00 20/09/2009 17:12

L'altare rivolto verso il popolo

Domande e risposte
(12 domande)

 Di Mons. Klaus Gamber 
 

"Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono" (Apocalisse 8, 3).

Secondo la concezione dell’epistola agli Ebrei, il tempio terreno di Gerusalemme e il suo altare erano l’immagine del santuario che è in cielo ed in cui il Cristo, eterno sacerdote, è entrato (9, 24).
La liturgia celeste e la liturgia terrestre sono una cosa sola. Cosí, secondo il passo dell’Apocalisse citato in epigrafe, un angelo è fermo davanti all’altare d’oro del cielo, con un incensiere d’oro in mano, allo scopo di offrire le preghiere dei fedeli al cospetto di Dio. Anche la nostra offerta terrena non diventa totalmente valida davanti a Dio se non è "condotta dalla mano di un angelo sull’altare celeste", come è detto nel canone della messa romana.
La concezione secondo la quale l’altare di quaggiú è un immagine dell’archetipo celeste che si trova davanti al trono di Dio, ha sempre determinato sia la sistemazione dell’altare, sia la posizione del sacerdote nei confronti di esso: e noi abbiamo visto che l’angelo che regge l’incensiere d’oro è fermo davanti all’altare. D’altra parte, le prescrizioni che Dio ha dato a Mosè (cfr. Esodo 30, 1-8) hanno certamente svolto un ruolo anch’esse. 

Queste osservazioni preliminari erano necessarie per far comprendere a che punto siano cambiate le concezioni attuali circa l’altare. Questo cambiamento non è stato effettuato brutalmente, ma poco la volta; si è cominciato diversi anni fa, prima del Concilio Vaticano II.

Nella Richtlinien für die Gestaltung des Gotteshauses aus dem Geist der römischen Liturgie (Istruzioni per la sistemazione delle chiese nello spirito della liturgia romana), del 1949, Theodor Klauser sostiene che: "Certi segni fanno intravedere che, nella Chiesa futura, il prete si terrà come un tempo dietro l’altare e celebrerà col viso volto verso il popolo, come si fa ancora oggi in certe basiliche romane; l’augurio, che si solleva dappertutto, di veder piú chiaramente espressa la comunione al tavolo eucaristico, sembra esigere questa soluzione" (n° 8). 

Ciò che Klauser presentava allora come augurabile, come si sa, nel frattempo è divenuto quasi dappertutto la norma. Si pensa di aver fatto rivivere così un uso della cristianità delle origini. Ora, come dimostreranno chiaramente le spiegazioni che seguono, si può provare con certezza che non si è mai avuta, né nella Chiesa d’Oriente né in quella d’Occidente, alcuna celebrazione versus populum (verso il popolo), ma che, al contrario, per pregare tutti si volgevano sempre ad Oriente, ad Dominum (verso il Signore).

L’idea di un “faccia a faccia” tra il sacerdote e l’assemblea, nel corso della messa, risale piuttosto a Martin Lutero, il quale, nel suo piccolo libro Deutsche Messe und Ordnung des Gottesdienstes (La messa tedesca e l’ordinazione del culto divino), del 1526, all’inizio del capitolo Della domenica per i laici, cosí scrive: "Noi conserveremo gli ornamenti sacerdotali, l’altare, le luci fino all’esaurimento o fino a quando non riterremo di cambiarle. Lasceremo, tuttavia, che altri possano fare diversamente; ma nella vera messa, fra veri cristiani, occorrerebbe che l’altare non restasse com’è adesso e che il prete si volgesse sempre verso il popolo, come senza alcun dubbio Cristo ha fatto al momento della Cena. Ma questo può attendere."

Ed ecco che il momento atteso è arrivato…

Per giustificare il cambiamento di posizione del celebrante in rapporto all’altare, il Riformatore si riferiva al comportamento di Cristo all’Ultima Cena. In effetti egli aveva davanti agli occhi le abituali raffigurazioni dei suoi tempi: Gesú in piedi o seduto a metà di una gran tavola, con gli Apostoli alla sua destra ed alla sua sinistra.
Ma Gesú, ha effettivamente occupato tale posto?


Certamente non avvenne cosí, poiché sarebbe stato contrario agli usi domestici dell’epoca. 
Al tempo di Gesú, e ancora secoli dopo, si utilizzava sia una tavola rotonda sia una tavola a forma di sigma (a semicerchio). Il davanti di essa veniva lasciato libero, per permettere il servizio. I convitati erano seduti o allungati dietro il semicerchio. Per far ciò utilizzavano dei divani o un banco, anch’esso a forma di sigma. Il posto d’onore non si trovava, come si potrebbe credere, in mezzo, ma a destra (in cornu dextro). Il secondo posto d’onore stava di fronte al primo.

Questa disposizione dei posti la ritroviamo, in maniera costante, nelle raffigurazioni piú antiche della Cena di Gesú, fino a metà del Medio Evo. Il Signore è sempre allungato o seduto dalla parte destra della tavola (fig. 4). È solo verso il XIII sec. che si incomincia ad imporre un nuovo tipo di raffigurazione: ed allora Gesú è posto dietro la tavola, in mezzo agli Apostoli che lo circondano. È questa l’immagine che Lutero aveva davanti agli occhi.
In effetti, essa ha l’apparenza di una celebrazione versus populum. Tuttavia, in realtà non si tratta di niente di simile, poiché il "popolo" verso cui il Signore avrebbe dovuto volgersi, si sa che era assente nella sala della Cena. Cosa questa, che toglie ogni valore all’argomentazione di Lutero. D’altronde, per quanto ne sappiamo, anch’egli non ha mai preteso che si celebrasse volti verso l’assemblea, come in seguito hanno preso l’abitudine di fare i Riformati, soli fra le comunità protestanti. 



