Settimana Santa

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Vilucchio.
00mercoledì 31 marzo 2010 16:13
 Preghiamo per la Chiesa che sta vivendo
 un momento di difficolta' per il duro attacco 
alla persona del Santo Padre
che è Vicario di Cristo in terra ,
 preghiamo per l'unità di tutti noi cristiani
che siamo tutti amati da Dio ,
 preghiamo per la nostra conversione e
 per quella di ogni uomo nel mondo,
specie quella dei più lontani
 che non vogliono credere in Dio e
 di quanti vivono in peccato mortale
perchè non lo conoscono ancora e
 non hanno ancora conosciuto
 la Misericordia di Cristo Gesù,
Nostro signore.
Preghiamo perche' la Passione e la Morte di Cristo
sulla Croce sul Monte Golgota non sia stata vana
e che la  Sua Resurrezione possa riempire di gioia
il cuore di ogni uomo
 che possa cosi' tornare in Cristo
come un bimbo svezzato
 tra le braccia della mamma.
preghieraAmen.
Caterina63
00giovedì 1 aprile 2010 00:22


L'Anima devota nei giorni Santi: 6 Giovedì Santo

Devozione e meditazioni nella Settimana Santa.

di Pio Alberto Del Corona O.P.


GIOVEDI SANTO

Rammenta Anima Devota:

Nel Giovedì Santo la Santa Chiesa rivive, possiamo ben dire, quel grande eccesso d'Amore che fu l'Istituzione dell'Eucarestia con il Sacerdozio Divino nel quadro indelebile dell'Ultima Cena.
Durante l'Ultima Cena vediamo l'apostolo Giovanni posare il capo sul cuore di Gesù e al tempo stesso Gesù rivela ai Suoi che "qualcuno quella notte, lo tradirà" e all'odio del traditore segue la lavanda dei piedi e l'umiltà di Gesù che laverà anche i piedi del traditore.
La Chiesa prepara i Santi Sepolcri, sugli Altari è deposta l'Urna santa con la Sacra Eucarestia perchè il grande dono che abbiamo ricevuto con questo Sacramento, non si cancelli neppure nei due giorni più dolorosi della nostra storia: il Venerdì Santo e il Sabato Santo. Lo chiamiamo Sepolcro, ma sappiamo che non è; in Esso è chiuso il Cuore stesso di Cristo che è Re ed è Vita.
E Gesù va al Getsemani, piange e suda sangue, è tradito, è arrestato ed è condotto ad un tribunale come un comune malfattore.


E' il giorno dell'Amore, ci avete mai pensato?
Tutte le fibre del nostro essere come corde di strumento, mandino ora onde d'armonie e i nostri cuori, come ceri ardenti di fiamma pura, brillino per amore e gratitudine per Colui che con l'Eucarestia si è fatto per noi Cibo di salvezza.


Entrate Anime fedeli nel Cenacolo, interrogate gli sguardi di Gesù, accostatevi anche voi al suo petto e fermatevi a contare i palpiti di quell'amabile Cuore Divino.
Contemplatelo quando prende il pane e dice: " Questo è il mio Corpo, è il mio pegno per voi, il pegno di tutte le mie promesse, il pegno dell'eternità - Ecco questo è il mio Sangue con il quale sigillerò le mie nozze con la Sposa, con la Santa Chiesa che avrà in dote i miei Sacramenti", e quando avviene tutto questo, ma lì, lì sul Golgota, su quella Croce non è la fine ma l'inizio di tutto.

Raccoglietevi quando vi accostate all'Eucarestia, si dilati il vostro cuore, e Gesù stesso vi sussurri qual tenerezza sentì per voi quando istituiva il Divino Sacramento, vi ricordi le lacrime versate e il Sangue che gli siete costate.
Offritevi per le tante Comunioni mal fatte, piangete per i tanti sacrilegi che si compiono con l'Eucarestia, diventate Anime Riparatrici, state in ginocchio anche più tempo per supplire a quanti non si inginocchiano più davanti al Divino Sacramento, benediteLo e ringraziateLo dell'Eucarestia anche da parte di chi non ringrazia più o non ha più tempo.

