Omelia di monsignor Clemens al Forum Internazionale dei Giovani

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S_Daniele
00mercoledì 31 marzo 2010 15:58
Omelia di monsignor Clemens al Forum Internazionale dei Giovani
ROMA, domenica, 28 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia che monsignor Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, ha pronunciato questo sabato a Rocca di Papa (Roma) in occasione del X Forum Internazionale dei Giovani "Imparare ad amare", sul tema "Con il profeta Ezechiele alla 'scuola dell'amore' di Dio".

 

* * *


Eminenza,

Carissimi confratelli nel sacerdozio,

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

Carissimi amici!

1.    Il profeta Ezechiele di Michelangelo

Nella Cappella Sistina, in questo incomparabile luogo storico e artistico - ma anche liturgico e spirituale del Vaticano, al lato destro della volta, in posizione centrale, si trova la gigantesca figura del profeta Ezechiele, dipinta «a fresco» da Michelangelo nell'anno 1510. Ezechiele fa parte della serie dei sette profeti - grandi e minori - dell'Antico Testamento, come Geremia, Isaia e Daniele, Gioele, Zaccaria e Giona, dipinti negli spazi tra le vele .[1]

Avendo appena ascoltato la prima lettura tratta dal libro di Ezechiele (Ez 37, 21-28), vedo una felice coincidenza per il nostro Forum che, nell'affresco di Michelangelo, il vecchio Ezechiele venga raffigurato a colloquio con un giovane. Ezechiele, che proviene da una tribù sacerdotale e opera nel sesto secolo prima di Cristo nell'esilio a Babilonia (dal 598 all'anno 539), porta sul capo e sulle spalle il «tallèd», lo scialle di preghiera della tradizione ebraica. A ogni colore dell'abito di questa maestosa figura si può attribuire un significato proprio: il blu chiaro della sciarpa significa la contemplazione, il rosso del vestito sta per l'amore e la penitenza è rappresentata dal color viola del mantello.

Gli occhi del profeta fissano le due mani del ragazzo alla sua sinistra puntate verso l'alto. La mano destra di Ezechiele è aperta in atteggiamento oratorio, che appoggia e conferma l'evidenza delle sue parole. Con la mano sinistra tiene fermo un rotolo aperto a metà, che dovrebbe essere il libro delle profezie, del quale si scorgono alcune scritte indecifrabili.

Il giovane - dipinto con richiami a Sandro Botticelli (1455-1510) - si appoggia con un piede su un libro chiuso e, mentre si volta leggermente a sinistra, tiene lo sguardo fisso sugli occhi dell'uomo di Dio. Tutta la composizione genera l'impressione che regni una certa tensione fra i due, quasi che due opinioni o visioni si oppongano: l'imponente figura del profeta è movimentata e il suo movimento stesso sembra soffiare sullo scialle di preghiera. Ezechiele si sta girando verso il ragazzo - quasi in un atteggiamento di sfida - che vuole significare: credimi, ho ragione! Dalla mia parte stanno la parola di Dio e anche l'esperienza di una lunga vita!

Allora si pone la domanda: di che cosa vuole convincere questo giovane il grande profeta Ezechiele?

2. L'odierna parola di Ezechiele

Il brano del libro di Ezechiele appena ascoltato potrebbe offrire alla nostra domanda una pur parziale riposta.[2] Questi sette versetti contengono elementi essenziali del suo pensiero profetico, e nello stesso tempo rimandano ad alcuni spunti emersi dalle nostre riflessioni di questi quattro giorni.

Il profeta Ezechiele rivela in questo brano la promessa e il progetto, che Dio vuole adempiere nel suo popolo. Questa promessa è un'alleanza di pace, che rimarrà per sempre, è un impegno divino senza una data di scadenza. Gli uomini non meritano questo patto e per questo si tratta di un puro dono di Dio, semplicemente perché Egli ama gli uomini.

Ezechiele presenta come contenuto dell'alleanza tre promesse, delle quali Dio stesso è l'attore principale: "... di' loro: Così dice il Signore Dio" (Ez 37, 21):

·       "Li moltiplicherò ... " (cfr. Ez 37, 26 b )

·       "In mezzo a loro sarà la mia dimora ..." (cfr. Ez 37, 28)

·       "Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo" (cfr. Ez 37, 23 b; 27 b)

La prima promessa ricorda l'appello di Dio alla fecondità nel libro della Genesi (cfr. Gen 1, 28; 9, 1), ma mette l'accento sulla partecipazione divina nella crescita del suo popolo. Qui tocchiamo l'argomento di ieri, cioè la fecondità dell'amore, che può assumere varie forme, ma è sempre un dono di Dio. Ezechiele è fermamente convinto che Dio è il Signore della vita (cfr. Ez 18, 4), come fa vedere nella prima parte dello stesso capitolo trentasette, dove traspare la vocazione dell'uomo alla vita eterna (cfr. Ez 37,5).

La seconda promessa proclama la futura dimora di Dio in mezzo al suo popolo. È la visione del nuovo tempio che sarà al centro del paese (cfr. Ez, 40-44). Dio non rimane lontano «sopra le nuvole», ma sarà presente e sempre accessibile per i suoi. Questo significa che l'uomo può rivolgersi direttamente a Lui, specialmente nei momenti decisivi della sua vita, com'è la scelta dello stato di vita, o la scelta di una professione o la scelta di un partner. Molti cercano altri consiglieri e dimenticano il vero maestro della vita e della «scuola dell'amore».

