Padre Aldo risponde agli psicologi

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(Zacuff)
00mercoledì 13 gennaio 2010 21:46
23 Dicembre 2009

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Padre Aldo risponde agli psicologi

Non c’è esperto che regga senza coscienza che l’uomo è relazione con l’infinito. Risposta alle obiezioni di un gruppo di psicologi
Asilo de Dios, il dvd di padre Aldo Trento in edicola con Tempi fino al 31 dicembre
di Aldo Trento
Caro padre, lei ripete spesso queste parole: «L’uomo non è e non sarà mai frutto dei suoi antecedenti biologici, psicologici, ereditari. I bambini violentati non sono determinati dalla violenza subita, perché noi tutti siamo relazione con l’infinito». Vorremmo esprimerle la nostra perplessità rispetto a questo suo affermare continuamente che l’Io non è riconducibile al passato, qualsiasi cosa sia successa, perché “io sono Tu che mi fai”. Inoltre, lei è solito sottolineare con frequenza che «quando l’uomo cambia orizzonte scopre la cosa più importante della propria esistenza, e cioè il senso ultimo della vita. Una questione che lascia in silenzio i cosiddetti “esperti”». Esperti che saremmo noialtri psicologi, psicoterapeuti, psicanalisti e psichiatri. Noi che, secondo lei, abbiamo la pretesa di risolvere il problema “uomo” con la scienza, con una serie di sessioni di psicoterapia, senza contare poi che… ci facciamo pagare. Con un gruppo di colleghi ci siamo sentiti abbastanza colpiti da questo suo giudizio, perché crediamo profondamente nel nostro lavoro e nel valore della scienza. Le chiediamo una spiegazione.


«Ex uno omnia et omnia loquuntur unum» (da una sola cosa tutto e tutte le cose parlano di quell’unum). Cari amici, se voi prendeste sul serio questa provocazione, il tema cristiano dell’Imitazione di Cristo, che descrive in modo perfetto il cuore dell’uomo e della realtà, non vi angustiereste, non vi preoccupereste di cercare il “pelo nell’uovo” rispetto a ogni mia singola affermazione, prendendovi la briga di sollevare aspetti che non hanno niente a che vedere con la verità delle mie affermazioni, che riflettono la mia esperienza quotidiana di vita e quella delle migliaia di persone con cui mi relaziono costantemente.
Voi, cari esperti dell’uomo, delle sue ansie, del suo dramma quotidiano nella ricerca del senso della vita, vi siete mai chiesti se è con la scienza che si può ritrovare il gusto del vivere, per quelli che già vivono nel dolore, nella notte dell’esistenza? O ci serve forse qualcosa di più grande, qualcosa che vada più in là del misurabile, di quello che la scienza ci può offrire? Oggi voi avete a disposizione mille certezze scientifiche: e allora perché, mai come oggi, l’uomo vive nella disperazione? Avrete sentito il grande Teilhard de Chardin dire che «l’infermità più grande dell’uomo moderno è quella di aver perso il senso della vita».
E il senso della vita – lo grido con tutta la forza dei miei polmoni – non è la scienza a darmelo, e nemmeno voi. A voi, stimati “esperti” che preoccupati per le mie affermazioni vi siete sentiti offesi, desidero riaffermare l’importanza della vostra professione, e precisare che non mi ha mai sfiorato l’idea di screditarla. Il problema è a un altro livello, più profondo, e mi piacerebbe che aveste l’umiltà necessaria per riconoscerlo. Che significato ha per voi la provocazione dell’Imitazione di Cristo? Cosa significa per voi che l’uomo non è mai l’esito del suo passato, che l’uomo non può essere ridotto ai suoi fattori antecedenti, per voi che cercate nei nascondigli dell’anima la causa del comportamento umano, malato o meno?

Ogni cosa si trasforma
Che significa affermare che “io, voi, siamo Tu che mi fai”? Amici, su questa sfida mi gioco totalmente e non sono disposto a fare nemmeno un passo indietro, perché vorrebbe dire non solo negare la bellezza della mia vita, il mio io, con tutto il dramma che da vent’anni a questa parte vivo e che sta anche all’origine di tutte le opere di carità che il Mistero ha creato e continua a creare attorno a me, ma anche negare l’evidenza di come la Divina Provvidenza si occupi con amore immenso di ogni malato terminale e di ogni bambino vittima di tanta violenza che arriva alla mia casa, restituendomi il gusto della vita e il dono di cogliere il mistero della morte, o il gusto del tornare a vivere. È con questa coscienza chiarissima del fatto che l’uomo è esclusivamente relazione con il Mistero che nella mia vita e attorno a me ogni cosa si trasforma facendomi appassionare a tutta la realtà perché essa è il segno, la provocazione più evidente del “io sono Tu che mi fai”. Per questo vivo appassionato a qualsiasi aspetto della scienza, e uso tutte le possibilità che essa mi offre. pag. 1 | 2 | 3 |


