SEPE, PROPAGANDA PRO DOMO MEA
(Dall’Espresso del 13 settembre 2002)
In Vaticano il cardinale prefetto della congregazione De Propaganda Fide lo chiamano il papa rosso. Per dire quanto è potente. Ma Crescenzio Sepe, che lo è diventato nell’aprile del 2001, non si accontenta. Punta ancora più in alto. A diventare segretario di Stato.
E per riuscirci ha lanciato una martellante campagna d´immagine. Si è messo a viaggiare per il mondo come il Karol Wojtyla dei tempi d´oro, incontrando vescovi e capi di Stato, sempre accompagnato dall´inviato di punta dell’”Osservatore Romano”, Gianfranco Grieco, che gli dedica ogni giorno paginate trionfali. In febbraio è stato in Costa d´Avorio, in marzo in India e Sri Lanka, in giugno in Bosnia, in luglio in Corea del Sud e Mongolia, in settembre sarà in Thailandia ed entro novembre in Albania, Benin e Angola.
Perché novembre è la data cruciale. Il 23 di quel mese il cardinale Angelo Sodano, che è segretario di Stato dal 1991, compie 75 anni e da lì in avanti il papa potrebbe congedarlo in ogni momento. Il candidato naturale a succedergli sarebbe il cardinale Giovanni Battista Re, per molti anni sostituto, ossia numero due nella stessa segreteria di Stato. Ma Sepe si è già piazzato in corsia di sorpasso. Il suo esempio luminoso è il cardinale Dionigi Tettamanzi, che proprio grazie a una poderosa campagna promozionale è riuscito quest´estate a diventare il successore a Milano del cardinale Carlo Maria Martini, sbaragliando i concorrenti compreso lo stesso Re.
Sepe è nato nel 1943 a Carinaro, in diocesi di Aversa. Entrò presto in diplomazia e fece tirocinio nelle nunziature dell’America latina e dell’Asia. In curia il suo cardinale protettore era l’argentino Umberto Mozzoni e questi lo piazzò in segreteria di Stato, all’ufficio informazioni. Bel trampolino. Perché con un papa come Giovanni Paolo II i media contano. E Sepe fece le mosse giuste. Nel 1984 scovò e mise in pista come press agent di papa Wojtyla l’intraprendente Joaquín Navarro-Valls, spagnolo, numerario dell’Opus Dei. E a direttore dell’”Osservatore Romano” collocò un suo amico irpino, Mario Agnes, l’ascetico fratello di Biagio, allora supermanager della Rai.
Giovanni Paolo II se ne compiacque. E Sepe salì di grado. Tre anni dopo, nel 1987, fu promosso assessore della segreteria di Stato, numero tre del supremo organo di governo vaticano. Altri tre anni, e corse voce che lui già pretendeva di diventar sostituto, una carica ancora più su, con accesso diretto e quotidiano al papa. Una lettera collettiva firmata da nunzi e diplomatici gli sbarrò la strada. Ma solo lì. Nel 1992, Sepe fu promosso dal papa arcivescovo e segretario della congregazione per il clero.
Dove rivelò un’altra sua dote, quella di impresario di spettacoli. Non c’era ricorrenza papale che non venisse salutata da cantautori, rockband, soubrette. Con dirette in mondovisione. Così, quando si trattò di organizzare il grandioso giubileo dell’anno 2000, Giovanni Paolo II non ebbe dubbi, mise tutto in mano a Sepe. Il quale progettò e realizzò un programma monstre, fatto di decine di giubilei di categoria, uno più spettacolare dell’altro. Con riverberi politici non da poco. Sia il governo italiano che il sindaco di Roma, quando avevano a che fare col Vaticano, era dal plenipotenziario Sepe che dovevano bussare.
Il premio arriva puntuale nel 2001. Il papa fa cardinale Sepe e lo insedia a Propaganda Fide. Tempo pochi mesi e anche l’agenzia di questo dicastero, “Fides”, cambia faccia e suona la tromba per il nuovo papa rosso. “L’Osservatore Romano” di Agnes lo fa già da un pezzo. Navarro idem. Finché dura Giovanni Paolo II col suo alter ego Stanislaw Dziwisz, Sepe ha dalla sua un patronato formidabile.
Messainlatino
Sarà solo una coincidenza che proprio in concomitanza con l'iscrizione nel registro degli indagati di sua eminenza, Benedetto XVI° abbia pronunciato questo sermone?
"Il sacerdozio, non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell’opinione pubblica. Per essere considerato, dovrà adulare; dovrà dire quello che piace alla gente; dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, così, si priverà del rapporto vitale con la verità, riducendosi a condannare domani quel che avrà lodato oggi. Un uomo che imposti così la sua vita, un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente, finisce per perdere se stesso."
Io credo proprio di no