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Udienza del Papa all’Ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2010 19:15
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LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DI TURCHIA PRESSO LA SANTA SEDE, 07.01.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza S.E. il Sig. Kenan Gürsoy, Ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici di S.E. il Sig. Kenan Gürsoy:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Ambasciatore,

sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica di Turchia presso la Santa Sede. La ringrazio per le parole cordiali e per i saluti che mi porge da parte del suo Presidente, sua Eccellenza Abdullah Gül. La prego di trasmettergli i miei buoni auspici e di assicurarlo delle mie preghiere costanti per il benessere e la prosperità di tutti i cittadini del suo Paese.

Come Lei, Eccellenza, ha osservato, ci avviciniamo rapidamente al cinquantesimo anniversario dell’instaurazione di relazioni diplomatiche fra la Turchia e la Santa Sede, un frutto del pontificato del mio predecessore Papa Giovanni xxiii, che fu Delegato Apostolico a Istanbul e il cui affetto per il popolo turco è ben noto. Negli ultimi cinquant’anni si è ottenuto molto nelle aree di interesse comune che Lei ha indicato, e confido nel fatto che queste relazioni cordiali possano divenire più profonde e più solide in seguito alla collaborazione costante in molte e importanti questioni che attualmente sorgono negli affari multilaterali.

Ricordo con grande piacere la mia visita nel vostro Paese, nel 2006, quando ho potuto porgere i miei omaggi al popolo turco e ai membri del suo Governo. Colgo quest’opportunità per rinnovare il mio apprezzamento per l’accoglienza calorosa che ho ricevuto. Uno dei momenti salienti di quella visita è stato il mio incontro con il Patriarca Bartolomeo I presso il Fanar. Nella Repubblica laica di Turchia, accanto alla popolazione musulmana predominante, le comunità cristiane sono orgogliose di svolgere il proprio ruolo, consapevoli della loro antica eredità e del contributo significativo che hanno reso alla civiltà, non solo del suo Paese, ma anche di tutta l’Europa. Durante le recenti celebrazioni del bimillenario della nascita di Paolo di Tarso, tale eredità cristiana è divenuta un punto focale di particolare attenzione nel mondo, e desidero esprimere l’apprezzamento dei cristiani ovunque per i progressi compiuti per facilitare pellegrinaggi e celebrazioni liturgiche nei siti associati al grande Apostolo.

La mia visita in Turchia mi ha anche offerto la gradita opportunità di salutare i membri della comunità musulmana. Infatti, è stata la mia prima visita come Pontefice in un Paese a predominanza islamica.

Sono stato lieto di poter esprimere stima ai musulmani e di poter reiterare l’impegno della Chiesa cattolica per far progredire il dialogo interreligioso in uno spirito di rispetto e di amicizia reciproci, recando testimonianza congiunta della salda fede in Dio che caratterizza cristiani e musulmani, lottando per conoscerci meglio reciprocamente al fine di rafforzare i vincoli di affetto fra noi (cfr. Discorso, Incontro con il Presidente del Dipartimento per gli Affari Religiosi, Ankara, 28 novembre 2006). Prego con fervore affinché questo processo conduca a una maggiore fiducia fra individui, comunità e popolazioni, in particolare nelle aree turbolente del Medio Oriente.

In Turchia i cattolici apprezzano la libertà di culto che è garantita dalla Costituzione e sono lieti di poter contribuire al benessere dei loro concittadini, in particolare attraverso l’impegno nell’attività caritativa e nella sanità. Sono giustamente orgogliosi dell’assistenza offerta ai poveri dagli ospedali La Paix e Saint Georges a Istanbul. Affinché questi degni sforzi possano prosperare, sono certo che il Governo continuerà a fare il possibile perché essi ricevano tutto il sostegno necessario. Inoltre, la Chiesa cattolica in Turchia attende il riconoscimento giuridico civile. Ciò le permetterebbe di godere della piena libertà religiosa e di apportare un contributo maggiore alla società.

In quanto Stato democratico laico, tagliato in due dal confine fra Europa e Asia, la Turchia è nella posizione giusta per fungere da ponte fra l’islam e l’Occidente e per rendere un contributo importante allo sforzo di portare pace e stabilità in Medio Oriente. La Santa Sede apprezza le numerose iniziative che la Turchia ha già intrapreso a questo proposito ed è orgogliosa di sostenere sforzi ulteriori per porre fine a conflitti annosi nella regione.

