Sindone firmata: è già polemica

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S_Daniele
00lunedì 14 dicembre 2009 17:02
Sindone firmata: è già polemica


Le scritte ricostruite sul libro della Frale

«In base ai confronti svolti, oggi sono convinta che le tracce di scrittura identificate sul lino della Sindone possano appartenere ad un testo derivato direttamente o indirettamente dai documenti originati fatti produrre per la sepoltura di Yeshua ben Yosef Nazarani, più noto come Gesù di Nazareth detto il Cristo». È questo il sasso lanciato nello stagno della scienza della Sindone, il celebre (e discusso) sudario di Cristo conservato a Torino, da una storica di recente balzata agli onori delle cronache per i suoi saggi medievalistici. Già il volume I Templari e la sindone di Cristo (Il Mulino), uscito a inizio anno, di Barbara Frale, funzionaria dell’Archivio Segreto Vaticano, aveva diviso gli esperti. Ora, con La Sindone di Gesù nazareno (Il Mulino, pp. 254, euro 28), la Frale - nata a Viterbo nel 1970 - lancia un’altra ipotesi suggestiva: che sul lino custodito all’ombra della Mole si annidino alcune scritte multilingue vergate da un funzionario addetto alla sepoltura dei condannati a morte nella Gerusalemme del I secolo. Qui Barbara Frale interpreta un’iscrizione compatibile con la tradizione che vede nel sudario il telo che avvolse il corpo di Gesù di Nazareth, che nella primavera prossima verrà di nuovo mostrato in pubblico: a Torino si recherà pellegrino anche Benedetto XVI.

La Frale ha interpretato la seguente scritta: «Gesù Nazareno deposto sul far della sera, a morte, perché trovato» colpevole. Il tutto scritto con termini di tre idiomi: latino, greco ed ebraico. E al profluvio di critiche che si preannunciano, la giovane addetta dell’Archivio vaticano risponde così nelle conclusioni del suo volume, anticipato ieri da Repubblica: «L’ipotesi che le scritte siano state messe da un falsario per avvalorare l’autenticità della Sindone è da scartare: infatti questo truffatore avrebbe dovuto inventare un sistema complicato per lasciare sul telo certe tracce che sarebbero divenute visibili ai posteri solo tanti secoli dopo, con l’invenzione della fotografia; inoltre qualunque falsario avrebbe usato le diciture del titulus crucis, quelle descritte dall’evangelista: non certo quelle strane parole che con i Vangeli non c’entrano proprio nulla». 

E la discussione si infiamma. «Sono molto stupito». Monsignor Giuseppe Ghiberti, vicepresidente del Comitato per l’ostensione della Sindone, non nasconde la sua perplessità, sebbene metta le mani avanti: «Prima di tutto bisogna leggere l’opera. Sono stato di fronte alla Sindone ore e ore e mai ho avuto sentore di nulla del genere. E nemmeno l’hanno avuto professori competenti in elaborazione di immagini». Circa il carattere multilinguistico della ricostruzione, Ghiberti afferma: «L’unico precedente che può dare peso a questa ipotesi è il titolo della croce di Gesù, che era in più lingue». Ma alla domanda se ritenga realistica la tesi della studiosa laziale, Ghiberti risponde con un eloquente sospiro. E riprende: «Quando non si conoscono bene gli argomenti altrui, si preferisce sospendere il giudizio. Ma tutto questo non mi convince».

«Non voglio essere ironico né polemico», esordisce Luciano Canfora, docente di Filologia greca e latina all’università di Bari. «Ma secondo me Barbara Frale si è avventurata in qualcosa di molto insidioso». Per lo studioso barese «la ricchezza di particolari nascosti nelle fibre di lino fa pensare a una vera falsificazione». Canfora qualifica come errata l’ipotesi della Frale in base a due elementi: la ricchezza di dettagli e il poliglottismo della scritta decifrata. «Si presenta tutto ciò come una gigantesca novità, ma così non è. La prima, forte perplessità è la presenza di tre lingue nella scritta ritrovata. La Frale spiega tale riscontro con il pluriculturalismo della Gerusalemme del tempo. Ma un conto è l’ambiente culturale di una città - annota Canfora -, altra cosa un documento che racchiude tre lingue. È come se oggi un taxista di origine indiana a Londra, per scrivere una ricevuta, utilizzasse tre idiomi diversi».

Canfora sottolinea un altro particolare per spiegare la sua disapprovazione: «Tutto si basa sull’idea che al collo del condannato vi sia il verbale del giudizio di Caifa su Gesù». L’affermazione che si trattasse di uno scritto fatto da un becchino trova l’antichista pugliese nettamente scettico: «Non è ovvio che esistesse una figura del genere. Non abbiamo ancora una trattazione sistematica sulla figura di funzionari addetti alla sepoltura dei condannati a morte nella Giudea del I secolo: vi sono testimonianze contraddittorie al riguardo». Canfora stabilisce un parallelo tra il papiro di Artemidoro e la Sindone, o meglio tra la contestata autenticità della seconda e la dimostrata falsità del primo: «I numerosi dettagli, che vogliono avvalorare l’autenticità, indicano invece che questi elementi scritturistici sono aggiunte tardive. Com’è stato constatato dalla polizia scientifica per il papiro di Artemidoro». Canfora riconosce che Barbara Frale non propone una tesi: «Lei dice: io ho trovato questo. Ma ha riscontrato cose tutt’altro che univoche!».

