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Ultimo Aggiornamento: 21/07/2009 08:03
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21/07/2009 07:45

Inseguendo i sogni di Verne la Terra scoprì di essere il Pianeta blu


di Maria Maggi

Le immagini televisive erano ancora in bianco e nero, nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, quando vedemmo i due astronauti Neil Armstrong e Edwin Aldrin muoversi goffi, ma allo stesso tempo leggeri, sulla superficie lunare. Eravamo increduli, stupefatti. Con noi ventuno milioni di italiani - e centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo - rimasero incollati allo schermo. Testimoni del primo sbarco dell'uomo sulla Luna. Un evento storico.



Fu veramente un impegno colossale, costoso e difficile, iniziato otto anni prima quando fu dato il via al programma Apollo, con obiettivo l'allunaggio. Il presidente John F. Kennedy lo aveva annunciato al Congresso il 25 maggio 1961. Il lavoro compiuto dalla Nasa (Ente spaziale statunitense), che sfociò nella missione dell'Apollo 11, aveva però origini più lontane, come ricordò allora Wernher von Braun, artefice del grande razzo vettore Saturn V che condusse l'uomo  sulla Luna:  "Poggiava sulle basi gettate da Copernico, Galileo, Keplero e Newton e da tutti gli scienziati che li seguirono, fino a Tsiolkovski, Goddard e Oberth, ideatori dei principi basilari dell'astronautica".

Anche lo stimolo esercitato dai romanzi di Jules Verne sugli scienziati spaziali ebbe il suo peso.
Nel romanzo Dalla Terra alla Luna del 1865 lo scrittore francese aveva anticipato molte fasi dello storico allunaggio:  dal numero degli astronauti alla forma della navicella, dalla durata del viaggio alla temperatura della superficie lunare in ombra, dal divertimento dei cosmonauti a librarsi in assenza di peso ai cibi ridotti al minimo volume, dai numerosi strumenti per rilievi e ricerche fino al conto alla rovescia e al recupero in mare. Strabiliante è l'analogia riguardante l'ubicazione della base di lancio:  per Verne il cosmodromo si trovava a Stone's Hill presso Tampa in Florida. Nella realtà il razzo partì da Capo Kennedy a meno di cento chilometri da Tampa. La scelta di Verne non fu un caso, ma si basava su un importantissimo motivo scientifico:  Stone's Hill si trova a 27 e 7' di latitudine nord, ossia nella posizione ideale per effettuare un lancio perpendicolare al piano dell'orizzonte, verso lo Zenit. La Luna, infatti, sale allo Zenit soltanto nei luoghi situati tra 0 e 28 di latitudine e quindi la regione indicata dalla geografia e dall'astronomia per la costruzione di un cosmodromo è per gli Stati Uniti la Florida, oltre che il sud del Texas.

L'unico particolare differente fu che gli uomini spaziali di Verne non arrivarono a destinazione. La navicella entrò nell'orbita lunare e le girò intorno come un satellite per poi ritornare verso la Terra. Questo in realtà è ciò che fecero le missioni di preparazione che precedettero lo sbarco, Apollo 8 e Apollo 10.

Come si riuscì a mettere in atto il sogno futuristico di Verne? I razzi e la tecnologia per arrivare nelle vicinanze della Luna erano già disponibili all'inizio degli anni Sessanta. Il problema vero riguardò la programmazione dell'allunaggio e la ripartenza dal suolo lunare.

Dapprima furono esaminate tre possibilità. La prima prevedeva un lancio diretto verso la Luna con un razzo più potente di quelli dell'epoca:  l'intera navicella sarebbe atterrata sulla Luna e poi sarebbe ripartita verso la Terra. La seconda avrebbe richiesto il lancio di due razzi Saturn V, uno contenente la navicella, l'altro il propellente. La navicella sarebbe entrata in orbita e poi rifornita del propellente che le avrebbe permesso di raggiungere la Luna e tornare indietro. Anche in questo caso sarebbe atterrata l'intera navicella. La terza prevedeva una navicella composta di due moduli:  il Csm (modulo di comando-servizio) e il Lem (modulo lunare). Il Csm era costituito da una capsula per la sopravvivenza dei tre astronauti munita di scudo termico per il rientro nell'atmosfera terrestre (modulo di comando) e dalla parte elettronica e di sostentamento energetico per il modulo di comando (modulo di servizio). Il Lem, una volta separato dal Csm, doveva garantire la sopravvivenza ai due astronauti che sarebbero scesi sulla superficie lunare.