Come la storia ha spesso dimostrato, le dispute territoriali e le rivalità etniche si possono risolvere in maniera soddisfacente soltanto quando le aspirazioni legittime di ciascuna parte sono doverosamente prese in considerazione, le ingiustizie passate riconosciute e, se possibile, riparate. L’assicuro, Eccellenza, dell’alta priorità che la Santa Sede assegna alla ricerca di soluzioni giuste e durature a tutti i conflitti della regione e della sua disponibilità a porre le risorse diplomatiche al servizio della pace e della riconciliazione.

Nel porgerle i miei migliori auspici per il successo della sua missione, desidero assicurarla del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana saranno sempre lieti di offrirle aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e su tutto il popolo della Repubblica di Turchia invoco di cuore le benedizioni abbondanti dell’Onnipotente.

© Copyright Zenit

[Traduzione dal testo in inglese a cura de “L’Osservatore Romano"

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

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Dialogo interreligioso e riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica in Turchia al centro del discorso del Papa all’ambasciatore di Ankara

Il dialogo interreligioso, la pace in Medio Oriente e il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica: questi i tre temi forti del
discorso
rivolto stamani da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore turco, Kenan Gürsoy, ricevuto in udienza per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa ha ricordato con gioia il suo viaggio apostolico in Turchia, nel 2006, ed ha assicurato l’impegno dei cattolici turchi a contribuire al progresso della società. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Il Papa,
ricordando la visita in Turchia del 2006
, la prima del suo Pontificato in un Paese a maggioranza musulmana, ha ribadito l’impegno della Chiesa cattolica “a far progredire il dialogo interreligioso in uno spirito di mutuo rispetto ed amicizia”. In particolare, testimoniando la comune fede in Dio, che caratterizza cristiani e musulmani, e “impegnandosi a conoscersi meglio così da rafforzare” i legami reciproci. Prego ferventemente, ha aggiunto, che “questo processo porterà ad una più grande fiducia tra individui, comunità e popoli specialmente nella problematica area del Medio Oriente”. I cattolici in Turchia, ha detto ancora, apprezzano la “libertà di culto” che è assicurata dalla Costituzione e sono lieti “di contribuire al benessere dei loro concittadini”, specialmente sul fronte della carità. Quindi, ha ricordato che la Chiesa cattolica in Turchia “sta attendendo il riconoscimento giuridico”. Un riconoscimento, ha evidenziato, che “la aiuterebbe a giovarsi di una piena libertà religiosa e a dare un contributo alla società ancora più grande”.

La Turchia, ha dunque affermato Benedetto XVI, può “agire come ponte tra l’Islam e l’Occidente” e “offrire un significativo contributo agli sforzi per portare pace e stabilità nel Medio Oriente”. La Santa Sede, ha detto ancora, “apprezza le numerose iniziative che la Turchia ha già preso al riguardo” ed è “impaziente di sostenere ulteriori sforzi per porre fine al conflitto di lunga durata nella regione”. Come la storia ha dimostrato tante volte, è stata la riflessione del Pontefice, “le dispute territoriali e le rivalità etniche possono essere risolte in modo soddisfacente quando sono tenute in considerazione le legittime aspirazioni di ogni parte”. Ed ha assicurato che la Santa Sede attribuisce un’alta priorità “alla ricerca di giuste e durature soluzioni ai conflitti nella regione”, mentre è impegnata a porre le sue risorse diplomatiche al servizio della pace e della riconciliazione.

Il Papa ha rammentato anche che si avvicina il 50.mo anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Santa Sede, “un frutto del Pontificato di Giovanni XXIII” già delegato apostolico ad Istanbul. Ed ha espresso la fiducia che queste relazioni diventino sempre più forti quale risultato di una continua collaborazione su molte importanti questioni. D’altro canto, non ha mancato di menzionare l’incontro con il Patriarca Bartolomeo I, al Fanar, uno dei momenti forti del suo viaggio apostolico in Turchia. Le comunità cristiane, ha ribadito, “sono orgogliose di fare la propria parte, consapevoli del loro antico retaggio e del significativo contributo che ha dato alla civilizzazione”, non solo della Turchia ma di tutta l’Europa. Ha infine ringraziato le autorità turche per aver facilitato, nell’Anno Paolino, i pellegrinaggi e le celebrazioni liturgiche nei luoghi legati all’Apostolo delle Genti.

