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"Caritas in Veritate" - Carità nella Verità: nuova Enciclica Sociale di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 23/06/2010 20:23
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Riflessioni sulla «Caritas in veritate» dell'arcivescovo Menamparampil

Un destino comune alla radice della globalizzazione


Roma, 15. La globalizzazione. È solo una formula per lo sfruttamento dei Paesi più deboli? Una semplice crudele pianificazione per derubare le nazioni in via di sviluppo delle loro risorse naturali e frenarne così la crescita? "Se anche in apparenza sembra esserlo, non è detto che le cose stiano realmente così". Ad affermarlo è Thomas Menamparampil, salesiano e arcivescovo di Guwahati, nel nord-est dell'India, in una riflessione sulla Caritas in veritate affidata al prossimo numero di novembre di "Mondo e missione", la rivista del Pontificio istituto missioni estere (Pime). Non abbiamo bisogno - afferma il presule - di "profeti di sventura", ma di "speranza" e "incoraggiamento", che "sappiano leggere le finalità profonde che si celano dietro i processi storici di oggi".
L'arcivescovo indiano, che la primavera scorsa è stato chiamato a redigere le meditazioni della Via Crucis al Colosseo, organizza il suo ragionamento a partire da un passo dell'enciclica in cui Benedetto XVI sottolinea proprio come l'opporsi "ciecamente" alla globalizzazione sarebbe un modo "sbagliato" e "preconcetto" di affrontare la realtà che finirebbe "per ignorare un processo contrassegnato anche da aspetti positivi". E arriva a chiedere una "teologia della globalizzazione", poiché - questo è il titolo dell'articolo - "tutti abbiamo un destino comune".
Menamparampil non nasconde certamente le difficoltà del momento, ma afferma altrettanto chiaramente che "nessuno deve fatalisticamente rassegnarsi al ruolo di vittima all'interno dell'attuale sistema globale ingiusto". Perché "se l'attuale sistema globale è diventato un sistema di sfruttamento", esso può anche "essere riplasmato a nostro vantaggio". Del resto, dalla scoperta del fuoco all'utilizzo dell'energia nucleare - si sottolinea - "l'umanità non è mai riuscita a perseguire un obiettivo utile senza aver ottenuto prima ripetuti fallimenti". Così - continuando negli esempi - anche la Lega delle Nazioni, le Nazioni Unite o i tribunali internazionali "hanno spesso deluso le nostre aspettative", ma hanno "anche contribuito a trovare soluzioni per alcuni pressanti problemi dell'umanità". Insomma, "ciò che è imperfetto può essere perfezionato".
Sullo sfondo della riflessione sembrano riaffiorare anche gli echi dei conflitti etnici e religiosi che negli ultimi tempi hanno segnato la comunità indiana. L'arcivescovo di Guwahati invita a guardare a un'"origine" e a un "destino" comuni. "Il nostro dna", come anche "gli archetipi dell'inconscio collettivo delle singole comunità", hanno "similitudini multiculturali". Così anche "i nostri spiriti razziali ed etnici sono legati tra loro, i nostri doni naturali sono correlati". Di qui anche l'appello alle varie tradizioni religiose. "In un'era di rapida secolarizzazione - afferma il presule - tutte le religioni trarrebbero beneficio se provassero a riflettere insieme sul futuro della famiglia umana. Perché una società totalmente secolarizzata, costruita sull'esasperata affermazione del "libero e razionale" arriva al punto di diventare irrazionale, dogmatica e sfruttatrice". Con la conseguente comparsa di "nuove forme di povertà, ineguaglianza, oppressione e squilibrio", così come il "diffondersi dell'aborto e dell'eutanasia".
Le tensioni, dunque, "possono essere ridotte". Anche perché la recente crisi internazionale ha dimostrato che "le nazioni sviluppate riusciranno a mantenere il loro ritmo di crescita soltanto se le risorse che essi generano verranno condivise con il resto della società".
La necessità di una base morale per un reale e duraturo sviluppo economico è anche la convinzione emersa in un forum - di cui si dà conto sempre sul prossimo numero di "Mondo e missione" - promosso tra alcuni intellettuali cinesi chiamati a commentare l'ultima enciclica di Benedetto XVI. "Se per uscire dalla crisi finanziaria c'è bisogno dell'aiuto della morale - sostiene You Xilin, direttore dell'istituto di cultura cristiana della Shaanxi Normal University - la fede sarà la via d'uscita della società contemporanea per superare nichilismo e crisi spirituale". E Teresa Enhui Xiao, della Guanqi Press di Shangai, sottolinea le particolari affinità tra alcuni argomenti dell'enciclica - sviluppo, giustizia, disoccupazione, bene comune, relazione interpersonale - e i temi caldi di discussione del mondo cinese. Come per esempio il progetto di "società armoniosa", basato su giustizia e fraternità, capace di stabilità e ordine e di coesistenza armoniosa tra uomo e natura. In Cina - afferma - "ci si chiede quale sia il punto di vista cristiano sulla "società armoniosa", quasi una luce che la illumini".


(©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2009)
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