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Brevissima storia dell'Ostia

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2008 15:45
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28/11/2008 15:45

Dalla forma del pane alla forma rotonda, dal sacro al profano, l'Ostia resta un elemento della nostra tradizione Cristiana.



Chi non conosce il pane “azzimo”? O non ne ha mai sentito parlare?

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(piadina......anche se su google è selezionato come "pane azzimo")

È parte di una tradizione ancora viva, e nell’immaginario collettivo è strettamente legato al popolo ebraico. Il termine deriva dal greco “azymos” (privo di lievito) che in ebraico diventa “mazzah”. È il pane della purezza, preparato unicamente con farina di frumento e acqua, senza lievito e sale, considerati ingredienti impuri che intaccherebbero l’integrità del cibo da offrire al Signore per il periodo delle feste pasquali.
La Pasqua ebraica è la ricorrenza che ricorda l’esodo dall’Egitto e la rinascita spirituale. Il pasto rituale della festa, oltre all’agnello (simobolo di dolcezza e sacrificio), al pane azzimo (penitenza), prevede le uova (simbolo della nuova vita). Nella Bibbia a ricordo di quanto fece il popolo d’Israele, sono indicate sia le quantità, sia le qualità degli ingredienti da usare nella preparazione del “mazzah”. L’azzimo diventa il pane dei fuggitivi, il cibo della memoria, dalla lunga conservazione.
Questo alimento appartiene alla storia dei cibi poveri del mondo, ogni paese ha il suo pane non lievitato, e sembrerebbe che anche l’italianissima piadina derivi dal pane azzimo ebraico.

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Nei corso dei secoli, il Pane per la celebrazione eucaristica ha assunto diverse forme. I primi cristiani usavano un pane azzimo, ossia fermentato, che veniva tagliato e distribuito ai fedeli dopo la consacrazione. Nel IV secolo d.C. Sant'Epifanio introdusse in Oriente l'uso del pane consacrato di forma schiacciata e circolare. In Occidente, le ostie avevano la medesima forma, ma erano di dimensioni differenti, maggiori di diametro e spessore. In un primo tempo, sulla superficie dell'ostia furono incise icone sacre come l'Agnello Pasquale, la Flagellazione e il monogramma IHS. Più avanti, nel corso del XI secolo, si diffuse l'usanza di destinare un'ostia di maggiori dimensioni al sacerdote, una più piccola per i fedeli. Qualsiasi fosse la dimensione del pane destinato alla consacrazione, nel tempo, perse sempre più importanza la preparazione di formati più grandi, destinati all'alimentazione, per lasciare mag¬gior spazio all'ostia vera e propria.

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Una curiosità

Le ostie non consacrate venivano distribuite gratuitamente ai fedeli durante i pellegrinaggi, per sostentarli fino all'ora dei pasti con qualcosa che non è considerato propriamente un ali¬mento, perciò adeguato all'osservanza del digiuno eucaristico.

Ferri da cialde o da ostie

La forma schiacciata del pane consacrato cominciò ad apparire in Oriente alla fine del quarto secolo. San Epifanio, morto nel 403 d.C., fu il primo a fare degli accenni su questo tipo di pane rotondo "Hoc est enim rotundae formae". Anche in Occidente le ostie, dopo il quinto secolo, assunsero la forma arrotondata, ma di diametro superiore e di spessore notevolmente maggiore di quelle odier¬ne. II più antico stampo di pietra fu trovato a Cartagine ed è risalente al sesto secolo. A partire dall'undicesimo secolo si utilizzò d'abitudine un'ostia più grande destinata al sacerdote e una più piccola per i fedeli; la produzione avveniva nei monasteri ed era riservata agli uomini. Verso l'inizio del secolo dodicesimo diminuirono la dimensione dei pani e si formarono simultaneamente più ostie, sovente grandi e piccole. II più antico ferro da ostie datato che si conosca in Italia risale al 1132 ed è conservato al museo del vino di Torgiano (Pg).

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Una speciale dispensa

La decorazione degli stampi per ostie aveva come temi principali l'Agnello Pasquale, la flagellazione, la crocifissione ed i monogrammi IHS e IHC, completati a volte da XPS. A partire dal quindicesimo secolo la produzione passò anche in mano ai laici e con il tempo le imma¬gini incise sui ferri assunsero, oltre al simbolo della sacralità, la funzione profana di contraddistinguere un casato o una proprietà.

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Frammento di lastra con il monogramma costantiniano, che compendia il nome di Gesù Cristo nella forma greca. Posto entro un cerchio a simboleggiare il nutrimento Eucaristico, è affiancato dalle lettere apocalittiche: qui l'omega precede l'alfa, a significare che la morte nella fede è l'inizio della vera vita.

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Il monogramma è inserito direttamente nell'intonaco del muro di una casa padronale o nobile, la cornice a sole raggiato simboleggia l'Eucarestia.


