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Messaggio pasquale del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Cirillo

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    S_Daniele
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    00 03/04/2010 12:17
    Messaggio pasquale del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Cirillo

    Un richiamo alla conversione


    Mosca, 2. "La strada di semplici cittadini come di intere nazioni è irta di difficoltà. Oggi le persone, in tutto il mondo, soffrono per ostilità, guerre, povertà, malattie, isolamento e disordine nella loro esistenza. Il mondo è disperatamente alla ricerca di una vita migliore, nel tentativo di trovare una risposta alle proprie domande attraverso la logica umana, le tecnologie politiche o le ricette economiche. La Chiesa e la storia testimoniano che noi dobbiamo vivere secondo la Parola di Dio. È alla luce della Risurrezione di Cristo che il significato di ciò che sta succedendo ci viene rivelato e possiamo far fronte alle sfide più rischiose della vita quotidiana".
    È uno dei passaggi più significativi del messaggio pasquale del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Cirillo, rivolto al clero e ai fedeli della Chiesa ortodossa russa. Un messaggio nel quale viene sottolineato come la Risurrezione di Cristo "ci consente di trascendere la vanità della vita di ogni giorno affinché possiamo vedere l'autentica maestà dell'amore di Dio che, per il bene della persona umana, si è mostrato condiscendente fino alla Croce e alla morte".
    Per questo "è importante per noi comprendere che, attraverso la sua Risurrezione, il Signore rinnova la natura umana, rafforzando l'energia interiore di ogni cristiano nel suo servizio alla Chiesa, al Paese, alla società, alla famiglia e al prossimo". La capacità di guardare alla storia alla luce della Risurrezione di Cristo, spiega Cirillo, "è importante specialmente nella nostra epoca, dominata dall'influenza dei media, dove le nostre speranze e aspirazioni sono limitate da preoccupazioni immediate e il rapido scorrere del tempo costringe i nostri contemporanei a dimenticare che i giorni sono cattivi (cfr. Efesini, 5, 16). Vivendo gli eventi, i timori e i problemi di ogni singolo giorno, siamo inclini a dimenticare ciò che è importante, ovvero la salvezza dell'anima, Divina Provvidenza, e ciò che è buono e perfetto".
    Nel messaggio pasquale, il Patriarca di Mosca ricorda che "in questa notte portatrice di luce condividiamo l'esultanza per l'affermazione della vita, perché l'evento che si è svolto molti secoli fa vicino all'antica Gerusalemme ha un rapporto diretto con ciascuno di noi. Inoltre, la Risurrezione di Cristo possiede un significato autenticamente universale poiché il Salvatore ha donato la possibilità di ottenere unità di grazia con Dio a ogni individuo che risponde alla sua chiamata:  "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo" (Matteo, 25, 34)". Per tale ragione, "gridiamo ad alta voce con san Giovanni Crisostomo:  "Nessuno si lamenti della sua povertà perché è apparso il Regno che abbiamo in comune". Quando celebriamo la Risurrezione di Cristo, testimoniamo come siano vere queste parole perché ogni persona, anche il peccatore più grande, è stato redento dal sangue di Cristo e ha speranza nella salvezza. I nostri peccati, come tutti i peccati della razza umana, sono stati riscattati dal prezioso sangue di Colui che è stato crocifisso. Al fine di riconoscere i frutti della Redenzione bisogna avere fede ed essere battezzati (cfr. Marco, 16, 16). La maggior parte delle nostre nazioni sono state battezzate ma quanto pochi sono coloro che, avendo fede, sono capaci di cambiare la propria vita", osserva Cirillo.
    "La trasformazione della nostra vita in Cristo - si sottolinea nel messaggio - non significa semplicemente cambiare in meglio. Si tratta di un cambiamento radicale che porta l'uomo al trionfo di vita e abbondanza dell'esistenza (cfr. Giovanni, 10, 10) sia durante il suo soggiorno sulla terra sia nel tempo che verrà".


    (©L'Osservatore Romano - 3 aprile 2010)
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    S_Daniele
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    00 07/04/2010 18:29
    Meditazione pasquale del Patriarca di Mosca

    L'unica realtà che non cambia


    Anticipiamo un testo di Cirillo, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, scritto per la festa di Pasqua e che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile "30Giorni".

