00 22/04/2009 11:51
Riflessioni sulla «Dignitas personae»

L'inganno terminologico
della pillola del giorno dopo


di Jean Laffitte
Vice Presidente della Pontificia
Accademia per la Vita

La seconda parte dell'istruzione Dignitas personae, dedicata ai nuovi problemi riguardanti la procreazione, si conclude con un paragrafo circa le nuove forme di intercezione e contragestazione. Questi sono mezzi tecnici che, una volta avvenuta la fecondazione, agiscono allo scopo di impedire all'ovulo fecondato d'impiantarsi nell'utero - intercezione - o di proseguire nella propria maturazione una volta che l'impianto è avvenuto - contragestazione.

Tra i mezzi intercettivi ci sono dispositivi intra-uterini (spirale), prodotti con azione antigonadotropa (danazolo), prodotti di uso orale in combinazione con alte dose di estrogeni. In quest'ultimo caso, il metodo attualmente più diffuso è quello che utilizza il progestinico levonorgestrel. Il meccanismo di inibizione della gravidanza esercitata da questo prodotto, somministrato con due dosi successive entro le 48 ore dal rapporto sessuale, è oggetto d'intensa discussione a livello medico ed etico. Alcuni, infatti, parlano di un effetto puramente contraccettivo che impedirebbe la fecondazione. Altri, invece, sostengono che tale prodotto agisce anche dopo la fecondazione. L'azione post-coitale di questo prodotto dipende prima di tutto dal momento in cui è assunto, rispetto al ciclo ovarico della paziente. Se la pillola viene assunta a fecondazione già avvenuta, impedendo la gravidanza, si deve ammettere l'esistenza di un'azione che impedisce lo sviluppo naturale dell'embrione. Un effetto rilevato nelle donne che hanno assunto la pillola a base di levonorgestrel è stato una certa alterazione della ricettività dell'endometrio. Si suppone, dunque, che la pillola possa anche impedire lo sviluppo dell'embrione già esistente, con il noto effetto dei progestinici sull'endometrio uterino. Sebbene manchino ancora, a livello scientifico, le prove certe di una tale azione, è tuttavia corretto ammettere che si possa presumere una qualche interferenza nello sviluppo dell'embrione precoce.

I mezzi contragestativi si riferiscono essenzialmente all'assunzione di un antiprogesterone (mifepristone). Il mifepristone (ru 486) ha come effetto principale quello di bloccare i recettori per il progesterone; somministrato nelle prime ore dopo il rapporto sessuale, impedisce l'impianto dell'embrione, e la sua efficacia si protrae fino a cinque giorni dopo il rapporto. Il mifepristone è usato soprattutto per il suo effetto contragestativo, e non può essere assunto senza controllo medico.

La contragestazione operata con il mifepristone realizza chiaramente un aborto e non può sussistere nessun dubbio sulla grave illiceità morale del suo uso, tanto per il medico che lo prescrive quanto per la paziente che lo richiede e lo assume.
Per quanto riguarda i mezzi intercettivi, già si è accennato alle accese discussioni sul loro meccanismo d'azione, che hanno generato giudizi contrastanti sull'illiceità morale della loro assunzione. Si deve affermare, tuttavia, che il solo fatto che tali mezzi siano concepiti per avere un effetto intercettivo, cioè abortivo, e data la probabilità che questi effetti siano reali, il suo uso è da ritenere, dal punto di vista morale, gravemente illecito, a motivo del mancato rispetto della vita umana in esso implicito.

Non è rilevante quale sia il momento esatto in cui viene interrotto lo sviluppo di un embrione, attraverso un atto positivo. Ci si situa qui nella fattispecie dell'aborto, tanto a livello morale quanto a livello canonico.
Sotto quest'ultimo aspetto, in particolare,  l'istruzione  ricorda  opportunamente che la configurazione penale dell'aborto,  per  il  Diritto  Canonico, riguarda "l'uccisione del feto in qualunque modo e in qualunque tempo dal  momento del concepimento", come attestato dalle Risposte a dubbi emesse il 23 maggio 1988 dalla Pontificia Commissione per l'Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico.

A livello morale, è doveroso ricordare i termini dell'enciclica Evangelium vitae che definisce l'aborto procurato "l'uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita". E l'enciclica continua:  "La gravità morale dell'aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio e, in particolare, se si considerano le circostanze specifiche che lo qualificano. Chi viene soppresso è un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di più innocente in assoluto si possa immaginare" (n. 58).

Si deve sempre tenere presente che dal momento della fecondazione, cioè della  penetrazione di uno spermatozoo nell'ovulo, inizia la formazione di una nuova entità biologica, lo zigote. I due gameti realizzano, con l'unione dei loro rispettivi programmi, un nuovo  progetto-programma che determina  ciò  che  sarà  l'essere  così  individuato. È in questo momento che comincia l'avventura di una nuova vita umana.

