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Caritas in veritate.........

Ultimo Aggiornamento: 05/08/2009 08:33
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28/07/2009 20:02

28 Luglio 2009
Newsletter di Scienza & Vita n° 27

CARITAS IN VERITATE 1 / Lo sguardo del filosofo


NUOVA CONSAPEVOLEZZA: L’UOMO
PUO’ VALERE DI PIU’, ESSERE DI PIU’

di Paola Ricci Sindoni*


E’ sul terreno della valorizzazione dell’uomo e delle sue potenzialità antropologiche che la Caritas in veritate è convinta di avere una “parola da dire”, una parola di sua competenza che sa e che deve comunicare, e che consegna a quanti hanno il compito di concordarla con le altre parole. Una parola che non intende essere consolatoria, astratta o disarticolata, all’interno della complessa grammatica della vita sociale globalizzata, né presume di proporsi come scudo difensivo che faccia da gendarme alle dinamiche sociali e politiche, quanto piuttosto di esibire la sua marcatura teologica, il suo essere cioè discorso di Dio sull’uomo, così che l’operare umano rispecchi il punto di vista di Dio.



L’ultima parte dell’Enciclica rispecchia lo sfondo necessario di tutte le analisi che Benedetto XVI compie nei confronti delle complesse articolazioni economico-finanziarie del nostro tempo, collegate alle dinamiche più propriamente sociali e a quelle più specificatamente connesse all’etica della vita. Bisogna perciò immergersi di più in questa corrente sotterranea che l’attraversa, dove la parola sull’uomo si innerva sulla convinzione che ogni uomo può crescere in umanità, “valere di più, essere di più”, autenticando quel bisogno di verità antropologica, che sta oltre la neutra fenomenologia dell’umano ed oltre la definizione tecnico-normativa della tavola dei diritti sociali.
L’attenzione del Pontefice, insomma, quando interviene sulla centralità dell’uomo e del suo bisogno di essere di più, è soprattutto rivolta a valorizzare il rapporto trascendente della persona con Dio, senza cui diventa per lui improponibile ogni configurazione dell’umano. Questo, diciamo così, apriori metafisico, è l’indubitabile segno del carattere teologico della Caritas in veritate, che comunque non si ferma all’approfondimento della relazione “verticale”, ma si orienta decisamente a rintracciare quel di più nelle complesse trame delle dinamiche economico-sociali.
Questo nesso va colto e ben compreso, per evitare – come è capitato – che i commenti all’enciclica si fermino o sul primo polo, convinto che il documento papale sia una riflessione che rimane valida solo all’interno della comunità dei credenti, o sul secondo, che riduce l’enciclica ad una lettura etico-sociale delle problematiche attuali.
L’aver colto la struttura relazionale dell’uomo, nel rispetto costante della vita, soprattutto in riferimento alle grandi tematiche bioetiche di inizio e fine esistenza, è già una preziosa indicazione di come l’enciclica garantisca un canale di incontro tra la scienza, l’antropologia, le scienze sociali, senza cadere nella demonizzazione della tecnica, quanto vedendo quest’ultima come strumento necessario – se ben utilizzato – per garantire il progresso individuale e sociale.
Ogni esperienza umana, sia scientifica, politica o culturale, non può che essere ricondotta a questa “verità” sull’uomo; se si dimentica questo orizzonte – sembra dire Caritas in veritate – ogni ricerca sfuma nel delirio d’onnipotenza e può malamente condurre al nichilismo.
L’autentica “dignità” dell’uomo – lo ripete spesso l’enciclica ( cfr. nn.74-75) – non può essere guadagnata dagli obiettivi della scienza o dai traguardi della cultura, né da qualsiasi altro progetto sociale o politico ( come drammaticamente hanno insegnato le ideologie del Novecento), ma indicata dalla “Ragione creatrice” che ha voluto l’uomo per pura volontà di Bene e che continua ad orientarlo nella scelta di questo medesimo Bene.
La “questione antropologica” che guida l’enciclica non si riduce perciò ad un diktat etico, avulso dal desiderio umano, ma si sostanzia della ricerca costante di ciò che è “degno” di ciascun uomo, che è di più e che viene prima ogni presunto valore scientifico o sociale.
Questo sguardo sereno e pacato sul mondo e su coloro che lo abitano è di sicuro il messaggio più confortante di questo dono del Papa.

*Ordinario filosofia morale, Università di Messina, vice presidente Scienza & Vita

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