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Il Congresso Eucaristico Internazionale a Québec

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2008 20:00
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SECONDA PARTE

Dono trinitario e forma eucaristica dell’esistenza cristiana

Ciò che Cristo ha compiuto una volta per sempre nel mistero pasquale si offre in ogni celebrazione eucaristica alla nostra libertà, perché nel tempo e secondo la sapiente pedagogia di Dio, la nostra umanità afferrata obiettivamente dalla grazia di Dio possa risanare le proprie ferite ed essere condotta a gustare in pienezza la libertà dei figli di Dio. Si apre qui la dimensione escatologica dell’eucaristico dono trinitario. È l’ultimo passaggio della nostra riflessione.

1. La forma eucaristica dell’esistenza cristiana nel tempo

Il mistero dell’Eucaristia ci fa comprendere l’economia sacramentale della nostra salvezza. La nostra libertà è continuamente educata dal sacramento al riconoscimento del dono trinitario fattoci una volta per sempre in Cristo ed al quale siamo chiamati a conformarci, giorno per giorno, fino al raggiungimento del banchetto celeste. Questa logica sacramentale ha come scopo il dono della forma filiale della libertà del cristiano. Mediante il Battesimo, che ci rende parte del Suo corpo ecclesiale, la nostra esistenza appare obiettivamente afferrata e inserita nel mistero della morte e risurrezione di Cristo; il sacramento della Confermazione, con il dono dello Spirito, consente l’assunzione della forma adulta della fede. È però l’Eucaristia il gesto sacramentale che realizza in noi, progressivamente, l’assimilazione alla libertà filiale, perfettamente compiuta, di Cristo[38].

In questa graduale conformazione alla libertà obbediente di Cristo il sacramento eucaristico manifesta anche il Suo carattere medicinale e salvifico. Accompagna nel tempo la nostra libertà imperfetta e ferita col dono del Corpo e Sangue di Cristo. Così, nell’Eucaristia, il dono trinitario diviene contemporaneo alla nostra esistenza. Non è mai mero passato, né solo promessa futura. La potente efficacia del mistero eucaristico è garantita dal suo essere memoriale e dunque evento-mediazione dell’evento-originario e anticipazione (segno prolettico) dell’escatologico cristiano.

In tale prospettiva si comprende anche la rilevanza antropologica del nesso tra sacramento eucaristico e riconciliazione sacramentale[39]. La nostra libertà, in quanto libertà in cammino, resta segnata dalla propria fragilità colpevole. Tuttavia il dono trinitario dell’Eucaristia si offre all’incompiutezza della nostra libertà ferita. L’Eucaristia ci permette, pur segnati ancora dal peccato, di essere qui ed ora obiettivamente in rapporto con ciò che è definitivo (dimensione escatologica): il dono di Cristo morto e risorto, datore dello Spirito, Signore della storia. In tal senso se è vero che «chi commette peccato è schiavo del peccato», è ancor più vero che «se il figlio vi farà liberi sarete liberi davvero» (Gv 8, 34-36). Pertanto, posti obiettivamente in rapporto con Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto, pur nella tensione insuperabile del già e non ancora, si può con verità affermare insieme a Paolo: «Non sei più schiavo ma figlio» (Gal 4, 7), figlio nel Figlio.

Tale esperienza si rinnova ogni giorno nel sacramento eucaristico, nel quale la nostra libertà in cammino è chiamata ad immedesimarsi con quella compiuta di Cristo: «Nell’azione eucaristica, pertanto, la libertà di Dio incontra effettivamente la libertà dell’uomo. A partire da questo incontro di libertà il cristiano, segnato dal riconoscimento del dono di Dio e della comunione con Lui e con i fratelli, è sospinto a dare a tutta la sua vita una forma eucaristica. E questo perché nell’Eucaristia si esprime in modo eminente quella che Fides et ratio chiama la “ratio sacramentalis della rivelazione” (FR 13). Essa consente al fedele di scoprire che, attraverso tutte le circostanze e tutti i rapporti di cui è obiettivamente costituita l’esistenza umana, l’evento di Gesù Cristo chiama la sua libertà ad un progressivo coinvolgimento con la vita della Trinità»ۚ[40].

2. Forma eucaristica come forma comunionale

Non potrà certo sfuggire alla riflessione teologica e alla preoccupazione pastorale della Chiesa che il sacramento dell’Eucaristia si presenta come sacramento della comunione. In esso l’esistenza cristiana è collocata in adeguata relazione con Dio e con quanti sono stati afferrati e resi partecipi del medesimo mistero di grazia. L’Eucaristia esplicita in tal modo la capacità del dono del Deus Trinitas di fondare un nuovo genere di relazione tra le persone. Nella celebrazione eucaristica si mostra con tutta evidenza come l’accesso alla verità di Dio si dà solo nella comunione. Questo dato intercetta una problematica antropologica decisiva – quella della relazione tra persona e comunità – e la pone obiettivamente in rapporto con la vita dell’Unitrino[41]. L’Eucaristia, infatti, mostra che la nostra libertà è chiamata ad esprimersi nell’essere-con e nell’essere-per l’altro[42].

