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Il Congresso Eucaristico Internazionale a Québec

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2008 20:00
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06/12/2008 19:52

Quebec: "E' l'ora dell'Eucaristia”, afferma padre Nicolas Buttet (I)

Intervista al fondatore della Fraternità "Eucharistein"

QUEBEC, martedì, 17 giugno 2008 (ZENIT.org).- “Questa è l'ora dell'Eucaristia...è l'ora di Cristo...penso che possiamo intraprendere la 'rivoluzione profonda', quella dei cuori e della società”. E' questo il messaggio che padre Nicolas Buttet, fondatore della Fraternità "
Eucharistein", intende lanciare in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale, a Québec, in Canada.

In questa intervista a ZENIT, il sacerdote condivide le sue prime impressioni sul congresso e spiega come ha scoperto il senso profondo dell'Eucaristia.

“E' meraviglioso quanto sta accadendo qui – dichiara –. E' un tempo di grazia, un kairós! Più di dieci mila i partecipanti, e già sono giunti una dozzina di Cardinali, 130 Vescovi, centinaia di sacerdoti...e Gesù. Tutto per Gesù Ostia”.

Padre Buttet è stato ordinato sacerdote dopo diversi anni di vita eremitica. La stessa scelta del seminario è giunta dopo aver militato politicamente tra le file dei democratici cristiani del suo Paese, in Svizzera.

La Chiesa del Canada si aspetta molto da questo congresso eucaristico. Pensate che esso possa rinnovare la Chiesa? In concreto, cosa può cambiare?

P. Nicolas Buttet: Giunto all’aeroporto di Montréal, un giovane impiegato, addetto al controllo delle valigie, mi interroga sul mio abbigliamento (indosso una casacca marrone ed una croce), dicendomi con il suo piacevole accento canadese: “Questo, cos’è?”. Gli rispondo: “E’ una veste talare, sono un religioso e un sacerdote”. Al che mi domanda: “ Davvero? Esistono ancora persone così?”, iniziando una piacevole conversazione, interessato a qualcosa che sembrava ignorare del tutto.

Sei mesi fa ero nuovamente a Montréal per un convegno di tre giorni con dei capi d’impresa. Il tema era il discernimento ed eravamo in due ad intervenire, un filosofo ed il “monaco”. Giunto al seminario, mi viene incontro un uomo e mi dice con entusiasmo: “Lei è un monaco?”. Rispondo: “Sì, in un certo senso”. “Monaco buddista?”, dice con una curiosità non dissimulata. Gli rispondo allora: “No, cattolico!”. “Cattolico… come il Papa?”, prosegue con un’aria un po’ preoccupata e sospettosa. “Sì”, rispondo con entusiasmo e mi sento ribattere un: “ah, noooo!”, che sgorga dal profondo della sua delusione! In seguito il seminario si è svolto in modo molto positivo ed abbiamo potuto discutere francamente di questo primo contatto… per lo meno alquanto freddo! Questi due esempi sono una testimonianza sulle pesanti conseguenze di ciò che si è deciso di chiamare qui la “rivoluzione tranquilla” degli anni Sessanta. Si è creato uno tsunami, lento, ma comunque uno tsunami ecclesiastico, religioso e culturale.

La GMG di Toronto ha già scosso questo torpore che pesa sulla società canadese ed in particolare su questa parte francofona che celebra quest’anno i 400 anni di Québec, chiamata all’inizio la “Città di Maria”. E’ stato il primo avvenimento ecclesiastico palese da quando la Chiesa era stata relegata al di fuori del settore pubblico. Il Congresso eucaristico è una tappa determinante in questo cammino verso la fede. Non è solo la visibilità dell’avvenimento, la portata dell’organizzazione e l’audacia di alcune iniziative del Cardinale Ouellet e dei suoi collaboratori. Ritengo che lo sia soprattutto per l’effetto spirituale, la mobilitazione di tante persone animate da buona volontà, di tante parrocchie. All’adorazione perpetua praticata in luoghi diversi, a questa preghiera iniziata già da molti mesi per questo congresso. Dio ascolta una Chiesa in preghiera. Dio moltiplica le Sue opere nei cuori che si aprono alla grazia.

Ci può anticipare qualche idea di ciò che dirà al Congresso?

