Prete per voi

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S_Daniele
00venerdì 4 dicembre 2009 07:18

Prete per voi

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In questo Anno Sacerdotale pubblichiamo con grande interesse l’intervento di Mons. Jean-Pierre Batut, Vescovo Ausiliare di Lyon, sul Sacramento dell’Ordine. Un’analisi completa, sintetica e ben documentata che mette a fuoco la differenza tra sacerdozio battesimale e sacerdozio minsiteriale a partire dalle Lettere paoline messe a confronto con la Trdizione della Chiesa. Sfatando (falsi) dilemmi comuni…

Il Sacerdozio

1. Richiamo storico sulla questione del sacerdozio


Nel XVI secolo, un elemento centrale della “protesta” dei Riformatori è stato il rifiuto di un sacerdozio dei preti in seno alla Chiesa. Questo sacerdozio dei preti era rifiutato come un’invenzione “papista”. Forse però non sappiamo che i Riformatori hanno avuto dubbi su tale questione, prima di tutti Lutero. Nel 1516, quando scrive il suo “Commento dell’epistola ai Romani”, Lutero afferma ancora senza esitazione la specificità del sacerdozio dei preti:

“Se un laico si mettesse a fare davanti a tutti ciò che un prete fa, celebrando (la messa), somministrando la cresima, assolvendo, amministrando i sacramenti, consacrando gli altari, le chiese, i paramenti, gli oggetti, ecc, è indubbio che queste opere sarebbero sotto ogni aspetto molto simili a quelle di un vero prete, e forse, più appropriate e più perfette di quelle del vero prete. Ma non essendo lui stesso consacrato, ordinato e santificato, quest’uomo non compie assolutamente niente, non si impegna che a un gioco e inganna se stesso, come inganna i suoi simili (1).

Molto presto Lutero cambierà radicalmente posizione, considerando che il sacramento dell’ordine è una pura invenzione umana, senza alcun fondamento nella volontà di Cristo:

“Dell’Ordine”. La Chiesa di Cristo ignora questo sacramento: è stato inventato dalla Chiesa del papa… In tutto il Nuovo Testamento, non c’è una sola parola che ne faccia menzione. Ora, è ridicolo far passare per un sacramento di Dio ciò di cui non si potrà mai mostrare l’istituzione che Dio ne avrebbe fatta (2).

Per quale ragione Lutero arriva a questa posizione che pone ancora oggi un problema centrale nel dialogo ecumenico? Perché, nell’intervallo, ha scoperto con luminosa evidenza il sacerdozio battesimale: il fatto che tutti i battezzati sono consacrati “preti” dal battesimo.

Tutti i cristiani appartengono veramente allo stato ecclesiastico; non esiste tra loro alcuna differenza, se non quella della funzione. Noi siamo assolutamente tutti consacrati preti dal battesimo, come lo dicono san Pietro (1Pt 2): “Voi siete un sacerdote regale e una regalità sacerdotale”, e l’Apocalisse: “Tu hai fatto di noi, tramite l’effusione del tuo sangue, dei preti e dei re”.

Lutero ne deduce la seguente conseguenza:

Se una piccola truppa di pii laici cristiani fosse fatta prigioniera e deportata in un luogo deserto, se non ci fosse presso di loro un prete consacrato da un vescovo e se si trovassero in quel momento d’accordo a tal proposito, sceglierebbero uno tra di loro… e gli affiderebbero l’incarico di battezzare, di celebrare la messa, di assolvere e di predicare, egli sarebbe veramente un prete, come se tutti i vescovi e i papi l’avessero consacrato (3).

E’ un fatto che il sacerdozio dei battezzati era in gran parte dimenticato nella Chiesa all’epoca di Lutero, come lo sarà altrettanto presso i cattolici dei secoli successivi, quale reazione proprio contro la Riforma: si accentuerà tanto più il sacerdozio dei preti quanto più i Riformatori l’avevano negato; si tacerà tanto più il sacerdozio dei battezzati quanto più i Riformatori ne avevano fatto l’unico sacerdozio.