L'ultima possibilità fu quella effettivamente messa in atto. Il modulo lunare doveva svolgere una funzione di ascesa e di discesa sul suolo lunare. Terminata questa fase avrebbe dovuto agganciarsi con il Csm, in orbita lunare, per il ritorno sulla Terra, per poi essere definitivamente abbandonata. Questo piano offriva il vantaggio che il Lem, dopo essersi staccato dal Csm, era molto leggero, quindi più manovrabile. Inoltre sarebbe stato possibile utilizzare un solo razzo Saturn V. Presentava però anche problemi a causa delle numerose manovre di sgancio e aggancio richieste. Così ci volle un notevole addestramento degli astronauti per realizzarlo.

Il 16 luglio 1969, finalmente, il razzo Saturn V si staccò  dalla  Terra  e  arrivò  in  orbita  lunare  il  20. Allora  il modulo lunare, chiamato Eagle, si separò dal modulo di  comando  Columbia.  Michael  Collins rimase  a  bordo  del  Columbia,  mentre  l'Eagle  con Armstrong e Aldrin, scese sulla superficie. Dopo un attento controllo visivo, Eagle accese il motore e iniziò la discesa. Durante questa fase, gli astronauti si accorsero che il sito dell'atterraggio, nel Mare della Tranquillità, era molto più roccioso di quanto avessero indicato le fotografie. Armstrong prese il controllo manuale del modulo lunare, che fece allunare un po' oltre il luogo scelto alle 20 e 17 (ora di Greenwich).

Sei ore e mezza dopo aver toccato il suolo, Armstrong compì la discesa dalla scaletta e nel toccare la superficie lunare - che trovò friabile - disse la famosa frase:  That's one small step for a man, one giant leap for mankind - "Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l'umanità". Aldrin lo seguì.

I due astronauti trascorsero due ore e undici minuti a fotografare la superficie lunare, a piazzare strumenti e a raccogliere ventidue chilogrammi di campioni di roccia.
Nella sesta e ultima missione lunare, nel dicembre 1972, il tempo di permanenza si sarebbe allungato fino a 22 ore e 5 minuti. La distanza percorsa sarebbe passata dai 100 metri a piedi degli astronauti di Apollo 11 ai 35 chilometri percorsi sul veicolo elettrico di Apollo 17.
Il ritorno degli astronauti sulla Terra avvenne senza problemi e per loro fu un trionfo. L'impresa fu paragonata a quella di Cristoforo Colombo. Divenne il tema centrale della cronaca, della scienza, della letteratura.

Col suo sottile sense of humour, per esempio, Dino Buzzati sul "Corriere della Sera" narrò gli istanti precedenti lo sbarco facendo il "tifo" per la Luna:  "L'ultima speranza è che tra poco la Luna se ne vada. Che avvicinandosi gli esploratori, i pionieri, gli ulissidi, gli eroi, improvvisamente tu, solinga, eterna peregrina, ti stacchi dall'orbita antichissima, tolga gli ormeggi e ti allontani, beata, via per gli spazi del cosmo. Muoviti, ribellati, fuggi, non importa se finirai nella fornace di una stella, se ti scotterai un poco, sacrificati per noi che ti abbiamo voluto così bene, che ti abbiamo dedicato tante poesie e tante canzoni".
Naturalmente la Luna non ne andò. Perse certamente un po' del suo mistero e della sua poesia. Infatti, dal 1969 al 1972, si susseguirono 6 sbarchi lunari e 12 astronauti calpestarono ed esplorarono la sua superficie. Dalle missioni Apollo furono riportati tanti dati scientifici che servirono a conoscere meglio il nostro satellite. Però dopo il 1972 non fu più meta di voli umani, perché l'esplorazione spaziale si dedicò ad altri obiettivi.