Fig. 4 - Mosaico di Sant'Apollinare Nuovo (Ravenna), V sec.: la cena


  Prima domanda

È possibile. Ma qual era la situazione nella Chiesa delle origini? I fedeli, non erano dunque seduti con il presidente alla "tavola del Signore"?

Qui è opportuno distinguere tra celebrazione dell’àgape - il pasto fraterno - e celebrazione dell’eucaristia, che all’inizio seguiva l’àgape e piú tardi la precedette. Io ho già trattato a fondo la questione nel mio studio: Beracha.
Nei primi secoli, quando il numero dei membri della comunità era ancora ristretto, si era conservata la stessa disposizione dei posti, a fedele imitazione dell’Ultima Cena, tanto piú che essa corrispondeva agli usi dell’epoca. Diverse chiese domestiche della Chiesa delle origini, di cui si sono ritrovate le fondamenta nelle regioni alpine, lo provano chiaramente. Al centro di un locale relativamente piccolo (circa 5 metri per 12,5), si trova un banco in pietra semicircolare, capiente da quindici a venti posti (9).

Nelle città, ove il numero dei fedeli era piú elevato, si era obbligati ad aggiungere delle tavole supplementari. Il vescovo e i presbiteri stavano seduti ad una di queste, i fedeli nelle altre, le donne separate dagli uomini. Nell’epistola ai Gàlati (2, 11-12), l’apostolo Paolo rimprovera all’apostolo Pietro di aver preso cibo con i giudei convertiti, evitando i pagani convertiti.

Ora, mentre per i pasti in comune, le àgapi, si stava seduti a delle tavole, per la celebrazione dell’eucaristia ci si alzava e ci si andava a porre dietro il celebrante, che stava all’altare, come prescrive espressamente la Didascalia degli Apostoli, una istruzione del II-III sec., che esigeva che ci si volgesse esattamente verso Oriente (10).
Con gli sviluppi successivi, una volta soppressi i pasti fraterni (verso il IV sec.), le tavole sparirono. I fedeli ormai stavano seduti su dei banchi disposti lungo i muri della chiesa. La tavola d’altare, già in legno, divenne un altare in pietra.

Seconda domanda


Come ci si può opporre agli altari moderni, rivolti verso il popolo, quando essi sono stati prescritti dal Concilio e praticamente sono stati introdotti nel mondo intero?

Nella Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, promulgata dal Concilio Vaticano II, si cercherà invano una prescrizione che imponga di celebrare la santa messa volti verso il popolo. Ancora nel 1947, papa Pio XII, nella su enciclica Mediator Dei (n° 49), sottolineava come si sbagliassero coloro che volessero ridare all’altare la sua antica forma di mensa (tavola). Fino al Concilio la celebrazione verso il popolo non era autorizzata *, tuttavia essa era tacitamente tollerata da numerosi vescovi, soprattutto per le messe dei giovani.

Da noi, in Germania, la nuova posizione del sacerdote fece la sua apparizione con la Jugendbewegung (movimento della giovinezza), negli anni venti, allorché si incominciò a celebrare l’eucaristia per dei piccoli gruppi; a questo proposito, Romano Guardini aveva svolto il ruolo di precursore, con le sue messe al castello di Rothenfels. Il movimento liturgico diffuse quest’uso, soprattutto Pius Parsch, che sistemò in questo senso, per la sua "parrocchia liturgica", una piccola chiesa romana (Santa Gertrude) a Klosterneuburg, vicino Vienna.


Infine, questi sforzi vennero approvati dall’istruzione della Congregazione dei Riti Inter œcumenici, del 1964, che ha ispirato in seguito il nuovo messale. Per le nuove costruzioni è qui prescritto che "È bene costruire l’altar maggiore separato dal muro, perché si possa facilmente girarvi attorno e vi si possa celebrare verso il popolo; esso sarà posto nell’edificio sacro in modo da essere veramente il centro verso il quale si volge spontaneamente l’attenzione dell’assemblea dei fedeli" (n° 91).

Sfortunatamente, è esatto che i nuovi altari verso il popolo siano stati installati dovunque nel mondo - almeno per quanto riguarda l’area di diffusione della Chiesa cattolica. Ma, a rigore, essi non sono prescritti.

Nelle chiese ortodosse d’Oriente - ove, dopo tutto, vi sono alcune centinaia di milioni di cristiani - si continua a rispettare l’uso della Chiesa delle origini, secondo cui il sacerdote che celebra il Santo Sacrificio è girato, insieme con i fedeli, verso l’àbside. Questo vale sia per le Chiese di rito bizantino (greca, russa, bulgara, serba, ecc.) sia per le Chiese dette di rito orientale antico (armena, siriana, copta).

Che l’altare debba essere scostato dal muro "perché si possa facilmente girarvi attorno", è un’altra questione. Questa esigenza della Congregazione dei Riti si accorda perfettamente con la tradizione ** .


