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In memoria di Paolo VI servo di Dio

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2008 12:24
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10/12/2008 12:24

Presentato a Milano il libro che raccoglie i testi del cardinale Martini su Papa Montini

Paolo VI
«uomo spirituale»


di Alberto Manzoni

Milano, 3. "È stato probabilmente un atto di audacia e di temerarietà, quello dell'amico professor Marco Vergottini, di chiamare a parlare una persona anziana, che non sa se potrà esprimere bene le cose. È stato anche un atto di fiducia, per cui lo ringrazio vivamente". L'emozione è forte in tutti quando prende la parola il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, a conclusione della presentazione del volume Paolo VI "uomo spirituale", che raccoglie i suoi testi su Papa Montini, edito a cura dell'Istituto "Paolo VI" di Brescia ("Quaderni dell'Istituto", n. 27) e delle Edizioni Studium di Roma. Il libro ed il suo autore sono protagonisti, giovedì 2, presso il centro "San Fedele", nella omonima piazza milanese. Qui ci sono i padri della Compagnia di Gesù, l'ordine a cui Martini appartiene e che gestisce anche la sede di Gallarate (Va), dove il porporato da qualche mese si è trasferito, lasciando l'amata Gerusalemme.
L'emozione "si sente" anche perché l'arcivescovo emerito parla apertamente della propria salute che declina. E poi perché questo momento richiama alla mente altri eventi, come il recente ricordo (6 agosto) del 30º anniversario della morte del servo di Dio Paolo VI - Giovanni Battista Montini, predecessore di Martini sulla cattedra di Ambrogio prima di essere successore di Pietro. L'emozione è confessata dallo stesso cardinale, che arriva puntuale attorno alle 18 nell'auditorium gremito. Qui, accolto da un lungo applauso, scruta i visi dei presenti:  molti sono quelli conosciuti nei ventidue anni e mezzo del suo episcopato (1980-2002); e dice di sentirsi "in una fornace di emozioni, perché ogni persona che vedo ricorda tanti bellissimi momenti e mi riempie il cuore di grandi sentimenti, soprattutto di quello fondamentale del ringraziamento", così presente nella Bibbia. Ringrazia perché "voi, con tanti gesti di bontà, di amore, di obbedienza, di ascolto, mi avete costruito come persona. Quindi io devo moltissimo a voi, arrivando alla fine della mia vita". Fra gli intervenuti, numerose sono le autorità civili e religiose, fra cui i vescovi di Pavia, Giovanni Giudici, e di Lodi, Giuseppe Merisi, - entrambi di origine ambrosiana - e l'ausiliare di Milano Erminio De Scalzi. L'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, fa pervenire un cordiale ed affettuoso messaggio augurale.
I ricordi personali ben si inseriscono nel tema della serata. Il libro, frutto dell'accuratissimo lavoro del professor Vergottini - "capolavoro di critica testuale" lo definisce il cardinale -, contiene trenta testi di diversa lunghezza e origine:  discorsi, articoli, relazioni; più un inedito Affidamento totale a Dio. Rileggendo il "Pensiero alla morte" di Paolo VI, scritto a Gerusalemme in febbraio. E proprio con quel Pensiero alla morte, letto dall'attore Ugo Pagliai, si concluderà l'incontro.
Il cardinale Martini parla dopo Giuseppe Camadini, presidente dell'Istituto "Paolo VI" di Brescia, Vergottini - che firma anche l'introduzione al volume - e il vescovo ausiliare Franco Giulio Brambilla, vicario episcopale in diocesi per la Cultura e preside della Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale. Camadini ricorda le occasioni nelle quali il cardinale Martini accettò di intervenire ad iniziative dell'istituto bresciano. Il curatore dell'opera, dal canto suo, ne espone in sintesi il piano, cui si riferisce anche il relatore seguente, suddividendo i contributi in due gruppi - quelli relativi alle grandi intuizioni montiniane ed i testi "occasionali" - oltre all'Affidamento sopra citato.
Al vescovo ausiliare, in effetti, è affidato il compito più consistente:  vedere il rapporto tra Montini e Martini nei motivi della diversità e della affinità. Sembrerebbe - esordisce monsignor Brambilla riprendendo il curatore - che la vicinanza fra i due arcivescovi ambrosiani stia nei cognomi così simili:  per il resto, appaiono "troppo diversi i contesti storico-ambientali, troppo differente la tradizione teologico-spirituale, troppo diseguali gli uffici esercitati prima dell'episcopato, distinti gli interessi personali, [...] infine incomparabili le due personalità per doti, sensibilità, esperienza credente e stile del linguaggio".
