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IL PRIMATO DI ROMA PER L’ORIENTE ORTODOSSO NEL PRIMO MILLENNIO

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2009 09:45
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03/11/2009 09:43

b. Roma nella Pentarchia secondo Teodoro Studita

L’aspetto qualificante il pensiero dello Studita è l’enfasi su Roma come

interim dell’ortodossia”, cui «è rimesso il potere del concilio», com'egli scrive

al sakellarios Leone. Questo potere comporterebbe, a parere di Jean Gouillard,

in circostanze straordinarie, la duplice facoltà sia di sanzionare l'ecumenicità di

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un concilio, inizialmente privo di qualcuno dei requisiti necessari, sia di

dispensare dal ricorso al concilio per la definizione della fede ortodossa.

Teodoro è portato dall'emergenza nella Chiesa, a sottolineare la prerogativa

straordinaria del papato di essere succedaneo del concilio. L’affermazione, nella

stessa lettera, che da Roma viene la certezza della fede sembra da intendersi nel

senso che il papa in questi suoi pronunciamenti dottrinali esprime in realtà la

fede dei cinque patriarcati, che è la fede della Chiesa, indipendentemente dal

fatto che uno di essi sia occupato da un titolare eterodosso. In quest'ultima

eventualità Teodoro prevede esplicitamente che egli venga corretto dai suoi pari

e non da Roma soltanto. L'arbitrato di Roma non è pertanto isolabile dal

contesto pentarchico, che è poi quello della Chiesa universale. La vigorosa

accentuazione in senso petrino dell'apostolicità romana non può considerarsi

separatamente dal quadro ecclesiologico delineato da Teodoro con l'intreccio dei

titoli e delle metafore, nel gioco delle graduazioni e delle sovrapposizioni. Nella

Chiesa, corpo del Cristo, di cui Egli è il capo, ogni figura che ha autorità è una

testa (kephalè) e una vetta (koryphè). Per i patriarchi l'attributo generico di

koryphai richiede una specificazione, quella di vertici della gerarchia, e il corpo

della Chiesa viene perciò detto a cinque vertici ed anche il suo potere è a cinquevertici

, in quanto queste cinque sedi apostoliche hanno collettivamente ereditato

il potere conferito dal Cristo al collegio apostolico di legare e di sciogliere. In

virtù di questo stesso mandato conferito personalmente a Pietro, il vescovo di

Roma è, tra questi
pastori, «l’arcipastore di tutta la Chiesa sotto il cielo», come

il Cristo evidentemente lo è dell'intera Chiesa terrestre e celeste.

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