© Copyright Radio Vaticana
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Il Papa: la Chiesa in Turchia chiede la piena libertà religiosa
Nel ricevere il nuovo ambasciatore turco, Kenan Gürsoy

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 7 gennaio 2010 (ZENIT.org).-

“La Chiesa cattolica in Turchia attende il riconoscimento giuridico civile. Ciò le permetterebbe di godere della piena libertà religiosa e di apportare un contributo maggiore alla società”. E' quanto ha detto questo giovedì Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano il nuovo ambasciatore di Ankara, Kenan Gürsoy.

“In Turchia – ha detto il Papa – i cattolici apprezzano la libertà di culto che è garantita dalla Costituzione e sono lieti di poter contribuire al benessere dei loro concittadini, in particolare attraverso l'impegno nell'attività caritativa e nella sanità”.

Parlando al nuovo ambasciatore il Pontefice ha quindi ribadito l’impegno della Chiesa cattolica “a far progredire il dialogo interreligioso in uno spirito di mutuo rispetto ed amicizia” e a rafforzare i legami tra cristiani e musulmani.

La Turchia, ha dunque affermato Benedetto XVI, può “agire come ponte tra l’Islam e l’Occidente” e “offrire un significativo contributo agli sforzi per portare pace e stabilità nel Medio Oriente”.

A questo riguardo, il Papa ha espresso l'apprezzamento della Santa Sede per “le numerose iniziative che la Turchia ha già intrapreso” e il “suo desiderio urgente di sostenere ulteriori sforzi per porre fine al conflitto in corso nella regione ormai da lungo tempo”.

Inoltre, ha continuato, la Santa Sede attribuisce un’alta priorità “alla ricerca di giuste e durature soluzioni ai conflitti nella regione”, mentre è impegnata a porre le sue risorse diplomatiche al servizio della pace e della riconciliazione.

Nel suo discorso il Papa ha infine rammentato che quest'anno si celebrerà il 50° anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Santa Sede esprimendo fiducia in un loro rafforzamento.

Dello stesso avviso anche l'ambasciatore Kenan Gürsoy, che nel suo indirizzo di saluto ha rimarcato l'importanza, in vista del cinquantenario, di una maggiore “cooperazione negli ambiti scientifici e culturali, sugli studi filosofici, etici e storici”.

“Le relazioni tra la Repubblica di Turchia e la Santa Sede sono sempre state eccellenti”, ha detto. E la visita in Turchia nel novembre del 2006 di Benedetto XVI “è ancora ricordata con calore dal popolo turco ed è considerata un'importante testimonianza dei rapporti di amicizia esistenti tra la Repubblica di Turchia e la Santa Sede”.

“È mio sincero desiderio, come ambasciatore – ha aggiunto –, cooperare nelle questioni riguardanti il dialogo interconfessionale e interculturale per rafforzare la comprensione tra i popoli. Tutte le religioni divine sono considerate inclusive e non si fondano su considerazioni esclusive. Pertanto, è impossibile che queste religioni ricorrano alla violenza e all'esclusione”.


[Per vedere il video dell'udienza: http://www.h2onews.org]

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Per i cattolici libertà limitata. Ecco i nodi da sciogliere

Cattolici in preghiera a Istanbul.

DI MARTA OTTAVIANI

Si potrebbe quasi parlare di minoranza nella minoranza.
I cristiani cattolici infatti non solo come tutte le altre con­fessioni non hanno riconosci­mento giuridico: non rientrano nemmeno nelle minoranze reli­giose non musulmane previste dal Trattato di Losanna, che fu firmato nel 1923 e con il quale la Turchia si impegnava a garantire a tutti i suoi abitanti, indipen­dentemente dalla loro provenien­za e dalla loro fede, uguaglianza e libertà. Nel testo del Trattato fu­rono considerate minoranze non musulmane le comunità armene, bulgare, ortodosse ed ebraiche, più o meno le stesse dell’epoca ottomana. Rimasero clamorosa­mente fuori la comunità cristiane arabofone, uniati, siro-ortodosse, caldee e cattolico-latine.
Il mancato riconoscimento giuri­dico da parte dello Stato turco ha immediate conseguenze che in­fluiscono sulla vita quotidiana delle varie comunità, soprattutto per quanto riguarda aspetti prati­ci e anche nell’organizzazione della missione pastorale.

