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Un punto di vista ortodosso russo sul papato


Intervista al Vescovo Hilarion Alfeyev


VIENNA, lunedì, 13 novembre 2006 (ZENIT.org).- Il dialogo tra i cattolici e gli ortodossi può essere fruttuoso, sebbene molti sono ancora gli ostacoli al cammino verso la comunione eucaristica, afferma un illustre presule

Il Vescovo Hilarion Alfeyev di Vienna e Austria, Rappresentante della Chiesa ortodossa russa presso le Istituzioni europee, esprime in questa intervista la sua opinione sulla prossima visita di Benedetto XVI in Turchia e su altre questioni.

Tra non molto tempo Benedetto XVI si recherà in visita in Turchia, al fine di rafforzare i legami tra Roma e Costantinopoli. Qual è il significato di questo viaggio per il dialogo cattolico-ortodosso?

Vescovo Alfeyev: Mi auguro che questa visita possa ulteriormente migliorare i rapporti tra le Chiese di Roma e di Costantinopoli. Queste due Chiese ruppero la comunione tra loro nel 1054 ed è quindi loro la responsabilità di ristabilire l’unità.

Riguardo alle possibili conseguenze di questo incontro sui rapporti cattolico-ortodossi nel loro insieme, non bisogna dimenticare che la Chiesa ortodossa, nella sua struttura, è notevolmente diversa rispetto alla Chiesa cattolica romana.

La Chiesa ortodossa non ha un unico Primate. Essa consiste di 15 Chiese autocefale, ciascuna diretta da un proprio Patriarca, Arcivescovo o Metropolita.

In questa famiglia di Chiese, il Patriarca di Costantinopoli è “primus inter pares”, ma il suo primato è di natura onorifica, non giurisdizionale, in quanto egli non ha autorità ecclesiale sulle altre Chiese. Pertanto, quando talvolta viene presentato come “capo” della Chiesa ortodossa nel mondo, si tratta di un’immagine fuorviante. Altrettanto fuorviante è considerare il suo incontro con il Papa di Roma come un incontro tra i due vertici della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica.

Storicamente, fino allo scisma del 1054, il Vescovo di Roma godeva di una posizione di preminenza tra i vertici delle Chiese cristiane. I canoni della Chiesa orientale – in particolare il famoso 28° canone del Concilio di Calcedonia – assegnano il secondo posto e non il primo al Patriarca di Costantinopoli.

Inoltre, il contesto in cui questo secondo posto è stato concesso al Patriarca di Costantinopoli era di natura puramente politica: quando Costantinopoli divenne la “seconda Roma”, capitale dell’Impero bizantino, si decise che il Vescovo di Costantinopoli dovesse occupare il secondo posto dopo quello del Vescovo di Roma.

Dopo la rottura della comunione tra Roma e Costantinopoli, il primato nella famiglia ortodossa orientale si è trasferito sul “secondo in lista”, ovvero il Patriarca di Costantinopoli. Fu pertanto attraverso un evento storico che egli divenne “primus inter pares” per la parte orientale del mondo cristiano.

Personalmente ritengo che, affianco ai rapporti con il Patriarcato di Costantinopoli, sia egualmente importante che la Chiesa cattolica romana rafforzi le relazioni bilaterali con le altre Chiese ortodosse, e in particolare con la Chiesa ortodossa russa. Quest’ultima è la seconda Chiesa cristiana più grande al mondo, i cui fedeli assommano a circa 160 milioni di persone, ed è desiderosa di rafforzare i propri rapporti con la Chiesa cattolica, soprattutto nell’ambito della comune testimonianza cristiana a fronte della secolarizzazione.

Lei crede che questo viaggio aprirà nuovi orizzonti nell’ambito del dialogo tra mondo cristiano e mondo musulmano?

Vescovo Alfeyev: Il dialogo tra cristiani e musulmani è necessario e urgente. Purtroppo alcuni tentativi di esponenti cristiani diretti a favorire questo dialogo sono stati fraintesi da parte di taluni rappresentanti del mondo musulmano.