In questo giorno entrate dentro quell'Urna, cercate i piedi divini, cercate le piaghe redentrici per baciarle e ribaciarle.
Sul Suo Sacro Cuore palpitate, vivete, respirate con Lui, struggetevi amando e giammai disperando!
Adorate sapendo di essere circondati dai Santi e dagli Angeli, e bramate di penetrare dentro nei tesori della eterna Carità, chiedete luce e fuoco per adorare l'Ostia d'infinito amore che ci abbracciò in quel Cenacolo, offritevi come Lui vittime per le vocazioni sacerdotali, vittime per i Ministri indegni, vittime come la Vergine Santissima ai piedi dell'unico Sommo Sacerdote.

Questi pensieri e questi sentimenti furono nell'anima di Gesù e dobbiamo farli passare dalla sua alla nostra per pensare come Lui, per amare come Lui, per avere un cuore simile al Suo.
In questa sera Santa entrate con Gesù nel Getsemani, condividetene le lotte, gli affanni, la preoccupazione, la tribolazione, adorate queste ore Sante, salutate tra le ombre della malinconica notte l'anima di Gesù affaticata e con Essa rattristatevi col Dio mesto sino alla morte.
Le Anime fedeli fanno ora ciò che fecero gli Angeli: consolano il Divin Verbo, l'Eroe Divino, lo acclamano vincitore del peccato e terrore della morte!

O Anime Amanti e devote, sappiate quanto brillate allo sguardo di Gesù, raccogliete ora le stille del Divin Sangue, aprite le vostre braccia alla Vittima Sacrificale che a voi si abbandona: i Suoi occhi vi cercano, Anime affrante, e allora accorrete, correte e consolate il Dio mesto!

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Caterina63
00venerdì 2 aprile 2010 00:19
L'Anima devota nei giorni Santi/7: Venerdì Santo.
 
Devozione e meditazioni nella Settimana Santa.


di Pio Alberto Del Corona O.P.*


VENERDI SANTO

Rammenta Anima Devota:

Il Venerdì Santo è il giorno del gran lutto per la Chiesa. Gesù muore sulla Croce alla presenza dell'afflittissima Madre Maria, è deposto dalla Croce nel grembo di Lei, è portato alla sepoltura, è chiuso dentro il Sepolcro.

La Santa Chiesa ricorda oggi i dolori del Redentore leggendo la Passio di san Giovanni; gli altari sono completamente spogliati, i sacerdoti e i ministri si scalzano e adorano e baciano la Croce; alla Croce si elevano meste melodie; non si celebra il Divino Ufficio, l'Ostia conservata Giovedì nell'Urna viene così consumata.

E' il giorno del Testamento di Gesù morente: rivolto alla Madre dice "Ecco tuo figlio - e rivolto a Giovanni l'apostolo - Ecco la tua Madre " e alla Madre nostra addolorata corriamo con affetto e con Lei vogliamo passare queste ore tristi ed oscure, con Lei vogliamo meditare e adorare la Santa Croce.

Oh Venerdì Santo! giorno del trionfo della Croce, giorno della mestizia, giorno del grande Sacerdote, giorno di Sangue, giorno in cui la promessa dell'Ultima Cena diventa realtà, ecco il Sacrificio perfetto: "questo è il mio corpo, questo è il mio sangue", sono proprio io, dice ancora oggi Gesù, guardatemi, sono IO!

Venite, accorrete, Anime innamorate di Gesù, ripercorrete col pensiero tutta la trama dei dolori di un Dio tradito, percosso, schernito, flagellato, coronato di spine, vestito di porpora illusoria, dannato come ribelle e blasfemo, barattato con un malfattore, caduto sulla via del Calvario, spogliato ed umiliato, inchiodato al patibolo degli schiavi... Orsù venite Anime riparatrici, prendete posto sul Calvario, e mettetevi vicino alla Croce.

Contemplate la bellezza del Verbo appena visibile sotto l'intreccio delle spine, appena vedibile quel volto tra le lacrime degli occhi velati dalle torture, lividi, sanguinanti.

Gema la fede, gridi il cuore, fino ad abbassare il Dio Crocefisso sulle vostre labbra e il cuore.

Come implorava la nostra Maestra santa Caterina da Siena che ben s'intendeva di passione: " annegatevi nel Sangue di Cristo", fatevi di quel Sangue Divino una porpora e così vestite volgetevi al Padre Celeste il quale, al vederci rilucenti di quella porpora sorride e davvero perdona.

