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Le radici ebraiche del Padre Nostro nella Scrittura

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2008 18:29
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16/11/2008 18:28

Smile Un commento che vale la pena di meditare....


Il mistero del "pane nostro quotidiano"


ANALISI DEL 'PADRE NOSTRO'
Conferenza tenuta a Firenze nel 1977,
presso la Società Leonardo da Vinci,
in occasione della settimana ecumenica

(In MENORAH ~ sito ebraico ~)

L'autore desidera rimanere anonimo

In questa sala eminenti dotti cristiani hanno commentato i Salmi o altri scritti di ebrei. Sia lecito dunque a un ebreo commentare un brano del Nuovo Testamento. C'è un'altra ragione più specifica.
Gesù fu ebreo, nacque da una famiglia di ebrei, fu circonciso, visse sempre da buon ebreo, osservava il Sabato, mangiava kasher, solennizzava le feste (sebbene i Vangeli parlino della sola Pasqua), recitava lo Scema Israel (Marco XII, 29).

La sua vita terrena appartiene alla storia degli ebrei, ma dopo la morte egli diventò l'oggetto delle speculazioni teologiche dei cristiani di varie chiese: cattolici, marcioniti, gnostici, ariani, nestoriani, monofisiti, e poi luterani e calvinisti, seguaci di Bultmann e di Bonhoeffer, ecc.

Di tutta questa vita postuma stasera noi non ci occuperemo affatto. Lasciamo stare la teologia.

Io vi parlerò come storico, e non come teologo. Ho rispetto e simpatia per quei teologi i quali con le loro interpretazioni omiletiche dei testi sacri talvolta fanno acute osservazioni sulla vita d'oggi e porgono consigli eccellenti. Ma stasera mi occuperò esclusivamente di ricercare il significato originario del Paternostro, secondo la lingua, le situazioni e la mentalità di quei tempi.


Lo storico scrupoloso non deve lasciarsi sedurre dalle preoccupazioni apologetiche dei teologi, né dalla tentazione di deformare i fatti a scopo di edificazione.

Ho imparato da prima gli episodi della vita di Gesù dalle bellissime pitture dei nostri Musei: le pitture del Beato Angelico, di Gentile da Fabriano, del Perugino, di Raffaello, ecc. - incantevoli, poetiche, idilliache, con verdi giardini, colline come quelle di Firenze, con figure eleganti e sorridenti, con quell'atmosfera di pace.

Quando mi diedi a studiare i documenti dell'epoca mi accorsi che la realtà storica era diversa: il paesaggio brullo e stepposo, lacrime e sangue. Uno sfondo tragico paragonabile forse all'Algeria di qualche anno fa.
Da una parte un popolo oppresso, i Giudei che sognavano l'indipendenza. Insurrezioni e rivolte frequenti.

Dall'altra i Romani, gli sfruttatori, che non esitavano a crocifiggere a migliaia per volta gli uomini validi e a vendere le donne e i bambini ai mercanti di schiavi. Qualche volta crocifiggevano anche le donne e i bambini, come fece il buon Tito "delizia del genere umano".

C'erano insurrezioni di partigiani - i Romani li chiamavano banditi - e alcuni erano forse masnadieri, altri erano forse santi martiri. Oggi non ne conosciamo neppure i nomi.

C'erano quelli che predicavano la sottomissione - alcuni per interesse, i ricchi che non amano le rivoluzioni, i pubblicani appaltatori d'imposte che s'impegnavano a fornire una somma fissa al fisco romano e s'industriavano di estorcere quanto più potevano dalle sventurate popolazioni - ma altri in buona fede, sapendo che lo stato romano era invincibile e che ogni resistenza avrebbe provocato maggiori sventure.

C'erano anche i mistici che s'illudevano che Dio avrebbe liberato con un miracolo il popolo fedele.
In quest'atmosfera di oppressione e di sangue viveva Gesù. Questo è lo sfondo del Vangelo
. Le varie tendenze alle quali ho accennato si riflettono negli scritti dei vari redattori del Nuovo Testamento.
Veniamo dunque al Paternostro.


Di questa bellissima preghiera abbiamo quattro versioni: quella di Matteo VI 9-13, quella di Luca XI 2-4, quella della Didaché e quella di Marcione. Ma quella di Marcione è alterata per conformarla alla sua teologia. Quella della Didaché è quasi uguale a quella di Matteo. Tra le due rimanenti, la versione di Matteo mi sembra più primitiva che la versione di Luca, contrariamente a quanto pensano molti critici tedeschi. Ne daremo più avanti qualche prova.

Il Paternostro è tutto composto di formule ebraiche. E' esente da ogni accenno ai dogmi e alle formule caratteristiche del cristianesimo.
Questo mi pare un buon indizio della sua autenticità
. Leggendo i commenti dei Padri della Chiesa cristiana confrontandoli ai moderni teologi protestanti, si nota come spesso questi ultimi sono sconcertati da un linguaggio che non è il loro e che non capiscono.

Pater (padre).

E' antica e costante usanza ebraica di considerare Iddio come nostro Padre e gli Israeliti come Suoi figli.
Ve n'è una ventina d'esempi nell'Antico Testamento: Esodo IV, 22; Deuteronomio XIV, 1; XXXII,6, 18, 19, 20; Salmo LXXIII, 15; Isaia I, 2; XXX, 1; LXIII, 16; LXIV, 7; Geremia III, 4, 19; IV, 22; XXXI, 9, 20; Osea I, 10; Ezechiele XVI, 20, 21; Malachia I, 6; II, 10.
Citiamo il versetto del Deut. XIV, 1: "Voi siete i figli del Signore Iddio vostro", e quello di Geremia III, 19 "Mi chiamerete: Padre mio".


