sui casi segnalati loro.

Lei diceva che i processi veri e propri riguardano circa il 20% dei circa tremila casi che avete esaminato negli ultimi nove anni. Sono finiti tutti con la condanna degli accusati?

Monsignor Scicluna: Molti dei processi ormai celebrati sono finiti con una condanna dell'accusato. Ma non sono mancati quelli dove il sacerdote è stato dichiarato innocente o dove le accuse non sono state ritenute sufficientemente provate.  In tutti i casi comunque si fa non solo lo studio sulla colpevolezza o meno del chierico accusato, ma anche il discernimento sull'idoneità dello stesso al ministero pubblico.

Un'accusa ricorrente fatta alle gerarchie ecclesiastiche è quella di non denunciare anche alle autorità civili i reati di pedofilia di cui vengono a conoscenza.

Monsignor Scicluna: In alcuni Paesi di cultura giuridica anglosassone, ma anche in Francia, i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria. Si tratta di un dovere gravoso perché questi vescovi sono costretti a compiere un gesto paragonabile a quello compiuto da un genitore che denuncia un proprio figlio. Ciononostante, la nostra indicazione in questi casi è di rispettare la legge.

E nei casi in cui i vescovi non hanno questo obbligo per legge?

Monsignor Scicluna: In questi casi noi non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime. Inoltre li invitiamo a dare tutta l'assistenza spirituale, ma non solo spirituale, a queste vittime. In un recente caso riguardante un sacerdote condannato da un tribunale civile italiano, è stata proprio questa Congregazione a suggerire ai denunciatori, che si erano rivolti a noi per un processo canonico, di adire anche alle autorità civili nell'interesse delle vittime e per evitare altri reati.

Un'ultima domanda: è prevista la prescrizione per i delicta graviora?

Monsignor Scicluna: Lei tocca un punto - a mio avviso - dolente. In passato, cioè prima del 1898, quello della prescrizione dell'azione penale era un istituto estraneo al diritto canonico. E per i delitti più gravi solo con il motu proprio del 2001 è stata introdotta una prescrizione di dieci anni. In base a queste norme nei casi di abuso sessuale il decennio incomincia a decorrere dal giorno in cui il minore compie i diciotto anni.

È sufficiente?

Monsignor Scicluna: La prassi indica che il termine di dieci anni non è adeguato a questo tipo di casi e sarebbe auspicabile un ritorno al sistema precedente dell'imprescrittibilità dei delicta graviora. Il 7 novembre 2002, comunque, il Servo di Dio Venerabile Giovanni Paolo II ha concesso a questo dicastero la facoltà di derogare dalla prescrizione caso per caso su motivata domanda dei singoli vescovi. E la deroga viene normalmente concessa.

S_Daniele
00giovedì 18 marzo 2010 16:50

GRECIA 2005 - GERMANIA 2010: LA STORIA SI RIPETE?


di Francesco Colafemmina

Nel febbraio-marzo 2005 (notate la coincidenza di date pre-pasquali) la Chiesa Greco-Ortodossa fu al centro di un incredibile scandalo. In realtà gli scandali erano molteplici: da quelli di carattere sessuale (volti a sbugiardare l'ipocrisia del clero), a quelli di carattere economico-lucrativo (volti a separare la Chiesa dallo Stato). Nonostante la terribile situazione fosse chiaramente motivata dallo scoperchiamento di fascicoli di qualche servizio segreto estero, l'allora Arcivescovo di Atene, Primate della Chiesa greca, Christodoulos (nella foto in visita a Benedetto XVI), si impegnò alla immediata denuncia e sospensione dei chierici coinvolti negli scandali, parlò di "pulizia" da fare nella Chiesa e instaurò una commissione sinodale volta alla "purificazione interna" della Chiesa greca.