    Proviamo a farci una domanda:  esiste almeno qualcosa di immutabile in questo mondo che cambia continuamente? Non si tratta ovviamente dei nostri sentimenti personali, delle convinzioni e dei ricordi, che costituiscono il microcosmo dell'individualità umana e che sono destinati prima o poi a scomparire dalla vita terrena insieme a noi, i loro titolari terreni.
    Non è nemmeno il nostro pianeta, sul quale dai tempi di Adamo ed Eva trascorre la sua esistenza il genere umano, in quanto la storia geologica attesta che al posto degli attuali deserti e delle alte montagne un tempo si distendevano le acque dell'oceano, e perfino i poli magnetici della terra cambiano periodicamente la loro dislocazione. Non sono neppure le leggi della natura, che solo a prima vista appaiono consolidate una volta per sempre, immutabili e intoccabili, poiché per volontà del Creatore del cielo e della terra, in caso di necessità, grazie ai Suoi grandi miracoli facilmente viene "vinto l'ordine naturale".
    Infine non è neanche lo stesso aspetto dell'homo sapiens, la cui immagine a somiglianza divina comincia già a soffrire di gravi deformazioni, per esempio in seguito a operazioni, diventate del tutto ordinarie, di cambiamento del sesso. E chissà che non ci attendano in futuro delle profonde mutazioni biologiche del genere umano, che sempre più insistentemente vengono preconizzate, generate dall'azione venefica delle tecnologie postindustriali sugli organismi viventi, dallo sviluppo incontrollato dell'ingegneria genetica o dai problemi della clonazione. Non parlo poi del trionfo annunciato dai futurologi della cibercultura, che promette l'inevitabile integrazione in un unico organismo dell'intelletto umano e di quello cibernetico, e la radicale de-umanizzazione del mondo futuro.
    E dunque, possibile che non esista proprio nulla nell'essere materiale e spirituale, che possa essere considerato una sua costante incondizionata, come l'alfa e l'omega dell'esistenza, come principio di ogni principio e misura di ogni cosa? Ovviamente non è così. Sono convinto che qualora una situazione simile si verificasse nella nostra vita, non vi sarebbe un essere più infelice dell'uomo in tutto l'universo.
    Invece questo principio assoluto è presente nel nostro mondo, ed esso è accessibile a tutti gli uomini senza alcuna esclusione. Di che principio si tratta? Secondo la dottrina dei Padri della Chiesa, esso è dall'eternità, senza inizio, non creato, senza fine, immutabile, immodificabile, indivisibile, libero dalla materialità, inattingibile. Inoltre questo principio comprende in sé anche tutta la pienezza della santità, del bene e dell'energia vitale, con i quali ci alimenta nel corso di tutta la vita. Perché il principio di ogni principio è il nostro Creatore, il nostro Signore e Dio, il quale è "ieri, oggi e sempre il medesimo" (Lettera agli Ebrei, 13, 8). Egli è la pietra angolare dell'essere, l'unico criterio infallibile della verità di tutto ciò che esiste,  il  punto  di  partenza  e  quello di arrivo del nostro pellegrinaggio terreno.
    Quindi la venuta in questo mondo del Dio onnipotente, che si è degnato di incarnarsi nella fragile, impotente e sofferente natura umana, fino alla fine dei tempi rimarrà allo stesso tempo l'avvenimento principale della storia universale e della biografia spirituale di ogni singola persona in tutte le generazioni umane che si succederanno. Perché noi lo sappiamo:  Dio si è fatto uomo affinché l'uomo diventi Dio, acquistando l'immortalità.
    Ecco che ora noi, cristiani, dalla pienezza dei nostri cuori credenti nella salvezza, ringraziamo il Signore per averci resi degni ancora una volta di entrare in comunione con il suo sacrificio di amore, di immergerci ancora una volta in questa ineffabile gioia della sua santa Risurrezione, della sua luminosa vittoria sull'oscurità mortale, della sua filiale obbedienza al Padre celeste.
    Il beato abate Doroteo di Gaza, un eremita cristiano canonizzato dalla Chiesa antica, che si è distinto nel vi secolo in Palestina e la cui memoria onorano allo stesso tempo sia gli ortodossi che i cattolici, allo scopo di raggiungere la più precisa evidenza matematica paragonò Dio al centro della circonferenza, e gli uomini ai punti della sua superficie. Ne consegue che quanto più questi punti si avvicinano al centro del cerchio, tanto minore allo stesso tempo diventa la distanza tra di loro, e tanto più ordinatamente si avvicinano l'uno all'altro.
    "Questa è la proprietà dell'amore", conclude il saggio starets:  "Quanto più ci troviamo all'esterno senza amare Dio, tanto più ognuno si allontana dal suo prossimo. Se invece amiamo Dio, allora quanto più l'amore ci avvicina a Dio stesso, tanto più ci uniamo nell'amore per il prossimo; e quanto più ci uniamo al prossimo, tanto più ci uniamo anche con Dio". Perché l'autentica obiezione all'essere dell'uomo è la sua peccaminosità, che chiude all'agire della grazia divina le porte del nostro cuore, che non desidera o non sa rispondere con amore all'amore.
    Nei giorni della festa della Pasqua luminosa del Signore, tutti i cristiani di nuovo si uniscono nell'essenziale, nella esperienza comune del suo avvenimento glorioso. E sentendo l'annuncio a noi rivolto:  "Cristo è risorto!", noi testimoniamo in risposta:  "Veramente è risorto!".


    (©L'Osservatore Romano - 8 aprile 2010)