Quando la morte non è più sacra

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martinicm
00lunedì 21 giugno 2010 23:12
21 Giugno 2010



Cimiteri depredati, frutto di una società
che ha perso il senso della memoria

QUANDO LA MORTE
NON E` PIU` ``SACRA``
Il limite ultimo di una civiltà lo si vede nel non rispetto della morte. Il culto dei morti non è un’invenzione recente, è qualcosa di connaturato all’esistenza umana, fin dalle sue origini. Il culto dei morti, nei popoli primitivi, era una delle prime forme di devozione, come a dire che in quel non esserci più, eppure in quell’esserci ancora, c’è il segreto del vivere assieme, del permanere saldo della comunità.
Attorno alla memoria dei propri cari si sono costruite civiltà, popoli, storie, legami. Più semplicemente, si sono annodati i fili delle generazioni, si è riempito di senso il passaggio terreno dell’uomo. Nella memoria dei propri morti vi è la zona franca in cui i naturali conflitti tra gli uomini vengono meno, vi è da sempre quel sentimento di rispetto che mette da parte, almeno per un attimo, le ostilità. Nel rispetto della morte si depongono le armi, in una tregua che ha il sapore del miracoloso per quanto è passeggera e fragile.
L’uomo in sé ha la forza brutale e cieca di uccidere, di far finire la vita, ma da sempre, si ferma di fronte al mistero di chi non c’è più e al dolore straziante di chi ha perso il proprio caro.
Di fronte alla morte vi è quello scoprirsi indifesi che non può che far ammutolire. E in quella sensazione di fragilità si rafforza il legame del nostro stare assieme, del nostro appartenere ad un destino comune.
Oggi la morte viene scansata, rimossa. Viene allontanata dalla vista. E dal cuore.
Un tempo la morte faceva parte del ciclo della vita. Si moriva in casa, nel proprio letto, tra le braccia dei famigliari. Oggi avviene sempre più di rado.
Un tempo i cimiteri stessi erano posti al centro della comunità, attorno alla Chiesa. I morti “abitavano” dove “abitava” la vita.
Ora non è più così. Ed è comprensibile allora che alcuni addetti comunali se ne freghino del rispetto dei morti, e depredino i corpi senza vita di tutto ciò che può essere rivenduto.
Qui si sfiora il limite ultimo di una società, si tocca il punto più basso, più cupo, del nostro stare assieme. Si sente che qualcosa non funziona, non tiene. Si percepisce uno strano e pericoloso scricchiolio all’interno della nostra comunità, che non può che far riflettere.
Cristian Carrara

piùvoce.net


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