Periodo dell'Avvento

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Gabbianella1.
00venerdì 27 novembre 2009 09:02
Il Vangelo della prossima Domenica

Alla porta del cuore in attesa di Dio

I Domenica di Avvento Anno C

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. [...] State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso [...]. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

Avvento è parola la cui radice latina significa: venire accanto, farsi vicino. È il tempo in cui tutto si fa più vicino: Dio all'uomo, l'altro a me, io al mio cuore. È sempre tempo d'Avvento, allora, sempre tempo di abbreviare distanze, di conquistare vicinanza. Avvento è quel tempo magnifico che sta tra il gemito delle cose e la venuta di Cristo, lunga ora tra doglie e parto, di cui ci parla il drammatico Vangelo di Luca. Dio ha giudicato il mondo e l'ha trovato lontano. Ma invece di sdegnarsi, è lui stesso che si carica della distanza, s'incarica di tutti i passi. Dio ha giudicato l'uomo e l'ha trovato lontano. E invece di condannarlo, si pone in cammino a ricucire i lembi della lontananza. Il Signore giudica me e mi trova con il cuore appesantito, e viene più vicino, lui l'unico che parla al cuore. Quando avverrà tutto questo? Gesù invece di rispondere quando avverranno le cose ultime, indica come attenderle nel tempo intermedio. Il quando avverranno è adesso: il cristiano non evade, abita il quotidiano, intercede, letteralmente cammina in mezzo, medicando le piaghe, curando i germogli. E anche il germe divino, quel piccolo Dio che ha da fiorire in ognuno di noi. Attesa e attenzione sono le due parole tipiche dell'Avvento. Attesa di Dio, Colui-che-viene, eternamente incamminato verso di me. Attesa come di madre: la donna sa nel suo corpo, da dentro, cosa significa attendere; è il tempo più sacro, più creatore, più felice. Attendere, infinito del verbo amare. Tutte le creature attendono, anche il grano attende, e le pietre e la notte, tutta la creazione attende un Dio che viene, che ha sempre da nascere. State attenti che i vostri cuori non si appesantiscano. Vivere con attenzione, perché «la più grave epidemia moderna è la superficialità» (R. Panikkar). Vivere attenti al cuore, prima di tutto, perché è la casa della vita, è la porta di Dio. L'incarnazione non è finita, accade continuamente. Dio nasce perché io nasca. L'uomo non è mai nato del tutto, e deve affrontare la fatica di generarsi di nuovo, o sperare di essere generato... la speranza è fame di nascere del tutto, di portare a compimento ciò che custodiamo in noi. Verrà sulle nubi, ma già viene: nei piccoli gesti dei cuori puri, nella luce intima che indica la via, in una delicatezza inattesa, viene attraverso le persone che amo e che ho accanto, come talenti. Sono il suo linguaggio, la mano dei suoi doni. Ogni carne è intrisa di Dio.

(Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28,34-36)


don Ermes Ronchi
enricorns
00venerdì 27 novembre 2009 21:26
DOMENICA III DI AVVENTO - "Le profezie adempiute"


VANGELO

 Lettura del Vangelo secondo Luca 7, 18-28


In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel re

Criii nun è che te sbagli Avvento? Noii siamo un pochino più avanti.
Gabbianella1.
00venerdì 27 novembre 2009 21:33
Eheheheh...lo sooo!!!Ma mi piaceva la predica di Don Ermes!!!!
S_Daniele
00domenica 29 novembre 2009 12:40

In attesa tra la prima e la seconda venuta


Anche nell'Ufficio delle letture la Chiesa canta un inno sul tema dell'Avvento.
I suoi versi ritmici - di ignoto autore del secolo X almeno - non si distinguono per alta ispirazione poetica od originalità di contenuto, e tuttavia i consueti motivi dell'attesa in esso toccati illustrano bene con quale spirito devono essere trascorsi i giorni di attesa della nascita del Signore.
L'inno incomincia invocando il "Verbo divino, che avanza verso di noi (Verbum supernum prodiens)". Pure quest'inno, ritmico, di ignoto autore, ma risalente almeno al secolo X.
A Natale, quando i tempi declinano (cursu declivi temporis) - com'era già detto nell'inno di vespro - viene a noi, per salvarci, "il Verbo divino (Verbum supernum)", ossia il Figlio di Dio, eternamente generato dal Padre:  a Patre exiens, come Gesù stesso dichiara nel vangelo secondo Giovanni:  "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo" (Giovanni, 16, 28).
Noi lo invochiamo come Luce, che risplenda nei nostri cuori (illumina nunc pectora) e come amore ardente, che li accenda e li consumi (tuoque amore concrema); così, ascoltando l'annunzio natalizio, troviamo finalmente rimossa ogni lusinga di male (Audita ut praeconia / sint pulsa tandem lubrica).
Ma il medesimo Verbo divino dovrà ancora apparire nel secondo e finale avvento:  quando verrà da Giudice a scrutare nell'intimo le nostre coscienze su tutta la nostra condotta (Iudex (...) aderis / rimare facta pectoris), e infliggerà il castigo ai reprobi anche per le colpe nascoste (reddens vicem pro abditis), mentre per le opere buone consegnerà ai giusti il suo regno (iustisque regnum pro bonis).
Per questo chiediamo la grazia di non trovarci, alla fine, oppressi dalle pene a motivo della gravità dei peccati (Non demum artemur malis / pro qualitate criminis), ma di poter abitare, associati ai santi, perennemente nei cieli (sed cum beatis compotes / simus perennes caelites).
Non sorprende che i motivi della prima e della seconda venuta di Cristo, della misericordia divina e del rigoroso giudizio, della trepida apprensione e della fiduciosa speranza, ritornino in questi inni dell'attesa:  ripresi, giorno dopo giorno, essi preparano la Chiesa alla memoria del mistero della Natività e all'incontro definitivo col Signore. (inos biffi)