Vi sono altri esempi nei libri ebraici non canonici, ma riconosciuti ispirati dalla Chiesa: Ben Sira XXIII 1, 4; LI, 10; Sapienza II, 16; XIV, 3; Tobia XIII, 4; III Maccabei V, 7; VI, 8; Giubilei I, 24, 25, 28; Testamento di Giuda XXIV, 2; Testamento di Levi XVIII, 6; Hodayot IX, 35-36; Nei detti dei Tannaim, Akiba (Abot III, 18; Yoma 85; Taanit 25) e Jehuda ben Tema (Abot V, 23 ).
Vediamo che , invocando Dio come Padre, questi testi e Gesù di Nazaret, si conformarono all'esortazione di Geremia. E Dio è invocato come padre nelle preghiere quotidiane: nell'Amidà (benedizioni V e VI) nell'Ahabah, nel Col berue e in molte altre.
Nella preghiera mattutina è invocato più volte proprio con le parole Abinu shebashamaim "Padre nostro che sei nei cieli".


Hmwn "di noi" "nostro".

Chi sono questi "noi"? Nei passi della Bibbia citati di sopra, Dio è chiamato Padre degl'Israeliti.
Veramente, secondo la dottrina ebraica, Iddio si potrebbe chiamare Padre universale per due ragioni: I) perché è il Creatore del cielo e della terra e di tutto ciò che v'è (Genesi I-II, Esodo XX, 11; XXXI, 17; II Re XIX, 15; Nehemia IX,6; Salmi CII, 25; CXV, 15; CXXI, 2; CXXIV, 8; CXXXIV, 3; CXLVIII, 6; IsaiaXLII, 5; XLV, 18; Geremia XXXII, ); II) perché veglia amorosamente non solo sugli ebrei, ma su tutti i popoli, sugli egiziani e sugli assiri (Isaia XIX, 25), sugli etiopi, sui filistei e sugli aramei (Amos IX, 7) e anche sugli animali (Giobbe, XXXVIII, 39 -41; Salmo CXLVII, 9) e ama tutte le sue creature (Salmo CXLV, 9, 16; Sapienza di Salomone XI, 24-26). Ma sebbene Iddio si possa considerare come il Padre di tutti gli uomini e di tutte le creature, esplicitamente non è chiamato se non Padre degli Israeliti.

Veniamo ai Greci. Per Omero Zeus è padre di uomini e di dei (Iliade V, 426). Certo è padre in senso fisico, ché dai suoi molteplici amori con dee, con ninfe e con donne mortali, Zeus ebbe numerosa prole. La formula di Omero è ripetuta da altri poeti. Ma Platone (Timeo) più filosoficamente chiama Dio "Fattore e Padre dell'universo". Filone, il filosofo ebreo un poco piò anziano di Gesù, adotta la formula di Platone (De opificio mundi 13, Legatio ad Gaium XVI, II9). Dunque Filone, prima di Gesù, rende esplicita la dottrina che nella Bibbia era implicita.
Pare probabile che Gesù usasse la parola "padre" nel senso nazionale dell'Antico Testamento. Il Vangelo di Matteo non dice neppure hmetere "nostro", ma dice proprio hmvn "di noi", "di noialtri", dunque "padre di noialtri ebrei".

L'autore del Terzo Vangelo e degli Atti, letterato elegante, spirito irenico, novellatore piacevole, ma non sempre storico scrupoloso, come negli Atti cerca di conciliare Pietro con Paolo, nascondendo le dispute che conosciamo dalle epistole, così nel suo Vangelo cerca di conciliarsi i Gentili, tanto più che era un Gentile egli stesso. Perciò cancella l'hmvn e scrive il semplice pater. Dio non è più padre dei soli Israeliti, è padre di tutti gli uomini. Il pensiero di Luca è chiarito dalla genealogia. Mentre Matteo I, 1-16 risale fino ad Abramo per dimostrare che è un vero Israelita; Luca III, 23-38 risale fino ad Adamo, per dimostrare che Gesù, in quanto figlio d'Adamo, è figlio di Dio.

Neanche Luca, però, assurge all'universalismo di Platone e di Filone.
Il Quarto Evangelista (Giovanni), che per noi naturalmente, storicamente parlando è definito un antisemita che probabilmente subì l'influenza degli gnostici o di Marcione, spesso tenta di confutare i Sinottici. Per lui gli Ebrei non sono i figli di Dio né d'Abramo. Sono i figli del Diavolo (Giovanni VIII, 39-44). Gesù non ha più genealogia. E' l'unigenito figlio di Dio (Giovanni I, 14, 18; III, 16-18). E il Paternostro è omesso da questo Vangelo.
Alcuni commentatori (G. Luzzi, J. Jeremias) pensano che nel Giudaismo Dio fosse Padre del popolo, ma non dei singoli individui. Ma non è così. Un profeta che non apparteneva al popolo ebraico per nascita , poiché era un proselita, scriveva: "Tu sei il Padre nostro, benché Abramo ci ignori e Israele non ci riconosca. Tu, o Eterno, sei il Padre nostro" (Isaia LXIII, 16). Geremia e Ben Sira adoperano l'espressione "Padre mio" col pronome di prima persona singolare. E il Salmo LXVIII, 5 dice che Dio è il Padre degli orfani.

continua........



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