Nelle tue mai è la mia vita

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
martinicm
00sabato 12 giugno 2010 17:08
 

Omelia nella Santa Messa per il conferimento degli Ordini Sacri

ORDINAZIONI PRESBITERALI

Duomo di Milano12 giugno 2010

Nelle tue mani è la mia vita

“Nelle tue mani è la mia vita”: questo è il motto, carissimi candidati, che

avete scelto per la vostra ordinazione presbiterale. Con queste parole, tratte

dal Salmo 15, volete confessare il vostro pieno abbandono e la vostra
totale

fiducia in Dio.Fiducia significa

sicurezza di fronte ai pericoli dell’esistenza, nella

serena convinzione che il Signore, lui in persona, è il luogo in cui trovare

riparo, è lo scudo, il baluardo, la fortezza. Nulla ci può sopraffare se ci

rifugiamo all’ombra delle sue ali.

Dio è
sostegno nel cammino faticoso della vita; è consolazione e gioia del

cuore. Come leggiamo nel Salmo: “Il Signore è mia parte di eredità e mio

calice”. Niente può dare felicità e appagare il desiderio del cuore quanto

l’incontro con Dio, l’esperienza della sua amorevole presenza.

Chi ci separerà dall’amore di Cristo?

E’ il Crocifisso risorto la vera sorgente di ogni dono divino: della difesa

dai pericoli, del sostegno nella fatica, della consolazione e della gioia del cuore.

Egli stesso, insieme con lo Spirito, è il grande dono di Dio per l’umanità, dono

perfetto e definitivo. Egli infatti è l’Agnello di Dio, il Pane disceso dal cielo, la

Luce del mondo, il buon Pastore, colui che è venuto affinché avessimo la vita e

l’avessimo in abbondanza. Su di lui poggia ogni nostra speranza e la speranza

del mondo.

Giustamente san Paolo può dichiarare, come abbiamo ascoltato

nell’epistola: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione,

l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (
Rm 8,35).

E conclude con questo grido: “Ma in tutte queste cose noi siamo più che

vincitori grazie a colui che ci ha amati” (
Rm 8, 37).

Innalzato da terra sulla sua croce gloriosa il Cristo ci attira a sé e di

fronte al mondo risplende come il vincitore, come colui che “era morto ma ora

vive per sempre ed ha potere sopra la morte e sopra gli inferi” (
Ap 1,18). Le

mani alle quali siamo stati affidati sono ormai le mani di Cristo.

Non dimenticatelo mai, cari diaconi: la vostra vita è davvero nelle sue

mani. Sono le mani che i discepoli hanno potuto vedere, quelle che, aperte

sulla croce, sono state trafitte. Sono le mani che il Cristo ha mostrato ai suoi

quando li ha incontrati dopo la risurrezione e nelle cui ferite l’apostolo

Tommaso voleva mettere il dito. Sono le mani che hanno spezzato il pane e

offerto il calice nell’ultima cena, che hanno lavato i piedi dei dodici, rialzato la

figlia di Giairo ormai priva di vita e afferrato Pietro mentre affondava nelle

acque del lago, che hanno toccato e guarito il lebbroso e si sono stese sui

bambini per benedirli.

A queste mani la Chiesa – ossia il Vescovo e tutti noi fedeli, popolosacerdotale – oggi vi affida. A queste mani voi stessi oggi vi affidate, mentre

compite il passo che vi conduce ad essere ministri di Cristo a favore della sua

Chiesa e dell’umanità.

Preghiamo insieme lo Spirito santo perché vi conceda, carissimi

ordinandi, di sentire ogni giorno di più che
dietro le mani trafitte di Cristo c’è il

suo cuore, che l’energia onnipotente con cui esse vi afferrano è l’amore stessoche unisce il Figlio di Dio al Padre suo nella comunione dello Spirito

. Ecco il

segreto insondabile che soggiace all’esperienza del sentirsi custoditi da Cristo

nel proprio cammino. Proprio di questo parla la splendida pagina del Vangelo

che abbiamo appena ascoltato (cfr. Gv 17,6-11.17.22).