Ora domandategli quel che vi aggrada e nulla vi sarà negato.

Ecco dischiusa la via regia, la via del Sangue versato, la strada di un corpo spianato che lava l'anima, ecco quando assistete alla Messa, è il Sangue che voi adorate e offrite per le mani del Sacerdote alla Giustizia infinita e quando vi comunicate, è la sostanza di quel Sangue che viene in voi e che sentite correre in ogni fibra del vostro corpo, pensate Anime Amanti, con quel Corpo siamo un tutt'Uno: Dio e noi.

E' giusto che oggi ci soffermiamo di più, lasciate ogni mestiere, venite ad adorare, a contemplare, oggi è il tempo di sostare al Calvario a vedere quel Costato trafitto dal quale, come da fonte di paradiso, abbiamo veduto sgorgare l'onda di vita e la fiumana dei Sacramenti.

Ecco la Chiesa, si, eccola qui in quel Corpo straziato, Essa uscì dal fianco aperto del Divino Redentore, dote di nozze furono per Lei i Sacramenti e da questi si formarono santi, dottori, vergini e martiri, anche voi Anime fedeli e devote, anche voi dunque uscite da li; là è la vostra cuna, l'altare delle vostre nozze di Sangue, il trono da cui Dio vi trasse a sè.

Non vi partite dai piedi del Crocefisso. Pregate e piangete, adorate con Lui sotto il velo delle tenebre, accogliete ogni supremo accento delle sue parole, supplicate che l'anima sua benedetta venga a dare il bacio alla vostra.

S'infiammi il vostro cuore in quel Bacio ardente, stringetevi al Dio morente, ogni lingua taccia davanti al Dio morto e in questo silenzio straziante, rimanete vigilanti, non perdete la speranza!

Le tre Ore di agonia siano spese nell'andare dal Crocefisso all'Addolorata, alla Desolata, alla Madre dei Dolori, chiedendo che Gesù entri nei vostri cuori, vi metta a nudo l'orrore dei peccati che tanto lo fecero penare, penate e raccogliete santi propositi, raccogliete quel suo Testamento che è il Suo perdono, il Paradiso promesso al Buon Ladrone, il dono della sua santissima Madre, la sua sete, la sua stessa obbedienza al Padre fino alla morte, i santi Sacramenti, ecco il testamento e la cara eredità che ci ha dato.

Ora aspettate che il Divin Corpo, posato sulle ginocchia della Madre affranta, venga deposto nel sepolcro; aiutate la Madre in quel ministero di tenerezza, poi entrate con Lei nel Sepolcro, guardate con Lei il Suo Gesù e attendete con speranza che si desti da quel sonno d'amore. Presto sarà una Tomba vuota!

La Croce anche se spogliata del suo adorabile peso, restò tinta di Sangue, quel legno ne bevve a sazietà, contempliamo questi segni, adoriamo quelle tracce di Sangue indelebili.

Abbracciamoci gli uni gli altri nel segno della Croce, alla nuda Croce e meditiamo, poi consoliamo gli afflitti, vestiamo gli gnudi, sfamiamo l'affamato, visitiamo i carcerati, accarezziamo gli ammalati, a tutti portiamo la speranza che non muore e non delude, a tutti corriamo a dire: La Croce vi farà santi e sarà la vostra giustizia!




[segue]



*Mons. Pio Alberto Del Corona O.P. Arcivescovo di Sardica, tratto da L'Anima Devota nei giorni Santi, a cura delle Suore Domenicane con Imprimatur del Vicario Generale dell'Ordine dei Predicatori fr. Petrus Tani Firenze 10.2.1913 e con l'approvazione della Curia Arcivescovile di Firenze del 15.2.1913. Si ringrazia vivamente D.A. per la preziosa trascrizione



                  Benedetto XVI Settimana Santa
Caterina63
00sabato 3 aprile 2010 00:48
L'Anima devota nei giorni Santi/8: Sabato Santo.
 