L'Arcivescovo amatissimo dai Greci, morì poi nel 2008 a seguito di un terribile tumore al fegato che fu malamente curato da medici statunitensi... Al suo posto venne eletto l'attuale Primate di Grecia, Ieronimos, nemico giurato di Christodoulos, che nel 2005 si era scagliato contro quest'ultimo rivelando di aver subito pressioni per non candidarsi alle elezioni del 1998 per diventare Arcivescovo.

Oggi la Chiesa greca si trova a fronteggiare numerosi problemi che si inquadrano nell'ambito della sua identità "nazionale", ma che non sono per questo meno interessanti sotto un profilo più ampiamente europeo e occidentale. Infatti recentemente è scoppiata una grande divisione dopo la partecipazione di Ieronimos ad un Consiglio dei Ministri al fine di supportare il riconoscimento degli immigrati quali "cittadini greci", un'onta gravissima per la Grecia già crocevia del traffico degli immigrati clandestini e costretta a subire uno schiacciamento di popolazione impressionante (su 11 milioni di abitanti si stima che gli immigrati siano dai 2 ai 3 milioni).

In più - e veniamo ai fatti interessanti - lo Stato ha deciso di tassare al 20% le proprietà ecclesiastiche, ottenendo finalmente ciò che si voleva ottenere nel 2005: usare i denari della Chiesa per ripianare debiti contratti dalla cattiva gestione del governo pubblico.

Ma c'è un dato ancor più inquietante relativo a quegli scandali del 2005. Si trattava della cessione di alcuni immobili del Patriarcato di Gerusalemme che a quanto pare fu decisa dall'allora Patriarca Irineos. Irineos venne accusato dai Palestinesi ortodossi di svendere i beni della Chiesa (che sono immensi a Gerusalemme), e nonostante le sue discolpe (riteneva di essere vittima di un complotto), fu costretto con una inaudita decisione del Sinodo Panortodosso riunito a Costantinopoli a dimettersi di colpo. Fu costretto anche Christodulos - suo sostenitore - a propendere per le dimissioni, probabilmente provato da tutti gli scandali che avevano già gravato la Chiesa greca... Così tutto lo squallido scoperchiamento di zolfo d'un tratto finì, nel giro di pochi mesi.

Non azzardo interpretazioni. Solo mi limito a riscontrare che la situazione della Chiesa Cattolica oggi è assai simile per certi versi a quanto sopra descritto. Gli scandali della Germania sono semplicemente volti a colpire il Successore di Pietro, nonostante la sua chiara posizione per la trasparenza e la purificazione della Chiesa. Gli scandali della Germania - che, non ne dubito, potranno essere gonfiati a dismisura attraverso l'apertura di altri fascicoli dei servizi in altri paesi europei - vedono i giornalisti di mezzo mondo reagire con il solito sistema dell'accusa pedante e volgare, della perdita di controllo dell'obbiettività, e la richiesta - che prima o poi si farà incessante come negli States - di cospicui rimborsi...

Chi all'epoca in Grecia voleva screditare il grande Arcivescovo Christodoulos (che personalmente ho avuto l'onore di conoscere nel 2007 durante un indimenticabile Vespro dell'Annunciazione in Cattedrale ad Atene), è riuscito nei suoi intenti, tanto che oggi la Chiesa greca è guidata dall'umbratile Ieronimos... Anche se probabilmente il livello degli intrighi e degli scandali greco-ortodossi è superiore a quello della Chiesa Cattolica, stiamo attenti a non finire nello stesso modo in futuro...