P. Nicolas Buttet: Il Cardinale Ouellet mi ha chiesto di portare innanzitutto una testimonianza personale sull’eucaristia. Parlerò quindi del mio incontro con Gesù-Ostia, ma anche delle mie esperienze sconvolgenti in tutto il mondo che mi hanno consentito di portare Gesù a tante persone. Ricordo una Messa in Cina, celebrata in fondo ad una stalla, dietro alle mucche, dove la polizia non veniva certo a cercare... Ma ho anche chiesto a molti giovani che abbiamo accolto nella nostra comunità, giovani che venivano dalla strada, dall’ambiente della droga o erano stati vittime della depressione, di descrivermi con le loro parole il loro rapporto con Gesù, presente nel Santo Sacramento e ho chiesto cosa ricevevano dalla Messa e dall’adorazione. Quindi voglio parlarne. La mia conclusione è molto chiara: è l’ora dell’eucaristia! E’ il kairós, è l’ora del Cristo e nell’eucaristia noi abbiamo Gesù e tutto il mistero della salvezza.

Giovanni Paolo II aveva detto che non vi è alcun rischio di esagerazione nel culto reso a questo mistero, poiché è a Gesù stesso che si rivolge questo culto. Io penso che possiamo intraprendere la “rivoluzione profonda”, quella dei cuori e della società. Benedetto XVI aveva considerato un segnale e una missione il fatto di essere salito sulla Cattedra di Pietro in pieno anno eucaristico. E’ stata per il Papa l’occasione di fare dello sviluppo del culto eucaristico il centro del suo ministero petrino. E conosciamo la sua dedizione. E’ lui stesso che ha chiesto ai Vescovi di introdurre in tutte le diocesi almeno un luogo di adorazione perpetua del Santo Sacramento. Ne ha mostrato l’esempio istituendone 5 a Roma. L’eucaristia è una scuola di libertà ed una scuola di carità. Ma essa è soprattutto la fonte della vita soprannaturale del battezzato, senza la quale non resta che l’aspetto umano, anche “troppo umano” come avrebbe detto Nietzsche!

Ci può raccontare come ha scoperto l’importanza dell’Eucaristia?

P. Nicolas Buttet: Circa vent’anni fa, stavo svolgendo un apprendistato di avvocato ed ero impegnato in molteplici attività politiche come deputato in un parlamento cantonale in Svizzera e come segretario di un gruppo parlamentare nazionale. Mi trovavo ad affrontare importanti questioni societarie ma anche problemi personali, familiari e sociali. In particolare mi sono occupato nel quadro della mia attività da avvocato di un giovane che aveva violentato e bruciato sette bambini. Questo contatto fra questa realtà così dolorosa e la mia fede ha fatto sgorgare dal mio cuore un grido: “Se non vi è l’amore, il mondo non potrà continuare!”. Ho deciso allora di sperimentare questo amore più da vicino, passando le mie vacanze di Natale al Cottolengo di Torino, un istituto che accoglie persone affette da gravi handicap fisici e mentali.

Ho lasciato il parlamento svizzero e sono giunto – ignorante e povero – nel mondo – nuovo per me – dei nostri fratelli e sorelle handicappati. Sono stato immerso direttamente nella realtà del luogo, poiché poco dopo il mio arrivo, con un confratello religioso, abbiamo passato due ore a lavare 18 ammalati, che erano imbrattati dalla testa ai piedi. Dopo le prime reazioni agli odori e…ai colori, sono stato colpito dalla parola del Cristo che si faceva carne, e quale carne, in quella notte: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25). Dopo aver terminato di lavare questi fratelli handicappati, verso mezzanotte, sono sceso nella cappella, dove il Santo Sacramento era esposto giorno e notte. Per me, è stato uno choc, la certezza della Sua presenza, reale, corporale. Ho scoperto, allo stesso tempo, la presenza di Gesù, in alto, ai capezzali, nella persona dei miei fratelli costretti a letto e la presenza splendente di Gesù sull’altare, nel Santo Sacramento. Gesù era lì, sotto le apparenze del fratello e sotto le apparenze della sofferenza. Lo stesso ed unico Gesù. Da allora questa certezza non mi ha più lasciato, anche se ancora – sfortunatamente – e lo dico con cuore contrito – è balbettante e piena di incongruenze riguardo l’esercizio dell’amore. Mi consolo citando San Claude La Colombière che diceva: “E dire che ho superato solamente le 10.000 comunioni!”.

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