Per piú di dieci secoli, come fino ad oggi nelle chiese ortodosse d’Oriente, l’altare è rimasto privo di sovrastrutture. Un cambiamento si produsse all’epoca gotica, con l’apparizione delle pale. Queste svolgevano in parte il ruolo dei dipinti dell’àbside e dei muri, raffigurando le diverse tappe della salvezza: dall’Annunciazione all’Ascensione del Signore.


Mentre nelle piccole chiese gli altari erano spesso addossati al muro dell’àbside, nelle grandi chiese, come abbiamo visto, erano posti, fino all’epoca gotica, in mezzo al santuario. Ed allora era possibile girarvi intorno al momento dell’incensamento, com’è detto nel salmo 25: "…giro intorno al tuo altare, Signore, per far risuonare voci di lode e per narrare tutte le tue meraviglie".

Per sottolineare la santità dell’altare, questo - almeno nelle grandi chiese - era generalmente sormontato da un baldacchino in materiale prezioso, poggiante su quattro colonne. Ai quattro lati erano fissate delle cortine; certo in riferimento alla tenda del Tempio di Gerusalemme, che separava il Santo dei Santi (Sancta Sanctorum) dal santuario, come Dio aveva prescritto a Mosè: "Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto… Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro… Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo sarà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei santi" (Esodo 26, 31-33).

Come abbiamo già detto, nel rito bizantino è l’iconostàsi che attua la separazione, ma, secondo la concezione ortodossa, essa rappresenta anche, insieme alle icone, l’Ecclesia cœlestis (la Chiesa del Cielo) che celebra di concerto con i fedeli, tanto che essa dev’essere considerata, da quelli che partecipano alla celebrazione, non solo come una separazione, ma anche come un oggetto di contemplazione.

In altri riti orientali non bizantini, l’iconostàsi manca; al suo posto vi sono, come presso gli Armeni, due tende: una piccola davanti all’altare e una grande che, in certi momenti della liturgia della messa, nasconde tutto il coro agli occhi dei fedeli. E a questo proposito san Giovanni Crisostomo dice: "Quando vedi chiudere le tende, pensa che in quel momento il cielo si apre lassú in alto e ne discendono gli angeli" (11).

Secondo la testimonianza di Guillaume Durand, queste tende furono anche usate in Occidente, fino a metà del Medio Evo. Egli parla di tre vela: uno che ricopre le offerte del sacrificio, il secondo intorno all’altare e il terzo sospeso davanti al coro (12).

Mentre la Chiesa delle origini dissimulava l’altare come poteva, ornandolo con tessuti preziosi e con pendoni, ecco che oggigiorno questo stesso altare si trova posto, nudo, in mezzo alla chiesa, esposto a tutti gli sguardi. La sua santità, in quanto luogo delle offerte del sacrificio, si ritrova così meglio evidenziata? Certamente no. A meno che non si voglia prendere in considerazione - contro tutte le tradizioni - la sua funzione di tavola da pasto e la si voglia rendere manifesta in tal modo.


Allora, certamente, non mi resta che inchinarmi…
Ma, in questo caso, non si tratta piú di rendere presente quaggiú il mondo di lassú: si tratta solo dell’uomo e del suo universo. L’universo di Dio, degli angeli, dei santi, diventa marginale: ci sfiora appena. Forse, malgrado tutto, ci si interesserà ancora a un uomo chiamato Gesú e a qualche passo accuratamente selezionato del suo Vangelo!
 

Terza domanda


Tuttavia, non vi era già nel Medio Evo un altare destinato al popolo, per di piú un altar maggiore, come lo abbiamo oggi?

Ciò è esatto nella misura in cui, nelle chiese cattedrali e nei monasteri, vi era in genere, da dopo la fine dell’epoca romana, un altare destinato al popolo, posto davanti al jubé; quest’ultimo era una specie di chiusura del coro, un po’ piú alta di quella delle chiese antiche, con due entrate che davano sul coro dei canonici o dei monaci, i quali, in tal modo, si trovavano separati dal resto della chiesa. A causa della croce posta al di sopra di quest’altare, o piú esattamente sul jubé, l’altare stesso veniva chiamato "altare della croce".
 
È su questo altare che, in queste chiese, si celebrava la messa per il "popolo" ***, come ogni altra messa destinata ad avere numerosi assistenti: la messa solenne per i funerali, quella per l’incoronazione di un sovrano (fig. 5). Per di piú si predicava dall’alto del jubé e solo le messe conventuali (solenni) venivano celebrate all’altar maggiore, nel coro.
Dunque, in primo luogo la funzione del jubé non era di elevare una barriera fra il clero e il popolo - e per questo non può essere paragonato all’iconostàsi bizantina - piuttosto esso era destinato a creare, per i canonici e per i monaci, uno spazio apposito, ove si potessero svolgere le funzioni liturgiche del coro (liturgia delle ore, messa conventuale) senza essere disturbati.
Per delle ragioni sia liturgiche che architettoniche è stato del tutto irragionevole far sparire il jubé e l’altare della croce, come è accaduto quasi dappertutto in Germania all’epoca dei Lumi, su ordine delle autorità secolari (13).


Fig. 5 - Incoronazione della seconda moglie dell'imperatore 
Ferdinando II, davanti al “jubé” della cattedrale di Ratisbona 
(Incisione su cuoio del 1630)

Come allora si procedette a delle importanti modifiche architettoniche all’interno delle chiese - per far sí che i fedeli potessero guardare direttamente l’altar maggiore - cosí oggi, in seguito al Concilio, quasi tutte le chiese antiche sono state ritoccate con dei lavori di "aggiornamento".

