Una vita alla ricerca dell'uomo normale

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S_Daniele
00venerdì 13 novembre 2009 18:50


Acquisito dall'Università Cattolica del Sacro Cuore l'archivio di Julien Ries massimo storico vivente delle religioni

Una vita alla ricerca dell'uomo normale


All'Università Cattolica del Sacro Cuore è stato presentato l'archivio "Julien Ries" per l'antropologia simbolica, costituito grazie alla donazione da parte dello studioso belga della sua biblioteca, dei suoi scritti e della sua corrispondenza con storici delle religioni di tutto il mondo. Pubblichiamo un articolo del direttore dell'archivio.

di Silvano Petrosino

L'acquisizione da parte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore della biblioteca di Julien Ries, il maggior studioso vivente di storia delle religioni, rappresenta un importantissimo evento culturale, e non solo per l'Italia. La nuova istituzione - denominata Archivio Julien Ries per l'Antropologia Simbolica, ora inserita nel più ampio Centro d'Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa - è costituita da più di ottomila opere edite relative alla storia delle religioni e alla riflessione sulla natura e sulla funzione del rito, del mito e del simbolo. Inoltre, l'archivio mette a disposizione degli studiosi una cospicua parte inedita formata da manoscritti relativi ai corsi tenuti dallo studioso belga in cinquant'anni di attività accademica, da appunti e fogli contenenti riflessioni e progetti vari, e soprattutto dalla corrispondenza che, per più di mezzo secolo, ha legato Ries ai maggiori esperti mondiali delle religioni e del fenomeno del sacro. Di assoluta rilevanza risulta essere, a tale riguardo, lo scambio di lettere che il sacerdote belga, in quanto direttore del Trattato di Antropologia del Sacro, ha avuto, illustrando e precisando il senso dell'iniziativa, con i vari autori che hanno collaborato a questa grande impresa scientifica. L'opera - formata da dieci volumi e pubblicata dalla Jaca Book di Milano, la stessa casa editrice presso la quale è in via di pubblicazione l'opera omnia di Ries (xi volumi per un totale di diciotto tomi) - raccoglie attorno al fenomeno del religioso e all'esperienza del sacro la riflessione di una cinquantina di docenti di discipline come la storia, la storia delle religioni, la paleoantropologia, l'etnologia, la storia dell'arte, la sociologia. Così costituito, l'Archivio mette a disposizione, innanzitutto agli studenti dell'Università Cattolica, ma più in generale a tutti i ricercatori e studiosi interessati a queste tematiche, un insieme coerente e sistematico di studi relativi alla storia delle religioni e più in generale al fenomeno del sacro e all'esperienza religiosa. Tuttavia, la rilevanza di questa iniziativa non è riducibile al pur importante patrimonio librario ch'essa rende disponibile. Al centro dell'opera di Ries vi è infatti l'elaborazione della nozione di homo religiosus, vale a dire il riconoscimento della dimensione religiosa come originaria, pertinente l'umano stesso:  l'antropologia non può disertare il religioso senza mancare al tempo stesso l'oggetto che gli è proprio, cioè, per l'appunto, l'uomo.

Una delle più note e costanti interpretazioni del fenomeno religioso è quella che lo concepisce come la contromossa che la psiche umana mette in atto, sempre in un secondo momento e in mancanza di altro - ma anche di meglio, sostengono alcuni, cioè, ad esempio, in attesa della luce della scienza - al fine di superare l'angoscia di un essere che prende coscienza della sua condizione mortale. Il sacro/religioso sarebbe pertanto, proprio in quanto risposta, il conseguente di un antecedente che in sé non lo è affatto:  all'origine, il soggetto umano non sarebbe mai religioso, anche se poi, quasi inevitabilmente, egli lo diventerebbe per compensare la mancanza che lo affligge. Quanto sta prima sarebbe dunque sempre il "meno" - l'angoscia di un essere che si sa finito e mortale - mentre il "più" del religioso sarebbe sempre l'effetto di quel rilancio, di quella rappresentazione, di quella sublimazione che il soggetto articola nell'insistente tentativo di porre rimedio all'angoscia che lo attanaglia.

La scena che Ries apre, riprendendo e ripensando gli studi di Otto, Eliade, Dumézil, Durand, Ricoeur e altri, si raccoglie attorno a un'altra ipotesi interpretativa:  il sacro/religioso va collocato al livello di quello che può essere definito l'ambito dell'esperienza originaria o aurorale del soggetto, cioè proprio là, dove egli, ancor prima di impegnarsi nelle sue risposte, quindi prima di mettere in atto le sue, per certi aspetti inevitabili, difese, si trova costituito nella questione per eccellenza che lo riguarda, cioè nel luogo stesso in cui prende forma proprio come soggetto umano. All'interno di questa ipotesi il sacro/religioso, più che riguardare il conseguente, è relativo all'antecedente, più che riguardare la risposta dell'uomo interviene nella costituzione stessa di quella questione che lo istituisce proprio come uomo. L'ipotesi può forse essere altrimenti chiarita:  ad esempio distinguendo la "religiosità" dalle "religioni". Le religioni sono le risposte che gli uomini mettono in atto a partire da una religiosità che costituisce la domanda dalla quale l'umano si forma in quanto tale. In tal senso l'uomo risponde, spesso anche solo domandando, a partire da un appello che nel momento stesso in cui lo investe, lo istituisce anche come uomo. Ries ricorda spesso l'affermazione di Eliade:  "il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della sua storia".

A ulteriore conferma di questa ipotesi lo studioso belga fa riferimento all'importanza che è necessario attribuire, all'interno delle religioni primitive e non solo, al simbolismo della "volta celeste", simbolismo sul quale ha tanto insistito Eliade individuando in esso la forma primordiale di quella che ha definito "ierofania". A tale livello quanto bisogna cogliere è anzitutto la "valenza topologica" che un simile simbolismo si trova ad assumere:  il soggetto fa esperienza del suo "qui" - primo passo verso il suo dire/pensare "io" - solo all'interno dell'esposizione all'eccedenza/alterità di un "là", la volta celeste, la cui trascendenza certo lo sovrasta, eppure lo situa. Tale intreccio, questo nesso in forza del quale prende consistenza e si coagula ciò che si chiama coscienza, non deve, né può, mai essere sciolto:  qui, a livello del soggetto umano, tutto accade o emerge sempre e solo insieme, rendendo così astratta o ingenua l'ipotesi di un "prima" neutro che solo "dopo", eventualmente e in alcuni casi, si qualifica come religioso. Ries non fa che ripeterlo:  "l'uomo religioso è l'uomo normale"; in altre parole:  il dato immediato (superamento del modello che vede nel sacro/religioso un conseguente, dunque una mediazione, di un antecedente religiosamente neutro) è quello dell'uomo normale, e quest'ultimo è l'uomo di sempre la cui stessa coscienza, proprio in quanto umana, è abitata fin dall'inizio dall'esperienza del sacro.

È stato notato che "l'Homo Simbolicus e l'Homo Religiosus possono dare allo storico dell'arte e delle lettere come allo scienziato della politica e della società nuovi alimenti. Gli stessi filosofi potranno accorgersi, proprio quando la metafisica ha ceduto il passo alla fenomenologia, che il simbolo non è riducibile a un mondo pre-concettuale, ma si ripresenta ineluttabile nel fenomenologico e, piuttosto che sbandare schivandolo, è il caso di utilizzarlo". Ciò, evidentemente e, in un certo senso, per fortuna, sarà possibile sempre e solo per quanti hanno occhi per vedere e orecchi per sentire.



(©L'Osservatore Romano - 14 novembre 2009)
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