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La fobia del lògos paralizza il pensiero contemporaneo

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2009 07:52
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06/05/2009 07:52

Tommaso d'Aquino e Jacques Maritain

La fobia del lògos paralizza il pensiero contemporaneo


Nell'ambito delle lezioni della cattedra "San Tommaso e il pensiero contemporaneo" istituita presso la Pontificia Università Lateranense, il 6 maggio si tiene un incontro sul tomismo di Jacques Maritain. L'autore ne ha sintetizzato i contenuti per il nostro giornale.

di Antonio Livi


Jacques Maritain è uno dei filosofi cristiani del Novecento che hanno saputo rilevare nella teologia cattolica l'uso indebito di sistemi di pensiero incompatibili con la fede. Come è avvenuto anche nel caso di altri filosofi (Gilson, Pieper, Sciacca, Fabro, Guitton, Hildebrand), il suo intervento in questa delicata problematica - che riguarda non solo i rapporti tra ragione filosofica e riflessione sulla fede ma anche il giudizio teologico sulla modernità - è stato contestato da taluni teologi, ma ha trovato accoglienza presso altri, a cominciare da Charles Journet, il celebre autore de L'Eglise du Verbe Incarné, il quale fu molto vicino a Paolo vi durante i lavori del Vaticano ii. Nel 1965, il messaggio del concilio agli intellettuali fu consegnato in piazza San Pietro proprio a Maritain, il quale pochi mesi dopo pubblicò Le Paysan de la Garonne, critica filosofica dell'interpretazione del concilio che la teologia progressista andava proponendo come radicale riforma della fede cristiana. Gli storici della Chiesa hanno inoltre accertato che nel 1967, quando Paolo vi progettò la pubblicazione di un Credo del Popolo di Dio in occasione dell'Anno della fede, la bozza del documento fu redatta proprio da Maritain per incarico di Journet, il quale ritenne che il rigore epistemologico del filosofo francese potesse fornire al Magistero un contributo di chiarezza concettuale nel momento in cui alla Chiesa interessava presentare gli esiti del Vaticano ii nel loro vero contesto storico di rinnovamento nella continuità.

Nato a Parigi (1882) da famiglia protestante, Maritain si era formato alla Sorbona, che era allora il regno del positivismo, avverso alla religione e alla metafisica. Ma all'università conobbe la poetessa ebrea Raïssa Umanzof, che lo indusse a frequentare i corsi del filosofo ebreo Henri Bergson al Collège de France. Una volta sposata Raïssa, assieme a lei si fece battezzare nella Chiesa cattolica (1906), dopo di che il teologo domenicano Réginald Garrigou-Lagrange lo avviò allo studio di Tommaso d'Aquino. Il suo primo intervento nella questione del giudizio teologico sulla modernità filosofica fu Antimoderne, del 1922, nel quale faceva riferimento all'enciclica Aeterni Patris di Leone xiii:  "Si vuole far credere agli sprovveduti che le conclusioni contrarie al dogma alle quali pervengono (alcuni teologi) sono la conseguenza dell'aver essi adottato le categorie della scienza, che sarebbe sempre "imparziale"; ma la verità è che si tratta di errori presenti fin dal principio, frutto di una metafisica, spesso adottata inconsapevolmente, che altro non è se non un mero rivestimento intellettuale della vanagloria (...) Papa Leone xiii lo ha detto in una celebre enciclica:  la scienza del fisico e quella del teologo non possono essere in contraddizione l'una con l'altra, perché ambedue provengono dalla verità. Ovviamente, questa affermazione va intesa così:  la scienza non può mai contraddire la fede, a condizione che la scienza sia elaborata in buona fede. Ora, questa sedicente scienza che si dichiara neutrale, ma fin dal principio si mette surrettiziamente al servizio di una metafisica che nega e contraddice la fede, per poi spacciare le ipotesi di questa metafisica per risultati della sua ricerca, non è certamente in buona fede" (Antimoderno, Parigi 1922). Nel 1924, nel saggio sui Trois réformateurs:  Luther, Descartes, Rousseaux, Maritain cercò di dissuadere i cattolici del suo tempo dall'aderire acriticamente a correnti filosofiche che avevano come progetto e come risultato storico la riforma del cristianesimo in senso secolaristico.

Ma è nel 1965, con Le Paysan de la Garonne, che Maritain entra in pieno nel dibattito sul discernimento di fede riguardo alla filosofia e rileva certe tendenze neo-modernistiche presenti nella cosiddetta teologia conciliare. Molti critici, che lo avevano considerato un progressista per la sua interpretazione positiva della civiltà moderna e per le sue idee sulla democrazia (cfr. Humanisme intégral, del 1936), cambiarono opinione e lo etichettarono come reazionario.

