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Una mostra su Matteo Ricci per una maggiore comunione con i cattolici cinesi

Presentata in Vaticano l'esposizione sul gesuita italiano nel IV centenario della morte

ROMA, mercoledì, 28 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

Presentando questo mercoledì mattina nell'Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede la mostra “Ai Crinali della Storia. P. Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino”, monsignor Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, ha auspicato che aiuti a stabilire un maggiore contatto con i cattolici cinesi.

La mostra, con più di 150 opere e in cinque sezioni – “Matteo Ricci: da Macerata a Roma”, “La Compagnia di Gesù e le missioni in Oriente”, “Una generazione di giganti: l'opera scientifica e geografica dei Gesuiti”, “La Cina al tempo di padre Matteo Ricci” ed “Eredità religiosa e culturale di padre Matteo Ricci” –, è stata organizzata dal Comitato per le Celebrazioni del IV Centenario di Padre Matteo Ricci in collaborazione con i Musei Vaticani, la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù e la Pontificia Università Gregoriana, e sarà visitabile presso il Braccio di Carlo Magno da questo venerdì al 24 gennaio 2010.

Padre Ricci nacque a Macerata il 6 ottobre 1552 ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1571. Nel 1557, destinato alle missioni d'Oriente, si recò a Lisbona, da dove l'anno dopo si imbarcò per Goa, dove si trovava la tomba di San Francesco Saverio, morto nel tentativo di entrare in Cina due mesi dopo la nascita di Ricci. Nel 1580 venne ordinato sacerdote e tre anni dopo entrò in Cina.

Nel 1593 iniziò a scrivere il Catechismo in cinese, e nel 1597 fu nominato superiore della missione cinese. Il 24 gennaio del 1601 arrivò a Pechino, dove morì l'11 maggio 1609 dopo una breve malattia. L'imperatore, per la prima volta nella storia della Cina, concesse un terreno per la sepoltura di uno straniero.

Riscoprire la figura di padre Ricci

Nel suo discorso in occasione della presentazione, monsignor Giuliodori ha espresso due auspici, “legati alla mostra e all’insieme della celebrazioni ricciane”. Il primo, ha spiegato, è che la figura di padre Matteo Ricci, “restata per tre secoli un po’ nell’ombra”, “possa trovare il riconoscimento e l’apprezzamento che merita per il suo genio missionario, per la sua statura spirituale e morale, per la sua apertura e lungimiranza culturale”.

“Alla luce di una tale testimonianza – ha aggiunto passando al secondo desiderio –, possa crescere l’amicizia con il popolo cinese e possano rafforzarsi i vincoli di comunione con i cattolici di questo grande Paese come auspicato dal Santo Padre nella lettera a loro indirizzata nel maggio del 2007 dove viene citato ripetutamente P. Matteo Ricci ricordando il suo stile e il suo metodo”.

Padre Ricci, ha ricordato il presule, è stato “uno dei più illustri e originali interpreti” del motto dei Gesuiti “ad Maiorem Dei Gloriam”.

“La sua straordinaria avventura missionaria lo ha portato a costruire, per la prima volta nella storia, un vero ponte di dialogo e di scambio tra l’Europa e la Cina. Un incontro che ha segnato profondamente il cammino dell’umanità fino ai nostri giorni”, ha osservato.

Il metodo di dialogo e inculturazione di padre Ricci, ha aggiunto monsignor Giuliodori, “appare quanto mai attuale e per molti versi ancora insuperato”. La mostra allestita presso il Braccio di Carlo Magno in Vaticano, “oltre a rendere il dovuto onore a questo gigante della fede e dell’amicizia tra i popoli, vuole offrire a tutti l’occasione per approfondirne la conoscenza e per confrontarsi con un modello di evangelizzazione della cultura e di inculturazione del Vangelo che, sotto vari aspetti, non ha eguali nella storia dell’umanità”.

Speranza per padre Ricci agli altari

“Abbiamo voluto dedicare una mostra qui a Roma, a ridosso della Basilica di San Pietro, nel cuore della cristianità, ad un missionario vissuto in Cina per ventotto anni, morto e sepolto a Pechino, per sottolineare che tutta la sua opera è scaturita dalla fedeltà a quel mandato missionario di Gesù di cui P. Matteo Ricci si è fatto testimone secondo l’innovativo carisma di Sant’Ignazio di Loyola”, ha aggiunto monsignor Giuliodori nel suo intervento.

“Grazie al suo slancio missionario e sostenuto da una formidabile intelligenza riuscirà a superare la diffidenza e la chiusura del popolo cinese guadagnando stima e prestigio fino ad essere accolto e ospitato a corte”.

“In questo contesto – ha concluso –, possa procedere in modo spedito e positivo anche il riconoscimento del suo cammino di santità”. “Mi sembra davvero che in quanto fatto e testimoniato da P. Matteo Ricci ci sia poco di umano e molto di divino”.