La polarità “persona / comunità” costituisce da sempre una polarità drammatica con la quale la libertà dell’uomo deve confrontarsi. Chiunque viva attento alla propria condizione umana sa quanto la drammaticità di tale polarità sia esposta alla alternativa tra l’autochiusura narcisistica e l’estraneazione alienante. La libertà incompiuta e ferita dell’uomo porta a vivere, a volte in modo tragico, tale alternativa. Del resto, la storia del Novecento, con i suoi totalitarismi collettivistici ed i suoi individualismi libertari, è lì a ricordarcelo.

In definitiva possiamo dire che nel rapporto con il tu indeducibile dell’altro, la relazione tra la libertà creaturale ed il reale deve fare i conti con una delle sue espressioni più drammatiche. L’evento di Cristo, nella forma della kenosi gloriosa (cfr. Fil 2, 5-11), non ha evitato questa drammaticità propria dell’esistenza di ogni uomo; al contrario Egli l’ha assunta fino in fondo all’interno della forma trinitaria della Sua vita. La tensione tra persona e comunità, ultimamente, non può trovare risposta se non nel mistero della comunione. Ebbene questa ha il suo archetipo nel principio trinitario della differenza nell’unità, per cui ogni divina Persona è perfettamente e compiutamente Se stessa nell’essere per l’Altra. Certamente all’umano non è data la possibilità radicale dell’estasi propria delle Persone divine. Tuttavia, l’uomo può partecipare a tale mistero mediante quella comunione che ha proprio nell’Eucaristia la sua radice profonda[43]. Nel segno eucaristico, infatti, si offre alla libertà umana la verità di Dio nella forma della comunione. Da ciò consegue l’impossibilità di accedere alla verità se non nella forma della appartenenza ecclesiale[44].

La celebrazione eucaristica diviene così paradigmatica della dimensione comunionale della vita cristiana: qui infatti ognuno è chiamato personalmente a partecipare al divino banchetto, trovandosi nel contempo parte di una assemblea che è “una sola cosa” in Cristo (cfr. 1Cor 11). È nella comunione eucaristica che si esprime sacramentalmente l’essere della Chiesa come «popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»[45].

Pertanto, nell’Eucaristia il dono trinitario consente alla nostra libertà di aprirsi al rapporto con l’altro, senza perdersi e senza ridurre l’altro alla propria misura. La relazione con l’altro diventa in tal modo quasi sacramento del mistero trinitario che, nell’insuperabile dato della differenza, si offre a ciascuno di noi.

3. Dono trinitario e responsabilità sociale e cosmologica

È così posta la premessa per scoprire come il dono eucaristico abiliti la libertà credente a vivere in pienezza anche la responsabilità sociale, senza l’ombra di artificiosi dualismi e di estrinsecismi. Quando il cristiano si impegna con i diversi aspetti della vita associata che quotidianamente condivide con i suoi fratelli uomini, non avrà bisogno di mettere tra parentesi la propria fede e nemmeno di ridurla a “pretesto”, da lasciarsi alle spalle nel concreto dell’azione sociale. Come la dimensione antropologica, anche la dimensione sociale è implicata nel sacramento eucaristico grazie alla sua capacità di conformare l’esistenza del credente alla comunione ecclesiale dentro le circostanze del vivere comune. La libertà che ospita il dono di Cristo, fatto dalla Santissima Trinità e celebrato nella liturgia eucaristica, saprà riconoscere che in ogni circostanza anche di tipo sociale, anche la più complessa, contraddittoria o avversa, si offre il fondamento (Trinità) che chiama alla testimonianza di una vita redenta ed eucaristicamente formata[46]. La parola testimonianza lascia ovviamente aperto tutto il rischio della libertà. Le circostanze infatti sono sempre storicamente determinate e perciò ultimamente indeducibili.

In sintesi, nelle implicazioni sociali del sacramento dell’Eucaristia possiamo trovare un’ultima verifica dell’orizzonte sacramentale dell’economia della salvezza e della intera rivelazione cristiana: senza l’impegno della propria libertà con il gesto sacramentale non si può cogliere il valore sacramentale (in senso analogico) delle circostanze esistenziali date. D’altra parte, senza l’impegno reale della libertà esigito dalle circostanze, sarà impossibile cogliere la densità esistenziale del mistero eucaristico stesso.

Analoghe riflessioni possono essere fatte in merito alle implicazioni cosmologiche del mistero eucaristico. Afferma in proposito Benedetto XVI: «Le giuste preoccupazioni per le condizioni ecologiche in cui versa il creato in tante parti del mondo trovano conforto nella prospettiva della speranza cristiana, che ci impegna ad operare responsabilmente per la salvaguardia del creato. Nel rapporto tra l’Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l’unità del disegno di Dio e siamo portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la “nuova creazione”, inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo»[47].

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