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Caso Englaro: omicidio perpetrato per via legale

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2009 19:30
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17/11/2008 12:09

Dall' AVVENIRE di ieri

ETICA E GIUSTIZIA
In occasione del dibattito su Terri Schiavo, un medico esperto di denutrizione raccontò come la morte per sete di bambini africani lo avesse messo innanzi a situazioni cliniche al limite del sopportabile
Ecco come si muore di fame e di sete
In un rapporto medico Usa le sofferenze atroci di un malato privato di cibo e acqua

DI VIVIANA DALOISO
« T ogliere a una persona il sondino che la nutre è as­solutamente innocuo. È un buon modo di morire. Probabil­mente il modo migliore di morire, do­po l’aneurisma». Nel 2003 Michael Schiavo, il marito di Terri Schindler, ri­lasciò questa dichiarazione durante il noto talk show americano di Larry King, sostenendo che la moglie doves­se essere 'liberata' al più presto dallo stato vegetativo. Insomma, chiedendo che le fossero tolti cibo e acqua, come si è deciso per Eluana. Questa frase sembra essere rimbalzata nel tempo, e nello spazio, per arrivare oggi sulle pa­gine di quasi tutti i giornali nostrani, nei dibattiti televisivi e radiofonici, nei blog: morire di fame e di sete? Non fa male. È innocuo. E poi Eluana non se ne accorgerà nemmeno, «non è co­sciente ». Nel 1986, anni prima che la vicenda Schiavo e quella Englaro portassero le condizioni dei pazienti in stato vege­tativo alla ribalta della cronaca, negli Stati Uniti – e precisamente in Massa­chusetts – un pompiere di nome Paul Brophy fu 'condannato' a morire di fame e di sete dai giudici, in seguito al­le richieste insistenti dei suoi familia­ri. Aveva 45 anni, ed era in stato vege­tativo da tre. Moglie e figli sostennero che più volte, verbalmente, l’uomo a­vesse dichiarato di preferire la morte a una vita simile. Il caso fece molto scal­pore oltreoceano per due motivi: era la prima volta che un paziente america­no moriva in seguito alla decisione di un tribunale di interrompere alimen­tazione e idratazione artificiali; duran­te l’iter processuale un giudice della Corte Suprema del Massachusetts, Neil Lynch, dichiarandosi contrario alla de­cisione della maggioranza dei suoi col­leghi presentò una relazione – stilata da un gruppo di medici esperti – sulle conseguenze concrete della rimozio­ne del sondino naso-gastrico.
Il documento in questione descrive mi­nuziosamente la morte per fame e per sete, con particolari anche molto cru­di. E, si badi bene, non dice niente di originale o diverso rispetto a quello che si può trovare scritto in ogni manuale di medicina, alla voce 'disidratazione', per esempio. Cioè, che morire di sete – perché nel caso della rimozione di un sondino naso-gastrico il paziente muo­re principalmente proprio a causa del­la disidratazione – è atroce. A partire dalla durata dell’agonia: da cinque gior­ni per i soggetti più fragili fisicamente (anziani e bambini) al massimo di tre settimane. Un lasso di tempo intermi­nabile, in cui il corpo si consuma len­tamente a causa della secchezza dei tessuti, alla disidratazione delle pareti dello stomaco (che provoca spasmi) e delle vie respiratorie. In cui la pelle si ritira, gli occhi si incavano, la tempe­ratura corporea aumenta inesorabil­mente in seguito alla mancanza di su­dorazione. E in cui le mucose si inari­discono, il naso sanguina, le labbra e la lingua si spaccano, proprio come han­no dimostrato di sapere i giudici della Corte d’Appello di Milano, che nella sentenza che lo scorso luglio ha sanci­to il distacco del sondino di Eluana si sono 'raccomandati' che quelle mu­cose venissero bagnate, per evitare che la giovane donna soffra. O mostri
la sua sofferenza.
La lista degli 'orrori' del giudice Lyn­ch fece il giro d’America, sollevando non pochi dubbi sulla liceità della sen­tenza, che fino a quel momento era sta­ta presentata all’opinione pubblica co­me un atto di 'liberazione' del tutto innocuo. Lo stesso ospedale dove il pompiere era ricoverato, il New En­gland Sinai Hospital, si oppose a che una simile morte potesse avvenire al­l’interno della propria struttura, per giunta coadiuvata dal personale sani­tario. Il documento di Lynch fu poi i­nutilmente impugnato dai familiari di Terri Schiavo: di più, nel caso della gio­vane donna fu anche raccolta la testi­monianza di un medico, David Stevens, specializzato nel campo della disidra­tazione nell’infanzia e che aveva ma­turato un’esperienza di quindici anni in Africa, accanto ai bambini denutriti. Il medico raccontò come la morte per se­te lo avesse messo innanzi a situazio­ni cliniche al limite del sopportabile. L’unica differenza tra i suoi pazienti e quelli in stato vegetativo, come Brophy, Terri Schiavo ed Eluana: lo stato di co­scienza. Per cui i piccoli potevano la­mentarsi, comunicare a voce la propria sofferenza fisica. Non piangere, però, in quanto la disidratazione porta via an­che le lacrime. Nel 1986 Paul Brophy, in quelle condi­zioni disumane, rimase in vita otto giorni. A Terri Schiavo andò peggio: tre­dici interminabili giorni di denutrizio­ne la ridussero in uno stato fisico indi­cibilmente penoso, al punto che alla stessa madre – in seguito a un malore – fu impedito di vederla nelle ultime o­re. Eluana Englaro, come loro, non è at­taccata a una 'spina', non è tenuta in vita da macchinari o con medicinali. Apre e chiude gli occhi, di notte dor­me, la mattina si risveglia, il suo corpo ha lottato per la vita 16 anni, ha avuto persino la forza di superare, recente­mente, una grave emorragia. Ma certo, Eluana non parla. Non interagisce con gli altri. E non piange. Quanto tempo durerà la sua silenziosa agonia?
La relazione fu ordinata dal giudice Lynch nello stato americano del Massachusetts più di vent’anni fa per il caso del pompiere Paul Brophy Nel testo si spiega la durata dell’agonia (da 5 a 29 giorni) e le conseguenze per pelle, occhi, lingua, mucose, temperatura corporea Un quadro atroce

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