Sacra Sindone, datazione tutta da rivedere

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Cattolico_Romano
00martedì 28 luglio 2009 20:35
Due notizie importanti sulla Sacra Sindone:



Christopher Bronk Ramsey, direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford fa dietro front sulla datazione al carbonio eseguita nel 1988 sulla sindone.


www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cultura/200801articoli/5769gi...


"La Sindone è vera, vi spiego perché"


Una studiosa tra i segreti degli Archivi Vaticani: "E' del I secolo, esporrò le prove in un nuovo libro"

MARIO BAUDINO

Sulla Sindone c’è una scritta in caratteri ebraici che rinvia all’aramaico, la lingua dei primissimi cristiani. L’ha scoperta uno scienziato francese, Thierry Castex, e ne dà notizia per la prima volta una studiosa italiana, Barbara Frale, nel suo saggio da poco uscito per il Mulino col titolo I templari e la Sindone di Cristo. E’ invisibile a occhio nudo, ma è stata evidenziata grazie a procedimenti fotografici; una presenza del genere sul lenzuolo conservato a Torino, che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù, non è certo un episodio che possa restare confinato nel mondo degli studiosi. La storica italiana, ufficiale dell’Archivio segreto Vaticano, ha ricevuto la documentazione per un consulto, e d’accordo con lo scopritore l’ha resa pubblica nel libro sui Templari, che è il prologo a un nuovo lavoro, tutto sul «Sacro lino», di imminente pubblicazione. I due argomenti sono collegati. Barbara Frale è nota per aver trovato fra le carte vaticane nuovi documenti sull’atteggiamento del papa Clemente V nei confronti dei monaci-guerrieri accusati di eresia, quando all’inizio del Trecento il re di Francia Filippo il Bello scatenò contro di essi una repressione feroce. Ha smontato le leggende esoteriche e dimostrato la riluttanza del Papato rispetto alla persecuzione, che per ragioni politiche non poté essere comunque impedita. Nel libro appena uscito segue il filo che lega la Sindone all’austero esercito nato dopo la prima crociata per proteggere i pellegrini in Terrasanta, diventato una grande potenza «multinazionale» e finito sui roghi. Arriva a conclusioni appassionanti, perché conferma l’intuizione di uno studioso inglese secondo cui dopo il saccheggio di Costantinopoli ad opere di veneziani e francesi (nel corso della quarta crociata), il lenzuolo passò effettivamente in mano templare: ma per essere conservato e adorato in gran segreto.

Le misteriose testimonianze sul culto di un idolo o di un volto demoniaco andrebbero così riferite ai pochi eletti che ebbero modo di vedere la Sindone, ripiegata allo stesso modo in cui la conservava l’imperatore di Bisanzio. Ma di qui in poi, l’obiettivo cambia. Barbara Frale è sulle tracce più antiche della Sindone. Al centro di questa ricerca si staglia l’imprevedibile scritta in aramaico, pochi caratteri che tuttavia possono essere ricondotti a un significato del tipo: «Noi abbiamo trovato». Ma vengono proposti anche nuovi documenti, per esempio sull’arrivo nella capitale dell’Impero d’Oriente della preziosa reliquia. E contro la tesi che venisse adorato in realtà un «fazzoletto» con un ritratto dipinto (il mandylion), la studiosa esibisce un testo scoperto nel ’97 sempre alla Biblioteca Vaticana (dallo storico Gino Zaninotto). E’ un’omelia del X secolo in cui viene descritta la reliquia, che l’imperatore Romano I aveva mandato a prelevare nella città di Edessa.

L’autore è Gregorio il Referendario, arcidiacono della Basilica di Santa Sofia, incaricato della delicatissima operazione nell’anno 943. Non parla di un fazzoletto dipinto, ma di una grande immagine: pare proprio di leggere la descrizione della Sindone di Torino, che pure anni fa venne sottoposta all’esame del carbonio 14, usato per datare i reperti antichi, e dichiarata un manufatto medioevale. Come spiega la Frale questa contraddizione? «L’esperimento aveva, date le tecnologie a disposizione in passato, ampi margini di ambiguità. E poi non è stato condotto in modo verificabile», sostiene la studiosa. Ormai, aggiunge, non fa più testo. «I documenti mi portano molto più all’indietro nel tempo. Anche nel quarto secolo ci sono testi che parlano della Sindone».

Ma torniamo alle scritte, che in realtà sono più d’una: in greco, e anche in latino, scoperte a partire dal 1978. Lei spiega che non sembrano vergate sul lino, ma impresse per contatto, forse casuale, con cartigli e reliquiari. Che cosa dimostrano? «Quella in caratteri ebraici poteva essere un motivo importante per spiegare la segretezza di cui i templari circondarono la Sindone, in anni di fortissimo antisemitismo». Però c’è dell’altro: «Sì, c’è il fatto che dopo il 70 non si parlò più aramaico nelle comunità cristiane. E già San Paolo scriveva in greco». A cosa sta pensando, allora? «Ci sono molti indizi, direi un’infinità, che sembrano collegare la Sindone ai primi trent’anni dell’era cristiana. Per ora è una traccia di ricerca». Pensa che il testo si sia impresso prima del 70? «Quel che sappiamo del mondo antico ci costringe a formulare questa ipotesi». E qui la studiosa si ferma, rinviando al nuovo libro, La Sindone di Gesù Nazareno, che uscirà sempre per il Mulino prima di Natale. Ma non si sottrae alle domande. La prima è ovvia: come escludere che si tratti semplicemente di un «falso», nel senso di una reliquia costruita e modificata nel tempo?

