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VII Domenica dopo Pentecoste

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2009 19:35
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18/07/2009 19:35

19 luglio 2009 – VII domenica dopo Pentecoste anno B

a cura di Don Raffaello Ciccone

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www.aclimilano.com

Lettura del libro di Giosuè10, 6-15

In quei giorni.

6

Gli uomini di Gàbaon inviarono allora

questa richiesta a Giosuè,

all’accampamento di Gàlgala: «Da’ una

mano ai tuoi servi! Vieni presto da noi a

salvarci e aiutaci, perché si sono alleati

contro di noi tutti i re degli Amorrei, che

abitano le montagne».

7

Allora Giosuè salì da Gàlgala con tutto

l’esercito e i prodi guerrieri,

8

e il Signore

gli disse: «Non aver paura di loro, perché

li consegno in mano tua: nessuno di loro

resisterà davanti a te».

9

Giosuè piombò su di loro all’improvviso,

avendo marciato tutta la notte da Gàlgala.

10

Il Signore li disperse davanti a Israele e

inflisse loro una grande sconfitta a

Gàbaon, li inseguì sulla via della salita di

Bet-Oron e li batté fino ad Azekà e a

Makkedà.

11

Mentre essi fuggivano dinanzi

a Israele ed erano alla discesa di

Bet-Oron, il Signore lanciò dal cielo su di

loro come grosse pietre fino ad Azekà e

molti morirono. Morirono per le pietre

della grandine più di quanti ne avessero

uccisi gli Israeliti con la spada.

12

Quando il Signore consegnò gli Amorrei

in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al

Signore e disse alla presenza d’Israele:

«Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla

valle di Àialon».

13

Si fermò il sole e la luna rimase immobile

finché il popolo non si vendicò dei nemici.

Non è forse scritto nel libro del Giusto?

Stette fermo il sole nel mezzo del cielo, non

corse al tramonto un giorno intero.

14

prima né poi vi fu giorno come quello, in

cui il Signore ascoltò la voce d’un uomo,

perché il Signore combatteva per Israele.

15

Giosuè e tutto Israele ritornarono verso

l’accampamento di Gàlgala.

Lettura del libro di Giosuè10, 6-15

La narrazione della battaglia di Gabaon esalta particolarmente la figura di Giosuè, che ha preso il

posto di Mosè nel condurre il popolo nella terra promessa. Il popolo, allora, ne ha fatto, per un

verso, un eroe di Israele e, per un altro verso, il garante dei popoli vicini che si sono accordati

con Israele. Egli è l'eroe nazionale, capace di sconfiggere le coalizioni dei re che si oppongono al

popolo di Dio ed è capace di vincere perché ha un rapporto con Dio profondamente fiducioso e

intimo.

Su questo testo si è discusso molto, già molti secoli fa, per quel comando che Giosuè fece al sole:

“Fermati, o sole”. Anzi fu preso come elemento discriminante di fede o di eresia rispetto alla

comprensione biblica, già nel 1600, quando furono discusse e condannate le tesi di Galileo. Il

racconto ci permette di ricordare che ogni opera letteraria va riletta e interpretata secondo i

linguaggi e gli stili correnti della cultura del tempo, altrimenti si rischia di farne una lettura

fondamentalista che non rispetta, certo, il senso più profondo di ciò che stiamo leggendo. Se

questo vale per tutti i testi e, in particolare per i testi che non ci sono familiari per conoscenza e

sensibilità perché lontani o perché antichi, tanto più tale problema si pone nella comprensione dei

testi della Sacra Scrittura.

Così una spiegazione possibile dello scritto deve comunque sempre ricordare che siamo in

presenza di un racconto epico particolare, che si avvicina molto più ad una manifestazione

poetica che non ad una spiegazione scientifica.

Può essere avvenuto che, a livello meteorologico, una particolare tempesta di grandine devastasse

la regione e uccidesse uomini e animali. Qualcuno parla anche di tempeste di meteoriti.

Circa il fatto del sole l'oscuramento della luce che durò 24 ore, durante la tempesta aveva fatto

pensare che il sole si fosse fermato. D'altra parte, nel mondo antico, spesso avvenimenti

atmosferici si legavano alla potenza della volontà di Dio. In questo caso, senza pensare a nessuno

sconvolgimento della natura, Dio è capace di esaudire la preghiera di un amico giusto e vuole

salvare il suo popolo

Tutto il testo vuole manifestare la forza della pienezza di Dio che, di fatto, è stato il vero

vincitore. Giosuè è semplicemente un uomo coraggioso e fedele che si è fidato di Dio, anche nei

momenti di particolare angoscia e di consapevole minoranza di fronte al pericolo.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

8, 31b-39

Fratelli,

31b

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?

