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Terzo giorno di raid su Gaza

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2009 16:58
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30/12/2008 16:51

Il confine con il Territorio palestinese dichiarato zona militare chiusa

Terzo giorno di raid su Gaza
Israele prepara l'offensiva terrestre


Tel Aviv, 29. L'esercito israeliano ha ripreso i raid contro la Striscia di Gaza. Fanteria e carri armati sono già arrivati al confine:  Tsahal è pronto per un'operazione terrestre. L'area intorno al confine con il territorio palestinese è stata dichiarata zona militare chiusa. Nella notte si sono susseguite decine di azioni contro il territorio palestinese. Hamas risponde con lanci di razzi, mentre dal nord Hezbollah minaccia di intervenire.
Due giorni di bombardamenti israeliani hanno provocato finora oltre 330 morti e circa 1.400 feriti. È il bilancio diffuso dal capo dei servizi di soccorso di Gaza, Moawiya Hassanein, secondo il quale tra le vittime vi sarebbero anche diversi bambini e civili, oltre ai miliziani di Hamas. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) riferisce che sono 51 i civili uccisi. Le autorità dello Stato ebraico hanno disposto oggi l'apertura temporanea soltanto del valico di Kerem Shalom per consentire il passaggio di rifornimenti destinati alla popolazione.
Gli ultimi obiettivi colpiti dalle bombe israeliane sono stati l'università islamica e il cosiddetto "ministero degli interni" di Hamas. Distrutta anche una casa accanto all'abitazione del leader dell'organizzazione, Ismail Haniyeh. Come gli altri leader del movimento, Haniyeh si è nascosto in una località segreta dopo l'inizio dei raid. Gli scontri intanto si allargano alla Cisgiordania:  due palestinesi hanno ferito a coltellate questa mattina quattro israeliani nell'insediamento di Qiryat Sefer, vicino a Ramallah.
In seguito all'incremento delle violenze, l'Autorità palestinese ha annunciato la sospensione dei negoziati con Israele. "Non ci saranno trattative fino a quando non smetteranno di attaccarci", ha detto oggi a Ramallah il capo negoziatore palestinese Abu Ala. Sulla stessa linea la Siria:  il ministro degli Esteri di Damasco, Ali Babacan, ha definito impossibile la continuazione del dialogo indiretto con lo Stato ebraico, avviato da circa un anno grazie alla mediazione della Turchia, se le violenze continueranno.
Intanto, però, il ministero degli Esteri del Senegal ha reso noto - come riferiscono le agenzie di stampa internazionali - che il capo dell'ufficio politico di Hamas, Kaled Meshaal, sarebbe pronto a firmare un cessate il fuoco sulla base della mediazione senegalese e in un luogo scelto di comune accordo tra le due parti in causa.
In Israele i toni sono durissimi. Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha definito quella contro Hamas una "guerra totale" destinata a prolungarsi. "Vogliamo infliggere un duro attacco ad Hamas e per cambiare la situazione nel Sud di Israele", ha detto Barak. "Eviteremo - ha precisato - di colpire i civili mentre la gente di Hamas e gli altri terroristi si nascondono deliberatamente e operano tra la popolazione civile". Anche il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha tenuto a sottolineare che Israele vuole "colpire Hamas non i civili" e che lo fa non perché "il mondo ce lo chiede ma perché è un valore in cui crediamo". Livni ha detto di non volere "un'offensiva prolungata, ma se tutti gli altri mezzi si rivelassero inefficaci per fermare i lanci di razzi saremo costretti ad utilizzare tutti i mezzi a disposizione" incluso un attacco di terra. Questa eventualità, ha aggiunto, "dipende da Hamas".
Per tutta la giornata di ieri i caccia di Tsahal hanno bombardato decine di obiettivi di Hamas fra cui caserme, depositi di munizioni, zone di lancio di razzi e tunnel al confine con l'Egitto utilizzati - secondo gli analisti israeliani - per introdurre nella Striscia armi e generi di consumo. Il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin Al Qassam, ha risposto martellando con razzi e colpi di mortaio le retrovie israeliane:  gli ordigni sono stati complessivamente oltre 150. Per la prima volta i miliziani hanno fatto ricorso anche ai razzi Grad potenziati, dotati di una gittata di oltre quaranta chilometri. Hanno raggiunto così la periferia di Ashdod, una città di oltre duecentomila abitanti parte dei quali vivono delle attività del porto. Se questo diventasse un obiettivo di Hamas, il traffico commerciale ne risentirebbe duramente. Anche Beer Sheva, la principale città del Neghev, si trova sotto il fuoco palestinese. Complessivamente - riferiscono fonti di stampa - oltre mezzo milione di israeliani devono prestare la massima attenzione alle sirene di allarme.



(©L'Osservatore Romano - 29-30 dicembre 2008)
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