Messaggio dell'episcopato in occasione dell'Anno sacerdotale

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Cattolico_Romano
00mercoledì 22 luglio 2009 11:06
Messaggio dell'episcopato in occasione dell'Anno sacerdotale

Testimoni di fede nella Repubblica Democratica del Congo


Kinshasa, 21. "Insieme al Papa, vogliamo che l'Anno sacerdotale contribuisca a promuovere l'impegno per il vostro rinnovamento interiore al fine di rendere più incisiva e più vigorosa la vostra testimonianza nel nostro Paese e nel mondo". Lo scrivono i vescovi della Repubblica Democratica del Congo nel messaggio inviato ai sacerdoti in occasione dell'Anno sacerdotale indetto nel centocinquantesimo della morte del curato d'Ars, san Giovanni Maria Vianney, il santo patrono di tutti i parroci del mondo.

Nel documento si sottolinea la necessità che i sacerdoti siano in primo luogo dei testimoni coerenti e autentici della fede. E ciò perché, come affermava Paolo VI, "l'uomo contemporaneo ascolta più i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni". 

Secondo i presuli tale anno vuole contribuire a promuovere l'impegno d'interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti chiamati a consolidare la propri fedeltà coraggiosa che, pur tra difficoltà e incomprensioni, resti fedele alla personale vocazione.
E la radice della vocazione di tutti i sacerdoti, infatti, è quella di essere "amici di Cristo, da lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati" per una più forte e incisiva testimonianza evangelica in un mondo in continua trasformazione.

Una testimonianza tanto più difficile nella complessa società congolese segnata da povertà vecchie e nuove, da tensioni, da ideologie e prassi negatrici della verità. "Cari fratelli nel sacerdozio, siamo coscienti - sottolinea il messaggio - del fatto che esercitate il vostro ministero in un mondo caratterizzato dalla perdita del sacro, dall'invasione crescente delle sette"; e ancora caratterizzato dallo "sfaldamento dei valori morali e dall'inclinazione a seguire degli antivalori quali la menzogna, la divisione, il tribalismo, la xenofobia, il non rispetto della parola data e del bene comune, la perdita del senso dell'onore e della dignità, la disonestà, il permissivismo, la cattiva gestione".
Inoltre - evidenziano i presuli della Repubblica Democratica del Congo - questo contesto è segnato, da qualche anno, da "alcune situazioni drammatiche di conflitti armati che provocano sofferenze, da una miseria e da una povertà indescrivibili, dalla perdita di potere d'acquisto della popolazione, così come dalla distruzione delle principali infrastrutture di base".

"A dispetto di questa situazione catastrofica, alcuni di voi - si legge ancora nel documento - hanno dato prova e continuano a dare prova di coraggio e di eroismo esemplari. Pensiamo in particolare a don Stefano Kaoze e a don Charles Mbuya. Altri ancora, vittime dell'odio e di diverse atrocità, sono arrivati fino a versare il sangue per testimoniare la fede. Altri infine sfidano quotidianamente, nel silenzio e nell'abnegazione, prove di ogni genere. Questa è per noi l'occasione di rendere un caloroso omaggio a questi degni figli della nostra Chiesa".
Don Stefano Kaoze (1885-1951) è stato il primo prete congolese, ordinato nel 1917, nell'est del Congo, mentre don Charles Mbuya è stato il primo sacerdote del Kasai (Congo centrale), ordinato nel 1934.

Accanto ai sacerdoti che con coraggio, fanno ogni giorno il loro dovere, cercando di aderire a Cristo con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza, i presuli riconoscono che "esistono purtroppo delle situazioni, mai abbastanza deplorate, dove la Chiesa stessa soffre per l'infedeltà di alcuni dei suoi ministri". È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa - sottolineano i vescovi - non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto "una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi pastori, di religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di direttori spirituali illuminati e pazienti". A questo proposito, ricordano i presuli, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento:  il curato d'Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d'essere un dono immenso per la sua gente:  "Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, - è un'altra citazione riportata nel documento - è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare a una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". Il curato d'Ars parlava del sacerdozio "come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati a una creatura umana".

"Per questo - proseguono i vescovi - vi esortiamo a scoprire prima di tutto e a vivere sempre meglio la vostra identità sacerdotale che è radicata nella stessa persona di Gesù Cristo. Il Cristo deve dunque rimanere il referente nella vostra vita di tutti i giorni. In altri termini, siete chiamati a essere testimoni autentici di Cristo". Per questo i sacerdoti sono invitati a intensificare la preghiera e a vivere in pienezza la comunione gerarchica.

"La riuscita del vostro ministero - conclude il messaggio dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo - dipende dalla vostra relazione intima con Cristo. Possa essere questo Anno sacerdotale, per voi, un anno di preghiera, di penitenza e di mortificazione sull'esempio di Giovanni Maria Vianney. In questo cammino, la Santa Vergine Maria, Madre dei sacerdoti, e i beati Marie Clémentine Anuarite e Isidore Bakanja ci mostrino che è l'amore che conduce alla fedeltà. Vi affidiamo allo loro intercessione".


(©L'Osservatore Romano - 22 luglio 2009)
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