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Un'ecoimperialismo frena lo sviluppo agricolo dell'Africa

Lettera a Benedetto XVI di un gruppo di scienziati e agricoltori africani


ROMA, giovedì, 24 settembre 2009 (ZENIT.org).-

In una lettera inviata al Pontefice Benedetto XVI un gruppo di scienziati e agricoltori africani ha fatto appello chiedendo che non gli sia “negato l’accesso allo sviluppo”. 

I primi firmatari della lettera, diffusa questo giovedì, sono il prof. Emmanuel Tambi – direttore regionale del Forum For Agricultural Research in Africa (FARA) – , il prof. Sylvester O. Oiken – Project Manager dell'African Agricultural Technology Foundation (AATF) – , Francis B. Traoré – presidente della Association des Producteurs de Coton Africains (APROCA) – e Motlatsi Everest Musi – un agricoltore sudafricano che coltiva mais –.

Il testo è stato reso noto in occasione della giornata di studio dal titolo “Per una rivoluzione verde in Africa. Lo sviluppo è il nuovo nome della Pace”, promossa dall’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” e dall'Università Europea di Roma. 

Facendo riferimento alle parole che Benedetto XVI pronunciò il 1° aprile scorso, prima della recita dell’Angelus - “siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio” - gli autori della lettera spiegano: “l’Africa è benedetta dal Signore per tutte le grandi e belle ricchezze che gli ha donato, ma gli africani soffrono la fame, le malattie, il sottosviluppo, il degrado”

“Siamo certi – aggiungono – che il Signore è particolarmente vicino a tutte le mamme ed i papà che perdono i propri bambini e le proprie bambine, ed a tutti coloro che soffrono a causa di miseria e povertà, e siamo altresì certi che all’alba del terzo millennio, è veramente uno scandalo che ci siano persone che muoiono ancora di fame”.

Gli scienziati e agricoltori africani sostengono che la nuova frontiera dello sviluppo agricolo passa per la ricerca, la conoscenza e l’utilizzo delle nuove biotecnologie vegetali.

“Come scienziati e come agricoltori - hanno scritto nella lettera - nelle nostre prime esperienze possiamo confermare la bontà dei risultati non solo in termini produttivi e di qualità ma anche di carattere ambientale”.

Secondo i firmatari, “purtroppo in nome di una nuova forma di 'ecoimperialismo' che va di pari passo con 'l’imperialismo contraccettivo' ci sono interessi speculativi che vogliono impedirci di utilizzare le nuove biotecnologie vegetali e limitano la vendita dei nostri prodotti nei mercati internazionali”.E concludono: “Come sottolineato nella Vostra bellissima enciclica 'Caritas in veritate' lo sviluppo è una vocazione che si colloca nel disegno di Dio per realizzare il bene comune in carità e verità. Ed è questa strada che vorremmo seguire”.
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