00 23/10/2009 20:27


Intervento del segretario generale della Cei vescovo Mariano Crociata

Il diritto e il dovere del farmacista cattolico


Roma, 23. "L'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti permettendo loro di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali come l'aborto e l'eutanasia". È quanto ha affermato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), il vescovo Mariano Crociata, intervenendo al convegno nazionale dell'Unione cattolica farmacisti italiana, dal titolo "L'obiezione di coscienza del farmacista tra diritto e dovere".

La questione dell'obiezione di coscienza - ricorda monsignor Crociata - nasce dal conflitto interiore dell'uomo "posto di fronte all'alternativa, a volte lacerante, fra il comando della legge, che imporrebbe una determinata azione, e l'imperativo della propria coscienza - rispondente a motivazioni religiose, ma anche etiche o ideologiche - secondo cui quella azione risulta inaccettabile. Il riconoscimento della possibilità di appellarsi alla "clausola di coscienza" è diretto appunto a superare tale conflitto interiore tra coscienza individuale e obbligo legale". L'obiettore, cercando di evitare gli "esiti insanabili e gravissimi" che derivano da una legge ingiusta di cui sia destinatario - spiega monsignor Crociata citando il giurista Francesco D'Agostino - "dicendo di no alla legge intende dire di sì al diritto".

Tradizionalmente - ha continuato nel suo intervento il segretario generale della Cei - la possibilità dell'obiezione di coscienza è stata riconosciuta con riguardo al servizio di leva obbligatorio e agli interventi diretti all'interruzione volontaria di gravidanza, cioè ai due casi tipici che per la loro radicalità permettono di mettere in evidenza i referenti essenziali dell'obiezione stessa:  "Sono casi emblematici perché, pur nella loro diversità, appaiono entrambi legati direttamente al fondamentale principio del non uccidere. In questo quadro si colloca anche la questione del diritto-dovere dei farmacisti all'obiezione di coscienza, che viene oggi in discussione sia di fronte a taluni farmaci abortivi (come la Ru486, per i farmacisti ospedalieri) o potenzialmente abortivi - quale in concreto la cosiddetta pillola del giorno dopo - sia di fronte a taluni sviluppi (o meglio involuzioni) che si profilano in materia di fine vita, considerato che in alcuni Paesi europei, come a esempio in Belgio, risulta già in vendita nelle farmacie un kit eutanasico".

In Italia - aggiunge monsignor Crociata - il problema "è avvertito soprattutto riguardo alla vendita della cosiddetta pillola del giorno dopo. Infatti, sebbene l'autorizzazione ministeriale all'immissione in commercio della specialità medicinale Norlevo abbia qualificato tale prodotto come "contraccettivo d'emergenza", in base alle evidenze scientifiche disponibili non si può escludere la concreta possibilità di un'azione post-fertilizzativa del farmaco stesso nelle ipotesi in cui, essendosi già verificata la fecondazione dell'ovulo e quindi la formazione dell'embrione, viene impedito all'embrione stesso di iniziare l'impianto nella parete uterina, con evidente effetto abortivo".

In tal senso - aggiunge - "si è pronunciato il Comitato nazionale di bioetica nella Nota sulla contraccezione d'emergenza, approvata il 28 maggio 2004, nella quale, dopo aver rilevato la diversità di opinioni emerse nel dibattito scientifico circa l'efficacia della "pillola del giorno dopo", ha "ritenuta unanimemente da accogliersi la possibilità per il medico di rifiutare la prescrizione o la somministrazione" del levonorgestrel (lng, principio attivo del farmaco). Se una tale opzione è correlata ai possibili effetti post-fertilizzazione del farmaco, osserva il Comitato, "il medico ha comunque il diritto di appellarsi alla clausola di coscienza, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l'astensione"".

Del resto - aggiunge ancora monsignor Crociata - appare abbastanza chiaro "che l'intenzione di chi chiede o propone l'uso di questa pillola o è finalizzata direttamente all'interruzione di una eventuale gravidanza, proprio come nel caso dell'aborto, o perlomeno non esclude e accetta questo possibile risultato, che verrebbe a realizzarsi al di fuori delle rigorose prescrizioni e procedure stabilite dalla legge 194/78".