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Ulteriori curiosità........ smile.gif

Le Cialde personalizzate

II Rinascimento fu il periodo della 'cialda personalizzata", quindi i ferri portavano incisi con gli stemmi araldici, i nomi dei proprietari e talvolta quelli dell'incisore. A partire da questo momento iniziò la produzione di ferri di grande pregio artistico, usati per la realizzazione di dolci da
consumarsi in occasioni speciali. In Umbria i nobili ed i vescovi facevano decorare i loro ferri dagli orafi, in Spagna questi strumenti entravano nei beni inventariati delle diocesi, mentre in Francia non mancavano nelle liste di nozze delle fami¬glie borghesi facoltose.
A partire da fine settecento, i ferri iniziarono a cambiare nel materiale (dal ferro dolce si passò alla ghisa), nello spessore e nella tecnica di realizzazione del decoro (dal bulino allo stampo). Diventarono sempre più rari i simboli ed i motivi geometrici e man mano vennero ad assomigliare sempre di più ai quadretti.
È ancora presente nella nostra gastronomia la tradizione di cuocere tra due piastre un composto fatto nelle ricette più semplici a base di farina e acqua, e arricchito nelle preparazioni più elaborate con uova, zucchero e aromi naturali.

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Per errore nascono i dolci “Brigidini”

Questi dolci così ricordati da Pellegrino Artusi, nel suo famoso libro, con queste parole: “ è un dolce o meglio un “trastullo speciale”, alla toscana, che trovasi in tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme di cialde”.
Nascono così i brigidini, chiamati anche cialde o cicalini, esso sono una specialità di Lamporecchio (paese fra Pistoa ed Empoli), e il loro nome viene dalle "Brigidine". Devote a Santa Brigida, queste monache vivevano in un monastero del luogo, e il loro "servizio" consisteva nella preparazio¬ne di ostie per la comunione, realizzate per mezzo di stampi in ferro con due dischi incisi, fatti a mo' di lunga tenaglia.

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La leggenda vuole, che verso la metà del XVI sec., tutto sia cominciato per l'errore di una delle sorelle, che mentre stava elaborando l'impasto delle ostie ne sbagliò la preparazione. Le monache allora, per non sprecare quel composto e mangiarlo in occasione del pranzo domenicale, pensarono di ingentilirlo aggiungendovi dei chicchi d'anice. Un'altra versione vuole che nell'autunno del 1349 S. Brigida lasciasse la Svezia per recarsi a Roma dove nell'anno giubilare 1350 sperava di ottenere dal Papa, l'approvazione del suo progetto monastico. Giunta a Pistoia, e precisamente a Lamporecchio vi fondò un convento, e lì, fece assaggiare alle consorelle delle cialdine dolci svedesi che aveva portato con sè. A tali cialdine la seconda versione attribuisce l'invenzione del brigidino. Era così comunque nato il "trastullo speciale", destinato a divenire la ghiottoneria profana, che si prepa¬ra da tempo immemorabile in tutte le sagre d'Italia.

La Ricetta dei Brigidini

Ingredienti:


3 uova intere, 100 gr di Farina, 150 gr di Zucchero, Un pizzico (o l'essenza) di Anice.

Metodo di preparazione

L'impasto deve essere abbastanza consistente ma scorrevole come un densissimo sciroppo. Date le origini dei biscotti, sarebbe naturale avere a disposizione - per la cottura - la cosiddetta "tenaglia dei brigidini"utilizzata in qualsiasi sagrestia per cuocere le ostie per la Santa Messa, una ad una, versando su uno dei piattini un cucchiaio di impasto, chiudendo la tenaglia e esponendola al calore del fuoco quanto basta perché il biscotto cuocia subíto. Per la cottura dei dolcetti fatti in casa può andare bene anche la teglia da forno con stampi circolari e cuocere come un normale biscotto ricordandosi che questi dolcetti non hanno bisogno di una lunga cottura.


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28/11/2008 15:45

La piada viene normalmente classificata come pane azzimo, che significa non fermentato, fatto senza l'uso del lievito (dal greco azymos).

Nella Bibbia spesso compare questo termine quando si indicava un pane sacrificale la cui natura doveva obbligatoriamente essere pura ed il divieto di usare lieviti (che snaturavano il pane) derivava dal fatto che alla loro azione fisica veniva data una collocazione magica a cui si associava una idea di impurità e corruzione.

http://www.piadinaonline.com/piadinaonline...ina_on_line.htm

La piadina nell'Italia antica

Già gli abitanti delle palafitte lombarde del 1200 avanti Cristo usavano mangiare pagnotte impastate con farine varie e tali focacce azzime (senza lievito) venivano poi cotte su lastre arroventate ma tali piade erano sicuramente molto dure ed indigeste.

Nell'Italia antica furono probabilmente gli Etruschi ad insegnare alle popolazioni locali come cucinare i cereali
(la farinata di cereali era infatti un piatto tipico etrusco)

http://www.piadinaonline.com/piadinaonline/la_storia.htm
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