A livello biologico conviene insistere sul fatto che un tale programma non è un materiale inerte, sul quale l'organismo materno possa poi agire, allo stesso modo in cui ci si serve di un programma di lavoro per costruire un progetto. Si tratta, invece, di un nuovo progetto che si costruisce da solo e che è autore e attore di se stesso. Dal momento della fecondazione, sono i sistemi di controllo dello zigote a entrare in gioco e sono ancora questi che assumono il controllo totale dell'impianto dell'embrione. In altre parole, dalla  prima  divisione  di  segmentazione in blastomeri fino allo stadio di blastocisti e all'annidamento, il responsabile della programmazione è il materiale genetico intrinseco del neo-concepito. Pertanto, l'embrione umano, ancora prima del suo impianto nell'utero, dal processo della fecondazione e della formazione dello zigote, merita il pieno rispetto dovuto alla persona umana.
Se i mezzi tecnici intercettivi e contragestativi sono abortivi, ci si può chiedere perché la presente istruzione ne voglia trattare, essendo l'aborto una materia ampiamente discussa negli ultimi cinquant'anni nei testi del magistero della Chiesa. Il motivo essenziale è che questi mezzi vengono talvolta presentati, in modo ingannevole, come mezzi puramente contraccettivi, il che ha generato le discussioni alle quali si è fatto riferimento precedentemente.

L'inganno si situa anzitutto a livello terminologico:  si parla volentieri di "contraccezione d'emergenza", oppure di "contraccezione pre-impiantatoria" o ancora di "contraccezione post-coitale"; si usa anche l'espressione "pillola del giorno dopo", in analogia con la classica pillola contraccettiva. Questo tipo di terminologia induce erroneamente a credere che esistano due tipi di contraccezione. Il primo che designa i metodi classici (ormonali, di barriera, eccetera) che si usano prima del rapporto sessuale; e un secondo, che si userebbe in caso di dimenticanza, una volta avvenuto il rapporto.

Se esiste qualche incertezza a proposito dell'azione esatta dei mezzi di "contraccezione d'emergenza", un tale dubbio induce a propendere per un'azione abortiva, per l'impedimento dell'annidamento. In tale condizione, la regola morale è chiara:  chiede di astenersi, perché ciò che è in gioco è l'esistenza di una vita umana, che deve essere rispettata e tutelata. Si noti anche che, a livello etico, la specie morale dell'aborto non cambia a seconda che questo venga effettuato con intervento chirurgico, o in maniera più "asettica" attraverso la somministrazione di una pillola.

Tale giudizio non impedisce di continuare gli studi circa i modi più adatti per affrontare i gravissimi problemi causati dalla violenza sessuale a una donna. Se da una parte la donna vittima di una terribile aggressione alla sua dignità ha il diritto di difendersi, anche attraverso l'uso di mezzi che potrebbero impedire l'ovulazione e la fecondazione, occorre d'altra parte ribadire che va difeso anche il diritto alla vita dell'essere umano eventualmente già concepito. Se ci fosse una qualche incertezza al riguardo, non sarebbe lecito utilizzare mezzi che potrebbero avere un effetto anche abortivo. Come afferma l'enciclica Evangelium vitae, "sotto il profilo dell'obbligo morale, basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte ad una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l'embrione umano" (n. 60).

Occorre anche ribadire che non siamo qui di fronte alla fattispecie di una coscienza confusa a causa di un dubbio sul valore dell'azione progettata, come pretendono alcuni difensori della "pillola del giorno dopo". La persona che chiede una "contraccezione di emergenza" lo fa perché ha avuto un rapporto sessuale che sa essere potenzialmente fecondo e desidera che questa eventuale gravidanza venga interrotta. La sua intenzione non è solo contraccettiva:  ha anche un'intenzione abortiva. Il medico che prescrive a questa persona la "pillola del giorno dopo" non lo fa per il suo effetto solo contraccettivo, ma anche per quello abortivo, vale a dire per impedire lo sviluppo di una gravidanza potenzialmente già iniziata.

È vero che la donna che assume il "contraccettivo d'emergenza" può farlo senza aver iniziato una gravidanza e che, in questo caso, l'effetto del prodotto sarebbe prevalentemente antiovulatorio. Tuttavia, quest'ultima possibilità non modifica la specie morale del ricorso a tale pratica:  la donna che vuole il prodotto e il medico che lo prescrive o somministra, accettano volontariamente il rischio di provocare un aborto. Qualunque sia la realtà a livello biologico, siamo certamente, sul piano morale delle intenzioni, nel campo dell'aborto procurato.
La situazione appena descritta mostra il dovere morale dei medici, degli educatori e dei confessori di illuminare la coscienza dei fedeli e di tutte le persone di buona volontà, denunciando l'inganno che ha reso possibile l'accettazione della "pillola del giorno dopo" nei Parlamenti nazionali.

In conclusione, si deve precisare che il fatto che s'invochi la contraccezione per "giustificare" retoricamente degli atti potenzialmente abortivi non deve ingannare, lasciando pensare che l'uso di mezzi solo contraccettivi sia moralmente lecito. Al riguardo il magistero si è già ampiamente espresso. Occorre osservare, tuttavia, che, pur essendo la contraccezione un atto di natura essenzialmente diversa, l'uso abituale e banalizzato dei mezzi contraccettivi, lungi dal fare regredire il ricorso all'aborto, trova spesso in quest'ultimo il suo prolungamento. Al riguardo, fanno pensare le parole di Evangelium vitae:  "Certo, contraccezione ed aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi (...) Ma pure con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in intima relazione, come frutti di una medesima pianta" (n. 13).




(©L'Osservatore Romano - 22 aprile 2009)
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