Per indicarvi quanto simile fossa la situazione ho deciso di tradurvi questo splendido commento di un semplice e anonimo monaco ortodosso, datato Maggio 2005. Mutatis mutandis, le sue parole sono un valido commento anche ai fatti odierni che riguardano la Chiesa Cattolica. Buona lettura:
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Sono ormai mesi che non si fa che sentire e vedere in televisione e per radio nient'altro se non ingiurie contro l'Arcivescovo di Atene, Sua Beatitudine Christodulos, che in realtà altro non sono che ingiurie contro la Chiesa di Cristo, con l'obbiettivo di colpire il suo prestigio, diminuire la fiducia dei fedeli, spegnere la voce dell'Arcivescovo, perché dà fastidio ai loro piani malvagi su tutti i fronti, e soprattutto sui temi nazionali. E la causa (supposta) di tutto ciò sarebbe l'indegnità di alcuni sacerdoti, sia che si tratti della completa verità, sia che si tratti di una verità parziale, se non rara, o addirittura di una completa menzogna. E così purificheranno la Chiesa di Cristo i giornalisti che hanno purtroppo dalla loro parte anche alcuni dei nostri - di coloro che fanno parte della Chiesa.

Costoro che non conoscono neppure la loro parrocchia, che non hanno mai messo piede in una chiesa e vivono nel brago si sono infastiditi perché un numero limitato di chierici non è puro sotto il profilo etico o sotto altri punti di vista e perciò si slanciano per venirci a ripulire.
E' un fatto che sono esistiti, esistono ed esisteranno sempre nello scafo della Chiesa anche elementi indegni dell'onore che gli è stato concesso dal suo nocchiero. O per dirla meglio esistono ovunque anche pochi buoni, diamanti autentici, gioielli veri della Chiesa, che brillano e illuminano con la loro vita il mondo intero. Di costoro non si parla perché coloro che sono sporchi si occupano delle sporcizie, e le vanno a rimestare solo per provocare danni e mai per qualche vantaggio.
Avendo vissuto per parecchi anni sul Monte Athos e avendo imparato molte cose vicino al santo anziano Padre Paisios - sebbene indegno di una tale benedizione - ho visto un altro comportamento e ho imparato un altro modo di fare, quello giusto, quello dei padri, per combattere i problemi della Chiesa. Leggendo sia la vita che gli scritti di San Giovanni Crisostomo mi sono molto meravigliato della somiglianza che egli aveva con il Padre Paisios, mentre, al contrario, ho sempre notato una enorme differenza rispetto all'atteggiamento odierno di molti che scrivono e parlano come se fossero stati indicati da Dio in persona come giudici e maestri dell'ecumene con il prestigio del sinodo ecumenico. E naturalmente in questo caso non intendo i giornalisti che sono quel che sono...
Ma i nostri? Perché scrivono in questo modo? Uno spirito diverso non solo da quello del Padre, ma anche da tutti i santi Padri a lui contemporanei e da tutti i Padri della Chiesa i quali anche nei riguardi degli eretici continuavano a parlare con rispetto indipendentemente dalle loro differenze di opinione (lo spazio non ci permette di riferir qui degli esempi).
Ognuno ormai è testimone di un linguaggio così insolente da scadere nella volgarità che non solo è indegno di Cristiani ma pure di uomini seri.

Non hanno per nulla timore di Dio? Propongono al Beatissimo Padre le dimissioni (con quale diritto, prego?), maggiore conversione, preghiera e poche parole, pochi proclami in grado di smuovere la coscienza nazionale. Altre volte parlano di autoritarismo mentre essi stessi ci controllano senza fermarsi mai e parlano a ruota libera e la maggiorparte delle volte senza che ve ne sia ragione e senza che lo consenta la loro condizione di chierici.

Lo so di non essere il più idoneo a scrivere, non sono abituato nè mi sono mai esercitato a farlo. Ma vi confesso di averne abbastanza sia dei giornalisti che dei nostri. Per dirla più semplicemente: mi sono rotto! Non sopporto più l'ingiustizia. Per questo ho preso la penna per scrivere. Dico, ma perché non parlano e non scrivono gli altri che sono più abili? Forse per maggiore discrezione? Forse perché sono intenti a pregare? Fortunatamente alcuni si fanno coraggio e fra di essi due o tre giornalisti. Il Signore li possa ricompensare!