Devozione e meditazioni nella Settimana Santa.


di Pio Alberto Del Corona O.P.*


SABATO SANTO



Rammenta Anima Devota:

Il Sabato Santo, giorno di indugio pietoso presso le chiese spoglie e fredde, nella quiete di Gesù nel sepolcro, fu figurata nel riposo di Dio nel settimo giorno della creazione; e la Santa Chiesa leggendo le Profezie ricorda l'opera dei sei giorni ed il riposo dell'Artefice eterno!

Nel Sepolcro il corpo di Cristo giacque accarezzato con mirra e aloe, dalle lacrime della Santissima Madre che già in quel momento raffigurava tutta la Chiesa, ed ora involto in candido lenzuolo.

Il Sepolcro era nell'orto di Giuseppe d'Arimatea presso il Calvario stesso, li rimasero le Pie Donne, così restino oggi le Anime Amanti di Gesù presso il suo Sepolcro tra le balze e le pendici del Golgota fino all'alba, quand'essa stessa sarà irradiata dai Divini fulgori della Risurrezione Gloriosa.

La Croce impregnata di Sangue Divino che ci redense è rimasta là, nuda sul Calvario, la Madre Santissima la vediamo lì a fare la spola tra il Sepolcro e quel Legno intriso di Sangue ancora fresco, seguiamo la Madre di Dio mentre solca il mare delle sue amarezze, muta e adorante nel suo dolore immenso. E' morto suo Figlio! E' morto il Figlio dell'Incarnazione prodigiosa, Lei lo sa, è Morto il Verbo Divino.

Ma nel cuore della Madre non c'è posto per le tenebre: Oh cara Tomba - le sentiamo sussurrare - ove il mio Dio morto, DORME! Oh sepoltura santa, mistero santo, mistero soave, tutti i credenti sono qui con me ad attendere che Tu ora mantenga le tue promesse, tutti ti udirono: "uccidete questo corpo e dopo tre giorni risusciterà", noi siamo i tuoi credenti e Ti aspettiamo!


Ecco il Verbo che fece il mondo in sei giorni e al settimo si riposò! Forse Egli era stanco? non certo di creare ma di redimere certo si affaticò ed ecco che il Verbo nella inferma carne si affaticò e nella Tomba ebbe requie, ma giunto è il tempo di riprendere la vita, Lui datore della Vita non poteva certo finire così.

Coraggio Anime penitenti, adorate quel Corpo in requiem, è nel sonno dell'Amore, è andato a liberare le Anime rimaste prigioniere, ora ritornerà vittorioso dopo aver spezzato le catene della morte.


Correte dalla Tomba al Tabernacolo, preparate gli altari: il sepolcro era nell'Orto dello stesso Monte Calvario; l'Orto figurava la Chiesa che possiede il Tabernacolo di Gesù nel Sacramento dell'Amore Eterno.

E' attorno a questo Tabernacolo che sono i veri Amici di Gesù, le Spose di Gesù e alle tante Anime in mezzo alle quali si mescolano fiumi di Angioli e così si fa del cielo e della terra un giardino ed una Mensa Divina.

Stando ai piedi del Tabernacolo noi viviamo la vita nascosta di Gesù e con Cristo in Dio proprio come insegna san Paolo.


Non dimentichiamoci di Maria Santissima, l'Addolorata e la Regina, la Desolata e l'Immacolata, guardiamola mentre portò nel cuore gli spasimi di quella Passione e Morte, spasimi di quelle piaghe doloranti, dolore vivente delle sue stesse agonie per meritare la dignità di Madre degli Uomini.

Cadete nel grembo di questa Santa Madre per inondarla del vostro pianto, invitate anche Lei a piegare il suo Cuore Immacolato sul vostro, trovi lì il conforto delle Anime Amanti del Divin Figlio.

E al Gloria in excelsis cantate con l'anima innamorata il dolce Alleluja, ma senza partire dal Sepolcro, girate per le pendici del Golgota e con Maria Santissima attendiamo di incontrare il Risorto.

Ecco le promesse or vengono mantenute, andate in tutto il mondo a dare a tutti il lieto annuncio!




[segue]



*Mons. Pio Alberto Del Corona O.P. Arcivescovo di Sardica, tratto da L'Anima Devota nei giorni Santi, a cura delle Suore Domenicane con Imprimatur del Vicario Generale dell'Ordine dei Predicatori fr. Petrus Tani Firenze 10.2.1913 e con l'approvazione della Curia Arcivescovile di Firenze del 15.2.1913. Si ringrazia vivamente D.A. per la preziosa trascrizione.