Alla fine la posizione cattolica e quella protestante concordavano tacitamente su un punto: un sacerdozio esclude l’altro. Inventando un sacerdozio dei preti, dicevano i protestanti, la Chiesa del papa ha negato il sacerdozio dei battezzati: affermando che tutti sono preti, rispondevano i cattolici, i protestanti hanno fatto sparire qualcosa che Cristo aveva tuttavia esplicitamente voluto e istituito nel scegliere degli apostoli e dicendo loro: “Chi ascolta voi, ascolta me”, “fate questo in memoria di me”, “a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”, ecc.

Ovviamente un sacerdozio non esclude l’altro: Cristo, unico grande Prete della Nuova Alleanza, è l’origine dell’uno come dell’altro. Il Concilio Vaticano II ci ha liberato dalla falsa opposizione suscitata dal rapporto polemico tra cattolici e protestanti. Ha posto innanzi, in modo molto forte, il sacerdozio dei battezzati che, in Cristo, sono diventati una comunità regale di preti (basileion hierateuma) (4), ma senza cessare tuttavia di affermare la fede della Chiesa cattolica nell’esistenza di un sacerdozio particolare, quello degli apostoli, dei vescovi e dei preti. Meglio: precisando che questi due sacerdozi sono sostanzialmente diversi, il Concilio non li ha messi in contrapposizione, ma collegati l’uno all’altro collegandoli al sacerdozio di Cristo.

Benché esista tra di loro una differenza essenziale e non solamente di grado, il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico sono comunque ordinati l’uno all’altro: l’uno e l’altro, in effetti, ciascuno a modo suo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo (5).

Cosa significa che questi due sacerdozi sono “ordinati l’uno all’altro”? Il Concilio non sviluppa affatto questo punto, contentandosi di ricordare che il prete agisce “nella persona di Cristo Capo” (6). Forse san Paolo ha delle cose da insegnarci a tal proposito…

2. In che senso San Paolo si considera “prete”?


A. Per cosa è fatto il prete?


Il Concilio Vaticano II ha raggruppato il ministero dei preti (e, prima di loro, dei vescovi) sotto tre capi: l’insegnamento (perché il Cristo è la Parola di Dio e la Verità); la santificazione (perchè Cristo ci rende santi donandoci il suo Corpo e il suo Sangue); la guida (perché Cristo è il Buon Pastore che ci conduce alle fonti della vita). Così, istruito da Cristo, il popolo cristiano diventa un popolo di profeti; santificato da Cristo, diventa un popolo di preti; guidato da Cristo, accede alla vera libertà e diventa un popolo di re.

Di queste tre missioni del prete – insegnare, santificare e guidare il popolo di Dio – quale è la più importante?

Per comprendere la sfida di questo dibattito, che ci si ricordi delle domande poste in questi ultimi cinquant’anni a proposito del prete. Il prete è “l’uomo dei sacramenti”, colui che “dice la messa”? No, dicevano alcuni, poiché ciò lo relegherebbe al “cultuale”: egli deve essere prima di tutto “l’uomo della parola”, colui che annuncia il Vangelo! Ma, rispondevano altri, il perdono dei peccati, l’Eucarestia, sono tuttavia ciò che c’è di più importante, il culmine della vita cristiana! A ciò si aggiungeva – e si aggiunge sempre – la domanda: il prete è il capo della comunità, colui che ne sta alla testa e la dirige, oppure è soprattutto un fratello fra i fratelli? In tali controversie, tutti avevano ragione: la missione di insegnare, di santificare attraverso i sacramenti e di guidare sono proprio le missioni del prete. Resta intero il compito di comprendere come queste missioni si articolano le une rispetto alle altre. Ed è proprio ciò che S. Paolo ci aiuta a vedere.

B. Il compito sacerdotale di annunciare il Vangelo secondo S. Paolo

San Paolo insiste molto sulla prima missione, quella dell’insegnamento, cioè della predicazione del Vangelo. Essa costituisce il nocciolo dell’idea che egli si fa del suo ministero. Arriva fino a dire che Cristo “non lo ha inviato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo” (1Cor 1, 17-18). Perché?