Custoditi nel nome del Padre


Giovanni racconta di Gesù che conclude la sua ultima cena con una

preghiera solenne. Egli, incamminandosi liberamente verso la passione e la

morte, chiede al Padre, quale vero sacerdote, ciò che più desidera per i suoi

fratelli: “Padre santo, quelli che mi hai dato custodiscili nel tuo nome, affinché

siano una cosa sola, come noi. Consacrali nella verità”.

In queste due espressioni viene riassunta l’opera del Figlio di Dio a

favore dell’umanità, quell’opera sulla quale poggia la speranza di quanti sanno

che la loro vita è nelle mani di Dio. Noi, che abbiamo creduto in Cristo,

crediamo anche che siamo “custoditi nel nome del Padre” e siamo “consacrati

nella verità”.

Il nome di Dio è presentato qui come il luogo in cui veniamo accolti e

difesi, come la dimora sicura nella quale entrare per ripararsi e trovare riposo.

Il nome, secondo la tradizione biblica, richiama l’identità stessa di colui che lo

porta. Ma il Signore Dio – come afferma chiaramente la Scrittura – non ha un

nome che lo possa definire. E così quando Mosè chiederà a Dio di farglielo

conoscere, non riceverà la risposta che si aspetta. Eppure Gesù, all’inizio della

sua preghiera, dichiara: “Padre, ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che

mi hai dato”. Ma “come” e “quando” Gesù ha rivelato il nome del Padre suo? E

“quale” è mai questo nome che il Padre possiede?

Ora dall’insieme del quarto vangelo comprendiamo che
Gesù ha rivelato

l’identità di Dio amando i suoi sino alla fine e facendo loro intuire l’amore del

Padre:
“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio

amore” (Gv 15,9). Chi sia veramente Dio lo si capisce attraverso la

testimonianza d’amore del Padre per il Figlio e del Figlio per i suoi discepoli.

L’identità di Dio, che non può essere rinchiusa in un nome pronunciabile, sipercepisce contemplando il Cristo che ama i suoi in modo perfetto, che depone

le vesti, prima per lavare i piedi dei discepoli, poi per salire sulla croce.

Il nome divino non è una parola che si pronuncia, ma una realtà viva e

santa che si rivela e attrae a sé. Questo nome, che è manifestazione ardente di

un segreto inaccessibile ed è bellezza affascinante di una comunione d’amore

imperscrutabile, è ormai la nostra casa e il nostro rifugio, la nostra forza e la

nostra gioia.
L’amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre fa deidiscepoli una cosa sola: è principio di comunione nella differenza, di unità

nella varietà. Custoditi da quest’amore unificante, richiesto da Gesù stesso al

Padre: “Che siano una cosa sola, come noi”, verremo difesi dal male, non

soccomberemo di fronte all’odio del mondo, non perderemo la nostra gioia e ci

ameremo a vicenda nella potenza di Cristo.

Consacrati nella verità

Occorre guardare al mondo senza giudicarlo, ma anche senza lasciarsi

giudicare. I discepoli di Gesù non sono “del” mondo anche se rimangono “nel”

mondo: infatti sono “consacrati nella verità”. La rivelazione dell’amore

trinitario, come una santa unzione, ha rigenerato il loro cuore ed ora essi,

sebbene esposti alle grandi prove della vita e alle insidie della tentazione,

stanno sotto l’influsso di questa energia trasfigurante. E diventano così tempio

vivo dello Spirito santo: le loro azioni si trasformano in sacrificio di lode

gradito a Dio, in culto santo di cui egli si compiace.

