Un dipinto sull'amore.

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Gabbianella1.
00domenica 1 novembre 2009 23:43
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preso da qto sito



Un dipinto sull'amore (2 Cor 13)

 

Nel capitolo tredici della seconda lettera ai Corinzi, San Paolo ci mostra un capolavoro d’arte cristiana, capolavoro che possiamo intitolare: «dipinto dell’autentico amore». In questo quadro, l’apostolo ci fa vedere le caratteristiche essenziali dell’amore vero, che vuole il bene altrui.

Come primo elemento è necessario fare riferimento alla cornice del quadro. Così come un’opera d’arte possiede una bella cornice che aiuta a far risaltare la bellezza e focalizzare meglio lo sguardo sull’immagine, allo stesso modo questo dipinto ha una cornice che aiuta a non guardare altrove, affinché i nostri occhi scoprano solo i colori autentici dell’amore. In questo senso, la cornice del «dipinto sull’amore» è racchiusa nella seguente frase:

Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore: 1 Cor 12,31.

La cornice parla di una «via migliore», e noi sappiamo che percorrendo una via si giunge ad un luogo preciso. Sorge una domanda: dove porta questa via a cui allude Paolo? L'Apostolo ci parla di una via che porta a «essere», essere autentici cristiani: questa via conduce alla maturità cristiana. Per questo motivo afferma San Paolo:

…ma se non avessi la carità, non sono nulla: 1 Cor 13,2.

In un secondo momento possiamo accostarci al quadro per contemplare l’accoppiamento dei colori. Ammirando il fascino del quadro, scopriamo che l’amore è più importante che parlare con intelligenza e sapienza le lingue degli uomini, ed è più importante che parlare la lingua degli angeli che lodano e ringraziano Dio in modo perfetto; perché senza amore siamo come strumenti musicali che oggi si ascoltano, ma domani non si ricordano più (13,1). L’amore è più importante che avere il dono della profezia, conoscere i misteri, tutta la scienza, la pienezza della fede, fare miracoli e dare elemosina, perché se non abbiamo l’amore, siamo come esseri senza anima, cioè come essere che non hanno identità cristiana (13,2-3).

Adesso, possiamo guardare con attenzione la parte centrale dell’affresco Paolino:

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode l’ingiustizia, ma si compiace nella verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta: 1 Cor 13,4-7.

Qui troviamo gli elementi distintivi dell’amore autentico. Ma è fondamentale ricordare che la sorgente di questo amore è Dio stesso che ci ha amato per primo (1 Gv 4,19); che ha inviato il suo Figlio diletto non per giudicare il mondo, ma perché si salvi per mezzo di lui (Gv 3,17). Il Figlio unigenito del Padre, nel momento supremo d’amore, amò i suoi sino alla fine (Gv 13,1), e dopo la sua risurrezione inviò dal cielo lo Spirito Santo affinché noi potessimo fare esperienza dell’amore del Padre:

La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato: Rm 5,5.

L’esperienza dell’amore di Dio si deve espandere nei cuori dei cristiani ed essi devono compiere il comandamento principale della legge:

Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso: Lc 10,27.

San Giovanni dice: «Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). Si devono amare i fratelli e perfino i propri nemici (cfr. Mt 5,44). Questa è la prova che noi amiamo Dio, perché l’amore vero porta a servire gli altri (Gal 5,13). Un esempio su questo argomento lo troviamo nella seguente storia:

Un anziano aveva due figli. Nel letto di morte chiamò i suoi due figli e disse loro che doveva dividere il suo campo. Al figlio maggiore che aveva passato più tempo con lui e che quindi conosceva meglio, gli diede la parte del campo più difficile, perché era sicuro che avrebbe saputo come coltivarla. Al più giovane, invece, gli lasciò la parte bassa del campo, la migliore, perché non era stato molto tempo con il padre come l’altro e non sapeva bene in che modo coltivare il campo. Egli disse ad entrambi che dovevano ricordarsi sempre che erano i suoi figli e che loro erano fratelli. Poco tempo dopo l’anziano morì e i suoi figli presero la loro parte di terra.

Passò il tempo e i fratelli si incontravano poco perché erano molto impegnati nei loro campi. Un giorno, il fratello maggiore stava contando i covoni nel suo granaio e si domandava come era andato il raccolto del fratello. Pensava: «Ho avuto un buon raccolto, vado a portargli alcuni covoni questa notte. Sì, li lascerò nel suo granaio senza che lui lo sappia». Contò dodici covoni, salì nell’oscurità della notte e li lasciò di nascosto a suo fratello. Nel contempo, il fratello minore stava pensando di suo fratello : «ha ereditato la terra più povera. Il mio raccolto è andato bene quest’anno. Credo che andrò a prendere alcuni covoni per lui e li lascerò nel suo granaio». Contò dodici covoni, salì nell’oscurità della notte e li lasciò nel granaio. Quella notte i due fratelli se ne andarono a letto molto gioiosi.

La mattina seguente entrambi, trovandosi nei loro granai, contavano i covoni, e si domandavano come, avendo dato dodici covoni al fratello, il numero dei covoni era rimasto lo stesso del giorno precedente. Decisero quindi, ambedue, di ripetere l’operazione. Quella notte contarono altri dodici covoni ed a quel regalo aggiunsero entrambi un cesto d’olive. Si incrociarono nell'oscurità senza guardarsi, e lasciarono tutto nei rispettivi granai. Al terzo giorno contarono i covoni e scoprirono che erano sempre dello stesso numero, così anche le olive. Quella stessa notte ciascuno di essi prese il proprio asino ed una giara di vino, salendo verso il granaio dell’altro...

... Quella sera, però, brillava una splendida luna piena. Si trovarono in mezzo alla strada, nei confini della loro terra. Quando capirono ciò che stavano facendo l’uno per l’altro, si abbracciarono con emozione, ricordandosi del loro padre e lodando Dio...

Ricordiamoci sempre, che tutti siamo figli dello stesso padre e che siamo fratelli:

Voi siete tutti fratelli: Mt 23,8.


Carlos Macías De Lara



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