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Il Congresso Eucaristico Internazionale a Québec

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2008 20:00
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06/12/2008 19:54

Dono trinitario: incarnazione, mistero pasquale ed Eucaristia

QUEBEC, sabato, 28 giugno 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato dal Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, al Symposium internazionale di Teologia sull'Eucaristia (Quebec, 11 giugno 2008) incentrato sul tema L’Eucharistie, un don eschatologique dans l’histoire.






* * *

INTRODUZIONE

Rinnovamento eucaristico

1. Un’opportuna attenzione

La crescente attenzione riservata al mistero eucaristico nella vita della Chiesa e nella riflessione teologica degli ultimi decenni è ben documentata, tra l’altro, dai numerosi interventi del magistero ecclesiale sull’Eucaristia[1], dalla celebrazione, nell’ottobre 2005, della XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi culminata con la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum Caritatis[2] e dall’abbondante letteratura, non solo strettamente teologica, riguardante il significato dell’Eucaristia e della celebrazione eucaristica[3].

La natura salvifica del memoriale eucaristico è sorgente di dialogo con le istanze dell’uomo e della società contemporanea e si rivela particolarmente importante per mostrare la capacità dell’evento di Gesù Cristo di sciogliere l’enigma umano. Nel sacramento dell’Eucaristia, infatti, avviene, nel presente della storia, l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo. E a ben vedere l’autenticità dell’esperienza cristiana trova la sua verifica principale nella comprensione dell’Eucaristia[4].

La rilevanza eucaristica per la vita del mondo richiede però che non si concepisca il rito eucaristico in modo estrinseco rispetto alla quotidiana esistenza, come una sorta di elemento sacro in contrapposizione al profano. Abbiamo invece assistito a stagioni ecclesiali, anche recenti, in cui, pur non mancando l’assidua frequentazione sacramentale, si è stati largamente incapaci di mostrarne la piena portata esistenziale. Pertanto l’odierna urgenza di riscoprire il mistero eucaristico rappresenta una forte spinta a coglierne il nesso decisivo con la libertà dell’uomo sempre storicamente determinata nel suo rapporto con tutto il reale: «Il culto cristiano non è una parentesi all’interno di un’esistenza vissuta in un orizzonte profano. Non è neppure un puro atto sacrificale e riparatorio delle offese o delle prese di distanza dallo sguardo di Dio. Il nuovo culto cristiano diventa espressione di tutta l’esistenza rinnovata: “sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10, 31). Ogni atto di libertà del cristiano è chiamato così ad essere atto di culto. Da qui prende forma la natura intrinsecamente eucaristica della spiritualità cristiana»[5].

2. Evento prima che dottrina, grazia prima che impegno

La decisione di Gesù Cristo, il «mandato dal Padre a fare la sua volontà»[6], di istituire, prima di concludere la Sua missione, l’Eucaristia come gesto anticipatore e partecipativo[7] del mistero pasquale, esprime il carattere di evento e di azione di tutta la rivelazione cristiana. L’Eucaristia, infatti, è propriamente azione eucaristica perché è comunicazione della verità ad modum actionis. Azione in cui sono coinvolte le libertà dei soggetti che vi prendono parte[8]. Riflettere sul mistero eucaristico, scoprendovi il dono del Deus Trinitas all’uomo di ogni tempo, vuol dire ritrovare la verità cristiana sia nel suo carattere di evento, prima che di dottrina, sia in quello di dono gratuito, prima che di impegno ascetico ed etico[9]. Se il rischio del cristianesimo, soprattutto a partire dall’epoca moderna, è stato ed è quello del concettualismo astratto, dello spiritualismo disincarnato e del riduzionismo etico, la riscoperta integrale del mistero eucaristico ci restituisce la rivelazione come evento e come dono di grazia che precede, senza escluderli, la nostra comprensione concettuale ed il nostro impegno[10].

Non si tratta di opporre tra loro evento e dottrina, e nemmeno grazia ed impegno, ma di rispettare l’ordine fondante l’esperienza cristiana che il sacramento dell’Eucaristia, sempre e di nuovo, assicura alla Chiesa stessa[11]. L’Eucaristia è pertanto il sacramento dell’evento Gesù Cristo, la Verità-in-Persona, come diceva De Lubac[12]. Infatti, la peculiare natura rituale dell’Eucaristia corregge alla radice ogni deriva intellettualistica e moralistica nella recezione della verità-dono di Dio. Nella liturgia noi cogliamo la parola nel gesto; l’esperienza cristiana investe tutto l’uomo, con la conseguenza che deve essere mediata da tutti i linguaggi, verbali e non verbali. Il mistero eucaristico, fin nella sua istituzione, si presenta a noi come il dono che Gesù fa di Se stesso nel Suo Corpo e nel Suo Sangue: non si tratta dunque della consegna di una idea, ma dell’offerta totale di Sé nella concretezza dei segni sacramentali del pane e del vino.