Chi giri adesso il mondo e visiti le chiese, scopre, per la sistemazione del santuario, le soluzioni piú singolari. Soprattutto in Italia, dove è stato possibile, gli altari barocchi sono stati privati della loro tavola d’altare che è stata rimpiazzata dai seggi del celebrante e dei suoi assistenti. Si può pensare che sia la meno felice delle soluzioni, visto che la pala perde cosí la sua antica funzione di riferimento al sacrificio eucaristico per vedersi "degradata" a semplice schienale dei preti. Se non fosse che, nella maggior parte dei casi, l’antico altar maggiore, col suo tabernacolo, serve solo a conservare la santa comunione, cosí che occorre rassegnarsi al fatto che il sacerdote, in piedi davanti all’altare verso il popolo, gira costantemente le spalle al tabernacolo, lo stesso su cui fino a ieri si fissavano gli occhi dei fedeli in preghiera. 

Quando occorre, è la corale parrocchiale che si installa sui gradini dell’altar maggiore, con i cantori che volgono anch’essi le spalle al tabernacolo e si servono della tavola d’altare per poggiarvi i loro diversi accessori.

Allorché le considerazioni artistiche lo hanno permesso, l’altar maggiore è stato totalmente soppresso, e l’eucaristia viene conservata in un tabernacolo murale laterale; ed allora sorge subito il problema di come occupare lo spazio così liberato dell’àbside. Le soluzioni adottate sono le piú diverse. Spesso vi si è installato l’organo, con la sua cassa decorativa, oppure, per la maggior parte del tempo, la corale parrocchiale, oppure si è semplicemente appeso al muro dell’àbside l’antica pala d’altare o un pendone di valore, come fossero degli ornamenti.

In definitiva, ognuna di queste soluzioni non è soddisfacente, poiché, installando un nuovo altare, per di piú dall’apparenza molto modesta, si è fatto sparire il centro di gravità spaziale costituito dall’altar maggiore, cosí come era stato concepito dall’architetto che aveva costruito la chiesa. Senza alcun dubbio, A. Lorenzer ha ragione allorché scrive: "Il significato dell’altare, a questo punto, fa parte integrante della chiesa… che lo spostamento di questo “centro di gravità spaziale” dovrebbe indurre ad elaborare un piano interamente nuovo" (14). 

La cosa assume un’evidenza impressionante nelle grandi chiese, come per esempio nella cattedrale di Spira, ove lo sguardo di coloro che vi entrano si posa subito sull’antico altar maggiore sormontato dal suo baldacchino. Oggi quest’altare sembra fluttuare nel vuoto: la tavola d’altare installata nel coro, malgrado le sue dimensioni, si nota appena in questo spazio tutto volto in altezza, mentre l’altare verso il popolo, alcuni gradini piú in basso, non costituisce affatto un "centro di gravità spaziale".
 

Quarta domanda

Nell’Handbuch der Liturgie für Kanzel, Schule und Haus (Manuale di liturgia per la cattedra, la scuola e la casa), del P. Alfons Neugart (1926), si legge: "Nella basilica della Chiesa delle origini, l’altare era posto in mezzo all’àbside del coro e il prete celebrante si metteva dietro di esso, rivolto verso il popolo. Sull’altare non vi erano né croce né luci. I seggi del vescovo e degli ecclesiastici erano disposti tutt’intorno, lungo il muro. È solo piú tardi che l’altare venne posto contro il muro, come oggi". È esatto?

La cosa esatta è che nei primi secoli, i seggi dei vescovi e dei sacerdoti erano posti lungo il muro dell’àbside e non ai lati dell’altare; in ambito greco essi erano spesso nettamente rialzati su diversi scalini, di modo che il vescovo, assiso sul trono, potesse esser visto da tutti e meglio ascoltato al momento del suo sermone, che un tempo pronunciava dal suo seggio. Il seggio centrale era sempre riservato al vescovo, come accade ancora oggi in Oriente.

È anche esatto che a quel tempo sull’altare non vi fosse né croce, né luci, né leggio per il messale, ma solo il calice e la patena con le offerte; lo si può constatare nelle raffigurazioni medievali della messa; e se fino ad un’epoca recente si usava decorare con dei fiori il pavimento della chiesa, l’altare non veniva mai decorato. Ecco perché in genere gli altari erano piccoli, con una tavola che raramente raggiungeva un metro quadrato. Nel chiostro della cattedrale di Ratisbona vi è, per esempio, un piccolo altare massiccio in pietra, che risale ad un’epoca molto antica, mentre vi si trova anche, nella "cattedrale antica", un grandissimo altare di due metri e dieci per un metro e quaranta, che risale probabilmente al V secolo e che rappresenta una "confessione", vale a dire che faceva parte della tomba di un martire. Ecco spiegata la sua taglia (15)! La limitata superficie della maggior parte degli altari lasciava posto solo per le offerte del pane e del vino: questa particolarità sottolineava significativamente il carattere sacrificale della messa, come accadeva per i sacrifici dei Giudei e dei pagani, per i quali solo le offerte propriamente dette trovavano posto sull’altare.

Gli altari di grande dimensione erano rari nei tempi antichi, eppure, al pari degli altri che abbiamo citato, anch’essi erano riccamente ornati di stoffe preziose che cadevano dai quattro lati fino a terra, di modo che le tavole che ricoprivano non si presentavano come tali. Piú tardi, in molti posti, si dispose sul lato anteriore degli altari un pendone di stoffa, di legno e di metallo riccamente ornato. Cosí che non si può affermare che il carattere di pasto della messa sia stato sottolineato dagli altari a forma di tavola.

