04.12.2009di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, MilanoSulle rive del Giordano incontriamo una singolare figura: è la figura aspra di Giovanni Battista, un grande educatore. Mi torna alla mente un famoso dipinto: la
Crocifissione di Mattias Grunewald. Sotto la croce di Gesù, con una invenzione assolutamente originale e altamente significativa, il pittore ha collocato anche Giovanni Battista che pronuncia il suo «Egli deve crescere e io diminuire», mentre col dito indica appunto il Crocifisso. Il dito del Battista è anatomicamente abnorme perché sia potentemente indicativo della persona del Cristo.
Questa rappresentazione del Battista illustra bene il ruolo dell’educatore. Giovanni infatti si presenta come colui che è totalmente relativo a Gesù, colui che mette sulla strada dell’incontro con Gesù. Si definisce come l’amico dello sposo. Giovanni infatti è consapevole che il battesimo che conferisce alla folla accalcata sulle rive del Giordano è solo segno esteriore del desiderio di conversione, ma è incapace di realizzare efficacemente tale conversione. Battesimo solo d’acqua e non di Spirito Santo. Solo il dono dello Spirito di Gesù conferirà forza ri-creativa al battesimo.
Ma Giovanni è grande educatore soprattutto perché mette i suoi discepoli alla scuola dell’unico vero Maestro, Gesù. Non deve esser stato facile per Giovanni privarsi dei suoi discepoli, raccoltisi attorno a lui certo attirati dalla sua vita austera e dalla sua parola infuocata. Ma proprio questo è lo stile dell’educatore autentico, non possessivo, ma capace di additare una verità più grande, sempre più grande. Possiamo dire che Giovanni ci appare davvero come l’educatore alla fede in Gesù. L’educatore non è infatti preoccupato di richiamare su di sé l’attenzione dell’educando, ma piuttosto sulla verità che è chiamato a trasmettere. In un certo senso, quindi, deve rendersi progressivamente inutile, perché sovrana sia solo la verità alla quale conduce.
Il compimento autentico
Ricordo una affermazione del cardinale Martini in una sua lettera pastorale (
Sto alla porta): «Sono due le figure del Nuovo Testamento che esprimono meglio di altre questa qualità di un vero lavoro educativo e comunicativo: Giovanni Battista e Maria di Nazareth, entrambi capaci di rinviare all’unico Maestro. “Non sono io il Cristo, ma sono mandato innanzi a lui... Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,28-30). Quel grande e difficile educatore che è stato don Lorenzo Milani ha scritto: «Stanotte ho pensato che era meraviglioso veder sgorgare dalla mia scuola un virgulto vigoroso e diverso con tutti i suoi segreti gelosi, con una infinità di ideali in comune con me e con un’infinità di segreti suoi che non spartisce con nessuno. Che era meraviglioso da vecchi prendere una legnata da un figliolo perché è segno che quel figliolo è già un uomo e non ha più bisogno di balia. E qui è il fine ultimo di ogni lavoro educativo, tirar su dei figlioli più grandi di noi, così grandi che ci possano superare. Solo allora la vita di quel maestro, di quell’educatore ha raggiunto il suo compimento e nel mondo c’è progresso».
È tentazione per l’educatore, per l’adulto proporre se stesso e tendere a creare nei propri figli, nei giovani a lui affidati, la propria immagine. È segno pericoloso quando certe
leaderships sicuramente utili nel cammino educativo determinano forme di imitazione infantile, ricalco di gesti e linguaggi. Giovanni Battista è grande educatore perché non sequestra la libertà dei suoi discepoli, ma è pronto a farsi da parte, pronto a diminuire, perché l’Altro, l’unico vero Maestro, cresca.
Questo atteggiamento di Giovanni descrive bene quello che deve sempre essere lo stile della Chiesa, comunità che continuamente deve rinviare a Gesù, alla sua Parola. La Chiesa non ha altra ragion d’essere se non quella di svelare sempre più nitidamente il volto di Gesù. Anche la Chiesa e in essa le nostre parrocchie, associazioni, movimenti, ecc, possono incorrere nella sottile tentazione di mettersi al centro dell’attenzione, con le loro strutture e il loro peso organizzativo. E invece devono essere appena segno che potentemente ed efficacemente indica Gesù. Come Giovanni, anche la Chiesa non ha altra ragion d’essere che diminuire perché Lui solo cresca.