Proprio i farmacisti - spiega dunque il segretario generale della Cei - sono chiamati a dare in questo ambito una chiara testimonianza:  "Il farmacista cattolico è chiamato a cogliere questa opportunità per esercitare un autentico apostolato e un'opera di misericordia spirituale attraverso il suo lavoro. Per far questo è importante coltivare la vita di fede con la preghiera, i sacramenti e la testimonianza di onestà e di carità. Altresì è necessaria al farmacista, come a tutti gli operatori sanitari, quella speciale attenzione nella formazione della coscienza morale che si richiede per essere accanto a chi soffre. Dare testimonianza evangelica laddove i contenuti della fede sono messi in questione da casi limite emotivamente coinvolgenti, da forti interessi economici o da una cultura edonista e nichilista è oggi particolarmente faticoso. Bisogna perciò, come singoli farmacisti e come associazione, attingere al patrimonio morale e agli insegnamenti della Chiesa e coordinarsi con l'azione pastorale che essa esercita a tutela della vita e a servizio dei malati. D'altra parte - aggiunge monsignor Crociata rivolgendosi ai farmacisti - la riflessione ecclesiale che la Chiesa che è in Italia sta portando avanti sul tema dell'educazione rappresenta anche la via per un rilancio culturale della vostra professione, che spesso rischia di essere percepita e regolamentata come una pura attività commerciale, svuotata della sua dignità esposta a logiche economiche di tipo unicamente mercantile. Invece, educare le coscienze con la propria professione di farmacista è oggi una priorità per il bene comune e l'interesse di tutti e una missione alta e certamente impegnativa".

Per il farmacista cattolico - aggiunge monsignor Crociata - aderire all'insegnamento della Chiesa sul rispetto della vita e della dignità della persona umana, che è di natura etica e morale, "rappresenta anzitutto un dovere, sicuramente difficile da adempiere in concreto ma al quale non può rinunciare. I cristiani infatti sono chiamati a non prestare la loro collaborazione a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio". Tale cooperazione si verifica quando - come si legge nell'enciclica Evangelium vitae (n.74) - "l'azione compiuta, o per la sua stessa natura o per la configurazione che essa viene assumendo in un concreto contesto, si qualifica come partecipazione diretta a un atto contro la vita umana innocente o come condivisione dell'intenzione immorale dell'agente principale".
In questa prospettiva - conclude monsignor Crociata - "l'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti, permettendo loro di non collaborare direttamente o indirettamente alla "fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia" e di superare le difficoltà di un contesto culturale che tende, talvolta, a non favorire l'accettazione dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento "destabilizzante" del quietismo delle coscienze", come affermato dalla Pontificia Accademia per la Vita (15 marzo 2007).

Il diritto-dovere all'obiezione di coscienza non riguarda dunque solo i farmacisti cattolici ma tutti i farmacisti, perché, come afferma ancora la Evangelium vitae (n. 101), "la questione della vita e della sua difesa e promozione non è una prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve luce e forza straordinarie, essa appartiene a ogni coscienza umana che aspira alla verità ed è attenta e pensosa per le sorti dell'umanità".
Il segretario generale della Cei ha infine rivolto un incitamento:  "Desidero quindi esortare voi tutti a essere testimoni coraggiosi nell'esercizio della professione del valore inalienabile della vita umana, soprattutto quando è più debole e indifesa. Seguire la propria coscienza non è sempre una via facile e può comportare sacrifici e aggravi. Tuttavia, rimane necessario "proclamare chiaramente che la via dell'autentica espansione della persona umana passa per questa costante fedeltà alla coscienza mantenuta nella rettitudine e nella verità"", come affermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella Dichiarazione sull'aborto procurato del 1974.


(©L'Osservatore Romano - 24 ottobre 2009)