Lo status dei vescovi

Per prima cosa i vescovi, senza u­na parola chiara sulla loro perso­nalità giuridica, davanti alla legge non sono riconosciuti come i ca­pi delle loro comunità religiose.
Nonostante questo grosso limite formale, per fortuna la autorità locali o centrali turche li conside­rano un punto di riferimento im­prescindibile nel confronto inter­religioso e anche nel dialogo per trovare soluzioni che portino al miglioramento delle condizioni dei cristiani. Le persone di fede non musulmana non possono di fatto intraprendere la carriera mi­litare.

Impossibile possedere beni

La seconda conseguenza del mancato riconoscimento giuridi­co è l’impossibilità per i cattolici di possedere, acquistare o aliena­re beni. Si tratta di un limite e­norme, che viene parzialmente colmato solo in un caso. Si tratta dei beni, solitamente immobili, in possesso di ordini o chiese che esistevano in Turchia quando il Trattato di Losanna è stato firma­to. La condizione necessaria suf­ficiente è che siano intestati a singoli o fondazioni private.
Un’eccezione che nasconde con­seguenze negative. Se infatti que­sti singoli muoiono o le fondazio­ni cessano la loro attività oppure anche se la destinazione di questi beni viene cambiata, questi pos­sono essere confiscati dallo Stato.

Il Seminario resta chiuso

La mancanza del riconoscimento giuridico per i cristiani ha una di­retta conseguenza anche sull’i­struzione. Visto che per la legge turca le minoranze religiose non musulmane non esistono, è im­possibile costruire luoghi di cul­to, che pure in Turchia non man­cano, ma soprattutto non è con­sentito aprire scuole confessio­nali o Seminari per formare sa­cerdoti. L’esempio più famoso è dato dal Seminario di Halki, sul­l’Isola di Heybeliada, chiuso nel 1971 e mai più riaperto, oggetto di costante trattativa fra il gover­no turco di Ankara e il Patriarcato ortodosso di Costantinopoli. La fine della disputa sembra quanto mai lontana e l’esecutivo islami­co- moderato guidato da Recep Tayyip Erdogan sta cercando so­luzioni di mediazione, come l’in­segnamento della teologia orto­dossa all’interno della facoltà teologica (musulmana) dell’Uni­versità di Istanbul. Ipotesi che però il Patriarca Bartolomeo non sembra minimamente disposto ad accettare. Il tema è particolar­mente critico per gli ortodossi.
Solo i vescovi e i sacerdoti di rito latino possono essere stranieri. Il patriarca di Costantinopoli deve essere obbligatoriamente un cit­tadino turco e se la normativa non cambierà e la scuola rimarrà chiusa, alla morte di Bartolomeo I potrebbero esserci dei seri pro­blemi.

L’ingresso dei sacerdoti

In ultimo, il mancato riconosci­mento della personalità giuridica ha un serio impatto sulla capa­cità di fare andare avanti le par­rocchie. Le chiese infatti per la legge turca non esistono e così per il diritto del lavoro turco non esiste il loro personale, incluso quello ecclesiastico. La conse­guenza più immediata è la gran­dissima difficoltà che le diocesi devono fare per fare entrare sul territorio turco sacerdoti, che ot­tengono permessi di soggiorno di appena un anno, mentre quelli di altre categorie professionali arri­vano fino a cinque.

Proselitismo e violenze

Queste limitazioni sono in parte anche dovute al tentativo di limi­tare l’azione di proselitismo di cui i cristiani vengono da sempre accusati e a causa della quale in passato hanno subito più di una violenza.
L’esclusione dal Trattato di Losanna del 1923 comporta pesanti effetti nella vita quotidiana dei fedeli e per l’organizzazione del servizio pastorale

© Copyright Avvenire, 8 gennaio 2010
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