(©L'Osservatore Romano - 29 novembre 2009)
S_Daniele
00domenica 29 novembre 2009 12:47



Una voce chiara risuona nella notte


La Chiesa anche alle Lodi, scioglie in un canto, particolarmente fresco e agile, la sua attesa del Signore.
L'inno, in versi metrici, di autore sconosciuto e risalente almeno al secolo X, incomincia come "uno squillo di gioia" (Lentini):  "Chiara una voce dal cielo / risuona nella notte:  / splende la luce di Cristo, / fuggano gli incubi e l'ansia".

Già sull'inizio di Avvento si riverbera il fulgore di Cristo che, sorgendo come astro luminoso (ab aethre promicat), dilegua le tenebre e dissipa le angosce e i turbamenti (somnia). Sentiremo dire a Natale:  "Il popolo che camminava nelle tenebre, vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa, una luce rifulse" (Isaia, 9, 2). Mentre Zaccaria saluterà il Messia come un "Sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte" (Luca, 1, 78-79), e Simeone stringerà tra le sue braccia il Salvatore come "luce" di rivelazione alle genti e come "gloria" di Israele (Luca, 2, 32).

Non basta, però, che la luce natalizia brilli all'esterno; bisogna che il suo splendore irraggi e si diffonda nel profondo dell'anima:  "Se nelle tenebre umane / un astro nuovo rifulge, / si desti il cuore dal sonno, / non più turbato dal male".

Il Natale è insieme festa di luce e di redenzione. Dietro la natività si profila ed è preluso il sacrificio dell'Agnello, che "toglie il peccato del mondo" (Giovanni, 1, 29):  quando celebriamo la natività del Signore, già sappiamo che un legame misterioso unisce Betlemme al Calvario:  "Viene l'Agnello di Dio, / prezzo del nostro riscatto:  / con fede viva imploriamo / misericordia e perdono".

E ancora lo avvertiva Simeone, che alla presentazione del Bambino al tempio lo proclamava "segno di contraddizione", predicendo a Maria la trafittura della spada e quindi il dolore della Croce (Luca, 2, 34-35).

Anche in quest'inno alle Lodi di Avvento non poteva mancare l'accenno alla fine dei tempi e alla seconda venuta del Cristo giudice:  "Quando alla fine dei tempi / Gesù verrà nella gloria, / dal suo tremendo giudizio / ci liberi la grazia".

La nostra vita dovrà passare interamente da un rendiconto finale, quando le nostre azioni saranno tutte valutate con un rigore che non sarà leggero. Mundum horror cinxerit - afferma l'inno - il mondo sarà avvolto e pervaso da brividi e sgomento, senza possibilità di inganni e di sotterfugi.

Per questo il clima spirituale d'avvento è un clima di attesa gioiosa, di serena aspettativa della prossima natività del Salvatore, che sarà proclamata dagli angelo "una grande gioia" (Luca, 2, 10), e, insieme, un clima di meditazione raccolta e trepidante per il giudizio divino, che è sempre imminente e non permette distrazioni sventate. Secondo l'ammonimento di Cristo:  "Vigilate, perché non conoscete né il giorno né l'ora" (Matteo, 25, 13).

La Chiesa vive e si muove sempre volta a Oriente e, se ancora oggi è in orazione in antiche basiliche, si trova raffigurato dinanzi, nel catino dell'abside, il Cristo Giudice e Signore che discerne i buoni dai reprobi. Ma spiritualmente questo catino col Signore che giudica e salva, è sempre dinanzi al cristiano, che cammina nel tempo e pensa all'eternità.
La meditazione sul definitivo e giusto suggello di ogni vita non cessa di accompagnarlo.

E, pure, a prevalere sul timore è ancora la fiducia, com'è sempre accesa la speranza che a primeggiare sia sempre la grazia, poiché a giudicarci sarà il Gesù Crocifisso.
"Dal suo tremendo giudizio - abbiamo infatti cantato alla fine dell'inno - ci liberi la grazia (non pro reatu puniat / sed nos pius tunc protegat)". (inos biffi)


(©L'Osservatore Romano - 29 novembre 2009)
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