Caterina63
00sabato 3 aprile 2010 11:09
Di Venerdì Santo, il Santo Padre non pronuncia l'omelia, ma a nome di TUTTA la Chiesa e di TUTTI i fedeli, compie il Rito dell'Adorazione della Croce: scalzo, senza l'anello del pescatore, senza altri simboli ma solo con il camice e la stola, segno del sacerdote...


















Nella serata del Venerdì Santo, il Pontefice presiede alla Via Crucis con i fedeli al Colosseo e al termine pronuncia un breve saluto perchè si mantenga lo spirito del SILENZIO che precede il sabato santo con Gesù sepolto, in attesa della Risurrezione, la Notte Santa, Madre di tutte le veglie!


PAROLE DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle,



in preghiera, con animo raccolto e commosso, abbiamo percorso questa sera il cammino della Croce. Con Gesù siamo saliti al Calvario e abbiamo meditato sulla sua sofferenza, riscoprendo quanto profondo sia l’amore che Egli ha avuto e ha per noi. Ma in questo momento non vogliamo limitarci ad una compassione dettata solo dal nostro debole sentimento; vogliamo piuttosto sentirci partecipi della sofferenza di Gesù, vogliamo accompagnare il nostro Maestro condividendo la sua Passione nella nostra vita, nella vita della Chiesa, per la vita del mondo, poiché sappiamo che proprio nella Croce del Signore, nell’amore senza limiti, che dona tutto se stesso, sta la sorgente della grazia, della liberazione, della pace, della salvezza.

I testi, le meditazioni e le preghiere della Via Crucis ci hanno aiutato a guardare a questo mistero della Passione per apprendere l’immensa lezione di amore che Dio ci ha dato sulla Croce, perché nasca in noi un rinnovato desiderio di convertire il nostro cuore, vivendo ogni giorno lo stesso amore, l’unica forza capace di cambiare il mondo.



Questa sera abbiamo contemplato Gesù nel suo volto pieno di dolore, deriso, oltraggiato, sfigurato dal peccato dell’uomo; domani notte lo contempleremo nel suo volto pieno di gioia, raggiante e luminoso. Da quando Gesù è sceso nel sepolcro, la tomba e la morte non sono più luogo senza speranza, dove la storia si chiude nel fallimento più totale, dove l’uomo tocca il limite estremo della sua impotenza. Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande, quella maturata sulla Croce, mentre Gesù muore, mentre esala l’ultimo respiro, gridando a gran voce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,36). Consegnando la sua esistenza "donata" nelle mani del Padre, Egli sa che la sua morte diventa sorgente di vita, come il seme nel terreno deve rompersi perché la pianta possa nascere: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Gesù è il chicco di grano che cade nella terra, si spezza, si rompe, muore e per questo può portare frutto. Dal giorno in cui Cristo vi è stato innalzato, la Croce, che appare come il segno dell’abbandono, della solitudine, del fallimento è diventata un nuovo inizio: dalla profondità della morte si innalza la promessa della vita eterna. Sulla Croce brilla già lo splendore vittorioso dell’alba del giorno di Pasqua.



Nel silenzio di questa notte, nel silenzio che avvolge il Sabato Santo, toccati dall’amore sconfinato di Dio, viviamo nell’attesa dell’alba del terzo giorno, l’alba della vittoria dell’Amore di Dio, l’alba della luce che permette agli occhi del cuore di vedere in modo nuovo la vita, le difficoltà, la sofferenza. I nostri insuccessi, le nostre delusioni, le nostre amarezze, che sembrano segnare il crollo di tutto, sono illuminati dalla speranza. L’atto di amore della Croce viene confermato dal Padre e la luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma: dal tradimento può nascere l’amicizia; dal rinnegamento, il perdono; dall’odio, l’amore.



Donaci, Signore, di portare con amore la nostra croce, le nostre croci quotidiane, nella certezza che esse sono illuminate dal fulgore della tua Pasqua. Amen.