32

Egli, che non ha risparmiato il proprio

Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi,

non ci donerà forse ogni cosa insieme a

lui?

33

Chi muoverà accuse contro coloro

che Dio ha scelto? Dio è colui che

giustifica!

34

Chi condannerà? Cristo Gesù

è morto, anzi è risorto, sta alla destra di

Dio e intercede per noi!

35

Chi ci separerà

dall’amore di Cristo? Forse la

tribolazione, l’angoscia, la persecuzione,

la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

36

Come sta scritto:Per causa tua siamo

messi a morte tutto il giorno, siamo

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 8, 31b-39

Il capitolo ottavo della "Lettera ai Romani" ha sviluppato la consapevolezza che noi, credenti,

abbiamo ricevuto la vita secondo lo Spirito e quindi siamo incoraggiati a camminare "non

secondo la carne ma secondo lo Spirito” di Gesù. In tal modo, dice Paolo, siamo veramente figli

di Dio ed abbiamo ricevuto uno Spirito da figli adottivi e non uno Spirito da schiavi. Ma nella

nostra vita, come la creazione stessa, stiamo soffrendo “l'impazienza" di un’attesa che manifesti

l'adozione a figli. E così, in mancanza di consapevole pienezza, temiamo poiché ci sentiamo

deboli. Ma è lo Spirito stesso che "intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili" (8,

26). Perciò, ci rassicura il testo che leggiamo oggi, la nostra attesa di gloria sarà esaudita perché

Dio è fedele e abbraccia tutti gli uomini. Noi amiamo Dio, dice Paolo, ma questo avviene perché

egli ci ha prima chiamati, ci ha conosciuti da sempre, ci ha predestinati ad essere secondo

l'immagine del Figlio suo, ci ha giustificati. E tutto questo tende alla glorificazione futura e piena.

Il Signore sta dalla nostra parte. Quindi, di che cosa dobbiamo avere paura?

Paolo, in un bellissimo "inno all'amore di Dio", in fondo, ci costringe a dover affrontare un

giudizio."Chi sarà contro di noi?"

Abbiamo un difensore, dice Paolo, contro cui nessuno può opporsi, ed è un difensore garantito: è

Dio stesso, perché per noi ha dato il proprio Figlio, e quindi è disposto a darci ogni cosa insieme

19 luglio 2009 – VII domenica dopo Pentecoste anno B

a cura di Don Raffaello Ciccone

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considerati come pecore da macello.

37

Ma

in tutte queste cose noi siamo più che

vincitori grazie a colui che ci ha amati.

38

Io

sono infatti persuaso che né morte né vita,

né angeli né principati, né presente né

avvenire, né potenze,

39

né altezza né

profondità, né alcun’altra creatura potrà

mai separarci dall’amore di Dio, che è in

Cristo Gesù, nostro Signore.

con lui.

Ma neppure Gesù ci condannerà, poiché Egli è morto, è risuscitato, sta alla destra di Dio e

intercede per noi.

San Paolo ripensa alla sua vita di credente e scopre che l’amore di Cristo (il soggetto attivo) non

vorrà che ci separiamo da lui in qualunque situazione critica della vita: “tribolazione,

angoscia…”. Non si tratta tanto della propria esperienza di lottatore e, quindi, della propria

fedeltà che non ha perduto la fede, ma di una vita travagliata (l’elenco è costituito di sette

elementi che sono praticamente, tutta la possibile indigenza umana) in cui il Signore non si è mai

allontanato. L’amore del Signore è più forte della nostra povertà, anche se in alcuni momenti

sembra che ci abbia abbandonato. Egli ci renderà più che vincitori. Poiché è presente, nulla potrà

farci paura.

Spesso avvenimenti, o fatti, ci suggestionano e vorrebbero distrarci dal Signore, ma Egli è la

solidità, il riferimento fondamentale all’amore di Dio e quindi è pietra su cui costruire.

L'elenco stavolta è di 10 elementi e rappresenta ciò che ha influsso e potere su di noi; ma “nulla,

poiché ci fidiamo di Lui, ci potrà mai separare dall'amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore”

(v 39).

Lettura del Vangelo secondo Giovanni.

16, 33 – 17, 3

In quel tempo.

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli:

33

Vi ho detto questo perché abbiate pace in

me. Nel mondo avete tribolazioni, ma

abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

17

1

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al

cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora:

glorifica il Figlio tuo perché il Figlio

glorifichi te.