La terza promessa - la cosiddetta «Formula dell'Alleanza» -  ricorda nella prima parte  - "Io sarò il loro Dio" - il primo comandamento del decalogo (cfr. Es 20, 2; Dt 5,6) e nello stesso tempo conferma la singolare elezione del suo popolo - "Essi saranno il mio popolo" - (cfr. Ger 30, 22). Sappiamo tutti che molti nostri contemporanei aspirano ad altri «dei», come la ricchezza materiale o l'immagine pubblica. Questo vale anche per tante relazioni sociali, talvolta anche per la vita familiare e i rapporti d'amicizia, cioè si obbedisce ai «modelli d'interesse» che sono in questo momento «en vogue» nel mondo.

3. Con Ezechiele nella «scuola d'amore» di Dio

Ritorniamo alla nostra domanda iniziale: che cosa potrebbe aver detto Ezechiele al giovane raffigurato da Michelangelo nella Cappella Sistina? Basandoci sulle parole della prima lettura avrebbe detto: carissimo giovane, non dimenticare mai che Dio è il Dio della vita. Non chiuderti davanti alle sue promesse e al suo progetto di vita per te. Non dimenticare nelle tue decisioni che Dio ha preso la sua dimora presso gli uomini, che Lui ti sta vicino. Va a consultarti con lui, e da' alle sue - talvolta sommesse - parole un credito più grande che alle parole grossolane del mondo. Non accettare altri «dei» come ideali o come esempi, non dimenticare o tradire mai la tua vocazione che ti rende appartenente del suo popolo! Così gli altri riconosceranno - oppure no - in te la presenza e l'agire del Dio invisibile!

Carissimi amici,

Possiamo dire che il matrimonio cristiano presuppone l'accettazione delle promesse di Dio che abbiamo ascoltato oggi dalla bocca del profeta Ezechiele. Tutto l'agire di Dio è una manifestazione del suo amore per l'uomo il quale è chiamato ad entrare in questa dinamica divina d'amore.

La fondamentale differenza da ogni altra forma d'inizio del percorso di una «vita insieme» sta nel fatto che il matrimonio cristiano è preparato e intrapreso e vissuto nella presenza di Dio e con Dio. Dio è il primo testimone e il costante compagno dell'amore dei coniugi. Questa presenza di Dio non è un disturbo o una specie d'ingerenza nella vita coniugale, ma offre a questo grande progetto una chiara direzione e una forte stabilità. Il matrimonio cristiano non è un «circolo chiuso», ma tiene sempre aperta la porta alla vita, alle amicizie vere e all'aiuto per i bisognosi. Così si conosce «da fuori» chi è il Dio dei coniugi e della famiglia, e a quale popolo loro veramente appartengono.

Quest'apertura a Dio e questo riferimento continuo a Lui non valgono solo per il matrimonio e la vita familiare dei cristiani, ma valgono per ogni «vera» relazione interpersonale. Già il grande Cicerone sapeva, nel primo secolo avanti Cristo,  che l'amicizia vera presuppone la concordia nelle cose umane e divine, che vuol dire l'accordo sui grandi valori e virtù umane, ma anche in modo speciale il consenso sulla «domanda di Dio».[3] Sono convinto che molti matrimoni falliscono nei nostri giorni perché non si è mai cercato questo consenso/concordia, specialmente nelle «cose divine»!

Ricordiamoci alla fine tre «materie» irrinunciabili per ogni «scuola dell'amo-re», simboleggiati da Michelangelo nei colori del vestito di Ezechiele. Oltre l'abbondante rosso dell'amore vero e profondo,  il blu chiaro ci ricorda la meditazione, cioè la necessità di una relazione personale con Dio nella preghiera, e il viola la penitenza, cioè il bisogno del perdono reciproco!

Sappiamo tutti che il progetto d'amore di Dio non è facile, ma sappiamo allo stesso tempo che possediamo delle promesse divine, cioè l'assicurazione della sua vicinanza e del suo conforto, annunciate da Ezechiele circa duemilaseicento anni fa e realizzate appieno nel Figlio di Dio, Gesù Cristo.

Papa Benedetto XVI commenta nella sua prima lettera enciclica «Deus caritas est» (n. 12) l'incarnazione del «Dio-con-noi»: "La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito. Già nell'Antico Testamento la novità biblica non consiste in nozioni astratte, ma nell'agire imprevedibile e in un certo senso inaudito di Dio. Questo agire di Dio acquista ora la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la pecorella smarrita, l'umanità sofferente e perduta ... Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo - amore, questo, nella sua forma più radicale ... È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare."[4]

Amen.

a Mons. Josef Clemens,


Città del Vaticano


[1]
Cfr.  H. W. Pfeiffer SJ, Die Sixtinische Kapelle - neu entdeckt, Belser Verlag, Stuttgart 2007, 161 s.

[2] Cfr. M. Greenberg, Ezechiel,  vol. II, cap. 21-37, in: HThKAT, Editrice Herder, Freiburg im Breisgau 2005, 474-477; K. F. Pohlmann, Der Prophet Hesekiel/Ezechiel, Kapitel 20-48, in: ATD 22, 2, Editrice Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2000; H.F. Fuhs, Ezechiel II 25-48, in: Die Neue Echter Bibel, Kommentar zum Alten Testament mit der Einheitsübersetzung, Editore Echter, Würzburg 1988, 211-213.

[3] Cfr. Marcus Tullius Cicero, Laelius de amicitia - Über die Freundschaft, Lateinisch-Deutsch ed. M. Faltner, Collana:Tusculum-Bücherei, Heimeran Verlag, München 1966, 28: „Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio."

[4] Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus caritas est, 25 dicembre 2005, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006, 30 s.

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