Dove sta, dunque, l'affinità? "È indicata nel titolo della raccolta - dice il presule -. Martini interpreta proprio la falda più profonda della personalità di Montini come "uomo spirituale", un'umanità resa trasparente dallo sguardo dello Spirito, che mette in contatto vivo la singolarità del Mistero cristiano con l'attesa dell'uomo moderno in struggente ricerca di sé". I testi del cardinal Martini segnalano tre grandi aspetti della figura di Montini-Paolo VI, "uomo di Chiesa, del Concilio, della Luce". E la "parentela spirituale" fra i due non avviene "nonostante" le diversità, ma proprio "attraverso" di esse. Citando qualche "folgorante" frase di un "Martini d'annata", il vescovo trova nel paradosso del "diverso nel comune" il nodo che unisce due personalità capaci di cultura vera, comprensibili sia in ambito dotto sia in riferimento alle vicende quotidiane, "liberati" anche da clichés superati. Nel commentare il Pensiero alla morte di Paolo VI, Martini esprime una sua sensibilità rispetto alla bellezza del mondo, sottolineando l'importanza del fatto che esso "sia stato creato e amato da Dio e sia stato creato in Cristo". Se Montini indicava nell'incontro con Cristo l'evento più grande della vita, Martini concorda ma specifica, e si dice portato "ogni giorno di più a vedere la creazione come immersa nel grande movimento che va verso il Cristo totale". Il vescovo Brambilla conclude con "lo stupore grato che chiede al Signore di non lasciare mancare alla Chiesa e al mondo uomini spirituali così".
Pure il cardinale Martini, dopo aver dato voce alle emozioni di cui s'è detto, parte dal citato motivo "diversità-affinità":  "Certo, io mi sono sentito sempre molto diverso da Montini, non ho mai pensato di imitarlo, ma ne sono stato stimolato molto. Sono stupito delle tante cose che ho detto su Montini. Come dice san Giovanni, molte altre si potrebbero aggiungere". Perciò il porporato sceglie di limitarsi ad alcuni tratti distintivi del servo di Dio, prendendo spunto anche da episodi risalenti agli anni in cui il padre Martini era rettore del Pontificio Istituto Biblico:  "Montini era molto timido e schivo. Dopo un'udienza a dei professori il segretario monsignor Pasquale Macchi raccomandò:  "Non avvicinatevi al Papa, bisogna lasciargli spazio e che lui cominci a parlare con ciascuno"". Questo era il suo stile, "non era tanto l'uomo per le masse, ma l'uomo del dialogo personale. Aveva una capacità di ascolto straordinaria. Io ancora mi stupisco vedendomi vicino a lui, mentre gli parlo, e lui quasi trattiene il respiro per cogliere bene ciò che gli si dice". Si può descriverlo, insomma, come "l'uomo dell'ascolto del singolo, che cercava di cogliere le sfumature della identità personale. La timidezza era un altro aspetto della sua capacità di ascolto". Il cardinale ricorda, ancora, "il suo riserbo ed il rispetto per il lavoro dei competenti". Aggiunge che lo sentì un po' come un padre, quando in circostanze concrete si rese conto di necessità impellenti e quindi provvide in merito. Infine, ricorda "la sua prudenza e delicatezza", che gli faceva ascoltare pareri e consigli per prendere le decisioni più opportune.
Infine il cardinale Martini sottolinea in modo umanissimo e drammatico un'altra "differenza" rispetto a Montini e nello stesso tempo un motivo per trovarselo ancora vicino:  "Il Pensiero alla morte, che ascolteremo fra poco, splendida chiusura di questo momento intenso, ritengo che sia stato scritto vari anni prima della morte, quando egli sentiva la morte come tutti la sentiamo, incombente ma non imminente. Invece io mi trovo a riflettere nel contesto di una morte ormai imminente:  sono più o meno nell'ultima sala di aspetto. E mi accorgo, allora, che se dovessi scrivere, non lo scriverei così".
Si tratta, infatti, di un testo "troppo bello, meraviglioso, lirico". Ma a chi si trova "dentro" situazioni estreme tocca piuttosto di "sentirsi scarnificato nelle parole, nei sentimenti. E si trova di fronte alla difficoltà che non ho ancora risolto - se qualcuno di voi mi dà un aiuto gli sarò grato -, cioè di come esprimere una realtà tutta negativa con parole razionali che sempre hanno bisogno di qualcosa di positivo". L'arcivescovo non nasconde, quasi in modo impietoso, una condizione come la sua:  "Mi trovo di fronte a questa esperienza, che è esperienza definitiva, conclusiva". E qui trova il dato di consolazione e di speranza:  "In questo mi ha aiutato Paolo VI, col suo testo, ma anche negli ultimi mesi della sua vita, quando l'ho visto cedere di fronte alla malattia. E chiedo per sua intercessione - conclude il cardinal Martini - di potere avere anche questo sguardo di verità".



(©L'Osservatore Romano - 4 ottobre 2008)
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