Se ne può dare una prima ragione molto semplice: Paolo è un fondatore di Chiese. Quando un missionario giunge in un paese non ancora evangelizzato, non inizia a battezzare, ma ad annunciare la fede. La missione di annunciare il Vangelo è assolutamente la prima. E’ per questo che, quando arriva in un luogo, Paolo comincia sempre con l’indirizzarsi agli abitanti (prima i Giudei, alla sinagoga, poi i non Giudei) per annunciare loro la Buona Novella di Gesù. Quindi, dopo essere riuscito a portare a Cristo un certo numero di persone, le battezza. Così, al momento della fondazione della Chiesa di Corinto, gli Atti ci descrivono con molta precisione il suo comportamento:

I tempo: momento giudaico «Ogni sabato, (Paolo) discorreva alla sinagoga e si sforzava di persuadere Giudei e Greci…(11) si consacrava interamente alla parola, attestando ai Giudei che Gesù è il Cristo (At 18, 4-5)
II tempo: decisione di andare verso i pagani «Ma davanti alla loro opposizione e alle loro parole blasfeme,  dice loro…: ormai, è verso i pagani che io andrò» (18,6).

III tempo: battesimo di tutti coloro che si sono convertiti, giudei e pagani  “Molti dei Corinzi che ascoltavano Paolo abbracciavano la fede e si facevano battezzare” (18,8).

Vi è una seconda ragione, e più profonda: per Paolo “l’annuncio di salvezza contiene la salvezza annunciata”(7). Ogni sacramento, in effetti, è prima di tutto una parola di Dio che come ogni parola, produce il suo effetto. Per Dio, dire è fare; lo stesso per Paolo: l’azione di annunciare è inseparabile da quella di santificare. Meglio ancora, il sacramento è incluso, contenuto nell’annuncio del Vangelo. Ciò permette di comprendere che, nell’unico testo in cui egli stesso si dice prete, Paolo lo faccia in rapporto con il Vangelo. Questo testo si trova in Rm 15, dove l’apostolo parla della “grazia che Dio l’ha portato ad essere un officiante (leitourgos) di Cristo Gesù presso i pagani, prete (hierourgounta) del Vangelo di Dio, perché i pagani diventassero una offerta (prosphora) gradita, santificata dallo Spirito Santo” (15,15-6). Questo testo indica che il risultato della missione di prete di Paolo è di trasformare gli altri in offerta, prima di tutto dando loro la capacità di offrirsi. Da quel momento, il sacerdozio comune dei battezzati, permettendo loro di offrire la propria vita a Dio, appare come l’effetto del sacerdozio ministeriale, che li trasforma tramite l’annuncio del Vangelo.

C. Dal Vangelo ai sacramenti come generazione di Dio

Così si vede che attraverso l’annuncio del Vangelo, San Paolo sottintende tutto ciò che ne deriva. Il Vangelo non è per lui al di fuori dei sacramenti o un semplice preludio ai sacramenti, ma è il sacramento primordiale da cui tutti i sacramenti provengono (8), perché il Vangelo non è altro che Cristo stesso: Non arrossisco del Vangelo: è potenza di Dio per la salvezza di ogni uomo che crede, del Giudeo prima e poi del Greco (Rm 1,6). Paolo ha la pretesa di non aggiungere alla parola del Vangelo una seconda parola, (non sarebbe altro che un commento), ma di dare una parola che è una con quella di Dio stesso: Noi siamo ambasciatori per Cristo; è come se Dio esortasse tramite noi. Ve ne supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio (2Cor  5,20).

Ecco perché la predicazione del Vangelo conduce necessariamente ai “misteri”, vocabolo che è rimasto nella lingua dei nostri fratelli d’Oriente e che, nel Nuovo testamento, è l’equivalente di ciò che noi intendiamo per sacramenti: Che ci si consideri come dei servitori di Cristo e come amministratori dei misteri di Dio (1Cor  4,1).