S_Daniele
00sabato 3 aprile 2010 12:15



Padre Cantalamessa: “Abbiamo un grande Sommo Sacerdote”

Predica del Venerdì Santo 2010 nella Basilica di S. Pietro

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 2 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata questo venerdì da padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., Predicatore della Casa Pontificia, in occasione della celebrazione della Passione del Signore, presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana.

* * *

“Abbiamo un grande Sommo Sacerdote che ha attraversato i cieli, Gesù, il Figlio di Dio”: così inizia il brano della Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato nella seconda lettura. Nell’anno sacerdotale, la liturgia del Venerdì Santo ci permette di risalire alla sorgente storica del sacerdozio cristiano.

Essa è la sorgente di entrambe le realizzazioni del sacerdozio: quella ministeriale, dei vescovi e dei presbiteri, e quella universale di tutti i fedeli. Anche questa infatti si fonda sul sacrificio di Cristo che, dice l’Apocalisse, “ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue e ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo” (Ap 1, 5-6). È di vitale importanza perciò capire la natura del sacrificio e del sacerdozio di Cristo perché è di essi che sacerdoti e laici, in modo diverso, dobbiamo recare l’impronta e cercare di vivere le esigenze.

La Lettera agli Ebrei spiega in che consiste la novità e l’unicità del sacerdozio di Cristo, non solo rispetto al sacerdozio dell’antica alleanza, ma, come ci insegna oggi la storia delle religioni, rispetto a ogni istituzione sacerdotale anche fuori della Bibbia. Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri […] è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!” (Eb 9, 11-14).

Ogni altro sacerdote offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant’Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacerdozio in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa: “Ideo sacerdos, quia sacrificium”: sacerdote perché vittima”[1].



* * *

Nel 1972 un noto pensatore francese lanciava la tesi secondo cui “la violenza è il cuore e l’anima segreta del sacro” [2]. All’origine infatti e al centro di ogni religione c’è il sacrificio, e il sacrificio comporta distruzione e morte. Il giornale “Le Monde” salutava l’affermazione, dicendo che essa faceva di quell’anno “un anno da segnare con asterisco negli annali dell’umanità”. Già prima però di questa data, quello studioso si era riavvicinato al cristianesimo e nella Pasqua del 1959 aveva reso pubblica la sua “conversione”, dichiarandosi credente e tornando alla Chiesa.

Questo gli permise di non fermarsi, negli studi successivi, all’analisi del meccanismo della violenza, ma di additare anche come uscire da esso. Molti, purtroppo, continuano a citare René Girard come colui che ha denunciato l’alleanza tra il sacro e la violenza, ma non fanno parola del Girard che ha additato nel mistero pasquale di Cristo la rottura totale e definitiva di tale alleanza. Secondo lui, Gesù smaschera e spezza il meccanismo del capro espiatorio che sacralizza la violenza, facendosi lui, innocente, la vittima di tutta la violenza[3].

Il processo che porta alla nascita della religione è rovesciato, rispetto alla spiegazione che ne aveva dato Freud. In Cristo, è Dio che si fa vittima, non la vittima (in Freud, il padre primordiale) che, una volta sacrificata, viene successivamente elevata a dignità divina (il Padre dei cieli). Non è più l’uomo che offre sacrifici a Dio, ma Dio che si “sacrifica” per l’uomo, consegnando alla morte per lui il suo Figlio unigenito (cf. Gv 3,16). Il sacrificio non serve più a “placare” la divinità, ma piuttosto a placare l’uomo e farlo desistere dalla sua ostilità nei confronti di Dio e del prossimo.

Cristo non è venuto con sangue altrui, ma con il proprio. Non ha messo i propri peccati sulle spalle degli altri –uomini o animali -; ha messo i peccati degli altri sulle proprie spalle: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt 2, 24).

Si può, allora, continuare a parlare di sacrificio, a proposito della morte di Cristo e quindi della Messa? Per molto tempo lo studioso citato ha rifiutato questo concetto, ritenendolo troppo segnato dall’idea di violenza, ma poi ha finito per ammetterne la possibilità, a patto di vedere, in quello di Cristo, un genere nuovo di sacrificio, e di vedere in questo cambiamento di significato “il fatto centrale nella storia religiosa dell’umanità”.