Magari realizzata proprio sulla scorta dei Vangeli? «Innanzi tutto il mondo antico non ha mai avuto interesse a confermare i Vangeli. Non conosce il nostro concetto di riscontro o di prova. In secondo luogo le scritte possono essere datate, in base alla loro forma, alla grammatica, al contesto. Gli studiosi che le hanno esaminate le fanno risalire a un periodo fra il primo e il terzo secolo». Si ritiene però che l’archeologia del terzo secolo fosse molto diversa dalla nostra. La madre di Costantino trovò a Gerusalemme tutto ciò che desiderava, dalla croce alla casa di Pietro. «Non è così semplice. Quest’idea rischia di diventare un luogo comune. La questione dell’imperatrice Elena è un capitolo a parte».

Ultima osservazione: la Sindone riporta un’immagine tridimensionale. Per ottenerla non posso avvolgere semplicemente un corpo in un lenzuolo, come farei al momento della sepoltura. «No, deve fare molte altre cose, questo è vero. Però ricordiamoci che, data la sua sacralità, è difficile accostare e studiare l’oggetto stesso». Infatti queste scritte non sono mai state viste da nessuno, in tanti anni, anche quando la Sindone era, come lei spiega, molto meno sbiadita di adesso. «Tenga conto che veniva avvicinata raramente, e con una forma quasi di terrore sacrale. Io comunque non mi sono interrogata sulla sua formazione, perché sarebbe un tentativo di razionalizzare una materia dove lo storico, qualora lo faccia, si espone a troppi rischi, anche di figuracce. Come chi aveva spiegato la trasfigurazione di Cristo ricorrendo ai fenomeni ottici che si verificano sui ghiacciai. Preoccupiamoci piuttosto di studiare seriamente. L’unica cosa certa è che dobbiamo toglierci dalla testa di avere in mano, al proposito, le carte definitive».


www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200907articoli/45702gi...

°Teofilo°
00martedì 28 luglio 2009 22:58
Pochi sanno che
Sul lenzuolo che avvolse il corpo ritenuto di Cristo ci sono tracce di pollini e piante della Palestina.
Nei deserti di Israele alla ricerca di prove sulle origini della Sindone. A guidarci è un botanico israeliano, Avinoam Danin , dell'università ebraica di Gerusalemme.
In un'appassionante escursione tra i rovi, le piante i fiori della Palestina, Danin racconta come è nata una delle ricerche più sere e intriganti attorno al lenzuolo nel quale potrebbe essere stato avvolto Gesù. Scendendo in un dirupo pieno di spine alla ricerca di una pianta, la Gundelia turnefortii, Danin ripercorre la storia degli studi. "Nel 1973 il criminologo svizzero Max Frei prelevò dalla Sindone dei campioni di pollini. Dall'esame apparvero 165 grani provenienti da diverse piante. Nel 1978 Frei fece un secondo prelievo e prima della sua morte, nel 1982, dimostrò che almeno 50 diversi tipi di polline provenivano dall'area di Gerusalemme".
I campioni di Frei vennero poi trasferiti negli Usa sotto la cura di Alan Wangher della Duke University, nel North Carolina. "Wangher e sua moglie hanno continuato lo studio utilizzando anche foto della Sindone scattate nel 1931 da Enrie e nel 1978 da Miller" racconta Danin. "Con immagini polarizzate, ingrandimenti e aumento del contrasto, le foto hanno portato alla luce la presenza non solo di pollini ma anche di impronte di fiori e piante che dovevano essere state deposte attorno al corpo avvolto nel lenzuolo. I Wangher mi chiamarono in causa meno di due anni fa per individuare le piante provenienti dalla Palestina. Da allora, con il collega Uri Baruch, abbiamo continuato il lavoro sul terreno". Mentre parla, Danin sradica un crespo secco e spinoso simile a cardo. "Ecco la Gundelia. In ebraico lo chiamiamo galgal (ruota) poiché una volta secca continua a rotolare all'infinito, spostata dal vento, lungo i deserti. E' nominata più volte nella Bibbia e cresce qui, nella zona che va da Gerusalemme a Gerico e al Mar Morto. Dei 165 pollini rinvenuti sulla Sindone, la maggior parte sono di Gundelia. E' stata la prima pianta a darci indicazione sull'origine del lenzuolo". Sulla Gundelia Danin anticipa una scoperta affascinante che spiegherà al congresso sulla Sindone a Torino, il 5 e 6 giugno. "Gli studi botanici sulla Sindone mettono in risalto attorno alla testa dell'uomo anche una corona di spine, composta da rami di Gundelia, visibili soprattutto sopra la spalla destra, e una fascia di steli composta da Ranus palestinum e da Ziziphus spina christi, dietro la nuca". Sarebbero dunque queste le piante spinose del martirio sulla fronte dell'uomo crocifisso. Il professor Danin non ama entrare nel merito delle ipotesi storiche o antropologiche. A proposito degli esami al carbonio 14 che datarono la Sindone tra il 1260 e il 1390 circa, si irrigidisce e ripete: "Io resto un botanico e il mio scopo è quello di studiare le prove botaniche dell'origine geografica della Sindone, né è attraverso la Sindone che si può ricostruire come venivano seppelliti gli ebrei ai tempi di Gesù. E' vero però che le prove al carbonio non furono del tutto attendibili. Probabilmente verranno rifatte dopo il 2000. Ma la verità scotta sempre a qualcuno". Una verità sulla quale Danin evita di avanzare ipotesi.
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