In effetti, se dal punto di vista "politico" il suo pensiero può sembrare come una successione di conversioni ideologiche, dal punto di vista propriamente "teoretico" la sua intenzione costante è invece la difesa dell'autonomo formale della ragione, condizione necessaria per "philosopher dans la foi". La critica del metodo fenomenologico di Husserl e di Heidegger, come anche la proposta di un tomismo genuinamente esistenziale, sono espressioni coerenti del suo impegno per dimostrare che la metafisica, superficialmente liquidata da molti teologi, è indispensabile per trovare una adeguata giustificazione epistemica a ogni pretesa di verità. Di qui la sua denuncia dei sistemi filosofici incompatibili con il metodo proprio della teologia, denuncia che va inquadrata nel contesto del confronto tra pensiero cristiano e pensiero "moderno" nel Novecento, quando alcuni filosofi cristiani, seguendo l'esempio di Vico e di Rosmini, tentano uno svolgimento autonomo delle istanze speculative moderne, in piena armonia con la loro fede nella Rivelazione, mentre altri tentano varie forme di "concordismo" e altri ancora si impegnano in una radicale contestazione della filosofia immanentistica, riproponendo il pensiero di Tommaso d'Aquino e dialogando da questa posizione con le filosofie moderne.

Quest'ultima posizione è quella nella quale si ritrova Maritain, dichiaratamente distante dalla prima posizione (rappresentata da scuole come la "philosophie de l'esprit", lo spiritualismo cristiano, l'esistenzialismo cristiano, la fenomenologia e l'ermeneutica) e dalla seconda (che rientrerà in vari modi nella generica denominazione di modernismo o in quella equivalente di progressismo).
Come ha osservato Del Noce, "il fatto che si sia prodotto il fenomeno del nuovo modernismo, o che abbia assunto le dimensioni che sappiamo, anziché conseguire a incertezze del pensiero di Maritain deve piuttosto essere collegato a quello che la sua lezione, per ciò che almeno è della sostanza, venne frainteso".



E infatti:  se ben si guarda, il nuovo modernismo è la continuazione di quello stesso pensiero che dominò ampie sfere negli anni Trenta, affermato però oggi in forma rovesciata, in dipendenza del rovesciamento del corso storico. Al collegamento con certe posizioni moderne si è sostituito quello con altre, e sia pur opposte, posizioni moderne; al collegamento con un anticristianesimo, che poteva apparire antimoderno si è sostituito quello con un altro anticristianesimo, moderno e progressivo (...) Il processo che si sta ora svolgendo avviene in una forma che Maritain non aveva certo potuto prevedere, ma che è in piena concordanza con le sue vedute, e che verifica i pericoli che vi erano implicitamente indicati. Sotto questo riguardo si vede come il suo pensiero non soltanto sia continuabile, ma "debba esserlo, da coloro almeno per cui il pensiero metafisico e religioso non rappresenta uno stadio destinato a essere storicamente oltrepassato" ("L'unità del pensiero di Jacques Maritain", L'Europa, 1973). Ancora oggi chi legga senza prevenzioni le ultime opere di Maritain e rilegga poi gli scritti anteriori ha modo di apprezzare la coerenza della riflessione maritainiana sul senso dell'essere, nella quale è fondamentale la tesi della capacità della ragione umana di attingere immediatamente - anteriormente a ogni discorso analitico - l'essere degli essenti, inteso come evidenza di significato (intelligibilità) e allo stesso tempo come inesauribilità di senso (problematicità).

Si tratta della fondazione realistica del pensiero, che implica la nozione di realtà come mistero, dalla quale muove la ricerca di Dio. Questa tesi è di carattere esistenziale per due motivi:  anzitutto, perché implica l'assunzione dell'attualità (esistenza, storia, fattualità) come punto di partenza della riflessione razionale, unitamente alle nozioni astratte e universali (logica delle essenze); secondariamente perché in questa certezza primordiale della ragione intuitiva l'uomo coglie il senso della sua esistenza come "essere-nel-mondo" e come "essere-per-la-morte".

Da entrambi questi aspetti scaturisce il valore teologico del realismo metafisico:  esso solo, infatti, consente di risalire al fondamento e al senso ultimo dell'esistenza, cioè a Dio.
È significativa l'insistenza e la precisione epistemologica con le quali Maritain ricorda il valore aletico di quella "pre-filosofia spontanea che si esprime attraverso il linguaggio del senso comune" (Il contadino della Garonna, Morcelliana, Brescia 1966, p. 30), individuando proprio nella negazione di questo valore la "logofobia" di gran parte della filosofia contemporanea, che consiste nella perdita di fiducia "non solo nel sapere filosofico, ma nella pre-filosofia spontanea che è per l'uomo come un dono di natura incluso nell'equipaggiamento di prima necessità che si chiama senso comune". Maritain è dunque un filosofo autenticamente moderno, perché moderna è la nozione di "senso comune", chiave di volta della critica razionale del cartesianesimo elaborata da un'importante filone speculativo (Pascal, Buffier, Vico, Reid, Balmes, Rosmini) che oggi si ricongiunge con il pensiero post-moderno, con la filosofia analitica e con il recupero di una metafisica non razionalistica. Notevole è il valore di tale impostazione ai fini di una plausibile fondazione della teologia naturale, ossia in merito alla questione dei "praeambula fidei" (cfr. Premesse razionali della fede. Teologi e filosofi a confronto sui "praeambula fidei", Città del Vaticano, Lateran University Press, 2008); scrive infatti Maritain:  "Come potremmo noi poveri uomini, così poco dotati di intelligenza, arrivare a conoscere con piena certezza, mediante la fede, la Verità soprannaturalmente rivelata, alla quale l'intelletto umano non è proporzionato, se non potessimo conoscere con piena certezza le verità d'ordine razionale, alle quali esso è invece proporzionato?" (La signification de l'athéisme contemporain, Parigi, 1949).



(©L'Osservatore Romano - 6 maggio 2009)
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