3. Evento-originario ed evento-mediazione

La forma (Gestalt) che caratterizza l’esistenza di Cristo ha il suo centro nel mistero pasquale, mistero di morte e di risurrezione. Essa trapassa, per così dire, nella forma eucaristica del pane spezzato e del sangue versato. In essa Gesù dà realmente il Suo Corpo e il Suo Sangue per noi. In tal modo l’evento originario della verità-dono di Cristo accade per noi nella forma dell’evento-mediazione costituito dal sacramento. Già Balthasar, nella sua riflessione sull’estetica teologica, aveva mostrato come l’Eucaristia faccia essenzialmente parte della forma della rivelazione cristologica. Costituisce una automediazione di questa forma stessa[13].

È possibile approfondire questo dato riprendendo quanto affermato da Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis circa la distinzione tra istituzione e rito eucaristico. Tale distinzione, carica di implicazioni teologiche, ecclesiologiche ed antropologiche, fornisce la ragione ultima del rapporto tra evento-originario (Pasqua) ed evento-mediazione (Eucaristia). Ciò che la Chiesa celebra nel rito non è la “copia” della istituzione[14] compiuta da Cristo, ma è la «novità radicale del culto cristiano» (SacrC. 11). «Dall’“unica volta” può venire il “per sempre”»[15] perché nell’istituzione eucaristica Cristo stesso implica originariamente la realtà della Chiesa, quale Sua sposa che accoglie incondizionatamente il dono che Egli fa di Se stesso. L’Eucaristia attira nell’atto oblativo di Gesù i suoi discepoli. Essa è quindi originariamente offerta alla libertà credente.

Nella liturgia eucaristica, le cui forme la Chiesa ha sviluppato nel tempo sotto la guida dello Spirito Santo, l’evento mediazione diventa la modalità costante con cui la comunità ecclesiale stessa può attingere l’evento originario. E questo senza mai poter arrivare a “disporre” dell’evento originario che, proprio in forza del rito, mantiene tutto il suo carattere trascendente e indeducibile. Lo si può comprendere a partire dall’incommensurabile differenza tra il dono trinitario che oggettivamente Cristo realizza con l’offerta di Se stesso e la fede nelle sacre specie posta in atto dalla libertà credente. Adoro Te devote latens Deitas.

Rivelazione e fede, evento originario ed evento mediazione, essendo iscritti nella storia, mostrano contemporaneamente quanto la libertà concreta dell’uomo sia implicata dall’evento fondante e quanto il fondamento rimanga sempre trascendente rispetto ad ogni mediazione[16].

4. La più decisiva di tutte le azioni umane

Con ciò possiamo affermare il carattere paradigmatico che l’azione eucaristica possiede anche dal punto di vista antropologico.

Infatti, che Cristo abbia implicato il soggetto ecclesiale ed in esso ogni libertà credente proprio nella istituzione dell’Eucaristia, illumina in profondità la dinamica stessa di ogni umana azione. A questo proposito, nella Relatio Ante Disceptationem all’inizio della XI Assemblea del Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia, ho avuto modo di affermare che: «Inserita temporalmente e spazialmente nella trama dell’esistenza quotidiana, ma nello stesso tempo proveniente “dall’alto” in quanto sacramento, cioè segno e strumento efficace della grazia divina, l’azione rituale eucaristica diventa paradigma dell’intera esistenza dell’uomo». E aggiungevo che: «Per la sua natura di sorgente della logikē latreía l’azione rituale eucaristica viene ad essere oggettivamente anche la più essenziale e decisiva di tutte le azioni umane»[17].

Le considerazioni svolte fin qui ci consentono di delineare i due elementi decisivi che occorre ora indagare per approfondire un poco il nesso del dono eucaristico con l’incarnazione e col Mistero pasquale ai fini di mostrarne la valenza escatologica all’opera nella storia.

Mi riferisco anzitutto al rapporto Eucaristia/Trinità. Infatti il carattere singolare dell’evento che il rito eucaristico ripresenta sacramentalmente rinvia al Deus Trinitas.

Il secondo tema da approfondire è quello della forma eucaristica dell’esistenza cristiana. L’accoglienza del dono e l’affidamento che la libertà credente è chiamata a realizzare a partire dal rito eucaristico, conferisce all’esistenza cristiana una forma eucaristica. In essa è lo stesso mistero trinitario a rispecchiarsi fino alla trasparenza testimoniale propria della santità.

Nel mistero eucaristico siamo chiamati a contemplare il dono trinitario che, nella transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, pone il principio di una trasfigurazione dell’uomo e di tutto il reale. Veramente l’Eucaristia si rivela dono di Dio per la vita del mondo.

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