(continua)
(Zacuff)
00mercoledì 13 gennaio 2010 21:48
Mi commuovo guardando le Dolomiti o il Mar dei Caraibi, come mi commuovo guardando mio figlio Victor che non ha il cranio, o i miei bambini nei letti dell’ospedale ridotti in stato vegetale, perché tanto i Caraibi come questi bambini mi rimettono a quello che sono, vale a dire Relazione con l’Infinito. E questa è la ragione per cui nel mio ospedale lavorano psicologi, psichiatri e qualsiasi tipo di specialista di cui i miei malati abbiano bisogno. Nonostante questo, sono perfettamente conscio del fatto che non è la scienza né gli scienziati a permettere ai miei infermi di fare i conti col mistero del dolore e della morte. Anch’io, quando ne ho bisogno, non ho imbarazzo a rivolgermi a uno psicologo per chiedere un aiuto che mi consenta di dormire o di calmare le ansie che attanagliano la mia mente. E in questo senso voglio ripetere ancora una volta che anche nel mio ospedale, vivendo in ginocchio davanti ai miei malati che sono Cristo, quando uno di loro ha bisogno di uno specialista non bado a spese e lo chiamo, affinché il malato possa essere assistito nel migliore dei modi.
E in questa prospettiva si può capire perché a un malato terminale che può morire nel giro di un’ora o due affianco, per esempio, un fisioterapista che lo aiuti a muovere un dito o a provare sollievo nel letto. «Padre, guarda, riesco a muovere un dito grazie al fisioterapista. Sono molto contento», mi diceva un paziente che sarebbe morto alcuni giorni dopo.
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(Zacuff)
00mercoledì 13 gennaio 2010 21:50
L’unica terapia efficace
Amici, capite quando quel “io sono Tu che mi fai” diventa carne e respiro quotidiano? Quando uno fa questa esperienza, il principio dell’Imitazione di Cristo rallegra la vita, perché uno vive solo per quell’unum e il contraccolpo è l’abbraccio di tutti e di tutto.
Ragione e fede camminano sempre unite. In fondo mi sembra che sia arrivato il momento in cui, se davvero vogliamo contribuire al benessere dell’uomo, il primo e unico obiettivo che la realtà impone a tutti noi è quello di mettersi al servizio di qualsiasi uomo, che è sempre e solo frutto di un amore infinito. E nessun passato, nessuna violenza subita, nessuna patologia, nemmeno psichica, che costui abbia sofferto potrà impedirgli di affermare che “io sono Tu che mi fai”. E se c’è uno “specialista” che prescinde da questa verità, non solo non aiuta l’uomo, ma lo distrugge. Il dramma della vita non si risolve con visite mediche, ma con una compagnia. Dio non ha dato un appuntamento all’uomo per salvarlo, ma si è fatto compagnia dell’uomo. Il Natale è la compagnia di Dio all’uomo. Quando io ho incontrato don Luigi Giussani, non ho incontrato uno che mi ha visitato o mi ha chiesto una parcella, ma uno che mi ha preso con sé e per due mesi è stato al mio fianco. Non solo, ma mentre i medici erano molto perplessi sul mio andare in missione, considerato il mio stato psichico, Giussani mi ha detto: ora sono sicuro di te, e per questo ti mando in Paraguay.
Buon Natale, e auguro a noi tutti di avere la stessa umanità che mi ha testimoniato Giussani, perché per me è stata l’unica terapia capace di farmi ritrovare il gusto del vivere.
padretrento@rieder.net.py pag. 1 | 2 | 3 |

Gabbianella1.
00mercoledì 13 gennaio 2010 22:58
"...che mi ha testimoniato Giussani, perché per me è stata l’unica terapia capace di farmi ritrovare il gusto del vivere."

Basta una sola persona che crede in te, quanti miracoli si possono far sgorgare dal cuore!!!!!
Katietta-64
00mercoledì 13 gennaio 2010 23:01
Mi sento vicina a questo pensiero.
Padre Aldo ha ragione nel dire che ci si perde a cercare il pelo nell'uovo, a lasciar prevalere il senso di offesa e così non si raccoglie la profondità della provocazione.
Lui non nega l'aiuto che la scienza può dare e sa anche ricorrerci se necessario, ma allarga gli orizzonti e invita lo sguardo a posarsi su "qualcosa" di più grande.
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