Il legame tra parola e sacramenti sta nel fatto che l’annuncio del Vangelo non è una parola esteriore a colui che la proclama e a colui che la riceve (come lo sarebbe una parola informativa), ma è una parola efficace, “performativa”. Di fatto questa parola ha tutte le caratteristiche di un dono di vita. E’ dunque logico che essa conduca a quel dono di vita per eccellenza che sono i sacramenti, e questo senza rottura (è il motivo per cui nella Messa, non si può dissociare la liturgia della Parola dalla liturgia eucaristica dal momento che Cristo si dona già nella prima).

E’ dunque un falso dilemma quello che consiste a domandarsi se il prete è soprattutto uomo della parola o uomo dei sacramenti. Nell’ordine della missione, egli è prima di tutto chiamato alla parola; ma i sacramenti che dispensa sono “la fonte e il culmine” della vita della Chiesa – e il prete esiste perché la Chiesa viva.

Ciò ci porta a fare un ulteriore passo. Questa parola è talmente vitale che colui che la trasmette diventa come un padre per colui che la riceve e che nasce, grazie ad essa, a una vita nuova. E’ questo che permette di comprendere perché San Paolo, quando si rivolge ai suoi “fedeli”, si esprime in modo paterno o talvolta paterno e materno. Nella più antica delle sue lettere, 1Ts, scrive: “Come una madre nutre i suoi figli e li circonda di cure, così è la nostra tenerezza per voi che avremmo voluto consegnarvi la nostra stessa vita allo stesso tempo del Vangelo di Dio” (2,8). Così ai Corinzi: “Quand’anche voi aveste migliaia di pedagoghi in Cristo, non avete altrettanti padri; perché sono io, per mezzo del Vangelo, che vi ho rigenerati in Gesù Cristo” (1Cor 4,15) – e “generare” è anche un termine tecnico per “battezzare”, cfr. Fm 10). Infine, ai Galati, che erano ritornati alla circoncisione, dice che “nel dolore (egli li) fa rinascere di nuovo, fino a che Cristo sia formato in (essi)” (Gal 4, 19). In molti altri ambiti Paolo parla di coloro che ha condotto a Cristo come suoi «figli amati» (1Cor 4,14 ; 2Cor 6, 13) collettivamente, e di diverse persone in particolare: Onesimo, Tito, Timoteo.

Così dunque, poiché il prete dona la vita di Dio, egli vive una paternità nell’atto stesso di donare questa vita. Tale paternità lo conduce a volere essere il modello del gregge di Dio (2Ts 3,9 (9)) e donare la sua vita per lui. Paternità non carnale ma sacramentale: poichè egli agisce nella persona di Cristo che dice “chi ha visto me ha visto il Padre”, il prete è segno del “Padre della luce dal quale discende ogni dono perfetto” (Gc 1,17). E’ quindi a buon diritto che gli si dà il nome di “Padre”. Sono ancora più sovrabbondanti i passaggi dove Paolo dice che prega per coloro dei quali egli è pastore e padre – che sia per rendere grazie 1Ts 2,13 ; 2Ts 1,3 ; 2,13 ; 1Cor 1,4 ; Fil 1,3 ; Rm 1,8 ; Col 1,3 ; Ef 1,16 ; 2Tm 1,3) o per intercedere con insistenza (1Ts 5,23 ; 2Ts 1,11 ; 2,16-17; 3,16 ; Fil 1,9-11 ; 2Cor 13, 7 ; Ef 2,17-18 ; 3,16-17).;

Si potrebbe aggiungere un’ultima annotazione: considerato che questa rigenerazione è un atto vitale, è logico che esso richieda tutta la vita di Paolo. La Chiesa è per l’apostolo come una sposa che egli presenta al suo unico Sposo, Cristo: Io provo nei vostri confronti una gelosia divina: perché io vi ho fidanzati a uno Sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo (2Cor 11,2-3). Come Giovanni Battista, Paolo si considera come “l’amico dello Sposo”, al servizio delle nozze tra Cristo e la Chiesa, e la sua vita è interamente donata a questa stessa Chiesa. Se c’è da qualche parte un fondamento al celibato dei preti, è senza dubbio qui che esso si trova.