A Canfora replica Franco Cardini, medievalista e docente all’università di Firenze: «Primo: dobbiamo difendere Barbara Frale dai sindonologi che si scagliano con durezza contro quanti sostengono ipotesi troppo forti. La sua non è ancora una tesi ma un’ipotesi, ragionevole e affascinante, basata su indizi. Si tratta di una pista interessante. Ritengo che gli indizi che lei individua siano troppo coerenti per poterli considerare frutto del caso. Si è limitata a riempire dei vuoti di documentazione come solitamente si fa nella ricerca storica. La sua è un’interpretazione con forti basi storiche, niente a che fare con la fantastoria di Dan Brown». Insomma, per lo storico fiorentino siamo davanti a «un lavoro serio, da prendere in considerazione, in cui ci sono osservazioni geniali». È poi singolare che Cardini giudichi in maniera opposta il particolare del plurilinguismo rinvenuto dalla Frale sul lino di Torino, cosa che Canfora bolla come «artefatto»: «Se si trattasse di un documento di ambiente caratterizzato da un forte monolinguismo, capirei l’obiezione. Ma la Gerusalemme del I secolo era un luogo di straordinario incrocio linguistico: il latino era la lingua ufficiale ma il greco rappresentava il "basic english" del tempo. Poi c’erano il caldeo, l’ebraico, e altre lingue che poggiavano su una grande tradizione grafica». Cardini guarda all’oggi per suffragare la plausibilità dell’interpretazione plurilinguistica della Frale: «I ragazzini arabi dei suk della Gerusalemme attuale, quando scrivono, passano tranquillamente dalla grafia araba a quella latina dell’inglese. Il plurilinguismo della scritta della Sindone non mi sorprende affatto».

Invece Bruno Barberis, direttore del Centro internazionale di Sindonologia di Torino, non concorda con la Frale: «Premetto che devo leggere il libro per un giudizio completo. Comunque, già nell’opera precedente, questa studiosa faceva un accenno a tali ipotesi. Il nodo è che queste scritte sono tutt’altro che confermate. Non è mai stato fatto un rilievo fotografico che dia risposte definitive se sulla Sindone ci siano delle scritte. Del resto in molti vi hanno rinvenuto tantissime parole: sembra più un’enciclopedia che un sudario!». Barberis afferma che è prioritario «stabilire se queste scritte esistono. Che poi si giunga a conclusioni del genere della Frale, mi sembra fantascienza e fantastoria. Sono inoltre estremamente critico su queste ipotesi perché possono essere strumentalizzate dagli avversari della Sindone».

Lorenzo Fazzini
S_Daniele
00giovedì 17 dicembre 2009 08:34

LE FALSE NOTIZIE SUL SUDARIO DI UN LEBBROSO DEL I SECOLO D.C.

Foto dei resti del tessuto del sudario di Akeldamà (copyright Reuters)

di Francesco Colafemmina

Come creare una falsa notizia? Basta prendere un po' di paccottiglia pseudoscientifica e pseudoarcheologica, appiccicarla ai risultati di uno studio di archeomedicina e lanciarla su tutti i giornali del mondo come se si trattasse di una sconvolgente novità!
Mi riferisco alla falsa notizia della scoperta di un sudario dell'epoca di Cristo in una tomba di Gerusalemme. Oggi questa notizia è rilanciata dai principali quotidiani mondiali i quali non si sono presi la briga nemmeno di indagare in merito.
Chiaramente è stata ripresa anche dalle nostre valide testate nazionali che non hanno mancato di darle risalto. Leggiamo, ad esempio, l'articolo del Corriere della Sera: vero modello di "informazione":

Un altro sudario. Dell’epoca di Gesù. Una squadra internazionale d’archeologi l’ha trovato mesi fa, negli scavi d’una tomba a Gerusalemme Est. Nel Campo del Sangue che, secondo il Vangelo, Giuda Iscariota si comprò coi trenta denari del tradimento e dove, poi, s’impiccò. L’hanno studiato a lungo col radiocarbonio, passato alla Tac come si fa coi pazienti complicati. Ne hanno esaminato spore e tracce di Dna. Alla fine le conclusioni, univoche, sono finite sull’ultimo numero di “PloS One”, la rivista scientifica della Public Library americana: «Le parti di lenzuolo ritrovate, appartenenti a un sudario usato per seppellire le salme ai tempi di Cristo, rivelano per la prima volta che a Gerusalemme questi manufatti avevano un tessuto a trama molto semplice, ottenuta con l’uso soltanto di due fili intrecciati». La dimostrazione, secondo il team, che l’altro e ben più celebre sudario – la Sacra Sindone che ritrarrebbe il corpo di Gesù – sarebbe in realtà un falso: «L’ordito della Sindone, molto più complesso e con più fili, fu introdotto solo in epoca successiva».