Parleremo dopo piú a fondo della posizione del sacerdote all’altare ai tempi della Chiesa delle origini. Qui ricordiamo solo quanto scriveva sulla rivista Der Seelsorger, nel 1967, quindi poco dopo il Concilio, il P. Josef A. Jungmann, autore di un lavoro celebre, Missarum sollemnia: "L’affermazione spesso ripetuta che l’altare della Chiesa delle origini supponesse sempre che il prete fosse rivolto verso il popolo, si rivela essere una leggenda". Inoltre, Jungmann mette in guardia contro il pericolo che, auspicando l’adozione dell’altare verso il popolo, "se ne faccia un’esigenza assoluta e, alla fine, una moda alla quale ci si sottometta senza riflettere". Secondo lui, la ragione principale di questa raccomandazione di celebrare rivolti verso il popolo è la seguente: "Vi è qui, innanzi tutto, l’accento esclusivo che oggigiorno si ama tanto mettere sul carattere di pasto dell’eucaristia".
Da parte sua, il cardinale Joseph Ratzinger ha sempre piú messo in guardia, in questi ultimi anni, contro il rischio di considerare la liturgia sotto il solo aspetto di "pasto fraterno" (16).
 

Quinta domanda

Il papa non celebra da tempo immemorabile rivolto verso il popolo, e non v’è in San Pietro, a Roma, un altare isolato su un podio, come nella maggior parte delle chiese moderne?

Sembrerebbe esatto che l’idea di un altare centrale isolato su un podio sia, in qualche modo, già prefigurata nella chiesa barocca di San Pietro (certo non nella chiesa costantiniana che l’ha preceduta): l’altare papale, leggermente sopraelevato, si trova isolato nel mezzo della chiesa, proprio al di sotto della cupola centrale, posta esattamente sopra la confessione con la tomba del Principe degli Apostoli; esso è facilmente visibile da ogni parte, sia dalla navata sia dai due bracci del transetto.
Chi una volta partecipava alle messe papali notava che il papa non era posto, come nel resto della cristianità, davanti all’altare, bensí dietro. Alcuni liturgisti ne deducevano, avventatamente, che in tal modo si fosse conservata la posizione “verso il popolo”, posizione risalente alla Chiesa delle origini.

In realtà si tratta, come abbiamo visto, dell’orientamento nella preghiera: la chiesa di San Pietro, a differenza delle chiese antiche, non ha l’àbside ad Est, bensí ad Ovest. Tuttavia, come dimostrano le foto scattate prima dell’elevazione al Soglio di Paolo VI, che intraprese la trasformazione dell’altare papale, i fedeli presenti potevano appena intravedere il papa, a causa dell’enorme dimensione dei candelieri e della croce, posti sull’altare. Non è dunque possibile, a stretto rigore, parlare di celebrazione versus populum. Non si trattava di un privilegio papale, come talvolta è stato affermato. Infatti vi sono a Roma delle altre chiese il cui àbside è posto ad Occidente e non ad Oriente e in cui il celebrante è ugualmente posto dietro l’altare.

Nelle chiese moderne, costruite dopo il Concilio, si trova spesso, come a San Pietro, un altare isolato su un podio, ma ad esso manca il coronamento del primo: il baldacchino. Siccome si tratta di un podio isolato in mezzo alla chiesa, e dunque sprovvisto di ogni orientamento - e circondato dalle fila di sedie dei fedeli - è difficile trovare un posto adeguato per la croce dell’altare, di cui abbiamo esposto prima la funzione di punto di riferimento, croce che tuttavia continua ad essere richiesta dalle nuove regole liturgiche. Nell’Institutio generalis del nuovo messale, si prescrive: "Del pari, sull’altare o in prossimità di esso, vi sarà una croce, ben visibile dall’assemblea" (n° 270).
Era questo il caso dell’"altare della croce" medievale ****, ma non lo è piú adesso quando si verifica che, per soddisfare in una maniera o in un’altra questa prescrizione, si finisce con l’usare una piccola croce o a fianco dell’altare o poggiata su di esso.
 

Sesta domanda

Andava dunque bene che il sacerdote pregasse, come accaduto finora, in direzione del muro? Molto meglio vederlo girato verso l’assemblea!

Allorché si pone davanti all’altare, il sacerdote non prega in direzione di un muro, ma, insieme a tutti coloro che sono presenti, prega in direzione del Signore. Tanto piú che fino ad adesso la cosa che piú importava non era tanto di realizzare una qualche comunione, bensí di rendere il culto a Dio, tramite la mediazione del sacerdote, che rappresentava i partecipanti ed era unito ad essi.

Parlando della direzione della preghiera, sant’Agostino, vescovo di Ippona, scrive: "Quando ci alziamo per pregare, ci volgiamo verso l’Oriente (ad orientem convertimur), da dove si alza il cielo. Non perché Dio si troverebbe solo lí, non perché Egli avrebbe abbandonato le altre regioni della terra… ma perché lo spirito sia esortato a volgersi verso una natura superiore, e cioè verso Dio" (17). Questo spiega perché dopo il sermone, i fedeli si alzavano per la preghiera e si volgevano verso Oriente. Sant’Agostino li invitava spesso a farlo alla fine dei suoi sermoni, impiegando a mo’ di formula consacrata le seguenti parole: "Conversi ad Dominum… (Rivolti al Signore).