La recente polemica sulla lezione accademica di Papa Benedetto XVI a Ratisbona ne costituisce un esempio lampante di questo fraintendimento. La reazione aggressiva di un certo numero di politici musulmani e di molti seguaci dell’Islam è stata considerata da alcuni osservatori del tutto esagerata.

Alcuni si sono chiesti se non stiamo andando verso una dittatura mondiale dell’ideologia musulmana, dal momento che ogni osservazione critica relativa all’Islam, persino nei limiti di una lezione accademica, viene brutalmente e violentemente osteggiata, mentre viene consentita e promossa la critica nei confronti delle alle altre religioni e in particolare del Cristianesimo.

Devo aggiungere che diversi teologi della Chiesa ortodossa russa, tra cui anche coloro che normalmente sono critici rispetto alla Chiesa cattolica romana, hanno espresso la loro solidarietà al Papa Benedetto XVI quando è esplosa la controversia sulla sua lezione di Ratisbona. Secondo loro, ciò che egli ha detto è importante, anche se non in sintonia con le regole moderne non scritte del politically correct.

Il Papa ha dismesso il titolo di “Patriarca d’Occidente”. Qual è il significato di questo gesto? Detiene una qualche valenza ecumenica?

Vescovo Alfeyev: Dunque, io sono stato il primo esponente ortodosso che si è trovato a commentare questo gesto. Qualche settimana dopo sono arrivati anche i commenti ufficiali del Santo sinodo del Patriarcato di Costantinopoli.

Nei miei commenti ho sostenuto che il ripudio del titolo di “Patriarca d’Occidente” potrebbe essere inteso dagli ortodossi come una conferma della rivendicazione, riflessa anche nei suoi altri titoli, alla giurisdizione universale sulla Chiesa.

Tra i molti appellativi del Pontefice, quello di “Vescovo di Roma” rimane quello più accettabile per le Chiese ortodosse, poiché si incentra sul ruolo del Papa come Vescovo diocesano della città di Roma.

Il titolo di “Arcivescovo e Metropolita della provincia di Roma” indica che la giurisdizione del Papa include non solo la città di Roma, ma anche la provincia.

“Primate d’Italia” indica che il Vescovo di Roma è il “primus inter pares” tra i vescovi d’Italia, ovvero, usando un linguaggio ortodosso, Primate di una Chiesa locale. Nessuno di questi tre titoli pone problemi agli ortodossi, nel caso del ristabilimento della comunione eucaristica tra Est e Ovest.

L’ostacolo principale all’unità ecclesiale tra Occidente e Oriente, secondo molti teologi ortodossi sta nell’elemento della giurisdizione universale del Vescovo di Roma. In questo contesto – inaccettabile e persino scandaloso dal punto di vista ortodosso – si collocano gli altri titoli del Papa come quello di Vicario di Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa universale.

Secondo l’insegnamento ortodosso, Cristo non ha alcun “vicario” che governi la Chiesa universale a suo nome.

Il titolo di “Successore del Principe degli Apostoli” si riferisce alla dottrina cattolica romana del primato di Pietro che, tramandato al Vescovo di Roma, gli assicura il governo sulla Chiesa universale. Questo insegnamento è stato oggetto di critiche da parte della letteratura ortodossa dal periodo bizantino in poi.

Il titolo di “Sommo Pontefice” – “Pontifex Maximus” – apparteneva originariamente agli imperatori pagani dell’antica Roma. Esso non è stato rifiutato dall’Imperatore Costantino quando si è convertito al Cristianesimo.

Riguardo al Papa di Roma, “Sommo Pontefice della Chiesa universale” è una designazione che sottolinea la giurisdizione universale del Papa – un livello di autorità che non è riconosciuto dalle Chiese ortodosse. Sarebbe stato meglio abbandonare questo titolo per primo, qualora l’iniziativa fosse stata motivata dalla ricerca di un “progresso ecumenico” e dal desiderio di migliorare i rapporti cattolico-ortodossi.