Anzitutto l'articolo testimonia la mancata lettura dello studio citato. Se infatti i giornalisti avessero deciso di leggere lo studio dal titolo "Molecular Exploration of the First-Century Tomb of the Shroud in Akeldama, Jerusalem", avrebbero letto quanto segue:

"The Tomb of the Shroud is a first-century C.E. tomb discovered in Akeldama, Jerusalem, Israel that had been illegally entered and looted. The investigation of this tomb by an interdisciplinary team of researchers began in 2000."

Dunque la tomba è stata scoperta almeno 9 anni fa! Non certo "mesi fa"...

Andando oltre è evidente che da nessuna parte nel testo dello studio si fa riferimento alla struttura del sudario. Da nessuna parte si parla di discrasie con la Sacra Sindone. Anzi, in molti passaggi dello studio, si evidenzia l'evidente stato di deperimento del tessuto associatosi ad elementi dello scheletro, dei capelli, ed altre tracce biologiche del defunto.
Quindi il Corriere ha copiato da una fonte chiaramente interessata a far dilagare una non notizia. Di quale fonte si tratta? Si tratta del Dailymail che riporta le conclusioni dell'archeologo Shimon Gibson.
Chi è Shimon Gibson?

Non stupirà sapere che si tratta dello stesso folle archeologo che ha collaborato alla realizzazione del film documentario di James Cameron (regista di Aliens e Terminator) e del sionista ebreo ortodosso Simcha Jacobovici sulla "Tomba perduta di Gesù". Un documentario del 2007 nel quale si tentava di dimostrare - senza un minimo di fondatezza scientifica - che una tomba ritrovata a Gerusalemme fosse quella dell'intera famiglia di Gesù, Maria Maddalena compresa, in qualità di moglie di Gesù.

Questi a sua volta si basa sui dati della studiosa tessile Orit Shamir, capo del Department of Museum and Exhibitions and Curator of Organic Materials della Israeli Antiquity Authority, l'ente archeologico nazionale che cura l' "ortodossia" di scavi ed esplorazioni in Eretz-Israel. La professoressa Shamir ha partecipato marginalmente a questo progetto di ricerca, dato lo stato di deterioramento del tessuto in questione. Il suo nome appare solo tra i "ringraziamenti".

La Shamir è già nota per i suoi studi sul sudario di Akeldamà - lo stesso sudario dello studio di archeomedicina appena pubblicato - già da alcuni anni. Ne parla persino il sito del CICAP, l'istituzione pseudomassonica capitanata e voluta a Torino da menti geniali come Piero Angela e Margerita Hack. Istituzione che ha recentemente messo in scena un esperimento di riproduzione della Sindone, già realizzato in passato, ma i cui esiti non dimostrano un bel niente perché la sindone riprodotta ha delle differenze strutturali rispetto all'autentica reliquia: semplicemente è un "disegno" che non tiene conto di tutte le presenze di sangue, pollini, liquido ematico, etc. presenti sulla Sacra Sindone.

Ritorniamo, però, per un attimo alla falsa notizia odierna. In realtà una notizia c'è: quel cadavere avvolto dal "sudario di Akeldamà" è di un uomo morto di lebbra. Si tratterebbe del più antico caso di lebbra riscontrato storicamente su un cadavere. Ora, a noi la lebbra ricorda qualcosa. Ricorda Marco 1,40-45 e la guarigione miracolosa del lebbroso operata da Gesù. E sappiamo anche il tabù che circondava la malattia presso i Giudei. Tabù costantemente infranto da Cristo. L'impurità della malattia, e soprattutto di quella più orribile, come la lebbra era anche segno della "maledizione di Dio" subita dal malato (cfr. Levitico, 13). Così, ci chiediamo, possibile che un uomo morto di lebbra nel primo secolo dopo Cristo possa mai esser stato sepolto avvolto in un prezioso sudario? I necrofori non l'avranno invece avvolto in semplici bende, in un sudario più grezzo, come appunto quello di Akeldamà?

D'altra parte è da tutti riconosciuto che la Sindone ha una trama particolarmente complessa ed è molto pregiata. Sicuramente Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea avranno deciso di avvolgere il Cristo in un sudario "regale", non certo in quello di un "impuro" lebbroso.

Ciò detto, temo che dovremo in qualche modo abituarci al rilancio da parte della stampa mondiale di bufale e affini sulla Sacra Sindone, in previsione della prossima ostensione. Sembra assurdo che attività propagandistiche di tal fatta possano accadere in quest'epoca di informazione diffusa e condivisa. Eppure quando si tratta di attaccare la Chiesa non si risparmia neanche la deontologia professionale.

In conclusione vorrei solo ricordare che un eminente professore della stessa Hebrew University di Gerusalemme che ha partecipato alle ricerche di archeomedicina sul sudario di Akeldamà è autore di un pregevolissimo studio sui pollini presenti sulla Sindone. Si tratta del Prof. Aminoan Danim: qui trovate un suo interessantissimo articolo in merito.


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