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Il terremoto devasta L'Aquila e provincia

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2009 06:32
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11/04/2009 13:20

L'omelia del segretario di Stato alle esequie per le vittime del terremoto in Abruzzo

Dalle macerie rinascerà un popolo
tante volte provato nella storia


Pubblichiamo il testo dell'omelia pronunciata dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, nel corso delle esequie per  le vittime  del terremoto in Abruzzo celebrate a L'Aquila nella mattina di venerdì 10.

"Stavano sotto la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala...". Queste parole dell'evangelista Giovanni, testimone addolorato della crocifissione di Cristo, sembrano ritrarre lo stato d'animo che riviviamo questa mattina anche noi. Con immensa pietà ci siamo stretti idealmente attorno alle tante vittime non solo della città, della provincia, ma anche di tante altre parti, e anche di altre nazioni, vittime strappate immaturamente ai loro familiari da una morte crudele. E ci siamo stretti alle tante famiglie rimaste senza casa, prive delle cose più care. Ci ritroviamo qui per un atto di omaggio e di compianto, ma soprattutto per una celebrazione di preghiera. È il mistero della morte che ci riunisce, che ci fa inginocchiare davanti a Dio, ci fa adorare la sua volontà, ma che ci immerge nel suo amore eterno nella prospettiva dell'immortalità. Siamo qui per pregare l'Autore della vita, sorretti dalla certezza, come afferma la Parola di Dio, che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio buono e misericordioso.
"Stavano sotto la croce"... Accanto a queste bare, come accanto alla croce di Gesù, stanno afflitti e sgomenti i parenti, gli amici, i conoscenti. A testimoniare la solidale presenza dell'intero popolo italiano ci sono le molte autorità civili e militari a cominciare dal signor Presidente della Repubblica, dai presidenti delle Camere, dalle altre autorità istituzionali, con il Capo del Governo. Ci sono, vorrei dire specialmente, i responsabili di questa regione, provincia e città, alcuni dei quali piangono i loro parenti e congiunti in queste bare; ci sono i volontari di tante associazioni venuti da ogni parte d'Italia, uomini e donne dell'esercito, della Protezione Civile, della Croce Rossa, i Vigili del fuoco. Come non ricordare uno di loro, Marco Cavagna, il pompiere-papà di Treviolo, venuto da Bergamo e qui colpito da infarto mentre cercava di salvare tante vite! C'è il Pastore di questa Chiesa e i suoi sacerdoti, che condividono assieme a voi l'esperienza di essere stati spogliati di tutto. Ci sono tanti Pastori delle Chiese vicine. In questa vostra città e nei paesi che hanno conosciuto momenti difficili nella loro storia, si raccoglie oggi idealmente l'Italia intera, che ha dimostrato, anche in questa difficile prova, quanto siano saldi i valori della solidarietà e della fraternità che caratterizzano la nostra Italia. Accanto a voi, cari fratelli e sorelle, c'è il Santo Padre Benedetto XVI che sin dai primi momenti non ha smesso di pregare per voi, e che oggi ha voluto farsi particolarmente vicino, oltre che con la presenza mia e del suo segretario particolare, anche con il messaggio che abbiamo ascoltato.
Ci inchiniamo dinanzi all'enigma indecifrabile della morte che però è anche un'occasione preziosa per capire quale sia il valore e il senso vero della vita. La morte ci fa toccare con mano che tutto in un attimo può cessare - cose, progetti. Tutto finisce; solo resta l'amore, come mi diceva un'anziana professoressa stamattina nell'ospedale da campo. Solo resta l'amore e tutto supera l'amore. Resta solo Dio che è amore. In quest'ora di dolore e di smarrimento, è la Parola di Dio a sostenerci e a confortarci, assicurandoci che nulla può cancellare la forza dell'amore. Nulla può contro l'amore. A tenerci uniti nel nostro cammino verso l'Eternità è la consolazione che ci viene dalla fede, il dolce sollievo che ci può procurare l'incontro con l'Uomo della Croce, quella vicinanza amorevole con tutti i crocifissi della storia che stanno attendendo l'inaugurazione della Gerusalemme Celeste dove tutte le cose ritrovano la loro bellezza originaria e dove le lacrime verranno asciugate e "non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate" (cfr. Apocalisse, 21). Penso a tutto questo e sento rinascere la speranza nel cuore perché s'avverte già nell'aria che sotto le macerie c'è la voglia di ripartire, di ricostruire, di tornare a progettare e a sognare. Scriveva il profeta Isaia (61,4):  un giorno "ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate" - la città de L'Aquila, come la città di Avezzano, come gli altri paesi. E si tornerà con più forza, con più coraggio a ridare vita a questi luoghi; con la forza e la dignità d'animo che vi contraddistingue.
Quest'oggi, Venerdì Santo, tutta la Chiesa piange il suo Re Crocifisso. Dopo quell'urlo sulla croce - "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (Marco, 15, 34) - rimase il silenzio. Un silenzio lungo e faticoso, pieno di dubbi e d'angoscia. Il silenzio dell'uomo invaso dal dolore di fronte al silenzio di Dio. Dio può sembrare assente e il dolore può apparire una forza bruta e senza senso, le tenebre degli occhi pieni di lacrime possono oscurare anche i più timidi raggi di sole e di primavera. Eppure è proprio mentre si fa provocatrice la domanda:  "dov'è il tuo Dio?" (Salmi, 42, 4) che sentiamo emergere dal profondo la certezza dell'intervento amorevole di Dio che si fa cuore, mani, aiuto. Aiuto costante, aiuto presente. Il nostro è un Dio che ha passione per l'uomo; un Dio che soffre con noi e per noi; un Dio che sceglie il silenzio per accasarsi tra le braccia di chi, soffrendo, si sforza di tenere accesa la fiaccola della speranza.
Cari fratelli e sorelle, dopo il silenzio di questo Triduo che tanto c'interroga, dopodomani celebreremo la Pasqua. Sarà la vostra Pasqua, una Pasqua indimenticabile, ma una Pasqua che rinascerà ancora una volta dalle macerie di un popolo tante volte provato nella sua storia. E sarà come nascere una seconda volta, all'ascolto delle parole dell'Angelo pasquale:  "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto" (Matteo, 28, 5).
Riprendiamo dunque il cammino, fratelli e sorelle, insieme a Maria, portando insieme il dolore dell'incolmabile assenza dei defunti, con una presenza più assidua, fraterna e amichevole presso le loro famiglie, ancor più autenticamente diventate le nostre famiglie, nella grande famiglia dei figli di Dio. Grazie all'aiuto materno della Madonna cercheremo di trarre dalla morte una lezione di vita autenticamente cristiana. E sorretti dalla sua intercessione non temeremo le difficoltà che pure sono davanti a noi. Ci aiuti Lei, la Stella della Speranza, a conservare salda la fiducia in Dio e in noi stessi, certi che un giorno rivedremo anche questi nostri cari defunti che ci hanno preceduti nella corsa verso il Cielo. Per essi ripetiamo la preghiera che tante volte abbiamo recitato:  "L'eterno riposo dona loro, o Signore. E splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen".



(©L'Osservatore Romano - 11 aprile 2009)
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