* * *

Visto in questa luce, il sacrificio di Cristo contiene un messaggio formidabile per il mondo d’oggi. Grida al mondo che la violenza è un residuo arcaico, una regressione a stadi primitivi e superati della storia umana e – se si tratta di credenti – un ritardo colpevole e scandaloso nella presa di coscienza del salto di qualità operato da Cristo.

Ricorda anche che la violenza è perdente. In quasi tutti i miti antichi la vittima è lo sconfitto e il carnefice il vincitore. Gesù ha cambiato segno alla vittoria. Ha inaugurato un nuovo genere di vittoria che non consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima. “Victor quia victima!”, vincitore perché vittima, così Agostino definisce il Gesù della croce[4].

Il valore moderno della difesa delle vittime, dei deboli e della vita minacciata è nato sul terreno del cristianesimo, è un frutto tardivo della rivoluzione operata da Cristo. Ne abbiamo la controprova. Appena si abbandona (come ha fatto Nietzsche) la visione cristiana per riportare in vita quella pagana, si smarrisce questa conquista e si torna ad esaltare “il forte, il potente, fino al suo punto più eccelso, il superuomo”, e si definisce quella cristiana “una morale da schiavi”, frutto del risentimento impotente dei deboli contro i forti.

Purtroppo, però, la stessa cultura odierna che condanna la violenza, per altro verso, la favorisce e la esalta. Ci si straccia le vesti di fronte a certi fatti di sangue, ma non ci si accorge che si prepara ad essi il terreno con quello che si reclamizza nella pagina accanto del giornale o nel palinsesto successivo della rete televisiva. Il gusto con cui si indugia nella descrizione della violenza e la gara a chi è il primo e il più crudo nel descriverla non fanno che favorirla. Il risultato non è una catarsi del male, ma un incitamento ad esso. È inquietante che la violenza e il sangue siano diventati uno degli ingredienti di maggior richiamo nei film e nei videogiochi, che si sia attirati da essa e ci si diverta a guardarla.

Lo stesso studioso ricordato sopra ha messo a nudo la matrice da cui prende avvio il meccanismo della violenza: il mimetismo, quella connaturata inclinazione umana a considerare desiderabile le cose che desiderano gli altri e, quindi, a ripetere le cose che vedono fare gli altri. La psicologia del “branco” è quella che porta alla scelta del “capro espiatorio” per trovare, nella lotta contro un nemico comune – in genere, l’elemento più debole, il diverso -, una propria artificiale e momentanea coesione.

Ne abbiamo un esempio nella ricorrente violenza dei giovani allo stadio, nel bullismo delle scuole e in certe manifestazioni di piazza che lasciano dietro di sé rovina e distruzione. Una generazione di giovani che ha avuto il rarissimo privilegio di non conoscere una vera guerra e di non essere stati mai richiamati sotto le armi, si diverte (perché si tratta di un gioco, anche se stupido e a volte tragico) a inventare delle piccole guerre, spinti dallo stesso istinto che muoveva l’orda primordiale.


* * *

Ma c’è una violenza ancora più grave e diffusa di quella dei giovani negli stadi e nelle piazze. Non parlo qui della violenza sui bambini, di cui si sono macchiati sciaguratamente anche elementi del clero; di essa si parla già abbastanza fuori di qui. Parlo della violenza sulle donne. Questa è una occasione per far comprendere alle persone e alle istituzioni che lottano contro di essa che Cristo è il loro migliore alleato.

Si tratta di una violenza tanto più grave in quanto si svolge spesso al riparo delle mura domestiche, all’insaputa di tutti, quando addirittura essa non viene giustificata con pregiudizi pseudo-religiosi e culturali. Le vittime si ritrovano disperatamente sole e indifese. Solo oggi, grazie al sostegno e all’incoraggiamento di tante associazioni e istituzioni, alcune trovano la forza di uscire allo scoperto e denunciare i colpevoli.

Molta di questa violenza è a sfondo sessuale. È il maschio che crede di dimostrare la sua virilità infierendo contro la donna, senza rendersi conto che sta dimostrando solo la sua insicurezza e vigliaccheria. Anche nei confronti della donna che ha sbagliato, che contrasto tra l’agire di Cristo e quello ancora in atto in certi ambienti! Il fanatismo invoca la lapidazione; Cristo, agli uomini che gli hanno presentato un’adultera, risponde: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra con di lei” (Gv 8, 7). L’adulterio è un peccato che si commette sempre in due, ma per il quale uno solo è stato sempre (e, in alcune parti del mondo, è tuttora) punito.