Il programma Apollo fu in ogni modo trainante in molti settori tecnologici, come quello dei computer con lo sviluppo dei circuiti integrati e la miniaturizzazione dei componenti e quello delle celle a combustibile. Si valuta che le ricadute tecnologiche abbiano prodotto almeno 30.000 oggetti e che per ogni dollaro speso dalla Nasa ne siano stati ottenuti tre dai vari prodotti realizzati.

Una delle eredità più importanti del programma Apollo fu quella di dare della Terra una visione di pianeta blu, molto bello, ma fragile e piccolo, impresso nelle fotografie fatte dagli astronauti in orbita lunare.

Dopo una lunga pausa, l'esplorazione lunare riprese negli anni Novanta. Allora le sonde Clementine e Lunar Prospector realizzarono mappe globali della topografia lunare, della composizione superficiale, delle variazioni di gravità e delle anomalie magnetiche. Queste osservazioni hanno fatto chiarezza sulle scoperte effettuate dalle missioni Apollo, ma hanno anche sollevato nuovi problemi. Uno dei principali misteri riguarda il violento bombardamento che avrebbe interessato la superficie lunare quattro miliardi di anni fa. Ora sono i cinesi, i giapponesi e gli indiani a puntare sulla Luna. Da poco gli scienziati giapponesi hanno diffuso la mappa lunare più dettagliata mai realizzata finora grazie alle tre sonde che hanno lassù, accanto alle quali volano pure una sonda cinese e una indiana. Nel 2020 c'è già il progetto di portare sulla Luna astronauti cinesi e indiani con l'intento di avviare insediamenti stabili. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno un piano che prevede la realizzazione di colonie lunari con fini scientifici intorno al 2020. Intanto, per preparare il ritorno, alcune sonde spaziali hanno approfondito lo studio della geologia e della struttura interna della Luna. Forse hanno individuato una riserva di acqua ghiacciata.

Due sonde sono state lanciate in giugno dalla Nasa:  Lro (Lunar Reconnaissance Orbiter), che utilizzerà le tecnologie attualmente più avanzate per realizzare una più dettagliata mappa della superficie lunare, cercare risorse come il ghiaccio e monitorare il livello di pericolo indotto dalle radiazioni ambientali per una missione umana, e Lcross (Lunar Crater Observation and Sensing Satellite). Quest'ultima porterà nello spazio un missile destinato a bombardare un cratere della Luna, vicino a una zona permanentemente ombreggiata presso il polo sud lunare. L'impatto lancerà materiale della superficie nello spazio creando  un  pennacchio  di  polvere  che  sarà  esaminato con speciali sensori per verificare la presenza di ghiaccio.

Il progetto americano individua le zone polari come ideali per lo sbarco. In particolare i bordi del cratere Shackleton nel polo sud, perché è un luogo dove la luce splende per oltre il 70 per cento del mese rendendo la temperatura più mite e garantendo una maggiore fornitura di energia solare. Ma la zona è stata scelta anche per un altro motivo. Essa è vicina ad alcune aree dove regna il buio perenne, nelle quali dovrebbe essersi conservato del ghiaccio portato dalle comete. Da questo ghiaccio si potrebbe ricavare ossigeno e idrogeno preziosi per la vita della base e il funzionamento dei razzi. Inoltre i minerali presenti nel suolo circostante potrebbero essere utilizzati per diverse lavorazioni locali. Tutto è organizzato, infatti, per garantire un insediamento stabile e il più possibile autonomo, riducendo i gravosi trasporti dalla Terra.
In molte parti del mondo e anche in Italia durante il mese di luglio si terranno molte manifestazioni per festeggiare degnamente il quarantesimo anniversario della conquista della Luna. A Roma, in particolare, cinque iniziative, riunite sotto il titolo "La Luna ha 40 anni", sono state programmate tra il 30 giugno e il 29 luglio. Riguardano le romantiche fantasie epiche e popolari (Ariosto, Cyrano, il Barone di Münchhausen, Jules Verne) fino alla più moderna fantascienza, ed eventi, con osservazioni al telescopio, spettacoli astronomici, conferenze, proiezioni cinematografiche, giochi e performance artistiche e multimediali.



(©L'Osservatore Romano - 20-21 luglio 2009)
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