2

Tu gli hai dato potere su ogni

essere umano, perché egli dia la vita eterna

a tutti coloro che gli hai dato.

3

Questa è la

vita eterna: che conoscano te, l’unico vero

Dio, e colui che hai mandato, Gesù

Cristo».

Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 16, 33 – 17, 3

Il testo scelto è la conclusione delle riflessioni di Gesù, sviluppate nel Cenacolo con i suoi

discepoli durante il banchetto pasquale ed è l'inizio della preghiera, detta "preghiera sacerdotale",

rivolta direttamente al Padre, che corona l’ultimo incontro con i suoi discepoli.

Ciò che Gesù ha detto, in precedenza, ora lo richiama nelle ultime raccomandazioni ai suoi e, in

particolare, garantisce l'ascolto da parte del Padre di ogni loro preghiera che vorranno fare, in

unione con Lui. "Vi assicuro: se chiederete qualcosa al Padre in mio nome, ve lo darà" (16,23).

E se i discepoli si complimentano con Gesù perché: "Ora si che parli chiaro senza usare

similitudini... noi crediamo che sei uscito da Dio" (16,29-30), Gesù reagisce dicendo: "Mi

abbandonerete, mi lascerete solo ma il Padre è con me" (v 32).

Il clima nel Cenacolo si è fatto incandescente e i discepoli, a questa ultima battuta, si sentono

sconcertati e impauriti. Allora, e questo è il testo di oggi, Gesù li garantisce che ha parlato non

per rifiutarli né per abbandonarli. Poiché saranno ancora più impauriti davanti ai fatti che si

succederanno tra alcune ore, Gesù dice che ha anticipato loro la conoscenza dei prossimi

avvenimenti perché, comunque, abbiano fiducia in Lui e in Lui trovino la pace. Gesù non li

sconfessa, ma anzi, con misericordia, garantisce che saranno generosi e coraggiosi discepoli. Egli

aiuta, però, nello stesso tempo, a non fermarsi alla tragedia della su condanna e ancor più della

sua crocifissione anche se, agli occhi di tutti, questi fatti sembreranno la sconfessione della sua

comunione con il Padre e , quindi, la sconfitta totale.

Ma agli occhi di Dio, ai suoi occhi, e agli occhi dei suoi discepoli tutto quello che avverrà sarà la

garanzia che Egli vince il mondo.

A questo punto Gesù si rivolge al Padre, ed è come se avesse ormai completato tutto il suo

itinerario che precede il tempo finale: "Padre, è giunta l'ora".

Per tutta la vita di Gesù, questa ora è rimasta come una stella polare su cui orientarsi, iniziando

già nella rivelazione a Cana di Galilea (Gv 2,4), al banchetto degli sposi. Questa "ora" è il tempo

della manifestazione dell'amore di Dio in Gesù, è il tempo della lotta contro il male che non sa

piegare il coraggio e la fedeltà di Gesù, è il tempo di una "assurda" misericordia del Padre che

non ferma, non castiga, né travolge coloro che stanno tentando di annullare il Figlio suo. Gesù

chiede che questo sia possibile nella sua morte. E la gloria di Dio si esprimerà proprio nella sua

capacità di affrontare e di vincere il male con l'amore.

Per questo la frase successiva esprime il significato della fede della Chiesa e quindi il vertice

della vita stessa: "Conoscere Te, Padre, e conoscere Gesù, il Figlio tuo".

Giovanni Paolo II, Lettera enciclica
Centesimus Annus (Nel centenario della Rerum Novarum), 1 maggio 1991, n 49 “Oltre alla famiglia,

svolgono funzioni primarie ed attivano specifiche reti di solidarietà anche altre società intermedie. Queste, infatti, maturano come reali

comunità di persone e innervano il tessuto sociale, impedendo che scada nell’anonimato e in un’impersonale massificazione, purtroppo

frequente nella moderna società. È nel molteplice intersecarsi dei rapporti che vive la persona e cresce la «soggettività della società».

L’individuo oggi è spesso soffocato tra i due poli dello Stato e del mercato. Sembra, infatti, talvolta che egli esista soltanto come produttore e

consumatore di merci, oppure come oggetto dell’amministrazione dello Stato, mentre si dimentica che la convivenza tra gli uomini non è

finalizzata né al mercato né allo Stato, poiché possiede in se stessa un singolare valore che Stato e mercato devono servire. L’uomo è, prima di

tutto, un essere che cerca la verità e si sforza di viverla e di approfondirla in un dialogo che coinvolge le generazioni passate e future”.

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