Possiamo ricordare qui le parole di san Paolo. Conscio che "finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione" egli preferisce essere "in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore" (ad Dominum) (2 Corinti 5, 6-8).

Cosí, volgersi verso il Signore e guardare ad Oriente era, per la Chiesa delle origini, una sola e medesima cosa.

Nella sua opera fondamentale, Sol salutis (1920), Joseph Dölger si dice convinto che la risposta del popolo: "Habemus ad Dominum" (Sono rivolti al Signore), al richiamo del sacerdote: "Sursum corda" (In alto i nostri cuori!), significasse anche che ci si volgeva verso Oriente, verso il Signore (p. 256). A questo proposito, Dölger fa osservare che certe liturgie orientali prevedono espressamente questo invito, con un appello espresso dal diacono prima della preghiera eucaristica (anaphora) (p. 251). È il caso dell’anàfora copta di san Basilio, che comincia: "Accostatevi, voi uomini, mantenetevi rispettosi e guardate ad Oriente!", ed anche dell’anàfora di san Marco, in cui lo stesso appello (Guardate ad Oriente!) viene espresso nel mezzo della preghiera eucaristica, prima del passaggio che conduce al Sanctus.


La breve descrizione liturgica del secondo libro delle Costituzioni apostoliche (un’istruzione del IV secolo), dice anch’essa che ci si alza per pregare e ci si volge verso Oriente (18) . L’ottavo libro ci riporta l’appello corrispondente lanciato dal diacono: "Tenetevi in piedi verso il Signore!" (19). Come si può vedere, anche qui vi è il parallelismo fra il guardare ad Oriente e il volgersi verso il Signore.

L’uso della preghiera in direzione del sol levante è da tempo immemorabile, come ha dimostrato anche Dölger; lo si ritrova presso i Giudei e presso i Romani. Vitruvio, nel suo lavoro sull’architettura, scrive: "I templi degli dei devono essere posizionati in modo tale che… l’immagine che è nel tempio guardi verso ponente, affinché coloro che andranno a sacrificare siano rivolti verso Oriente e verso l’immagine, di modo che, nel pregare, guardino sia il tempio sia la parte del cielo che è a levante, mentre le statue sembrano levarsi insieme al sole per guardare coloro che le pregano nei sacrifici" (20).

Per Tertulliano (200 ca.) la preghiera verso Oriente è cosa scontata. Nel suo piccolo libro, Apologeticum, egli ricorda che i cristiani "pregano in direzione del sol levante" (cap. 16). Questo orientamento nella preghiera è stato evidenziato molto presto nelle case, con una croce sul muro. Se ne trova una in un locale di un piano superiore di una casa di Ercolano, seppellita dall’eruzione del Vesuvio del 79 (21).
 

Settima domanda

Ma, se non altro, vi sono degli studi, come quello conosciuto del prof. Otto Nussbaum, nei quali si dimostra scientificamente che fin dai tempi piú remoti si sono avute delle celebrazioni verso il popolo, e che queste fossero anche le piú antiche.

Nel suo studio di grande respiro, Der Standort des Liturgen am christlichen Altar (Il posto del liturgo all’altare cristiano), apparso nel 1965, Nussbaum scrive: "Quando comparvero gli edifici cultuali propriamente detti, non vi erano delle regole precise che fissavano da che parte dell’altare dovesse mettersi il liturgo. Egli poteva rimanere sia davanti che dietro l’altare" (p. 408). Egli ritiene che la celebrazione versus populum sia stata preferita fino al VI secolo.
Tuttavia Nussbaum non distingue a sufficienza tra le chiese con l’àbside ad Est e quelle con l’àbside ad Ovest e la cui entrata era dunque ad Est. Quest’ultimo orientamento è quasi esclusivo delle basiliche del IV secolo, specialmente di quelle fatte erigere dall’imperatore Costantino e da sua madre Elena, come per esempio la chiesa di San Pietro a Roma.


Ma, dall’inizio del V secolo, san Paolino da Nola indica come abituale (usitatior) l’àbside ad Est (22). In effetti, le basiliche con l’entrata ad Est si trovano soprattutto a Roma e nell’Africa del Nord, mentre sono relativamente rare in Oriente (a Tiro e ad Antiochia).

L’entrata ad Oriente (basiliche costantiniane) imitava la disposizione del Tempio di Gerusalemme (cfr. Ezechiele 8, 16), come di altri templi antichi, le cui porte aperte lasciavano entrare la luce del sol levante, che faceva scintillare all’interno la statua del dio.


Nelle basiliche cristiane con l’entrata ad Est, il celebrante era obbligato normalmente a rimanere davanti al lato "posteriore" dell’altare, al fine di essere rivolto ad Oriente al momento dell’offerta del Santo Sacrificio, esattamente come nelle chiese con l’àbside ad Oriente, nelle quali egli rimaneva "davanti" all’altare (ante altare), quindi con le spalle all’assemblea.

Per il fatto che in certe basiliche con l’àbside ad Est vi fosse posto dietro l’altare anche per il celebrante, si è dedotto a volte che quest’ultimo si ponesse da questo lato, volgendosi cosí verso il popolo; specialmente quando nell’àbside vi era anche un banco per i sacerdoti, con un trono per il vescovo. Ora, si tratta di una conclusione chiaramente errata - adottata peraltro da Nussbaum - come si dimostra, in maniera irrefutabile, con l’aiuto degli scavi archeologici (23). Se cosí non fosse, per quale motivo si sarebbero costruite queste chiese esattamente orientate ad Est?
 