Direte: "non esistono forse impurità? Non sono stati commessi errori?". Eccome se esistono: anche l'Arcivescovo lo riconosce e ha chiesto scusa per questo, non solo per i suoi errori, ma si è accollato la responsabilità di tutti gli altri come primate della Chiesa, perché, come molto correttamente afferma, l'intera chiesa non è altro che il Corpo di Cristo che taluni cercano di fare a pezzi.
In ogni caso gli errori non li si corregge in base ai suggerimenti dei nemici della Chiesa, ma come hanno sempre fatto i Santi della nostra Chiesa.
Forse che Padre Paisios non vedeva la debolezza che esiste nella Chiesa (in alcuni), ma anche la sporcizia più generalizzata della società? Si, le vedeva molto più chiaramente di tutti (tanto quanto egli era più puro degli altri) e soffriva realmente, perché realmente amava la Chiesa - la Madre Chiesa - nel seno della quale era stato nutrito e santificato. E cosa diceva del nostro schifo?
"Bisogna che Dio cominci a darci i suoi schiaffi e che cominci per primo da me".
Questi invece che fanno? Pensano di essere loro puri e così colpiscono. Per questo, dico, vedo una grande differenza, un altro spirito.

Alcuni lanciano accuse per macchine costose, paramenti di lusso ma soprattutto perdono ogni traccia di vergogna, utilizzano parole sconvenienti, indifferenti per se stessi, se sono più responsabili, senza neppure trovare giustificazioni.

Hanno ignorato la realtà e non hanno scritto dell'altra ricchezza dell'Arcivescovo, della quale lo ha rivestito Dio, parlo della ricchezza dei carismi, i quali tutti egli utilizza per la gloria di Dio e lo splendore della Chiesa, una ricchezza nei riguardi della quale sembrano molto miseri coloro che combattono la Chiesa (politici e non).
Un altro chierico accusa l'Arcivescovo apertamente di ingenuità e malizia e lo indica quale unico responsabile di tutti i mali e aggiunge "è caduta la torre di carta" etc. Mi vergogno di continuare! Non leggono le storie del Padre (o scrivono soltanto?), le sue affermazioni sul metodo con cui dobbiamo far fronte a simili problemi. E tutti quasi, piccoli e grandi ,"puri e impuri", laici e non, ortodossi e non ortodossi, gente di ogni genere colpisce senza pietà, senza rispetto, con insolenza, ironia, empatia, e non poche volte, sempre fraintendendo i discorsi dell'Arcivescovo.
Alcuni sono anche giunti (non li nominerò) a definire blasfemamente le preoccupazioni per la pace della Chiesa "anti evangeliche".

Un altro poi (un vescovo sfortunatamente) parla di alzheimer per l'Arciversovo! Ho peccato Cristo mio! Ma cos'altro finiremo per sentire su quest'uomo che ha una tale sobrietà, chiarezza, linearità e che quando parla addolcisce il suo uditorio e avvince i cuori della gente, difende fino in fondo i diritti della nostra Chiesa e l'indipendenza della nostra patria, mentre gli altri la tradiscono.
Come abbiamo potuto permettere noi che siamo la Chiesa, che il nostro Arcivescovo si difendesse dinanzi ai giornalisti di mezzo mondo, fatto che solo un Sinodo ha il diritto di compiere?

Parlano ancora di bugie dell'Arcivescovo. E che dice l'Anziano Padre? "L'uomo vero non è colui che dice la verità indifferentemente, ma colui che la dice quando è necessario e dove è necessario."
Mentre scrivo queste righe seguo anche i discorsi dell'Arcivescovo, che sbugiardano tutti coloro che ci incolpano di tutto ciò di cui ho scritto sopra, e le mie parole sgorgano dalla mia coscienza e solo i miei fratelli più stretti mi hanno spinto a pubblicarle. Quanti, chiaramente, si danno da fare per lanciare accuse, che le lancino pure contro di me, se gli sembra bello. Questa nostra vocazione è il martirio della nostra coscienza.