La violenza contro la donna non è mai così odiosa come quando si annida là dove dovrebbe regnare il reciproco rispetto e l’amore, nel rapporto tra marito e moglie. È vero che la violenza non è sempre e tutta da una parte sola, che si può essere violenti anche con la lingua e non solo con le mani, ma nessuno può negare che nella stragrande maggioranza dei casi la vittima è la donna.

Ci sono famiglie dove ancora l’uomo si ritiene autorizzato ad alzare la voce e le mani sulle donne di casa. Moglie e figli vivono a volte sotto la costante minaccia dell’“ira di papà”. A questi tali bisognerebbe dire amabilmente: “Cari colleghi uomini, creandoci maschi, Dio non ha inteso darci il diritto di arrabbiarci e pestare i pugni sul tavolo per ogni minima cosa. La parola rivolta a Eva dopo la colpa: “Egli (l’uomo) ti dominerà” (Gen 3,16), era una amara previsione, non una autorizzazione.

Giovanni Paolo II ha inaugurato la pratica delle richieste di perdono per torti collettivi. Una di esse, tra le più giuste e necessarie, è il perdono che una metà dell’umanità deve chiedere all’altra metà, gli uomini alle donne. Essa non deve rimanere generica e astratta. Deve portare, specie chi si professa cristiano, a concreti gesti di conversione, a parole di scusa e di riconciliazione all’interno delle famiglie e della società.


* * *

Il brano della Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato continua dicendo: “Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte”. Gesù ha conosciuto in tutta la sua crudezza la situazione delle vittime, le grida soffocate e le lacrime silenziose. Davvero, “non abbiamo un sommo sacerdote che non possa patire con noi nelle nostre debolezze”. In ogni vittima della violenza Cristo rivive misteriosamente la sua esperienza terrena. Anche a proposito di ognuna di esse egli dice: “L’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Per una rara coincidenza, quest’anno la nostra Pasqua cade nelle stessa settimana della Pasqua ebraica che ne è l’antenata e la matrice dentro cui si è formata. Questo ci spinge a rivolgere un pensiero ai fratelli ebrei. Essi sanno per esperienza cosa significa essere vittime della violenza collettiva e anche per questo sono pronti a riconoscerne i sintomi ricorrenti. Ho ricevuto in questi giorni la lettera di un amico ebreo e, con il suo permesso, ne condivido qui una parte. Dice:

“Sto seguendo con disgusto l’attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli da parte del mondo intero. L’uso dello stereotipo, il passaggio dalla  responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più vergognosi dell’antisemitismo. Desidero pertanto esprimere a lei personalmente, al Papa e a tutta la Chiesa la mia solidarietà di ebreo del dialogo e di tutti coloro che nel mondo ebraico (e sono molti) condividono questi sentimenti di fratellanza. La nostra Pasqua e la vostra hanno indubbi elementi di alterità, ma vivono ambedue nella speranza messianica che sicuramente ci ricongiungerà nell’amore del Padre comune. Auguro perciò a lei e a tutti i cattolici Buona Pasqua”.

E anche noi cattolici auguriamo ai fratelli ebrei Buona Pasqua. Lo facciamo con le parole del loro antico maestro Gamaliele, entrate nel Seder pasquale ebraico e da qui passate nella più antica liturgia cristiana:

“Egli ci ha fatti passare

dalla schiavitù alla libertà,

dalla tristezza alla gioia,

dal lutto alla festa,

dalle tenebre alla luce,

dalla servitù alla redenzione”

Perciò davanti a lui diciamo: Alleluia”[5].

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1) S. Agostino, Confessioni, 10,43.

2) Cfr. R. Girard, La violence et le sacré, Grasset, Parigi 1972.

3) M. Kirwan, Discovering Girard, Londra 2004.

4) S. Agostino, Confessioni, 10,43.

5) Pesachim, X,5 e Melitone di Sardi, Omelia pasquale,68 (SCh 123, p.98).

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