Ottava domanda

Quando il sacerdote si trovava posto "dietro" l’altare, nelle chiese che avevano l’àbside ad Occidente, come San Pietro a Roma, non si finiva, malgrado tutto, col celebrare rivolti al popolo?

No! Infatti, durante la preghiera eucaristica (canon missæ), non solo il celebrante, ma anche i fedeli si volgevano ad Oriente. Come ha fatto osservare san Giovanni Crisostomo (24), nei tempi antichi i fedeli stendevano le mani nel corso della preghiera, al pari del sacerdote (cfr. fig. 9, p. 46), e tutti guardavano in direzione delle porte aperte della chiesa, da dove penetrava la luce del sol levante, simbolo di Cristo resuscitato che ritorna.

Al di là della particolare venerazione per il sol levante che aveva il costruttore di queste basiliche, l’imperatore Costantino, certamente ha avuto la sua influenza questo passo del profeta Ezechiele (43, 1-2): "Mi condusse allora verso la porta che guarda a Oriente, ed ecco che la gloria del Dio di Israele giungeva dalla via orientale…". In tal modo, con le porte della basilica aperte sull’Oriente, ci si aspettava che il Cristo venisse a partecipare alla celebrazione dell’eucaristia, come dopo la sua resurrezione era apparso piú volte ai suoi discepoli durante il pasto (cfr. Luca 24, 36-49; Giovanni 21; Atti 1, 4).

All’origine i fedeli - donne e uomini separati - non stavano nella navata centrale, ma in quelle laterali *****, cosa questa che implicava che, nelle chiese antiche, il numero delle navate laterali potesse arrivare fino a sei (quelle del Laterano e di San Pietro, a Roma, ne hanno solo quattro). In definitiva, questo modo di prender posto nelle navate laterali corrispondeva all’abitudine di fermarsi lungo i muri laterali delle piccole chiese della cristianità delle origini. Tale abitudine è ancora oggi in atto nelle chiese d’Oriente: la navata o lo spazio centrale sotto la cupola rimangono liberi per le funzioni. I fedeli anziani prendono posto su delle sedie (stasidien) lungo i muri della chiesa e nelle navate laterali, gli altri assistono alla messa in piedi. In Oriente, la posizione del corpo piú conveniente per la partecipazione liturgica, è quella in piedi, e non l’inginocchiarsi, com’era da noi una volta; tale posizione esige una grande disciplina fisica, soprattutto nel corso di offici che si prolungano. 

 
Come si evince da certi scavi e dalle raffigurazioni che sono state trovate (fig. 6), nelle basiliche costantiniane e nord-africane l’altare era quasi al centro della navata. Esso era attorniato da ogni lato da un recinto e, in genere, era sormontato da un baldacchino ******. Il coro dei cantori (schola cantorum) prendeva posto davanti al celebrante. Nelle chiese di Ravenna, benché fossero tutte orientate, si conservò per lungo tempo questa disposizione dell’altare e della schola in mezzo alla navata (25): la cosa è attestata fino all’VIII secolo.
Lo stesso accadeva nella chiesa costantiniana di San Pietro, a Roma: l’altare non si trovava, come si potrebbe pensare, al di sopra della tomba dell’Apostolo, ma quasi al centro della navata centrale. In corrispondenza di dove era sotterrato il Principe degli Apostoli, vi era una "memoria" senza altare, sormontata da un baldacchino a colonne, come si può vedere in una raffigurazione molto antica, quella dello scrigno d’avorio di Pola (fig. 7). La supposizione spesso avanzata che vi fosse già un altar maggiore mobile, là ove i pellegrini entrano ed escono per visitare la tomba dell’Apostolo, non ha avuto alcun  riscontro.

Poiché, nella basiliche con l’àbside ad Occidente e l’altare in mezzo alla navata centrale, i fedeli si disponevano, come abbiamo visto, lungo le navate laterali - fra le cui colonne vi erano, peraltro, dei tendaggi che si aprivano durante la messa - di fatto non volgevano le spalle all’altare; cosa che peraltro non avrebbe neanche potuto essere supposta visto il rispetto che si portava alla santità dell’altare; bastava una leggera rotazione del corpo per volgersi, senza difficoltà, in direzione dell’entrata, verso Oriente.

Anche nel caso inverosimile che nel corso della preghiera eucaristica i fedeli non guardassero verso l’entrata, ma verso l’altare, resta il fatto che, anche cosí, non si sarebbe potuto verificare il faccia a faccia tra il celebrante e l’assemblea, poiché, come abbiamo già detto, nei tempi antichi l’altare era nascosto dalle tende.

A partire dal Medio Evo, l’altare di queste basiliche venne generalmente trasferito verso l’àbside. Nella chiesa di San Pietro ciò avvenne, come si sa, nel 600, sotto il papato di Gregorio Magno, il quale apportò anche importanti modifiche al coro e fece costruire una cripta circolare che permettesse ai pellegrini di recarsi liberamente alla tomba dell’Apostolo, senza dover passare per il presbiterio (fig. 8).

Col passare degli anni, il popolo si dispose via via nella navata centrale. In una certa epoca (impossibile da precisare oggi), in queste basiliche costantiniane, gli assistenti smisero di volgersi verso Oriente, per rimanere rivolti all’altare; fu allora che si giunse ad una parvenza di celebrazione versus populum.
 