3. La missione sacerdotale degli apostoli secondo san Paolo

A. Paolo apostolo con gli apostoli; i successori degli apostoli

Fin dall’inizio degli Atti gli apostoli appaiono come i testimoni di Cristo resuscitato. Esortano a farsi battezzare per ricevere il perdono dei peccati e il dono del Santo Spirito (2,38). Da allora, gli apostoli insegnano (2,42), guariscono come Gesù e in suo nome (3,6-8), giudicano e governano (5,1-11). Si associano dei collaboratori imponendo loro le mani (6,2-6). Saulo, una volta convertito, è immediatamente battezzato (9,18). Quindi, senza aver ricevuto altra consacrazione particolare, si mette a fare tutto ciò che facevano già gli apostoli, ben prima del suo invio in missione, la quale dà luogo ad un’imposizione delle mani (13,3). Paolo è dunque stato associato al collegio degli apostoli grazie ad un intervento speciale di Dio, ma nondimeno è apostolo tanto quanto gli altri, perché ha visto il Signore che egli aveva perseguitato e dal quale ha ricevuto l’autorità per l’edificazione della sua Chiesa: egli è apostolo «non dalla parte degli uomini, né tramite un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre” (Gal 1,1).

Si potrebbe dire che gli apostoli (e San Paolo come loro) sono stati direttamente «ordinati preti» da Cristo: la generazione apostolica presenta delle particolarità assolutamente uniche, che non si ritroveranno mai più in seguito. Il Nuovo Testamento attesta tuttavia che gli apostoli hanno provveduto alla loro successione tramite un mezzo che perdurerà: l’imposizione delle mani. Così la seconda lettera paolina a Timoteo: Io ti invito a ravvivare il dono spirituale che Dio ha deposto in te tramite l’imposizione delle mie mani (2Tm 1,6). Si può notare che il vocabolario qui impiegato implica che il dono conferito tramite l’ordine è permanente. Non c’è da rinnovarlo, è sufficiente “ravvivarlo”. E poiché in apertura ho citato Lutero, mi permetterò ora di citare Calvino (1509-1564), il quale, negando come Lutero l’esistenza del sacramento dell’ordine, non ha mai tuttavia dubitato che l’imposizione delle mani sia un sacramento: Parlando dell’imposizione delle mani, tramite la quale i ministri o pastori hanno ricevuto il loro ufficio, mi permetto ben volentieri che la si chiami sacramento. [11]),  è dunque «il sacramento che garantisce i sacramenti » (J.-M. Lustiger). Il prete attesta che la parola che la Chiesa pronuncia non è la sua propria parola, ma la parola di Dio stesso.

Dall’origine, dalla prima generazione apostolica, dal Cristo stesso, Cristo (ci) ha donato il sacramento della presenza del Capo, il ministero apostolico. Se noi, preti, siamo consacrati, noi che non siamo che dei cristiani come voi, è per esservi donati come segni di Cristo stesso che agisce nella sua Chiesa. Ed eccoci servi, vostri servi. In modo che voi, voi dovete essere i servi di tutti gli uomini, nostri fratelli… E noi dovremo, per voi, essere i testimoni che la Parola che è pronunciata nella Chiesa e dalla Chiesa, è quella che Cristo pronuncia…: essere il sacramento di Cristo che parla e che agisce nella sua Chiesa… Al fine di garantire  che, la Chiesa, quando celebra il sacramento eucaristico, è certa di celebrare l’Eucarestia di Cristo. Ecco perché, per voi, nell’Eucarestia, noi prendiamo il posto di Cristo (12).

Si potrebbe dire, sempre con J.-M. Lustiger, che “battezzati, lo siamo tutti insieme per il mondo, Cristo vuole che noi, preti, lo siamo per la sua Chiesa. Noi siamo consacrati perché voi compiate la vostra consacrazione” (Ibidem). I battezzati sono per il mondo il sacramento di Cristo e i preti lo sono per i battezzati: la loro presenza e il loro ministero garantisce alla Chiesa che è Cristo che agisce in essa.

+ Mons. Jean-Pierre Batut

Vescovo ausiliare di Lyon

http://lyon.catholique.fr/

(nostra traduzione a cura di Liliana Moretti)

Fonte

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