Carissimi ordinandi, consacrati nel battesimo, voi oggi diventate, per

l’azione del medesimo Spirito, ministri di Cristo Signore. Lasciatevi plasmare

dalla grazia che vi ha condotti fin qui. Affidatevi alla potenza santificante dello

Spirito.
La vostra vita è davvero nelle mani del Figlio che ha effuso lo Spirito

santo e che per l’azione di questo stesso Spirito viene ad abitare in voi. E’ luiche vi rende pastori secondo il suo cuore

. Colui che vi chiama, chiede a voi

anzitutto di aprirvi con fede a questo mistero d’amore da cui tutto è sorto e in

cui tutto si conserva. Siate radicati in esso come i tralci alla vite. Abbiate uno

sguardo contemplativo e riconoscente. Tenete gli occhi fissi su colui che per

noi ha aperto le braccia sulla croce ed è stato trafitto. Sarete così custoditi nel

nome del Padre e consacrati nella verità, sarete difesi e confortati, sostenuti e

spronati.

Non temete le tribolazioni che giungeranno dall’esterno, gli attacchi del

mondo e l’incomprensione degli uomini. Temete piuttosto l’attacco che

proviene dall’interno, cioè dal vostro stesso cuore. L’esperienza di tutta la

storia della Chiesa, anche la più recente, dimostra che
il maggior nemico delpopolo di Dio è il peccato che opera al suo interno. Esso può trasformare i

credenti e gli stessi ministri di Cristo in lupi rapaci, rendendoli vittime delle

proprie passioni distruttive.
Vigilate dunque su voi stessi e pregate:

domandate allo Spirito di Cristo di prendere dimora nel vostro cuore, perché

ogni pensiero sia secondo Dio, trasfigurato dalla sua potenza di grazia.

Non lasciatevi disorientare e non vacillate. I tempi che siamo chiamati avivere portano il sigillo del rinnovamento. La Chiesa, anche la nostra Chiesa

diocesana, e con essa il ministero presbiterale, sono nel segno del

cambiamento. Non è questa una ragione per sentirsi smarriti, ma un invito ad

assumere con fresco vigore il compito di corrispondere alla grazia del

momento. C’è bisogno di sapienza e coraggio, di umiltà e generosità. Ma certo

il Signore è alla nostra destra: non permetterà che le nostre forze vengano

meno. Lo Spirito di Dio ci è di guida: se ascolteremo con sincerità e docilità la

sua voce, facendo della carità sincera, umile e generosa la regola della nostra

vita, sapremo spargere con abbondanza la buona semente del Regno e

raccogliere i frutti della sua grazia. Lo Spirito, infatti, conosce le strade del

cuore e sa raggiungere l’uomo di sempre con il Vangelo della salvezza.

Nelle vostre mani la vita di molti

Un’ultima e importante parola sento di dovervi dire. Certo la vostra vita,

oggi più che mai, è nelle mani di Dio, nelle mani del Cristo crocifisso e risorto,

mani trafitte per amore. Ma da oggi in poi, in forza del vostro ministero

presbiterale, anche
le vite di molte persone saranno nelle vostre mani, o forse

meglio, nelle mani di Cristo attraverso le vostre.

Vi renderete conto presto, cari ordinandi, che tanti fratelli e sorelle, per

il sacramento che oggi ricevete, vi consegneranno la loro vita, apriranno il

cuore, confideranno le pene e confesseranno le proprie miserie morali. Le

vostre mani si alzeranno su di loro per benedire, battezzare, ungere e

assolvere. Nelle vostre mani il pane dell’Eucaristia diventerà il Corpo di Cristo.

Tante volte le vostre mani ne stringeranno altre in segno di amicizia e di pace.

Si sentano forti nelle vostre mani il calore della carità, l’energia della

misericordia, la vitalità della redenzione.

In forza di quella comunione che il sacramento rende possibile e la fede

operante,
siano le vostre mani come quelle di Cristo, siano anzi le sue.

Noi tutti lo chiediamo con forza per voi, mentre vi abbracciamo in lui

con intenso affetto e con grande speranza.

La Madre di Dio, che veglia sulla vita dei suoi figli con amorevole

tenerezza, accompagni il cammino del vostro ministero a favore della Chiesa:

vi difenda da ogni male, custodisca nella pace e confermi nella gioia di Cristo.

Amen.

+ Dionigi card. Tettamanzi

Arcivescovo di Milano

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:36.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com