Nona domanda

Qual era la posizione del sacerdote e dei fedeli, in quelle chiese che avevano l’àbside orientato, chiese che costituivano, come si sa, la maggioranza dei santuari antichi?


Fig. 6 - Mosaico di Tabarca, Africa del Nord (IV sec.): 
Ecclesia mater. Secondo il Dictionnaire d'archéologie chrétienne 
et de liturgie, di Dom Cabrol e di Dom Leclercq, IV, 2, tav. 
tra le coll. 2232-2233, articolo: église). 
L'altare è in mezzo all navata.



Fig. 7 - Abside dell'antica chiesa di San Pietro, a Roma, 
prima della sua ricostruzione sotto papa San Gregorio Magno. (Ricostruzione in base alla piccola placca d'avorio di Pola).



Fig. 8 - Ricostruzione (secondo Rohault de Fleury, 
La messe, II, Confessions, tav. CXXXI) 
dell'altare di San Pietro, a Roma, sotto il papa 
San Gregorio Magno (600 ca.). 
Davanti l'altare a baldacchino una sorta di iconostàsi.

Nelle basiliche a navate multiple e con l’àbside orientato, i partecipanti alla messa si disponevano in piedi lungo le navate laterali e in fondo alla navata centrale. In tal modo formavano una sorta di semicerchio aperto verso Oriente; il celebrante si veniva a trovare cosí nel punto di convergenza di questo semicerchio (al centro del cerchio virtuale).
Invece, nelle basiliche che avevano l’àbside ad Occidente, il sacerdote, i chierici ed i cantori si venivano a trovare alla sommità di questo stesso semicerchio.

Quando, piú tardi, i fedeli finirono con l’occupare l’intera navata centrale, disponendosi in colonna, si venne a creare qualcosa di dinamico, che somigliava alla colonna del popolo di Dio in marcia nel deserto, in direzione della terra promessa: come se la posizione verso Est indicasse anche la meta della colonna: il Paradiso perduto che si cercava ad Est (cfr. Genesi 2, 8). Il celebrante e i suoi assistenti formavano la testa della colonna.

La disposizione iniziale, quella che componeva un semicerchio, si presentava invece come composta secondo un princípio statico: l’attesa del Signore che era asceso in cielo verso Oriente (cfr. Salmi 67, 34; Zaccaria 14, 4) e da lí sarebbe ritornato (cfr. Matteo 24, 27; Atti 1, 11); come quando si riceve una personalità eminente, e si arretra, a formare un semicerchio, per accogliere in mezzo l’ospite d’onore. San Giovanni Damasceno scrive: "Al momento della sua Ascensione, egli salí verso Oriente, è cosí che l’adorarono gli Apostoli, ed è cosí che ritornerà, allo stesso modo in cui lo videro salire in cielo, come ha detto il Signore stesso: “Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, cosí sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (Matteo 24, 27). Ecco perché l’attendiamo e l’adoriamo rivolti ad Oriente: è una tradizione non scritta degli Apostoli" (26).

Sulla base di questa concezione, a partire dal VI secolo circa, in numerose chiese - come si vede nelle pitture dell’epoca a Bawit, in Egitto - si raffigurava l’Ascensione del Signore sotto la volta principale dell’àbside: in alto il Cristo glorioso condotto da due angeli, al di sotto Maria, che rappresentava la Chiesa, in preghiera con le mani volte al cielo, alla sua destra ed alla sua sinistra gli Apostoli. Questa raffigurazione rappresentava sia la glorificazione di Gesú in cielo sia la sua seconda venuta, secondo le parole rivolte dai due angeli agli Apostoli al momento dell’Ascensione: "Questo Gesú che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo" (Atti 1, 11) (27).

Piú tardi, nei dipinti delle àbsidi in Occidente, il Cristo in trono nella mandorla fu tratto da queste antiche raffigurazioni, e, come Majestas Domini circondata dai simboli dei quattro evangelisti, divenne il tipico dipinto delle àbsidi dell’arte romana. Nell’Oriente bizantino il Signore che ascende in cielo venne dipinto sia sotto la volta principale dell’àbside, come Pantocrate, sia sotto la cupola che sovrastava l’altare insieme al complesso dell’Ascensione; in quasi tutti i casi, però, la Madre di Dio non vi figurava piú perché la sua immagine era riservata alla decorazione dell’àbside (fig. 2).

Il posto centrale attribuito a Maria nell’àbside si deve sicuramente ad un passo dell’Apocalisse: "Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l’arca dell’alleanza… Nel cielo apparve poi un segno grandioso: un donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Apocalisse 11, 19; 12, 1).


Si noterà qui la relazione tra Maria-Ecclesia e Arca dell’Alleanza, ma anche il fatto che il velo del tempio - e cioè il santuario che questo copriva - si apriva solo in certi momenti ben precisi. Il mistero, il tremendum, esige d’esser velato, e cosí nasce il desiderio di vederlo rivelarsi; cosa che oggigiorno si dimentica troppo facilmente.

L’apostolo Paolo scrive: "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia" (I Corinti 13, 12). Guardare ad Est non significa solo guardare al Signore trasfigurato in cielo e atteso alla fine dei tempi, ma esprime anche il desiderio della manifestazione ultima, della rivelazione della gloria futura.
 

[Modificato da Cattolico_Romano 21/09/2009 12:32]
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