Mi auguro umilmente, come ultimo fratello e membro della santa nostra Chiesa, che il buon Dio ci perdoni tutti per le nostre colpe note e ignote, e che non voglia abbandonare il suo piccolo gregge e che possa far emergere solo il bene da questa prova - che già con grande gioia possiamo vedere. E poi mi auguro che possa guidare i nostri pastori e il loro Primate a risplendere sempre più per svergognare così i nemici della Chiesa e per la gloria del Suo Santo Nome, amen.
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Fonte: Periodico “Εκ βαθέων” del Monastero di San Giorgio di Ghiannitsa. Numero 8, Maggio 2005


* Padre Paisios è un grande monaco la cui fama di santità si diffuse in tutto l'orbe ortodosso. Morto nel 1994, Paisios era un mistico, un profeta, un curatore di anime del Monte Athos, la cui bontà e saggezza sono ampiamente considerate perfetta incarnazione del modello evangelico.

Fides et Forma
S_Daniele
00venerdì 19 marzo 2010 10:02


Una bella lettera di Marcello Pera sui preti pedofili e l'attacco al Papa
S_Daniele
00venerdì 19 marzo 2010 10:49
"Modesto esercizio antipapista"

Vian ci spiega perché Küng è fa "errori madornali" su celibato e pedofilia


Il direttore dell’Osservatore Romano sostiene che il teologo antiratzingeriano “cade sempre nelle stesse banalità”. Il Papa sa degli attacchi e se ne dispiace

di Paolo Rodari

“Ratzinger reciti il mea culpa sulla pedofilia” scriveva ieri su Repubblica il “teologo ribelle” Hans Küng, perché da arcivescovo di Monaco prima, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e da Pontefice poi, pur conoscendo “i più gravi reati sessuali commessi dal clero in tutto il mondo” non ha fatto nulla per evitarli. Cosa avrebbe dovuto fare? Denunziare per tempo i preti pedofili e abolire il vincolo del celibato sacerdotale il quale, dice Küng citando lo psicoterapeuta americano Richard Sipe, “può favorire tendenze pedofile”. A queste parole è Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano e voce autorevole dentro le mura leonine, che decide di rispondere. Lo fa, Vian, chiarendo subito un concetto: “L’articolo di Küng è modesto e di pessimo gusto. Non meriterebbe risposta ma siccome gli attacchi al Pontefice sono diretti ed espliciti qualche parola ritengo sia opportuno dirla”.
Del resto, non è la prima volta che Vian interviene contro Küng. Lo fece con un editoriale sul giornale vaticano il 29 ottobre scorso. Il teologo svizzero criticò la decisione del Papa di aprire le porte agli anglicani, “il Papa pesca nell’acqua di destra” scrisse Küng. E Vian rispose per le rime: “Le critiche di Küng sono lontanissime dalla realtà”. Parole che Vian userebbe anche oggi? “Sostanzialmente sì”, dice. “Dispiace che uno come Küng, antico collega di Ratzinger e amico, cada sempre nelle stesse banalità.
E lo faccia contro il Papa il quale, ricordiamolo, nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, lo invitò a Castelgandolfo, in amicizia, per discutere delle comuni basi etiche delle religioni e del rapporto tra ragione e fede”. Küng chiede l’abolizione del celibato sacerdotale e insieme accusa Ratzinger di aver coperto gli abusi su minori commessi da preti.
In particolare parla di quando l’attuale Papa era arcivescovo di Monaco: “Lasciamo stare Monaco. I fatti non sono andati come Küng e certa stampa li ha raccontati. Ratzinger, quando era arcivescovo di Monaco, accolse nella propria diocesi un prete accusato di pedofilia. Venne mandato a Monaco per curarsi.
Ratzinger chiese che non venisse impiegato pastoralmente ma qualcuno disobbedì. Al di là delle vicende di Monaco, sono principalmente gli attacchi personali di Küng al Papa e anche al presidente dei vescovi tedeschi Robert Zollitsch che stupiscono perché sembrano fatti più a beneficio del grande pubblico che per altro”. Cioè? “Küng offre articoli preconfezionati (quello di ieri è stato pubblicato in eguale copia dalla Suddeutsche Zeitung), pezzi scritti più per andare dietro a degli stereotipi che per entrare nel fondo delle questioni”. Quanto dice sul celibato è sbagliato? “Direi di sì. Küng parla della norma ecclesiastica del celibato introdotta soltanto nell’XI secolo. Lo scrive per dire che il celibato prima non esisteva. Ma a parte il fatto che la riforma gregoriana, la grande riforma dell’XI secolo, venne messa in campo proprio con un forte richiamo al valore del celibato così come la traduzione della chiesa l’aveva tramandato, c’è da dire anche un’altra cosa: il celibato ha evidentemente fondamenti neo testamentari. Basta ricordare Matteo (19,11): ‘Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca’. Oppure la prima ai Corinzi (7,1): ‘E’ cosa buona per l’uomo non toccare donna’.
Siamo ai primordi del cristianesimo. Sono parole chiare. Parole poi riprese nella storia della chiesa. Una storia dove la sessualità è altamente valorizzata. Fino ai giorni nostri. Ci stiamo dimenticando dell’importante testo firmato da Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia intitolato ‘Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia’?”. E ancora: “Come si fa a ignorare che la scelta del celibato ha permesso a tante donne di emanciparsi?” Emanciparsi? “Sì. La scelta della vita religiosa è una grande forma di emancipazione femminile. E’ un segno grande che richiama a Dio. Un segno che tanti Pontefici hanno valorizzato. Non dimentichiamoci di Pio XI con la sua ‘Casti connubii’, di Paolo VI con la ‘Sacerdotalis caelibatus’ e la ‘Humanae vitae’, encicliche tanto contestate quanto importanti, di Giovanni Paolo II con tutta la sua teologia del corpo.
Fino a Benedetto XVI, un Papa che ha parlato più volte del celibato e ha messo in campo una grande operazione di trasparenza per quanto riguarda gli abusi su minori commessi da preti. Ha parlato della sporcizia della chiesa nella via crucis del Colosseo pochi giorni prima che Wojtyla morisse. Ha parlato degli abusi dei preti durante il viaggio negli Stati Uniti. In Australia ha addirittura incontrato l’associazione delle vittime di pedofilia”.
Gli attacchi di Küng senz’altro non fanno piacere al Papa. “Assolutamente no” dice Vian. Ma il Papa ne è informato? “Il Papa legge i giornali, è sempre informato e quanto scrivono i giornali è a sua conoscenza”. Gli arriva tutto? “Assolutamente sì. E si dispiace quando i giornali stravolgono la realtà. Ne ho parlato anche recentemente sul Corriere della Sera quando ho detto che il tentativo che certa stampa sta mettendo in atto è proprio quello di alterare la realtà presentando la chiesa come un ‘club di pedofili’. Una cosa falsa e disgustosa. Per fortuna c’è chi non fa questo tipo di operazioni. Vorrei in questo senso elogiare Angela Merkel che in un discorso al Bundestag ha detto che il problema della pedofilia è di tutta la società”. Gian Maria Vian non ha complessi nell’attaccare la cattiva stampa e nell’elogiare la buona. L’ha fatto proprio con Repubblica, recentemente. Dopo gli attacchi a Küng nello scorso ottobre ha elogiato il quotidiano di Ezio Mauro: “L’ho fatto perché era giusto farlo. Marco Ansaldo sta lavorando molto bene nella ricostruzione delle vicende storiche legate alla figura di Pio XII. E per questo motivo va lodato. Del resto ora sono qui a parlare con il Foglio. Non diceva Maritain che bisogna distinguere per unire?”.

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S_Daniele
00sabato 20 marzo 2010 07:48

La "chiesa" progressista usa i pedofili contro il Papa. Le bugie di Kung ed il no al celibato (Socci)

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